Partono le prime cause contro i tagli applicati dall’Inps alle pensioni. In particolare contro quel provvedimento legislativo contenuto nella Legge di bilancio 2023 sulla perequazione automatica dei trattamenti a partire dal 1 gennaio di quest’anno. Cosa non nuova, dal momento che già da inizio anno i sindacati avevano promesso ritorsioni contro un provvedimento ingiusto e lesivo dei diritti.

Una legge che di fatto penalizza da quest’anno i pensionati che percepiscono una rendita mensile superiore a quattro volte l’importo del trattamento minimo (2.101,52 euro).

Proprio in un momento in cui l’inflazione è tornata a mordere e il carovita si fa sentire sulle tasche dei pensionati. Lo rende noto il sindacato Sial-Cobas che ha depositato l’istanza presso il Tribunale di Milano, sezione Lavoro chiamando in causa l’Inps.

Al via la causa contro i tagli alle pensioni

La prima udienza si terrà il prossimo 29 giugno a Milnao e l’obiettivo dei sindacati è quello di ottenere giustizia contro il mancato adeguamento di tutte le pensioni all’inflazione. Come noto, l’incremento stabilito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze lo socrso autunno è stato determinato nella misura del 7,3% per il 2023. Un acconto rispetto al dato definitivo del 8,1% comunicato lo scorso mese di aprile per l’annualità in corso.

La rivalutazione, come noto, è integrale solo per le pensioni fino a 2.101,52 euro al mese, così come stabilito dalla legge di bilancio. Oltre tale soglia, l’adeguamento al costo della vita scende in proporzione all’importo della rendita fino ad arrivare a una penalizzazione del 50% per gli assegni sopra i 5.000 euro. E qui si concretizza il taglio ingiusto.

Per i sindacati non ci sono dubbi: la norma è anticostituzionale perché discrimina i pensionati e lede un diritto acquisito e sancito dalla Costituzione.

“L’obiettivo è l’adeguamento all’incremento del costo della vita nella misura del 7,3% per il 2023, e dunque con rivalutazione integrale, e non secondo la percentuale di defalcazione stabilita”.

La perequazione automatica 2023

Nello specifico, con la legge di bilancio 2023, il Parlamento ha modificato i termini della perequazione automatica apportando consistenti tagli alla pensioni medio alte per risparmiare sui costi.

Allo scopo, sono state introdotte 6 fasce di rivalutazione alle quali l’Inps si è adeguato recependo le disposizioni normative. Lo spiega bene l’Istituto con la circolare n. 135 del 22 dicembre 2022.

In sintesi, le nuove fasce di rivalutazione delle pensioni per il 2023 e 2024 prevedono incrementi percentuali come da schema seguente:

  • 100% fino a 4 volte il trattamento minimo
  • 85% da 4 a 5 volte il trattamento minimo
  • 53% da 5 a 6 volte il trattamento minimo
  • 47% da 6 a 8 volte il trattamento minimo
  • 37% da 8 a 10 volte il trattamento minimo
  • 32% oltre le 10 volte il trattamento minimo

Non tutte le prestazioni di natura pensionistica sono rivalutate nel 2023. Sono esclusi gli assegni straordinari a carico dei fondi di solidarietà (es. credito bancario, cooperativo o assicurativo), l’indennità mensile nel contratto di espansione, l’ape sociale e l’isopensione.

Cosa è cambiato nel 2023

Il provvedimento legislativo sui tagli alle pensioni riguarda il biennio 2023-2024, ma produrrà effetti anche negli anni a venire. La mancata rivalutazione piena delle pensioni medio-alte – spiegano gli esperti – ridimensiona la base di partenza sulla quale sono fatte le future rivalutazioni delle pensioni a partire dal 2025.

Per cui, il taglio alle pensioni ha un peso decisamente più importante e non è limitato al solo biennio in questione. In questo senso l’adeguamento automatico all’inflazione viene depotenziato con la perequazione ridotta. Fatto che determina una perdita del potere di acquisto ben superiore alla differenza col mancato adeguamento al 7,3% dell’inflazione.

Riassumendo…

  • Depositate le prime cause contro i tagli alle pensioni 2023.
  • Prima udienza davanti al Giudice del Lavoro il 29 giugno.
  • Le nuove fasce di rivalutazione sono ritenute anticostituzionali dai sindacati.