VORREI AVERE LA STESSA CALMA DEL MIO CANCELLO AUTOMATICO (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
La chiamano «liberazione» ma in realtà è una prigionia.
Ogni anno il 25 aprile fa prigionieri gli italiani e li costringe ad assistere
a tre giorni di contrapposizione tra presunti partigiani e fantomatici fascisti.

Cambiano i nomi dei partiti e pure il quadro politico ma il 25 aprile no,
si ripete con identica liturgia e con uguali parole d'ordine a prescindere dalla realtà,
con un'enfasi e una retorica quasi che il nemico fosse ancora alle porte e i resistenti su in montagna a combattere.

Visto che per non offendere i «nuovi» italiani c'è chi è arrivato a negare la celebrazione del Natale,
sarebbe bello che per non offendere l'intelligenza di tutti gli italiani la piantassero con la riedizione verbale
di una guerra civile che - quella sì - fu cosa seria e produsse inutili morti da ambo le parti.

Il 25 aprile è una festa partigiana nel senso di parte. Si ricorda non la benefica fine di una dittatura cosa più che legittima
- ma una storia riscritta a uso e consumo dei vincitori. I quali, fino al 24 aprile 1945,
certamente non erano in numero apprezzabile nelle piazze armati ma richiusi in casa
ad aspettare i liberatori degli eserciti angloamericani per poi sfogare nei giorni seguenti la loro vendetta con altrettanta ferocia dei predecessori.

La storia ognuno la legge come vuole, ma è la cronaca a essere oggettivamente stucchevole.

Neppure il giovane Di Maio (si parla di fatti che riguardano suo nonno) è riuscito a sottrarsi
al pagamento della tassa e domani sfilerà, non si capisce a che titolo,
alla testa di uno dei tanti cortei puntando il dito contro il «fascista» Salvini,
che va bene per andare al governo ma che diventa un pericolo pubblico sotto elezioni.

Già, perché il problema è proprio e solo questo: fuori dall'ipocrisia, non c'entra la memoria e neppure la storia, ma solo i voti.

Essendo infatti le elezioni quasi sempre attorno a maggio, il 25 aprile il più delle volte cade in piena campagna elettorale.
Quale occasione migliore quindi per andare in piazza a difendere, da chi non si capisce,
la «Repubblica nata dall'antifascismo» (più veritiero sarebbe dire: nata grazie agli americani e a Churchill).

Che poi per il resto dell'anno questa Repubblica venga dagli stessi patrioti
costantemente bistrattata e mortificata da politiche inadeguate è ritenuta cosa secondaria.

In fondo basta aspettare solo altri 12 mesi che arriva il 25 aprile successivo,
e per l'ennesima volta anche i mediocri e i codardi potranno tornare a dirsi per un giorno statisti e leoni.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Vergognoso è troppo poco. Mai vista una cosa simile.

Si sta parlando tantissimo in questi giorni del decreto crescita ed ieri sera,
alle 19, era stato convocato il Consiglio dei Ministri dal premier Giuseppe Conte.

Dopo le frecciatine – alcune molto pesanti – lanciate dai vari esponenti del governo in questi giorni, però,
Luigi Di Maio ha disertato la convocazione di Palazzo Chigi perché impegnato
nelle registrazioni della trasmissione di Giovanni Floris Di Martedì, in onda su La7.

In rappresentanza del Movimento 5 Stelle ci sarebbero stati solamente Barba Lezzi (Ministro per il Sud)
e Alberto Bonisoli (a capo del dicastero della Cultura).
Assenti, infatti, anche Danilo Toninelli, impegnato ad Agrigento,
e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, anche lui in Sicilia per altri impegni istituzionali.
Non c’è neanche il ministro dei Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro.

La Lega, invece, si è presentata a ranghi completi a Palazzo Chigi.

Il Consiglio dei Ministri si è riunito martedì 23 aprile 2019, alle 19.45 a Palazzo Chigi,
sotto la presidenza del Presidente Giuseppe Conte. Segretario il Sottosegretario alla Presidenza Giancarlo Giorgetti.

Il Consiglio dei Ministri è terminato mercoledì 24 aprile 2019 alle 0.06.
 

Val

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La vera Festa di Liberazione fu la sconfitta dell'invasore storico, gli Austriaci, ed avvenne nel 1918 con la Vittoria.
 

Val

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Grillo è il Mariotto Segni del genere comico-politico.

Col tempo ci si è abituati a considerare Mariotto Egalité, come lo chiamava il suo amico Cossiga,
per quel che è e vale come gentiluomo isolano e aristocratico della politologia. Lo merita.

Ma tutti ricordano che dopo il famoso referendum sulla preferenza unica,
e la strabordante vittoria della sua posizione di attacco al sistema dei partiti nella Repubblica morente,
Segni fu definito, e non a torto, come quel politico che aveva vinto...
 

Val

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Sta cercando di non annegare in una pozza .....di voti......imbarca di tutto.

“Da Tsipras a Macron” è lo slogan con cui Nicola Zingaretti ha lanciato le cosiddette “liste aperte” del Pd per le elezioni europee.

