Frutta e verdura contaminata da pesticidi. E’ il risultato di un dossier di Legambiente, Stop pesticidi 2019, che tratta il delicato tema dei residui chimici presenti in molti prodotti quali fragole, peperoni, pere etc e riportato da Il Salvagente. Si parla di una percentuale del 34% di pesticidi su 10mila campioni analizzati.

La frutta più contaminata

Le rilevazioni più interessanti fanno capo ad un peperone cinese in cui sono stati trovati  25 fitofarmaci, e finiti nei negozi italiani. Numeri non troppo diversi per le fragole italianesi in cui sarebbero stati trovati 9 residui di pesticidi.

Nei 10mila campioni analizzati si parla, appunto, della presenza del 34% dei pesticidi di cui solo l’1,28% fuorilegge ma ciò non toglie che c’è preoccupazione per gli effetti dei vari mix dei pesticidi nel corpo umano. Non è dato sapere, infatti, che cosa possono provocare questi miscugli di residui. Per quanto riguarda la frutta, sempre secondo il dossier in oggetto, il 60% è regolare ma presenta residui chimici, il 36% è privo di residui e l’1,7% è irregolare.

I residui e le sostanze trovate

La frutta più contaminata trovata è nell’ordine pere, uva, pesche e fragole. Parlando invece di sostanze presenti sono stati trovati il boscalid, il chlorpyrifos, considerato come un pericoloso interferente endocrino, il fludioxonil, il metalaxil e il captan,  due fungicidi, e l’imidacloprid, un insetticida neonicotinoide, di cui è da poco entrato in vigore il divieto di utilizzo.

Come scrive Il Salvagente, queste sostanze sarebbero state trovate non di rado anche durante alcuni test effettuati su altri prodotti come pasta, prosecco e mele.

Nel dossier si parla anche di differenze tra paesi esteri e paesi italiani. I prodotti con più irregolarità sono stati quelli esteri, in particolare ortaggi, pomodori, peperoni provenienti dall’estero sono risultati quelli con più residui. Nel test attuale, è stato un peperone cinese a contenere un numero rilevante di pesticidi, seguito da un campione di pepe, proveniente dal Vietnam e una pomacea prodotta in Colombia  in cui sono stati trovati 15 residui diversi.

Secondo il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti “Solo una modesta quantità del pesticida irrorato in campo raggiunge in genere l’organismo bersaglio. Tutto il resto si disperde nell’aria, nell’acqua e nel suolo, con conseguenze che dipendono anche dal modo e dai tempi con cui le molecole si degradano dopo l’applicazione. Le conseguenze si esplicano nel rischio di inquinamento delle falde acquifere e nel possibile impoverimento di biodiversità vegetale e animale”.

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