Il premiato fisico Jim Peebles ha rilasciato un’intervista nella quale parla di big bang e multiverso in termini poco entusiastici. Da cosa nasce questo scetticismo? Il premio Nobel per la fisica non crede più alle sue stesse scoperte, o c’è forse dell’altro?

Intervistato via mail da l’Avvenire, Peebles ha risposto alle domande con gentilezza mettendo a disposizione tutto il suo sapere. Ha così chiarito le effettive certezze attualmente in mano agli scienziati, come ci si aspetta che un esperto faccia.

Perché allora oggi si parla delle sue risposte come fossero rivelazioni scioccanti? Cerchiamo di fare una breve, ma al tempo stesso esaustiva, riflessione su ciò che la comunità scientifica e la ricerca filosofica ci dicono a riguardo.

Big bang e multiverso, le rispose di Peebles

Da dove veniamo, chi siamo e dove andiamo. Le tre domande filosofico-esistenziali per antonomasia non hanno mai trovato una vera risposta. I cosmologi cercano di dare un senso al primo quesito ma, a quanto pare, ancora con scarsi risultati. È di questo stesso avviso l’astronomo Peebles, professore alla cattedra Albert Einstein dell’Università di Princeton e premio Nobel per la fisica nel 2019 per le rivoluzionarie “scoperte teoriche in cosmologia fisica”. Chi meglio di lui, quindi, può rispondere a determinate domande dallo spiccato gusto cosmologico? Naturalmente, il fine dell’intervistatore è ben noto (essendo Avvenire un giornale di stampo Cattolico), ma si limita comunque a porre i quesiti senza svelare le sue carte.

E Peebles elegantemente lo asseconda, rispondendo quel che in effetti ogni discreto lettore di filosofia già sa da un pezzo: il big bang non svela il primo quesito, quello cosmologico. L’espansione dell’Universo attraverso la grande esplosione risponde infatti soltanto del come si sia giunti all’attuale stato delle cose, ma non ci dice cosa c’era prima. Il rischio di inciampare nel creazionismo è decisamente alto.

Ma facciamo un lungo passo indietro e arriviamo ai presocratici: cos’è quel qualcosa che già c’era prima della grande esplosione? Gli antichi greci la chiamavano archè, dal greco ἀρχή, il principio primo, l’origine del tutto.

Tra scienza e filosofia

Tra i predecessori di Socrate c’era chi individuava nell’archè uno specifico elemento come l’acqua, l’aria o il fuoco. C’era però anche chi negava tale principio, rivendicando l’immutabilità delle cose. Per Parmenide, il grande filosofo di Elea, non esiste un prima, né un dopo, semplicemente perché l’Essere in quanto tale è sempre sé medesimo, proprio perché se così non fosse sarebbe diverso da sé, sarebbe il non-essere. La teoria presentava però una serie di paradossi che il suo discepolo, Zenone, non riuscì del tutto a confutare.

Secondo Parmenide, siamo nell’immutabile eternità del tutto, come in una sfera ben rotonda e immobile. Eppure la scienza ci dice invece che l’esistenza è in continua evoluzione ed espansione. La legge della conservazione di massa di Lavoisier in questo senso è illuminante: “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Da una parte l’eternità e immutabilità dell’essere, dall’altra l’incessante trasformarsi dell’esistenza. Entrambi i fondamenti escludono di base la creazione, eppure è forse proprio questo il punto. Se lo chiedeva Heidegger nella sua Introduzione alla metafisica: “Perché l’essere e non il nulla?” Il quesito ontologico posto dal grande filosofo tedesco sembra porre proprio l’accento su quell’interrogativo base cui accennavamo poc’anzi. Cosa c’è stato prima dell’Essere? Che la si voglia far coincidere con la materia originaria (archè) o meno, la domanda rimane: cos’era questo ente prima del big bang?

Cosmologia dell’Essere

Il brodo primordiale, questo miscuglio di elementi chimici che stavano per scoppiare, è l’unica cosa che gli scienziati sono riusciti a presentarci.

Ma, prima ancora di questa brodaglia chimica, che sussistenza aveva l’Essere? Non ci saranno mai risposte a questa domanda. Stesso discorso anche per la questione malverso: teorizzare infiniti universi in cui le leggi della fisica, con innumerevoli tiri ai dadi (per usare una metafora einsteiniana), riescono a trovare le perfette coordinate per dare origine alla vita, non risponde alla domanda ontologica per eccellenza: cosa ha dato il via al tutto? Per questo motivo Peebles, da buon scienziato, afferma che big bang e multiverso non possono risolvere l’enigma cosmologico.

Non ci resta che assumere una posizione dualista: dare ragione a Pamenide significa rifiutare l’idea che l’Ente (l’essere) possa anche non-essere, e accettare invece l’eternità dell’Universo, al di là delle varie forme che ha assunto durante l’espansione. Diversamente, speculare verso una direzione contraria significa accettare l’idea del Nulla prima del Tutto, magari accontentando proprio Heidegger, il quale affermava che Dio era proprio questo Nulla, in quanto Essenza inesistente precedente al Tutto (L’essere oltre il concetto di esistere). Cosa farcene allora delle scoperte di Peebles in campo scientifico? Chi si pone questa domanda non ha capito ancora qual è il vero scopo della scienza, ed è lo stesso astrologo canadese a fornirci la risposta:

“L’obiettivo reale della scienza, della fisica, dell’astronomia è l’interazione tra teoria e osservazione. Finora ha funzionato molto bene; bisogna sempre considerare la cognizione fisica come qualcosa che ha permesso a scienziati e ingegneri di progettare, ad esempio, il tuo cellulare.”.