Volkswagen (VW) Volkswagen, il terremoto scuote Berlino: «La Merkel sapeva tutto da mesi» (1 Viewer)

tontolina

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Volkswagen, il terremoto scuote Berlino:
«La Merkel sapeva tutto da mesi»


Che il caso non sia solo tedesco lo conferma il crollo delle Borse e le pesanti perdite subite da tutti i titoli del settore automotive: -8,8% Peugeot, -7% Renault, -7% Daimler, -6% Bmw per citarne qualcuno.

E tuttavia in Germania sta diventando un caso di Stato che rischia di creare serio imbarazzo anche alla Cancelleria non certo estranea alle vicende della più grande azienda d'Europa, un gigante che dà lavoro a 600 mila persone e contribuisce non poco al Pil di Berlino. Ieri il quotidiano Die Welt ha rivelato di essere in possesso di uno scottante documento che prova come il governo tedesco fosse al corrente del grave problema poi esploso dall'altra parte dell'Atlantico. Sarebbero stati i verdi a luglio a presentare un'interrogazione sull'argomento e il ministero dei Trasporti tedesco avrebbe risposto di non essere all'oscuro del fatto che i costruttori di auto alteravano le emissioni con il software poi incriminato. Dal dossier emerge che pure le autorità di Bruxelles erano informate della vicenda.

L'APPOGGIO DEI POTERI FORTI
Se ciò fosse confermato, sarebbe davvero grave, perchè si va oltre le responsabilità dei manager aziendali rendendo remota la possibilità che il capo azienda di Wolfsburg potesse non sapere quanto stava accadendo. Più inquietante è il fatto che si parla genericamente di costruttori, quindi potrebbe non essere coinvolta solo la Volkswagen.
La vicenda s'intreccia con un'altra partita tutta tedesca per il controllo del gigante di Wolfsburg che, per quanto ferito dalla vicenda, resta uno dei principali protagonisti globali del mondo dell'auto, un asset di inestimabile valore non solo per la Germania. Lo scandalo emissioni è infatti esploso proprio nel momento in cui il gigante tedesco sembrava aver ritrovato equilibrio dopo il duro braccio di ferro di primavera fra il patriaca-azionista Ferdinand Piech e il top manager Winterkorn per l'intera carriera suo delfino, una vicenda che aveva messo in notevole difficoltà il vertice aziendale.

Nessuno conosceva le ragioni per le quali Piech aveva preso le distanze dal Winterkorn, ma quanto accaduto in queste ore potrebbe spiegare molte cose. All'epoca il ceo aveva infatti ricevuto l'appoggio incondizionato di tutti i poteri forti tedeschi, sia quelli che hanno un ruolo primario nel consiglio di sorveglianza (sindacati, land della Bassa Sassonia, famiglia Porsche) sia il governo di Berlino.[i tedeschi pretendono il rispetto delle regole da tutti gli altri ma poi loro sono disonesti e corrompono....]

La cancelliera in persona ha sempre manifestato stima e fiducia a Winterkorn facendosi vedere spesso con lui in pubblico (l'ultima volta qualche giorno fa al Salone di Francoforte). L'assemblea dei soci convocata per novembre avrebbe dovuto approvare il nuovo organigramma del cds con Hans Dieter Poetsch (attuale responsabile della finanza nel consiglio di amministrazione di Wolfsburg) alla presidenza del potente consiglio di sorveglianza, quindi come successore del patriarca Piech.

SPUNTA L'IPOTESI MUELLER
Contemporaneamente era stato annunciato il rinnovo del contratto di Winterkorn al vertice operativo per altri due anni, fino al 2018 (c'era ancora da decidere chi avrebbe preso il posto di Poetsch nel board). Ora tutto torna in ballo.

Winterkorn nel suo messaggio di ieri ha chiesto ancora la fiducia, intenzionato a continuare. Ma per lui non sarà facile gestire lo scandalo visto che è quasi impossibile potesse non sapere. La cosa che più irrita le autorità Usa è la mancanza di trasparenza e i precedenti di Toyota e General Motors dimostrano che chi chiede scusa e gestisce la “riparazione” difficilmente è lo stesso manager che era alla guida quando il problema si è verificato. L'altro ieri era stato il guru dell'automotive tedesca Dudenhoeffer a chiedere il passo indietro di Winterkorn; ieri il quotidiano Tegesspiegel dava per imminente la resa del manager.

Secondo fonti interne al cds, il ceo non avrebbe più la fiducia del consiglio stesso e sarebbe già stato individuato il suo successore, Matthias Mueller, l'attuale numero uno di Porsche che resta una delle cassaforti più ricche del Gruppo di Wolfsburg nonché fiore all'occhiello della famiglia principale azionista (Ferdinand Porsche era il nonno di Piech da parte materna).

