Interessanti delucidazioni sono arrivate da Alfonso Signorini sul caso Marrazzo, partito nel luglio del 2009 in seguito ad un video compromettente filmato in via Gradoli da alcuni carabinieri infedeli, oggi finiti sotto accusa per aver ordino un ricatto. Il direttore del settimanale ‘Chi’, interrogato dai magistrati, ha rivelato particolari preziosi in merito al video in cui l’ex governatore della regione Lazio era in compagnia del trans Natali. Sapeva, in sostanza, di “non poter pubblicare il tutto per motivi di violazione della privacy”, sottolineando come fosse “doveroso vista la delicatezza e l’importanza del personaggio coinvolto”.

Signorini, testimone nel processo sul ricatto a Marrazzo davanti alla IX sezione penale del tribunale capitolino, ha spiegato di aver mosso i primi passi concreti per “informare dell’accaduto il mio editore, Marina Berlusconi, a cui fu mostrato il video”, proprio nel centro tecnino Mondadori. “Marina – ha proseguito il direttore – mi disse che avrebbe sicuramente avvertito il padre Silvio, allora premier. Qualche giorno dopo, lei mi chiamò per consigliarmi di prendere contatto con l’agenzia Masi e per dirmi che suo padre aveva parlato con Marrazzo”. Rivelazioni anche per quanto riguarda l’allora portavoce di Romano Prodi, Silvio Sircana, immortalato con un trans nelle strade di Roma. “Informai i vertici aziendali – ha specificato Signorini – anche se in quel caso stavamo certamente parlando di una violazione della sfera sessuale più che della privacy. Di quel video – conclude rispondendo al pm Edoardo De Santis– mantenni una copia nel mio Pc che poi consegnai prontamente ai carabinieri del Ros”.  

Il processo ai carabinieri coinvolti nello scandalo

Nell’udienza in tribunale si è inoltre analizzata la posizione del carabiniere Antonio Tamburrino, accusato di ricettazione, e per il quale l’avvocato ha chiesto l’assoluzione “per analoga posizione rispetto ai due titolari dell’agenzia di foto”. Proprio questi ultimi, infatti, erano stati di fatto scagionati dall’accusa di ricettazione, causa mancanza di prove sufficienti.

L’accusa, che parla di “tentativo di vendita del filmato che riproduceva l’incontro” è stata di fatto arginata dalla decisione stabilita in udienza, che escludono indizi di reità su Carmen e Domenico Masi, i primi a visionare il cd-video. Di qui l’effettivo scagionamento. Sul carabiniere Tamburrino, invece, il tribunale si è riservato di decidere.