Le cartelle esattoriali sono una materia contorta, spinosa e in costante evoluzione. Prima di tutto, le regole che le disciplinano sono davvero particolari. Al punto che, spesso, da una cartella all’altra possono cambiare molte cose. Inoltre, la materia è oggetto di un profondo restyling normativo, come dimostra la recente riforma della riscossione, che ha effettivamente modificato alcuni aspetti delle cartelle.
Oggi, però, analizziamo uno strumento molto utilizzato, molto conosciuto e che consente a molti contribuenti di evitare il pagamento delle cartelle: la prescrizione, ovvero la scadenza di una cartella esattoriale oltre la quale il concessionario non dovrebbe più poter pretendere il pagamento.
Una prescrizione che, dopo una recente sentenza della Cassazione, cambia volto: diventa più facile da superare per il concessionario e più svantaggiosa per il contribuente.
Le cartelle esattoriali non scadono mai: addio prescrizione, ecco perché
Novità legislative, ma anche sentenze: sono questi i fattori che, da un anno all’altro, se non addirittura da un mese all’altro, possono modificare il meccanismo delle cartelle esattoriali.
Una recente sentenza della Cassazione stabilisce che, per far valere la prescrizione del debito, il contribuente deve impugnare l’intimazione di pagamento. In altri termini, quando si riceve la notifica di una cartella esattoriale già prescritta, è necessario presentare ricorso.
Come più volte chiarito, una cartella esattoriale prescritta non impedisce al concessionario di notificarla comunque al contribuente. Anzi, nella maggior parte dei casi ciò avviene, poiché la prescrizione non è automatica. Deve essere il contribuente che, ricevuta l’intimazione di pagamento, chiede l’annullamento del debito per prescrizione sopraggiunta.
Le cartelle esattoriali non scadono mai: addio prescrizione, adesso resuscitano pure le vecchie
Ma la Cassazione va oltre questa ovvietà.
I giudici non si limitano ad affermare che una cartella si annulla solo se il contribuente chiede esplicitamente l’annullamento per prescrizione.
Gli ermellini sottolineano infatti che, se una cartella è prescritta ma arriva un’intimazione di pagamento, e il contribuente non la impugna subito, allora il vizio della prescrizione viene sanato. In tal modo, la cartella torna a essere esigibile. In altre parole, la cartella resuscita.
Ecco un esempio pratico di cartella esattoriale che da prescritta diventa di nuovo esigibile
Per comprendere meglio, ecco un esempio concreto.
Tizio riceve un’intimazione di pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Si tratta di una cartella relativa a bolli auto non più richiesti da oltre 5 anni. In teoria, quindi, il debito è prescritto e si potrebbe chiederne l’annullamento.
Attenzione, però: il debito è sì prescritto, ma l’annullamento va richiesto espressamente dal contribuente. Se, invece, Tizio è convinto che il debito, in quanto prescritto, non vada pagato e decide di non fare nulla, commette un errore.
Se trascorrono 60 giorni dalla notifica senza alcun intervento, la cartella torna esigibile.
In pratica, la prescrizione — che era già maturata e applicabile, e che richiedeva solo una richiesta formale — si azzera. La cartella diventa nuovamente pienamente esigibile e può portare a pignoramenti, ipoteche, fermi amministrativi, ovvero alle temute procedure di esecuzione forzata.
La decisione dei giudici non lascia dubbi: i vizi si sanano così
In termini pratici, ignorare una cartella, anche se vecchia di 8, 9 o 10 anni, è sempre molto pericoloso. Anche se la cartella è effettivamente prescritta, lasciare senza risposta un’intimazione di pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione può farla tornare esigibile.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20476/2025. Da ora in poi, è obbligatorio impugnare entro 60 giorni la cartella per la quale si intende far valere la prescrizione.
Anzi, alla luce della sentenza, qualsiasi vizio — non solo la prescrizione — deve essere fatto valere con tempestivo ricorso, altrimenti si considera sanato. In sintesi: ogni cartella deve essere sempre impugnata, se si vuole evitarne il pagamento per vizi formali o sostanziali.