Per motivi del tutto imprevedibili rischia dunque di avverarsi il desiderata di Piech: Winterkorn fuori. Col senno di poi prende forza l'approccio di Wolfsburg all'IAA di Francoforte tuttora in corso: grande attenzione all'elettrificazione con i rivoluzionari concept a emissioni zero e vetture di serie ibride plug-in. Sicuramente un modo per togliere attenzione dal diesel visto quello che bolliva in pentola.
 

tontolina

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COLPO DI SCENA: Volkswagen ha sbagliato ma con la complicità di Berlino e Bruxelles
Lo scandalo Volkswagen sembrava limitato tra le mura del management di Wolfsburg. Invece gli ultimi documenti, che hanno del clamoroso, mettono a...
intermarketandmore.finanza.com














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Come funzionava la truffa dei test e perché Volkswagen pensava di farla franca


I sensori permettevano alla centralina di comprendere quando l’auto era sottoposta a un controllo. Poi partiva la configurazione preimpostata che riduceva le emissioni

Come funzionava la truffa dei test e perché Volkswagen pensava di farla franca - La Stampa
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Germania, Uk e Francia: doppio gioco su test Volkswagen

Stampa Invia Commenta (10) di: WSI | Pubblicato il 24 settembre 2015| Ora 15:40


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I tre paesi avrebbero esercitato pressioni per mantenere lacunosi gli esami su emissioni nocive per poi chiedere una inchiesta sulla casa tedesca.
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Germania, Gran Bretagna e Francia avrebbero mantenuto il segreto sull'inadeguatezza dei test sulle emissioni delle auto



NEW YORK (WSI) - Germania, Gran Bretagna e Francia finiscono sul banco degli imputati nel caso Volkswagen, accusate di ipocrisia per la pressante attività di lobby fatta dietro le quinte al fine di mantenere il segreto sull'inadeguatezza dei test sulle emissioni delle auto, per poi chiedere pubblicamente un'indagine europea sull'inquinamento prodotto dai modelli Volkswagen incriminati.

Secondo alcuni documenti - finiti nelle mani del quotidiano inglese Guardian - i tre paesi avrebbero fatto pressioni sulla Commissione europea per mantenere lacunosi i test di rilevamento delle emissioni nocive, alzandoli del 14% rispetto ai livelli reali.

Solo quattro mesi prima dello scoppio dello scandalo Volkswagen - secondo quanto rileva il quotidiano britannico - tre delle nazioni più grandi dell'UE, avrebbero organizzato una serie di scappatoie sui risultati di un test, messo a punto nel 1970, conosciuto come il NEDC, cioè la procedura certificata a livello mondiale per veicoli leggeri che dovrebbe essere sostituita nel 2017.

"E' inaccettabile che i governi che giustamente chiedono l’apertura di un'inchiesta dell'Unione europea nei confronti della Volkswagen, allo stesso tempo facciano pressioni per continuare a manipolare i test per misurare le emissioni di CO2", ha dichiarato al quotidiano inglese Greg Archer, manager presso l'autorevole think tank, T&E, che si occupa dell’impatto dei mezzi di trasporto sull’ambiente.

Le emissioni dei veicoli impattano per il 12% delle emissioni di carbonio in Europa ed entro il 2021, tutte le nuove auto dovranno rispettare un limite imposto dall’Unione Europea, di 95 grammi di CO2 per ogni km percorso. (mt)

Fonte: The Guardian
 

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i parassiti di Bruxselles corrotti

Volkswagen, Europa avvisata nel 2013 da relazione tecnica del Joint research centre Il Fatto Quotidiano
Volkswagen, Europa avvisata nel 2013 da relazione tecnica del Joint research centre

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Fatti a motore
Sul Finantial Times si riferisce di un rapporto del centro di ricerca scentifica della commissione europea che già nel 2013 evidenziava le criticità dei test effettuati sulle auto, invitando ad optare per delle prove su strada, più utili a scovare frodi
di F. Q. | 26 settembre 2015

“L’Europa sapeva da due anni”. Lo afferma il Finantial Times, che cita una relazione tecnica del Joint Research Centre che già nel 2013 aveva messo al corrente la Commissione europea della possibilità che i test sulle emissioni delle autovetture potevano essere alterati da “dispositivi” definiti “di disattivazione”.
Jrc nel 2013: “Test su strada più efficaci contro manomissioni”
Nel rapporto si parla dell’utilizzo di “dispositivi di manipolazione che possono attivare, modulare, ritardare o disattivare i sistemi di controllo delle emissioni” e migliorare di conseguenza “l’efficacia durante la prova delle emissioni”. Dunque esattamente quello che in questi giorni è stato certificato dall’agenzia americana per l’ambiente. Gli autori della relazione del Jrc (istituto scientifico della Commissione europea) raccomandavano quindi i test su strada dei veicoli, in quanto più efficaci contro strategie di manomissione da parte delle case automobilistiche, oltretutto rese illegali dalla Ue già dal 2007.
Commissione europea: “Già allo studio prove su strada”
La portavoce dell’esecutivo comunitario Lucia Caudet ha comunque ribadito che la “Commissione non fa le veci della polizia” con le sue normative, anche se “gli Stati membri hanno comunque l’obbligo di rispettare la legislazione della Ue, tra cui il divieto esplicito sui dispositivi della frode”.

