Yemen e la guerra INcivile araba (1 Viewer)

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’Arabia Saudita Ammazza 47 Prigionieri Politici Compreso un Altro Prelato Sciita, I Media Occidentali Sbroccano

Di FunnyKing , il 3 gennaio 2016 29 Comment

L'Arabia Saudita Ammazza 47 Prigionieri Politici Compreso un Altro Prelato Sciita, I Media Occidentali Sbroccano - Rischio Calcolato | Rischio Calcolato

Per ora mi limito ad osservare il balbettio dei media europei che dopo avere raccontato fregnacce su “ribelli moderati”, “isis”, “turrchia” e il “Macellaio di Damasco” ora devono reinventarsi uno story telling per includere le azioni criminali del nostro grande alleato che fa shopping in via Montenapolene.
 

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domenica 3 gennaio 2016

"CON L'UCCISIONE DELL'IMAM SUNNITA L’ARABIA SAUDITA VUOLE PUNIRE IL DISGELO FRA GLI STATI UNITI E L'IRAN - RIAD TEME IL RAFFORZAMENTO DI TEHERAN, SPECIE CON L'ACCORDO SUL NUCLEARE - I SAUDITI PUNTANO A DIMOSTRARE AL RESTO DEL MONDO ARABO CHE LORO POSSONO FARE QUELLO CHE VOGLIONO’’


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Per David Pollock è esperto di Medio Oriente ‘’è la risposta alla decisione degli Usa di rinviare l'applicazione delle sanzioni finanziarie nei confronti dell'Iran. Al Nimr era una figura scomoda per Riad, ma non certo un terrorista per cui era necessaria la pena di morte’’…




Francesco Semprini per “la Stampa”

PROTESTA PER LA CONDANNA A MORTE DI NIMR AL NIMR

David Pollock è esperto di Medio Oriente del «Washington Institute» e già consigliere del dipartimento di Stato ai tempi dell' amministrazione di George W. Bush.

Per lei l' esecuzione dello sceicco Nimr al Nimr è un altro atto della guerra per procura tra Arabia Saudita e Iran?
«Sì,
ma non è tutto. Gran parte delle 47 persone uccise sono sunniti, alcuni legati ad Al Qaeda, e questo per mostrare una sorta di neutralità e di maggiore credibilità. L'esecuzione di Al Nimr è però destinata a scatenare reazioni dure, in Iran, Iraq, Yemen, Bahrein, nelle province orientali dell' Arabia Saudita, anche perché non è solo un leader politico ma religioso».

Un leader religioso giustiziato come un terrorista?
«Era una figura scomoda per Riad, ma non certo un terrorista per cui era necessaria la pena di morte. La sua condanna rientra negli sforzi dei sauditi di dimostrare al resto del mondo arabo, all'Iran e al Pianeta che loro possono fare quello che vogliono».

Perché proprio ora?
«Un diversivo, per minimizzare le reazioni degli alleati occidentali dei sauditi distratti dal fine settimana di feste».


È una vendetta trasversale per l' eliminazione di Zehran Allouche, il referente dei sauditi in Siria?
«C' è un legame, ma occorre fare una distinzione, la Siria è parte della guerra per procura, Al Nimr è una questione interna, una minaccia per la sicurezza nazionale che ha la priorità su tutto».

In contemporanea la coalizione a guida saudita dichiarava la fine della tregua in Yemen. Una coincidenza curiosa non trova?
«Una coincidenza cercata, per due motivi. La giovane leadership saudita è convinta di aver compiuto importanti passi in avanti in Yemen e pensa di chiudere la partita. In secondo luogo è la risposta alla decisione degli Usa di rinviare l' applicazione delle sanzioni finanziarie nei confronti dell' Iran. Riad teme il rafforzamento di Teheran, specie con l' accordo sul nucleare, e si rende conto di non poter contare sull' appoggio di Washington».

Si tratta anche di un segnale in risposta alle difficoltà economiche del Paese causate dal calo dei prezzi del greggio?
«Non lo escluderei, una risposta simbolica ovviamente, una prova muscolare. Il mini-barile fa più male all' Arabia che all' Iran, che sta incassando bonus con la fine delle sanzioni per l' accordo nucleare. Detto questo l' economia saudita è ancora molto forte».

Senza un dialogo tra sauditi e Iran la guerra in Siria non potrà finire, così si va nella direzione opposta...
«In realtà non ero ottimista al riguardo nemmeno prima, non mi sembra ci sia volontà di una soluzione. La guerra in Siria terminerà per stanchezza, tra uno, tre, cinque o dieci anni».

Quale reazione si attende dall' America?
«Un commento di circostanza, niente più. Del resto ci sono le feste. Lunedì è un altro giorno».





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si ma per Obama e la pazza il problema e' rovesciare il governo di Assad
quante capre che ci sono in occidente!
 

