Che fine ha fatto l’imposta sugli extra profitti che avrebbe dovuto finanziare nuove misure contro i rincari delle bollette per le famiglie disagiate e per le aziende? Essa doveva valere 10 miliardi ma ne è stato incassato soltanto 1. Il motivo è che la maggior parte delle aziende non ha pagato. Anzi ha deciso di presentare ricorso perché ritiene che la legge sia scritta male e sia incostituzionale. L’imposta, spiegano, si applica sul saldo delle operazioni Iva e non sui profitti reali che saranno visibili solo dopo l’approvazione e la pubblicazione dei bilanci.

In più le aziende comunicano che le operazioni Iva sono transazioni tassate dall’imposta indiretta e comprendono anche quelle non legate all’aumento del prezzo dell’energia. Per questo una delle principali lamentele è che si dovrebbe pagare per imposte già pagate.

C’è però da dire che mentre le persone stanno subendo la crisi e rischiano la fame, le compagnie fossili dalla situazione attuale, invece, ci stanno solo guadagnando. I 28 maggiori produttori di petrolio e gas ad esempio hanno ottenuto circa 100 miliardi di profitti complessivi e a rivelarlo c’è un’inchiesta della Climate Power. Si fa l’esempio della Shell (olandese) che soltanto nel primo trimestre del 2022 ha raggiunto 9,1 miliardi di profitto, quasi il triplo di quello guadagnato nel medesimo periodo lo scorso anno. E così altre compagnie come la Exxon o la Coterra Energy o l’Eni. Quest’ultima non è stata considerata nella valutazione ma ha visto crescere i suoi utili del 53% rispetto agli ultimi 3 mesi del 2021.

Se però tutte le aziende pagassero (almeno per quanto concerne il nostro paese) si potrebbero portare allo Stato comprese le sanzioni più di 3,5 miliardi di euro. I soldi che entro novembre dovrebbero arrivare sono 6 miliardi, cifra che potrebbe servire a finanziare gli sconti in bolletta visti gli aumenti dovuti anche all’inflazione.

L’imposta sugli extra profitti che fine ha fatto?

Con l’imposta sugli extra profitti si potrebbero finanziare gli sconti in bolletta ma finora questa misura si è rivelata un flop. Il Governo presieduto da Mario Draghi ha anche introdotto delle sanzioni per spingere le imprese a pagare. Esse sono al 15% per quelle che saldano la prima rata entro la fine del mese di agosto e del 60% per quelle che lo faranno dopo.

Le aziende però, come detto, si rifiutano di pagare. Primo perché la tassa si applica sulle operazioni Iva e non sui profitti reali e poi perché molte denunciano il fatto che pagheranno tasse già versate. Per tassare gli extra profitti energetici, intanto, la Spagna ha deciso che imporrà un prelievo di poco più dell’1% sul fatturato delle utility nel 2023-2024 per avere un gettito di circa 7 miliardi di euro. Il Regno Unito, invece, ha deciso di tassare al 25% gli utili delle società che estraggono gas e petrolio sul territorio nazionale.

E in Italia, quali sono le posizioni sull’imposta sugli extraprofitti?

Maurizio Landini a LaRepubblica spiega che la sua idea è quella di redistribuire i profitti. Non solo a chi produce energia ma anche a settori come le banche e la farmaceutica. Anche Giuseppe Conte è d’accordo su tale proposta aggiungendo che si dovrebbe estendere anche al settore assicurativo. Sinistra Italiana ed Europa Verde chiedono invece di redistribuire i 50 miliardi di extraprofitti delle società energetiche sui conti correnti delle famiglie e delle aziende. Marattin del terzo Polo non condivide invece la soluzione di Landini e punta su un’addizionale Ires temporanea per tutelare famiglie ed imprese con più difficoltà.

Anche Maurizio Leo di Fratelli d’Italia chiede di cambiare il meccanismo studiato da Draghi perché la tassa com’è adesso ha come parametro l’Iva. Spiega che è necessario colpire il vero extraprofitto “per individuare solo il profitto relativo all’energia. A quel punto possiamo discutere un’aliquota anche oltre il 25%, portarla ad esempio al 50%”.


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