Secondo Ernesto Burgio, esperto di epigenetica e biologia molecolare e presidente del comitato scientifico della Società Italiana di Medicina Ambientale, esistono alcuni errori da non ripetere per quanto riguarda l’emergenza coronavirus. 

Poca attenzione allo stato di allarme pre-pandemico di gennaio

Business Insider ha pubblicato una interessante intervista ad Ernesto Burgio in cui si parla di ripartenza, contagi e immunizzazione. Nel primo caso, è chiaro che la famosa 2, di cui tanto si parla, non può avvenire prima di metà maggio secondo l’esperto mentre parlando di contagi, Burgio è convinto che non ci si contagia all’aria aperta ma in casa, al lavoro, in famiglia, quindi nei luoghi chiusi.

Nell’intervista, Ernesto Burgio ha parlato del piano per gestire l’epidemia sottovalutato dall’Occidente, nonostante l’esempio dei paesi Orientali. Il 31 gennaio sulla Gazzetta Ufficiale era stato pubblicato lo stato di allarme pre-pandemico ma si sarebbe fatto poco per prepararsi ad affrontarlo, soprattutto in merito a tamponi e la protezione ai sanitari. L’esperto ha fatto notare che se a gennaio si fosse già predisposto un piano, cercando le famose polmoniti, forse si sarebbe potuto evitare il lockdown.

Dove ci si contagia, le mascherine e il ruolo degli asintomatici

Alla domanda su quanto sia pericoloso uscire all’aria aperta, sempre mantenendo le distanze ed evitando gruppi, Burgio ha sottolineato che bisogna considerare tre variabili ossia il virus, le condizioni sanitarie e quelle della popolazione tenendo presente l’alta contagiosità del coronavirus e il fatto che le misure sono state prese in ritardo rispetto al 31 gennaio. Le scelte successive del Governo, comunque, sono state giuste. 

Il 90 per cento dei contagi avvengono tra persone che hanno legami diretti e in posti chiusi, quindi casa, lavoro, ospedali. Smentisce in sostanza la tesi del contagio per strada: “Se fosse un virus che basta respirare per strada per ammalarsi, saremmo tutti morti” ha chiarito.

 

In merito alle mascherine, Burgio ha spiegato che il loro utilizzo deve essere continuo, come una sorta di abitudine da indossare in maniera naturale per proteggere gli altri, soprattutto nel caso degli asintomatici, dove la mascherina riesce a bloccare la goccioline molto meglio rispetto ad un colpo di tosse di un sintomatico. Attualmente gli asintomatici o paucisintomatici potrebbero essere addirittura il 50 o 60 per cento dei casi. In questo frangente si sviluppano sintomi lievi per cui molti nemmeno sanno di essere contagiosi. Nell’asintomatico la contagiosità dura 10-15 giorni ma è grave nei primi 3 o 4 giorni mentre negli ammalati la contagiosità varia da 20 a 40 giorni. Infine, in merito alle possibili riaperture dopo Pasqua, Burgio spera nella riapertura parziale verso metà maggio, sopratutto rispetto al “circuito economico-finanziario” ma puntando sempre al rafforzamento sanitario e informando bene i cittadini.

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