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il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato l’assalto all’ambasciata saudita a Teheran invitando l’Iran a rispettare i suoi obblighi internazionali di proteggere le sedi diplomatiche. Non una parola, ovviamente, contro l’esecuzione di Nimr al Nimr e degli altri 46 prigionieri, forse per non turbare un membro che – giova ricordare – è a capo del Consiglio dei diritti umani dell’Onu.
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E l’Europa, silente e patetica entità senz’anima? Il suo di fatto timore reverenziale verso Ryad sta tutto nel cosiddetto “caso Wallström”. Di cosa si tratta? Poche settimane fa il ministro degli Esteri svedese, Margot Wallström, ha avuto infatti l’ardire di attaccare l’Arabia Saudita per i divieti imposti alle donne su guida e lavoro, per i matrimoni combinati con spose bambine, per le negazione delle libertà fondamentali e per la sentenza che mandava in prigione per 10 anni – oltre a 1000 frustate – il blogger Raif Badawi. “Sono metodi medievali e un crudele tentativo di silenziare le moderne forme di espressione”, dichiarò. Insomma, argomenti che qualsiasi persone senziente farebbe suoi e, oltretutto, portati avanti con tanta grinta da una politica socialdemocratica.
Reazione? Al di fuori della Svezia di “caso Wallström” si è parlato a malapena per un giorno sui grandi media e nessun alleato Ue si è sentito in dover di difendere Stoccolma. Da cosa? Di fatto, fa una sorta di fatwa dell’Arabia Saudita! Ryad ha infatti ritirato l’ambasciatore in Svezia e ha smesso di emettere visti per uomini d’affari di quel Paese, subito imitata dagli Emirati Arabi Uniti. Di più. l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, la quale rappresenta 56 Stati, ha accusato la Svezia di “non rispettare i ricchi e vari standard etici del mondo” (tra cui incarcerare blogger e decapitare oppositori), mentre il Consiglio per la Cooperazione del Golfo ha condannato quella che ritiene “una inaccettabile interferenza negli affari interni del Regno saudita”, tanto da non poter escludere incidenti anti-svedesi a breve. Notare come queste ultime due organizzazioni non abbiano avuto nulla da ridire quando lo scorso mese di ottobre la stessa Wallström riconobbe lo Stato di Palestina: come al solito, c’è interferenza e interferenza.
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E già oggi si parla di una coalizione islamica per non consentire alla Svezia di ottenere un seggio al Consiglio di sicurezza dell’Onu nel 2017 a seguito delle parole della Wallström. Dire che l’Europa fa pietà e pena pare farle un complimento.
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Cura Soros in arrivo per Stoccolma? Una cosa è certa, l’Arabia Saudita è la centrale della destabilizzazione mondiale. E noi, europei rimbecilliti, ci vendiamo come cavalier servente per quattro barili di petrolio e per non far arrabbiare Washington. In fondo, ce lo meritiamo.


Iran e Arabia Saudita tra destabilizzazione, false flag, propaganda e attacchi all'Europa. Che, vigliacca, si inchina - Rischio Calcolato | Rischio Calcolato
 

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LA STRATEGIA DI DOMINIO SAUDITA
Quello che emerge è che l’Arabia Saudita sta spingendo sull’acceleratore del conflitto inter-arabo, ponendosi a capo del mondo sunnita in una guerra senza esclusione di colpi; conflitto all’interno della quale il Califfato e l’Isis sono parte integrante della strategia egemonica dei sovrani del Golfo.



D’altro canto 5 fattori recenti hanno spinto l’Arabia Saudita a intensificare il suo protagonismo:
L’accordo sul nucleare iraniano, visto come un tradimento da parte degli storici alleati americani, che hanno tolto Teheran dall’isolamento internazionale.
L’ingresso nel conflitto siriano della Russia (alleata storica degli sciiti), che ha impedito il tracollo di Assad (sperato dai sauditi) e sta infliggendo duri colpi all’Isis rompendo il disegno saudita di un Califfato sunnita che disintegri i governi sciiti di Siria e Iraq.
Il ridimensionamento del ruolo Usa in Medio Oriente che toglie a Ryad la protezione militare pagata con i petrodollari.
La guerra nello Yemen dove i ribelli sciiti houthi filoiraniani stanno infliggendo battute di arresto alle Forze Armate del Presidente Hadi appoggiato proprio da Arabia Saudita e da altri paesi sunniti.
L’isolamento della Turchia di Erdogan (unica nazione islamica in grado di competere militarmente con l’Arabia) dopo l’abbattimento del jet russo.



La subdola strategia dei sauditi ? Il blog di Giampaolo Rossi

 

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sauditi rischiano di fallire, per questo cercano la guerra

E’ fuor di dubbio che sia di Riad la responsabilità della gravissima crisi con l’Iran. Quando si annuncia l’esecuzione in un sol giorno di 47 persone, diverse delle quali sciite, tra cui un imam reo soltanto di aver promosso una manifestazione di protesta quando aveva 19 anni, non sono necessarie analisi sofisticate per capire che si tratta di una provocazione deliberata. Ma a quali fini? Facciamo un passo indietro. L’Arabia saudita è da sempre in cima alla lista nera dei Paesi che violano i diritti umani, ma ha sempre beneficiato di uno statuto speciale da parte degli Stati Uniti e […]
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Anche i mercenari muoino!