In attesa di capire dove stia lo spirito macroniano e se effettivamente possa nascere un’alleanza all’Europarlamento
fra En Marche e il Pd (con il partito di Macron il rapporto del segretario del Pd è molto solido), ci sono quantomeno dei punti fermi sul versante Tsipras.

Zingaretti in queste settimane ha infatti puntellato il suo partito da sinistra, basta vedere chi è stato scelto nella Direzione del Pd e chi sono i candidati e le candidate alle europee.

Il segretario-governatore ha portato in direzione due trentenni movimentisti come Marco Furfaro e Maria Pia Pizzolante.

Furfaro ha militato in Sel e nel 2014 era candidato alle elezioni europee con “L’altra Europa con Tsipras” .
Oggi è coordinatore nazionale di Futura, l’associazione di Laura Boldrini;
insieme a lui nella direzione nazionale c’è anche Maria Pia Pizzolante, tra i fondatori di Futura e portavoce della rete nazionale di TILT!, anche lei ex Sel.
L’associazione Futura – che in campagna elettorale per le primarie era stata accusata dagli avversari di portare elettori non Pd
al voto per scegliere il segretario del Pd – sostiene e promuove una serie di candidati alle prossime europee.

Nel Lazio c’è Massimiliano Smeriglio, capo di Piazza Grande, il comitato di Zingaretti alle primarie del Pd nonché suo numero due in Regione.
Lui e il governatore rappresentano uno schema politico.
Un modello che ha permesso al centrosinistra di vincere le regionali nel Lazio e che ha consentito a Zingaretti
di superare gli avversari alle primarie con l’aiuto da quella sinistra ex filiera corta Prc-Sel-Leu che Smeriglio rappresenta e che ha portato in questi anni in dote al governatore.
Teorico del dialogo con i Cinque stelle, “non è del Pd ma parla sempre sul Pd.
E Zingaretti glielo lascia fare”, dice chi lo conosce.

In lista c’è poi Giuliano Pisapia, che è candidato capolista nella circoscrizione Nordovest con il Pd pur non avendo la tessera.
“Serve un salario minimo europeo pari al 60 per cento dello stipendio medio di ogni Stato”, ha detto l’ex sindaco di Milano ieri in un’intervista a La Stampa.
“Un’aliquota media del 18 per cento di tassazione per le multinazionali, anche del digitale. E poi una direttiva che azzeri le differenze di salario tra uomini e donne”.

In lista c’è anche Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, che è iscritto a Demos, Democrazia Solidale,
partito che alle Europee nelle liste del Pd candida Beatrice Covassi, capo della rappresentanza in Italia della Commissione Europea,
Giuliano Faccani, neurochirurgo, e Eduardo Piccirilli, presidente dell’Academy School e docente all’Università Parthenope di Napoli.
“Adesso è arrivato il momento di entrare in politica, perché credo nella buona politica.
Perché questi accordi fatti con la Libia non fanno parte della nostra cultura italiana.
Perché non è più accettabile rifiutare queste persone in un momento in cui in Libia c’è la guerra”, dice Bartolo lanciando la sua candidatura.

Da Articolo 1 nelle liste sono arrivate le candidature dell’europarlamentare uscente Massimo Paolucci,
dalemiano ed ex funzionario del Pci di Napoli, e Maria Cecilia Guerra, ex capogruppo di Articolo 1 al Senato nella scorsa legislatura.

Anche la recente scelta dei numeri due al largo del Nazareno corrisponde a uno schema di “allargamento a sinistra”, diciamo così:
Zingaretti pochi giorni fa ha nominato come vicesegretari Paola De Micheli e Andrea Orlando.

Con gran disappunto delle minoranze.
 

Val

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Ahahahahahahah

Dovevano farsi proteggere dal popolo e invece per la prima volta Taranto è stata blindata da una “zona rossa”
con massiccia presenza delle forze di polizia nel centro città in occasione della calata
dei magnifici cinque ministri Di Maio (Sviluppo e Lavoro), Grillo (Salute), Lezzi (Sud), Costa (Ambiente) e Bonisoli (Cultura).

Un sit-in di protesta con un centinaio di persone dei movimenti e delle associazioni ambientaliste
(ex amici dei 5 stelle) li ha accolti a poca distanza della prefettura.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ed eccoli entrare in azione giustoprima delle elezioni .........

Venerdì Standard&Poor’s potrebbe declassare il giudizio sul nostro debito.

Secondo Bloomberg, la maggiore fonte di informazione e anticipazione di umori degli investitori mondiali,
“tutti sappiamo che la prossima crisi finanziaria dell’Italia è in arrivo, è solo una questione di quando”.

Dunque non più solo di quel “se” che il governo gialloverde aveva prima aizzato
(quando, ipotizzando di non onorare i debiti verso la Banca centrale europea, produsse il raddoppio dello spread)
e poi si è illuso di esorcizzare: come se il differenziale tra Btp e Bund andasse bene...
 

Val

Torniamo alla LIRA
La Mmt, oggi divulgata dai professori Bill Mitchell e Randall Wray, si basa su due postulati.

