A distanza di tre giorni dal successo netto alle elezioni per la Meloni, non sono pochi quelli che si stanno chiedendo se il nuovo governo potrebbe o meno cambiare la Costituzione. Fin dai primi Instant Poll era chiaro che il nuovo governo di centrodestra non avesse i numeri per raggiungere i due terzi dei seggi alla Camera e al Senato, indispensabili per apportare modifiche alla Costituzione senza passare per il referendum confermativo. Riforme alla Costituzione che nel programma elettorale di Fratelli d’Italia ci sono eccome, basti pensare per esempio al presidenzialismo, tema caro a Giorgia Meloni.

Nelle ultime ore si è fatta larga l’ipotesi che il centrodestra possa trovare nell’asse Calenda-Renzi un appoggio importante per approvare ugualmente le modifiche alla carta costituzionale senza referendum. Tutto però è legato ai numeri: il nuovo governo Meloni può cambiare la Costituzione senza referendum confermativo, grazie all’appoggio esterno di Calenda e Renzi?

Nuovo governo può cambiare la Costituzione? Risposta breve

No. Il nuovo governo guidato da Giorgia Meloni, anche con un eventuale appoggio di Calenda e Renzi, non avrebbe i numeri necessari per votare modifiche alla Costituzione. Almeno non senza passare dal referendum.

Ma c’è anche una risposta lunga

Come è noto, per cambiare la Costituzione senza dover interpellare i cittadini bisogna raggiungere i due terzi dei seggi del Parlamento. In seguito alla riduzione dei parlamentari, dalla nuova legislatura la maggioranza assoluta è espressa in 266 deputati alla Camera e 133 senatori al Senato. Questo per un totale di 399 parlamentari.

Il centrodestra, in occasione delle ultime elezioni, ha eletto 237 deputati e 112 senatori, per un totale di 349 onorevoli. Calcoli alla mano, all’appello mancano quindi 50 parlamentari.

Un’eventuale alleanza con Azione e Italia Viva, vale a dire il Terzo Polo guidato da Carlo Calenda, porterebbe in dote al centrodestra 21 deputati e 9 senatori, per un totale di 30 onorevoli.

Per ottenere la maggioranza assoluta ne mancherebbero dunque ancora 20.

Ecco perché qualsiasi riforma alla Costituzione non potrebbe essere licenziata in Parlamento se non dopo un referendum confermativo. Chi ha buona memoria ricorderà quanto accaduto nel 2016, quando Matteo Renzi propose di modificare la Costituzione, salvo poi vedersi rimpallare dagli italiani. Le conseguenze furono inevitabili, con Renzi che si dimise da presidente del Consiglio.

Ora, a distanza di sei anni, un nuovo governo ci riprova. Stavolta, però, con numeri diversi e una società civile profondamente diversa rispetto a prima. Posto che il referendum rimane l’unica via possibile per il centrodestra e Giorgia Meloni, non è da escludere che il nuovo governo provi ugualmente a interpellare i cittadini sul presidenzialismo. Per ora sono solo ipotesi ma chissà che non diventi uno scenario più che reale.