Ci risiamo. Ogni anno, qualunque sia il governo in carica, arriva puntuale il momento in cui si mette in discussione la legge Fornero. Anzi no, più che a metterla in discussione, ci si lancia in proclami assolutistici, che più o meno suonano così: “La Fornero va cancellata”. Alla fine della fiera, però, il risultato è assai diverso. Non è un caso che nessun governo, nessun politico, sia riuscito a smantellare la riforma delle pensioni varata durante l’esecutivo dell’ex premier Mario Monti, con l’allora ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Elsa Fornero a metterci la faccia.

Ma perché è così difficile passare dalle promesse elettorali ai fatti?

Riforma pensioni: la legge Fornero è insostituibile?

Per capire l’importanza della legge Fornero è doveroso fare un passo indietro. Non tutti ricordano, infatti, il motivo per cui il governo Monti dovette promuovere una nuova riforma delle pensioni. Semplicemente – tra virgolette – per salvare i conti pubblici italiani dal collasso. Se si considera il lasso di tempo che va dal 2011 al 2020, l’attuale riforma delle pensioni ha contribuito a un risparmio di oltre 22 miliardi di euro, vale a dire più dell’1,4% del Pil. Lo stesso discorso varrà da qui al 2030, per un risparmio calcolato intorno allo 0,8% del Pil.

Un altro motivo per cui è così difficile rinunciare alla legge Fornero è da ricercarsi nel rapporto pensionati e lavoratori nel medio-lungo termine. È noto a tutti che il sistema previdenziale italiano sia basi sui contributi versati all’Inps dai lavoratori. Detto questo, è altrettanto chiaro che in uno scenario in cui i lavoratori saranno sempre di meno e i pensionati invece di più, il sistema finirà per implodere. Secondo le ultime stime, entro il 2039 il rapporto sarà di 1 lavoratore per ogni 1,8 pensionati. Curva che tenderà ad appiattirsi negli anni successivi fino a raggiungere il rapporto 1 a 1, con conseguenze fino ad oggi ancora inesplorate.

Il 2023 con vista su Quota 41

Non è un mistero che il nuovo governo della premier Giorgia Meloni voglia rottamare la legge Fornero promuovendo una riforma delle pensioni da qui alla fine della legislatura. Nelle prossime settimane sono attesi i primi confronti tra l’esecutivo e le sigle sindacali. Con il governo di centrodestra che mette sul piatto quota 41 per tutti. Un sistema che permetterebbe a tutti i lavoratori di andare in pensione dopo aver raggiunto la soglia di 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica. Anche in questo caso però restano dei punti interrogativi, soprattutto da parte dei più giovani, che a differenza delle vecchie generazioni hanno iniziato a lavorare più tardi (senza contare la carriera più discontinua rispetto al passato).