Il primo afferma che un governo che abbia il controllo sull’offerta della propria moneta
sarà sempre in grado di ripagare qualunque quantità di debito pubblico denominato in quella stessa moneta
.

Il secondo afferma che le imposte non servono a finanziare la spesa pubblica:
le imposte hanno come principale funzione quella di creare un debito in capo ai cittadini,
dando loro motivo di cedere i propri beni allo stato (lavoro o capitale)
per ottenere la moneta necessaria a pagare le imposte future
.

Da ciò deriva la conclusione che lo stato non ha un vincolo di bilancio finanziario.

I vincoli di bilancio di cui sentiamo parlare sono “auto imposti’’.

E’ pertanto possibile utilizzare la tipografia di stato per finanziare spesa pubblica.
 

Val

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Pur essendo per le europee, dove un partito prese pure il 40% (ahahahah) dei voti,
le elzioni fanno paura e si muovono le acque nella speranza di uscire dalla me...lma.
Qui o c'è o non c'è.

Ma tutto quello che viene scritto sono "illazioni". Questa è la verità.

Voci di corridoio. Fantasmi che "parlano". Fantasmi che "inventano".
E l'articolo sotto lo chiarisce,pure. Accendete la lampadina.

Sollecitata dal caso Siri e lesta nel soccorso dell'azionista di maggioranza del Governo, Matteo Salvini,
si è messa al lavoro la "macchina del rumore". Una variopinta e ormai stagionata compagnia di giro
- giornalisti, parlamentari, social influencer - specializzata in Operazioni Confusione.
Quelle che devono accreditare come "falso" ciò che è vero.
Come "inesistente" e "fantasma", ciò che al contrario esiste.
Scommettendo sulla vecchia regola degli spin doctor.
Se non puoi dimostrare che una cosa è falsa, fallo almeno credere.

A qualcuno il dubbio resterà.

Una "rivelazione choc" di uno dei pm romani consente di concludere che quanto raccontato
da Repubblica e il Corriere della Sera nei giorni scorsi è "un fake".

Che "l'intercettazione dei 30 mila euro contro Siri non esiste". "È un tarocco".

Al punto - si spiega con la certezza dell'indicativo - che "nel fascicolo dell'inchiesta l'audio non c'è"
e non è saltato fuori neppure "dopo giorni di scartabellamenti". Oibò. La faccenda è assai ghiotta.

Non fosse altro perché - guarda un po' che coincidenza - cade proprio nelle ore in cui il premier di un Governo
ormai politicamente dissolto avoca a sé la decisione sulla permanenza o meno nel gabinetto di Siri.
Sotto un diluvio di chiacchiere, i fatti si dissolvono e la storia può essere riscritta a mano libera.

Dunque, come stanno le cose?
Repubblica è tornata a sollecitare diverse e qualificate fonti della Procura di Roma con accesso agli atti di indagine
che consentono di ricostruire con esattezza questa storia e i suoi punti documentalmente acclarati.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Pure e semplici "illazioni". Di convenienza giornalista e politica, è ben chiaro.

Come riferiscono ancora fonti di Procura
,

"la conversazione intercettata non consente di stabilire se i 30 mila euro siano stati effettivamente pagati o, al contrario, soltanto promessi.
Ma questo, sotto il profilo della contestazione del reato, non cambia le cose".

A ben vedere, la "macchina del rumore" e chi allegramente è salito sopra la sua giostra
avrebbero potuto agevolmente evincere l'esistenza del dialogo anche solo dalla lettura del decreto di perquisizione
(il ministro dell'Interno non deve avere avuto il tempo di farlo, visto che ha preferito gigioneggiare chiedendosi se esista o meno l'intercettazione).

Ma è anche vero che era un dettaglio non funzionale all'Operazione Confusione.

Scrivono infatti il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi: "il fumus (del reato, ndr.) è costituito, tra l'altro,
dal contenuto di alcune conversazioni tra l'indagato Paolo Franco Arata ed il figlio Francesco (alla presenza anche di terzi)
nelle quali si fa esplicitamente riferimento alla somma di denaro pattuita a favore di Armando Siri
per la sua attività di sollecitazione dell'approvazione di norme che lo avrebbero favorito".

Per essere "una presunta conversazione", peggio, "un tarocco", quello di Repubblica, non è male.
Ma, visto che ci siamo, si può aggiungere qualche altro dettaglio.

Il contenuto della conversazione tra Arata e il figlio (che, come scrivono i pm, non è per altro l'unica)
non consente, per dirla con le parole di una fonte inquirente, "nessuna altra spiegazione plausibile
che non sia quella che le è stata attribuita è che è evidente dall'ascolto".

Così come "è certo che è a Siri che i due si riferissero in quella discussione".
"L'unico modo che Arata avrebbe per suggerire una spiegazione diversa - conclude la fonte - sarebbe sostenere che mentre diceva quelle cose, scherzava.
Peccato, però, che non si trattasse di una chiacchiera al bar, ma di un dialogo con il figlio sui molti e diversi affari della famiglia.
Tra cui, appunto, quelli che riguardavano il ruolo di Siri".
 

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