In campo fiscale, il principio della sostituzione reddituale svolge un ruolo centrale nella qualificazione di determinati proventi. Quando un’indennità viene percepita in sostituzione di un reddito non più corrisposto – come nel caso della maternità – il trattamento tributario applicabile ricalca quello della fonte di reddito originaria.
Tale criterio è definito dall’articolo 6, comma 2, del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Qui si stabilisce che le somme ricevute in sostituzione di redditi devono essere tassate secondo la stessa natura del reddito che vanno a rimpiazzare. Salvo casi eccezionali legati a invalidità permanente o decesso.
Questa impostazione garantisce uniformità nell’applicazione delle norme fiscali, evitando che proventi di natura compensativa ricevano un trattamento agevolato o penalizzante solo in virtù della loro forma.
In redazione è giunto un quesito.
“Salve, mi chiamo Antonella e sono una partita IVA in regime forfettario. Nel 2024 ho percepito circa 5.000 euro come indennità di maternità dalla mia cassa previdenziale di appartenenza. Nello stesso anno ho conseguito compensi effettivi per 50.000 euro. Sono a chiedere la la maternità percepita deve essere sommata ai compensi per determinare l’imposta da me dovuta in sede di dichiarazione redditi. Inoltre, concorrono alla verifica della soglia degli 85.000 euro per essere nel regime?”
Il quadro specifico del regime forfettario
Il regime forfettario, introdotto dalla Legge di Stabilità 2015 (L. 190/2014), rappresenta una delle modalità agevolate di determinazione del reddito per le partite IVA individuali.
La peculiarità del forfettario è l’applicazione di un’imposta sostitutiva (attualmente al 15%, ridotta al 5% per le start-up nei primi anni). E in criteri forfettari di calcolo del reddito imponibile, sulla base di coefficienti di redditività applicati al volume d’affari.
Pur trattandosi di un sistema semplificato, il regime forfettario non si sottrae alle regole generali di qualificazione reddituale. Di conseguenza, anche l’indennità percepita durante il periodo di maternità – sebbene non derivi da un’attività lavorativa svolta – assume rilievo fiscale, proprio perché va a sostituire un reddito che il contribuente avrebbe presumibilmente generato se fosse rimasto attivo.
Rilevanza dell’indennità di maternità nel calcolo dell’imposta
La maternità nel regime forfettario comporta, quindi, che le somme erogate a titolo di indennità previdenziale siano incluse nella base imponibile, ai fini dell’imposta sostitutiva. In pratica, tali importi sono considerati reddito imponibile anche se percepiti in assenza di prestazione professionale, poiché sostituiscono il reddito che sarebbe stato conseguito.
Questo significa che, nel determinare il reddito annuo su cui applicare l’imposta forfettaria, le indennità di maternità devono essere sommate al reddito derivante dall’attività ordinaria, secondo i coefficienti stabiliti dal legislatore.
Nessun impatto sui limiti di accesso e permanenza nel regime
Un aspetto fondamentale, tuttavia, riguarda l’effetto – o meglio, la sua assenza – dell’indennità di maternità sui requisiti numerici che disciplinano l’ingresso e la permanenza nel regime forfettario. In particolare, il legislatore ha previsto soglie rigide di ricavi o compensi per accedere e restare nel regime: un limite massimo di 85.000 euro annui, superato il quale si decade dal regime agevolato nell’anno successivo, e un tetto di 100.000 euro, oltre il quale l’uscita è immediata.
L’indennità di maternità, sebbene rientri nella base imponibile per il calcolo dell’imposta, non concorre al computo dei ricavi ai fini delle soglie suddette. Questo vuol dire che, per determinare se un contribuente può continuare a beneficiare del regime forfettario, l’indennità non è considerata, preservando così il diritto all’agevolazione anche in presenza di tali somme.
Maternità nel regime forfettario: la posizione chiara dell’Agenzia delle Entrate
Quanto qui esposto lo afferma l’amministrazione finanziaria. La Circolare dell’Agenzia Entrate n. 17/E del 2012 – riferita al regime dei minimi, predecessore dell’attuale forfettario – aveva già tracciato un orientamento chiaro: le indennità sostitutive di reddito non influiscono sulle soglie di accesso al regime agevolato.
Tale principio è stato successivamente ribadito anche per il regime forfettario in due interventi più recenti. La Circolare n. 5/E del 14 maggio 2021, nel paragrafo 3.5, ha esteso il concetto già affermato nel vecchio regime dei minimi anche al regime forfettario, confermando la non incidenza delle indennità previdenziali sui limiti di accesso e permanenza.
La Risposta all’Interpello n. 777 del 2021 ha ulteriormente consolidato questo orientamento, chiarendo la corretta interpretazione delle norme anche in presenza di specifici quesiti avanzati dai contribuenti.

