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Oggi: 05 Dic, 2025

Macron ha tradito le promesse di un ritorno alla grandeur e la rabbia popolare monta

Il presidente francese Emmanuel Macron ha tradito le promesse rese ai cittadini nel 2017 e ribadite nel 2022, lasciando una Francia in panne.
3 mesi fa
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Francia, Macron pronto a sacrificare i conti pubblici
Francia, Macron pronto a sacrificare i conti pubblici © Licenza Creative Commons

La stella di Emmanuel Macron non brilla da tempo, anzi forse non ha mai brillato. Ma c’è stata una fase in cui l’inquilino dell’Eliseo sembrava distribuire le carte nell’Unione Europea, guidandone saldamente la seconda economia. Era il 2017 quando l’allora ex ministro dell’Economia sotto l’impalpabile presidenza di François Hollande scese in campo per sbarrare la strada a Marine Le Pen. Ex banchiere, si presentò ai francesi come l’uomo dell’anti-politica, competente e capace di far rivivere alla Francia la tanto decantata grandeur.

Promesse tradite di Macron

Macron si presentò come un candidato centrista e dalle inclinazioni liberali in economia, così come sui temi sociali.

Promise un “sovranismo europeo” per competere con USA e Cina, nonché tagli alla spesa pubblica e alle tasse per rendere l’economia francese più competitiva. Là dove avevano fallito tutti i suoi predecessori – Nicolas Sarkozy sopra tutti – egli ce l’avrebbe fatta. La Francia non è mai stata una nazione incline al libero mercato. Lo statalismo è un po’ connaturato alla sua storia. E’ la patria della burocrazia, intesa anche come capacità invidiabile di gestire la cosa pubblica. Qui, essere un dipendente dello stato è ben visto e non percepito come un ripiego di chi non avrebbe alternative valide nel settore privato.

Con Macron questo sistema consolidato sarebbe stato scardinato in favore di un modello di società più simile al Regno Unito. Già questa premessa cozzava con la popolarità del futuro presidente. I francesi non amano imitare nessuno, non vogliono rinunciare al loro modello sociale e meno che mai per adottarne uno d’impronta neoliberista.

E allora perché Macron vinse? Perché ebbe la “fortuna” di correre contro una candidata assai divisiva come Le Pen. Amatissima a destra, odiata come la peste nera a sinistra. Il “divide et impera” avrebbe funzionato anche nel 2022, quando già la stella macroniana si era eclissata tra gilet gialli e disillusione per il nuovo corso.

Francia sull’orlo della crisi fiscale

E’ difficile fare il quadro di cosa sia stato ad oggi Macron per la Francia e il resto del mondo. Sta lasciando un’economia più indebitata di come la trovò e sull’orlo di una grave crisi fiscale. Aveva vinto promettendo minore spesa pubblica e minore deficit, mentre la prima è rimasta invariata attorno al 57% del Pil, tra le più alte al mondo. Il rapporto debito/Pil era inferiore al 99% e punta al 114%. La bilancia commerciale è rimasta cronicamente in rosso, mentre il Target 2 della Banca Centrale Europea segnala una pericolosa fuga dei capitali.

Altro che grandeur. Ieri, per la prima volta da quando c’è l’euro i rendimenti decennali francesi erano superiori a quelli italiani. Macron sta seminando il panico tra gli investitori per l’incapacità di gestire una grave crisi politica aperta da lui stesso con lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale nel giugno dello scorso anno. In politica estera, le cose vanno di male in peggio.

La Francia è stata storicamente una potenza filo-occidentale, ma autonomia rispetto agli Stati Uniti, capace di interloquire con Russia e Cina. Adesso, è detestata da tutte le grandi potenze mondiali.

Poche riforme, flop all’estero

Per non parlare della perdita d’influenza nella Françafrique, l’Africa occidentale in cui si trovano le ex colonie. Al suo posto è arrivata la Russia di Vladimir Putin, oltre alla Cina di Xi Jinping. E se è vero che l’asse con la Germania resiste alle intemperie, non conta più come fino a qualche anno fa, complici i problemi politici ed economici a Berlino. In patria, Macron è ormai l’unica figura capace di unire le opposte fazioni nell’odio comune verso di essa. E’ costretto a non interessarsi esplicitamente dei dossier interni per non indispettire ulteriormente l’elettorato. Ciononostante, manda al patibolo un primo ministro dopo l’altro senza alcuna prospettiva di governo credibile.

Sarebbe intellettualmente disonesto affermare che Macron non abbia fatto proprio nulla. Sua è stata la riforma del lavoro, che ha un po’ semplificato e liberalizzato la legislazione a carico delle imprese. E storica è stata la riforma delle pensioni di due anni fa, per quanto minimale. Essa ha innalzato l’età pensionabile da 62 a 64 anni e ha aumentato gli anni di contributi necessari per ricevere l’assegno pieno. Non la rivoluzione promessa, ma qualcosa che è andata nella direzione promessa. Le resistenze corporative e sociali sono state fortissime, in perfetto stile francese.

Francia meno influente e credibile

Tirando le somme, sotto Macron la Francia ha perso influenza nel mondo e compiuto passi indietro da un punto di vista economico. Ha anche perso la reputazione fiscale, venendo già declassata dalle principali agenzie di rating. Il clima non è affatto più favorevole al business, anzi la necessità di trovare nuove entrate sta spingendo Parigi a ipotizzare un aumento della tassazione a carico dei segmenti più benestanti dei contribuenti. I macroniani, va detto, si oppongono alla stangata sui ceti alti. Tuttavia, hanno abbandonato l’idea di tagliare le tasse dopo aver provocato rovinosi “buchi” al bilancio con riduzioni in deficit.

Manca un anno e mezzo per il completamento del secondo e ultimo mandato di Macron.

Difficile che sarà sfruttabile per implementare quelle promesse elettorali rese nel 2017 e ribadite nel 2022. C’è un crescente fronte, anche tra i costituzionalisti, secondo il quale la sua permanenza all’Eliseo può ostacolare l’uscita dall’impasse politica. Le dimissioni vengono escluse dal sottoscritto, che caratterialmente è sempre parso così orgoglioso da rasentare l’arroganza. Ma la verità è che i francesi vorrebbero che se ne andasse anche prima di domani.

Macron impedimento all’unità nazionale

Ormai, le manifestazioni di protesta sembrano prive di un vero obiettivo che non sia la cacciata di Macron. Per oggi è stato indetto una sorta di sciopero nazionale all’insegna del “bloquons tout”. Rabbia sociale e odio esplicito verso il presidente si saldano e distolgono l’attenzione persino dall’urgenza di risanare i conti pubblici. Gli stessi centristi si rendono conto da mesi che il loro leader sia un impedimento alla pacificazione nazionale. Nessuna maggioranza sarà possibile fintantoché i partiti di destra e sinistra vorranno evitare di associare la loro immagine a quella di un presidente “delle élite” ed estremamente impopolare. Macron lo sa e si rifugia nella politica estera per darsi uno scopo all’Eliseo, riuscendo a creare irritazione e avversione persino all’infuori dei confini nazionali.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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