La normativa sulle tasse rischia di frenare lo sviluppo in Italia gli home restaurant? La moda anglosassone di invitare persone a pranzo o a cena a casa dietro corrispettivo inizia a prendere piede anche da noi. Ma non mancano le polemiche da parte dei ristoratori che temono la concorrenza sleale.

Home restaurant: quando i ristoranti in casa devono pagare le tasse

La chiave sta nel distinguere l’attività di impresa con il social eating, ovvero le comunità online che condividono il piacere del buon cibo e del piacere di stare insieme a tavola.

A sottolineare la differenza tra le due cose è Gnammo, il portale italiano che permette ai suoi utenti di organizzare eventi gastronomici in casa. E per evitare che anche il social eating finisca nel mirino del Fisco, ultimamente molto attento ai fenomeni di sharing economy, Gnammo ha lanciato un regolamento etico per evitare confusione tra iniziative saltuarie e attività potenzialmente inquadrabili nell’imprenditoria vera e propria con relativi guadagni (gli home restaurant appunto).

Gnammo, come funziona e come essere in regola

Il codice etico per l’organizzazione e la gestione degli eventi food casalinghi è in vigore dallo scorso 9 luglio ma è soggetto a possibili integrazioni e modifiche in itinere. Tutti gli utenti del social network del cibo si impegnano a rispettarlo. Le cene social non presuppongono l’intervento di un cuoco professionista e sono eventi saltuari e informali. Il filone è quello della condivisione più che dell’erogazione di un servizio come invece avviene negli home restaurant. Gnammo prevede solo pagamenti online tracciabili proprio per garantire la massima trasparenza dal punto di vista fiscale. Ma il prezzo richiesto per gli eventi gastronomici privati serve davver solo a ricoprire le spese o c’è un guadagno dietro? Rappresenta quindi il parallelo di Airbnb nella ristorazione.

Dopo il caso Uber quindi anche quello dei ristor