In vista delle Elezioni politiche del 25 settembre, i partiti spingono per i nuovi programmi elettorali. Tra i temi chiave spiccano sicuramente quelli dedicati al lavoro. A partire dal reddito di cittadinanza, che abbiamo già visto, ogni partito sembrerebbe voler riformare diversamente, mostrando posizioni ben diverse. Nei programmi elettorali troviamo anche il taglio del cuneo fiscale, il salario minimo e la riduzione dell’orario di lavoro.

Elezioni politiche 2022, programmi: il Centrodestra e i premi alle imprese che assumono

Chiara la posizione di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che in un video ha annunciato l’intenzione di ridurre il cuneo fiscale, sottolineando che sono le imprese e i lavoratori a creare lavoro e non lo Stato.

Secondo Fdi, lo Stato dovrebbe dovrebbe stabilire delle regole riducendo il cuneo fiscale, ossia la differenza tra quanto costa un lavoratore e quanto poi arriva in busta paga. Fdi, quindi, suggerirebbe di far pagare allo Stato una parte dei contributi previdenziali che ad oggi sono a carico delle imprese e del lavoratore. Si tratta di misure che andrebbero potenziate.

Sempre Fdi, propone dei premi alle imprese che assumono. Come riporta Corriere – il partito della Meloni – vorrebbe «un sistema fiscale che premi le imprese che creano posti di lavoro in Italia rispetto a quelle che non lo fanno, secondo il principio del “chi più assume, meno tasse paga”». L’intenzione è puntare ad un meccanismo di super deduzione del costo del lavoro per chi aumenta il numero di lavoratori. Questo vorrebbe dire per lo Stato meno persone senza lavoro e nuovi contribuenti.

Anche il PD punta al taglio del cuneo fiscale e l’introduzione di un salario minimo. Lo sconto dovrebbe però andare più a favore dei dipendenti. I Dem vorrebbero rendere obbligatori i minimi dei contratti maggiormente applicati e guarda fortemente all’obiettivo della lotta al precariato e l’abolizione dei finti stage.

Salario minimo e contrattazione collettiva

Nei programmi delle elezioni politiche, il M5S punta al salario minimo a 9 euro all’ora e sono aperti alla contrattazione collettiva ma con un paracadute legale previsto. La Lega, al contrario, è contro il salario minimo e punta solo alla contrattazione collettiva e la riduzione del cuneo fiscale. A spiegare la posizione del partito è Claudio Durigon, il responsabile al lavoro della Lega:
“se si vogliono incentivare aumenti di stipendio «devono essere defiscalizzati premi e aumenti, altrimenti le imprese non potranno permetterseli”.
Infine, sia Azione che Italia Viva sono a favore del salario minimo ma determinando una soglia tramite una commissione di esperti. Renzi e Calenda puntano a sgravi fiscali per le imprese per aumentare gli stipendi. Azione vorrebbe che con i fondi ottenuti si reinvesta nella formazione dei lavoratori mentre Renzi punterebbe ad un meccanismo di partecipazione dei lavoratori agli utili delle imprese e l’istituzione dell’imposta negativa. Chi percepisce un reddito basso non paga le tasse ma riceve sussidi.