È l’ennesimo film divisivo quello che David Cronenberg ha lanciato nelle sale, anche in quelle italiane. Stiamo parlando di Crimes of the Future. A Cannes alcuni spettatori hanno lasciato la sala indignati, altri hanno gridato al capolavoro. L’incasso a livello mondiale è di 3,5 milioni di dollari, un bottino che non può certo far gridare al grande successo. Eppure, l’ultima opera del regista canadese è davvero qualcosa che va oltre la pura narrazione, e forse proprio per questo motivo non ce lo meritiamo.

Si tratta infatti di un’opera che nasconde significati complessi che vanno osservati con occhi attenti, magari anche con ulteriori visioni, proprio per non perdere alcun simbolo o scena particolare.

Crime of the Future, la recensione

Mentre il Festival di Venezia è ancora in scena, continua a far discutere la nuova opera di Cronenberg. Non è, infatti, un film che cattura per l’intreccio narrativo. Cattura invece come un saggio filosofico, dimostrando fotogramma dopo fotogramma la sua tesi. COTF è forse l’opera più complessa del cineasta canadese: enigmatica e simbolica, appare come un summa della sua poetica. C’è la trasformazione erotica dei corpi, un topos nella sua cinematografia, e c’è quell’eterno paradigma che vuole le sue trame sviscerare le sensazioni più perverse. Esistenzialismo e politica qui si fondono forse come non mai. L’individuo diventa parte di un collettivo che cambia, si trasforma verso un futuro che è già il nostro presente contemporaneo.

La carne diventa semplice materia dell’anima, e quest’ultima si fa rappresentazione artistica di un surrogato farmacologico (tecnologico) che annulla il dolore, ma che pretende, senza cognizione di causa, di divenire piacere. Le macchine sembrano uscite da un incubo edulcorato, più contenuto e controllato (e quindi per certi versi più inquietante) di Giger.
La fotografia e i movimenti di macchina ricordano Il Pasto Nudo. L’intreccio complottistico (forse unica nota debole della pellicola, ma necessaria per offrire allo spettatore una sorta di pausa al fine di mettere in ordine, di tanto in tanto, i pezzi del complesso mosaico) sembra rifarsi invece a Existenz.

Viggo Mortensen (mai visto un uomo senza sopracciglia così bello) si muove come un lebbroso (un ramingo?), nascondendo il suo corpo non per proteggere il mondo esterno dalla sua malattia, ma per preservare se stesso, la sua bellezza interiore, dalla bruttezza che lo circonda. Léa Seydoux sublima insieme elegante avanguardia e trasgressiva riflessione in un’unica caratterizzazione. Kristen Stewart è accattivante nel suo rappresentare una sorta di scolaretta che si eccita per l’opera del suo grande idolo, nascondendo, sotto sotto, una maliziosa consapevolezza superiore a quella dell’artista stesso.

Crimes of the Future, una riflessione filosofica

Impossibile cogliere tutti gli spunti, tutte le riflessioni che l’opera propone. Una seconda, terza, e forse anche quarta visione sembrano essere più che necessarie. Rimane il fatto che, forse mai come in questa occasione, Cronenberg si dimostra autore intellettuale, che si sforza di dire qualcosa che va oltre l’immagine diventando, senza dubbio, a tratti elitario, esclusivo. Il regista continua a raccontare un mutamento che la sua filmografia mostra da decenni e che, forse, mai come in questa epoca, è così attuale.

L’uomo si sta evolvendo ancora. Sta divenendo qualcosa di altro. L’anima non è che il vero involucro di questo cambiamento, fagocitando tutto dentro e trasformando quel che ha intorno (il corpo) in fattuale organicità, nella sua più prosaica e basilare essenza: la mutazione (crescita, trasformazione e corruzione della carne). Ciò che sentiamo è ciò che ci rappresenta, anche un tumore che ci cresce dentro. E quello specifico tumore, quello generato dall’anima, siamo noi stessi a crearlo. Noi, non in quanto soggetti individuali, ma in quanto oggetti politici, cioè parte di una comunità che sta vivendo le medesime sensazioni e sta cambiando.

Solo l’artista però si fa portatore di questa consapevolezza e diventa come il filosofo nella Caverna di Platone, nascondendosi con un saio nero per paura che la sua conoscenza (la sua arte) possa essere corrotta.

Crimes of the Future è un film speciale, complicato, quasi introverso, esoterico. Sarà necessario guardarlo più volte volte per poterlo capire fino in fondo. E per meritarcelo davvero.