Un recente studio pubblicato sull’edizione online del British Medical Journal e condotto su pazienti affetti da forme gravi di Covid-19 tra marzo e maggio 2020 ha stabilito che il 73% di questi ha sofferto di delirio, un grave disturbo mentale che porta le persone a essere confuse, agitate e incapaci di ragionare. Gli stessi che sono stati colpiti da delirio hanno avuto più difficoltà degli altri a guarire dal Covid, prolungando il loro ricovero in ospedale.

Conseguenze del delirio nei pazienti Covid-19

La ricerca scientifica ha evidenziato che il delirio nei pazienti positivi al Covid e ricoverati in ospedale ha provocato una riduzione di ossigeno nel cervello e lo sviluppo di coaguli nel sangue, tra i primi responsabili di decadimento cognitivo e ictus.

La situazione legata alla pandemia ha contribuito a peggiorare il tutto, dal momento che il personale sanitario non ha potuto curare i pazienti affetti da delirio tramite le tecniche che si è soliti adottare in casi come questi (visite di familiari e amici, contatto con effetti personali ed esercizi motori). Tutta colpa del distanziamento sociale, la misura più discussa a inizio pandemia ma che si è rivelata tra le più efficaci per contrastare la diffusione del contagio prima dell’arrivo dei vaccini e della campagna di vaccinazione.

Colpito un quarto dei pazienti guariti dalle forme gravi

Un quarto dei pazienti guariti dalle forme gravi di Covid ha manifestato episodi di delirio mentale anche dopo le dimissioni dall’ospedale. Quasi la metà di loro ha avuto bisogno invece di cure infermieristiche una volta ritornato a casa. In alcuni casi, i sintomi di delirio sono proseguiti anche per me, rendendo la riabilitazione non semplice sia per il paziente che per i suoi cari.

Philips Vlisides, autore principale dello studio e figura chiave del Dipartimento di Anestesiologia del Michigan Medicine, ha affermato: “Parlando con gli infermieri abbiamo scoperto che i pazienti con Covid grave erano più deliranti e agitati al basale, portando più spesso all’uso di sedativi e più frequentemente a dosi più elevate”.

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