Dopo tanto tempo, si torna a parlare nuovamente di esodati per colpa della modifica a Opzione Donna. Il motivo? Come spiega Larepubblica, circa 20 mila lavoratrici non potranno andare in pensione perché la nuova legge di Bilancio ha cambiato le regole per ricevere il sussidio. Costoro, all’unisono, chiedono di tornare all’Opzione Donna originaria.

Il problema degli esodati non è nuovo, ma chi sono esattamente questi ultimi? Ebbene, sono quei lavoratori che hanno lasciato prima la propria occupazione. Erano convinti, infatti, di poter fruire di vecchie indennità poi scomparse.

È accaduto nel passato, a seguito della nuova legge Fornero sulle pensioni, e sta capitando adesso con la nuova Opzione Donna che ha allungato l’età pensionabile.

Il paletto

La nuova Opzione Donna voluta dal nuovo Governo Meloni prevede che si possa andare in pensione a 58 anni di età se si hanno 2 figli o più e a 59 anni se si ha un figlio. In aggiunta a tali requisiti si deve essere disabile al 75% oppure dimostrare di accudirne uno da almeno sei mesi. Oppure per accedere ai requisiti bisogna essere stata licenziata o essere dipendente di un’azienda in crisi con un tavolo aperto al Ministero delle Imprese.

Fino allo scorso anno, invece, si poteva uscire dal lavoro a 58 o a 59 anni con trentacinque anni di contributi.

Per tali paletti, spiega l’Inps, a Opzione Donna potranno accedere solo 2900 lavoratrici contro le 23812 dello scorso anno e le 20681 del 2021.

Le proteste

Sono tante le donne che protestano per le modifiche a Opzione Donna tanto che la ministra Calderone, come spiega a LaRepubblica Orietta Armiliato (fondatrice del comitato “Opzione Donna Social”), ha promesso che ne avrebbe parlato in Consiglio dei Ministri.

Le esodate, intanto, hanno deciso di scendere in piazza il prossimo 8 febbraio per chiedere al Governo di ripristinare i vecchi criteri di Opzione Donna.

Le ultime voci di corridoio, comunque, parlerebbero di un dietrofront da parte dell’Esecutivo.

Si pottebbe tornare quindi alla vecchia Opzione Donna già a metà del 2023. Il problema però sono i fondi perché il nuovo governo targato Meloni ha stanziato per tale trattamento pensionistico 21 milioni di euro per il primo anno e 58 milioni per il secondo. Il governo Draghi, invece, ne aveva stanziati 111 e 317 per cui c’è una profonda differenza.

In merito a tali dati Orietta Armiliato aggiunge “hanno fatto cassa con Opzione donna, senza spiegarci perché, pur sapendo che si tratta di un anticipo che le donne si pagano da sole, rinunciando fino a un terzo dell’assegno con il ricalcolo contributivo”. Ora la parola passa al governo che dovrà decidere sul da farsi mentre le polemiche da Nord a Sud continuano.

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