Risulta essere stato ucciso infatti, nella provincia di Lahij, sud est del paese, Nicholas Butros, il comandante statunitense dell’impresa privata Blackwater, che ha traferito i suoi reparti di mercenari nella penisola arabica affiancando le forze saudite.


Arabia Saudita
L’Esercito yemenita che resiste ai sauditi uccide il comandante USA dei mercenari della Blackwater
Le forze yemenite che combattono sul terreno, resistendo all’aggressione dell’Arabia Saudita e dei suoi alleati statunitensi e britannici, hanno inflitto ieri un duro colpo all’esercito di mercenari utilizzato dagli USA per venire in aiuto dei sauditi, in forte difficoltà per la resistenza opposta dagli yemeniti, un popolo di guerrieri.
Risulta essere stato ucciso infatti, nella provincia di Lahij, sud est del paese, Nicholas Butros, il comandante statunitense dell’impresa privata Blackwater, che ha traferito i suoi reparti di mercenari nella penisola arabica affiancando le forze saudite.

La TV yemenita Al-Masirah ha informato di questo episodio, comunicando che: ” è stato ucciso il comandante delle forze statunitensi della Blackwater, nel corso di un attacco lanciato dalle forze yemenite contro la base di Al-Anad, nella zona di Lahij, nel corso del quale sono stati utilizzati missili Tonhka”.


Non è la prima volta che mercenari di questa impresa USA muoiono durante i combattimenti nello Yemen.

Lo scorso 9 Dicembre del 2015, un militare argentino ed il suo comandante messicano (entrambi al servizio della Blackwater, sono morti nel corso degli scontri armati avvenuti nella città di Taiz (nel sud est).
La società nordamericana utilizza fra le sue file molti elementi arruolati, di nazionalità colombiana, messicana e panamense che sono stati inviati in Yemen ed in altri teatri di operazioni dove la Blackwater ha ricevuto incarichi per “missioni speciali”.
Inoltre, durante questo attacco, sono rimasti uccisi vari altri miliziani sauditi. L’utilizzo di questi missili da parte delle forze yemenite ha inflitto forti perdite all’Esercito saudita e, nel corso degli ultimi due mesi, sono stati abbattuti almeno tre aerei militari sauditi e distrutti vari camions cisterna e mezzi blindati.


Secondo la TV Al-Masirah, l’ultimo attacco è stato realizzato giusto quando , i circa 4 mila mercenari che appoggiano l’aggressione saudita contro lo Yemen, stavano ultimando i loro preparativi per lanciare una operazione su vasta scala contro la città di Taiz.
In questa operazione, le unità missilistiche dell’Esercito yemenita hanno distrutto completamente cinque imbarcazioni militari saudite nelle acque di Al-Mokha, nella provincia di Taiz.
Nella stessa operazione le truppe yemenite hanno distrutto due carri armati sauditi e si sono impadroniti di un altro carro armato nella piana di Al-Mesraj, a Taiz. Inoltre, dopo un duro scontro a fuoco con i mercenari americano-sauditi, le forze yemenite hanno preso il controllo delle postazioni militari di Al-Rafed, al-Rafis, Nayd al-Qoba y Al-Suq , nella stessa città.
Reparti della Blackwater L’aggressione dell’Arabia Saudita contro lo Yemen era iniziata nel Marzo del 2015, con la luce verde e con l’appoggio degli Stati Uniti, a cui si sono aggiunti la Gran Bretagna ed Israele, fornendo aiuti, logistica, servizi di intelligence e mercenari. L’obiettivo dei sauditi è quello di rovesciare il governo del movimento Popolare (sciita) Ansarollah e restaurare il governo dell’ex presidente Abdu Rabu Mansur Hadi, fedele alleato de Rijad, estromesso dal potere da oltre un anno e mezzo.
L’aggressione saudita, che si è sviluppata con bombardamenti indiscriminati sulle zone civili, ha causato fino ad oggi circa 10.000 vittime di cui buona parte civili, donne e bambini, con distruzione di scuole, ospedali ed edifici residenziali.
Inoltre le autorità saudite, con la collaborazione di unità navali USA, hanno imposto un blocco militare aereo navale sul paese che ha prodotto una gravissima crisi umanitaria per la popolazione che manca di cibo, di acqua e di generi di prima necessità.


Un conflitto del tutto oscurato dai media occidentali e dai governi europei (di solito molto attenti ai “diritti umani”) che non vogliono “disturbare” i buoni rapporti d’affari esistenti con la monarchia Saudita, un fedele alleato della NATO e dell’Occidente.
Fonti: Hispantv Syrian Free press
Traduzione e sointesi: Luciano Lago



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