Più nessun limite tra donne e lavoro, arriva oggi in tutti i negozi d’Europa la Barbie Samantha Cristoforetti per ispirare le bambine a diventare astronaute, a guardare sempre lontano, sin oltre le stelle, ad una carriera nello spazio.

“Come astronauti, una cosa che ci interessa molto è ispirare la prossima generazione, avere ragazzi e ragazze che vogliono affrontare carriere che abbiano a che fare con l’esplorazione, le scienze, la tecnologia. Questa settimana dedicata allo spazio è dedicata in maniera specifica alle donne, affinché intraprendano carriere nello spazio”, ha affermato Samantha Cristoforetti.

Donne e lavoro: Barbie contro il gender gap

La Barbie Samantha Cristoforetti non è la prima Barbie a impersonare donne che nel mondo reale hanno sfidato pregiudizi di genere e intrapreso scelte di carriera da sempre ad appannaggio degli uomini, senza in realtà una motivazione valida che faccia riferimento alle capacità personali. Così nel 2018 è arrivata la Barbie Sara Gama, la giocatrice di calcio italo-congolese capitano della squadra femminile della Juventus e della nazionale femminile italiana, e un paio di settimane fa Mattel ha lanciato l’uscita di Barbie Music Producer, una bambola progettata per spingere le ragazze verso una carriera sottorappresentata, quella dei produttori musicali, in cui le donne costituiscono meno del 3% e far luce sull’importanza della partecipazione femminile nel settore.

Settimana dello Spazio: poche donne nelle università STEM

Che un brand multinazionale come Mattel che ha ispirato milioni di bambini del mondo, si prodighi per instillare nelle bambine il seme della scienza può essere solo positivo, considerando anche i numeri delle ragazze iscritte all’università in materie STEM  (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) in Italia. Secondo i dati rilevati dall’Osservatorio Talent Venture che analizza lo stato dell’università italiana e delle opportunità occupazionali che questa offre ai suoi laureati, le studentesse universitarie iscritte a facoltà STEM rappresentano solo il 37%, una percentuale bassa dunque che però porta l’Italia al terzo posto in Europa che registra una media del 32%.