Caudet ha confermato che “la Commissione era già a conoscenza del fatto che i test di laboratorio non producono letture precise per le emissioni di ossido di azoto delle automobili diesel, e che era già allo studio la piena implementazione di prove su strada, che possono escludere il rischio di falsare i test”.
Volkswagen: “5 milioni i veicoli coinvolti: Golf, Passat e Tiguan”
Intanto il gruppo automobilistico tedesco Volkswagen ha annunciato che cinque milioni di veicoli del suo marchio principale sono interessati in tutto il mondo dalle emissioni manipolate. Alcuni modelli e alcuni anni di produzione, infatti, sono equipaggiati esclusivamente con il motore diesel 189 Es, sul quale è stato scoperto il software per truccare le emissioni. Per Volkswagen si tratta della Golf di sesta generazione, della Passat di settima generazione e della prima generazione della Tiguan. Tutti i nuovi veicoli del marchio Volkswagen che soddisfano gli standard europei EU6 non sono interessati, e comprendono i nuovi modelli Golf, Passat e Touran.
l presidente del brand, Herbert Diess, ha spiegato che si sta “lavorando a pieno ritmo a una soluzione tecnica che sarà presentata ai nostri partner, clienti e pubblico al più presto”. “Il nostro obiettivo è quello di informare i nostri clienti nel più breve tempo possibile, in modo che i loro veicoli siano conformi alla normativa”, ha aggiunto Diess assicurando che “Volkswagen farà tutto quanto umanamente possibile per riconquistare la fiducia di clienti, fornitori e pubblico”. Il gruppo Volkswagen segnalerà quanti veicoli sono interessati dallo scandalo in ogni mercato. Infine la società tedesca ha ribadito che lavora a stretto contatto con le autorità di certificazione per trovare soluzioni e che i veicoli sono sicuri e funzionano bene dal punto di vista tecnico.
Suzuki: “Abbiamo venduto le nostre quote Volkswagen”
Lo scandalo Volkswagen ha avuto riflessi pesanti anche sui mercati. E’ di queste ore l’annuncio, da parte della casa automobilistica giapponese Suzuki motor corporation, della vendita le proprie quote Volkswagen (pari a 4,4 milioni di azioni) mettendo così una pietra sopra all’alleanza, mai decollata, per le auto ibride ed elettriche che era stata siglata nel 2009. Separatamente Porsche Automobil holding, in un’email, ha fatto sapere di aver acquistato da Suzuki l’1,5% di Volkswagen. La casa giapponese non ha comunicato il prezzo di vendita della propria quota in Vw ma ha annunciato per il trimestre in corso un profitto straordinario di circa 36,7 miliardi di yen, pari a 270 miliardi di euro.
 

tontolina

Forumer storico
i parassi di Bruxselles sanno solo multare l'Italia ma poi si lasciano correompere dalla germania


chi si fida più di questa Europa corrotta guerrafondaia e nazista?


Ft: test truccati, l'Europa sapeva dal 2013
Il Sole 24 Ore - ‎
Dopo lo scandalo del «dieselgate», nei palazzi comunitari di Bruxelles tutti ostentano stupore ed incredulità per la truffa dei motori diesel con dati sulle emissioni truccati prodotti e messi sul mercato dalla Volkswagen. Ma, secondo una ricostruzione ...


Trucco smascherato nel 2013?
Il riferimento è al software capace di ridurre le emissioni di sostanze inquinanti solo quando i software gli segnalavano che l'auto diesel su cui era fraudolentemente installato si trovava sui rulli per i test in officina. Una volta in strada, verificando che la macchina curvava e non si trovava più su dei rulli con lo sterzo bloccato, il programma si spegneva da solo, facendo impennare anche di 40 volte i livelli di inquinanti. Il tutto all'insaputa dei proprietari delle vetture ma non delle case costruttrici.
La lobby del diesel
Secondo il quotidiano economico finanziario della City «l'incapacità delle autorità regolatorie in tutta l'Ue di denunciare questi trucchi porta alla luce il potere delle lobby dell'industria automobilistica europea
, che ha scommesso molto sui diesel. Circa il 53% delle nuove auto vendute nell'Ue sono (oggi) diesel - si legge nell’inchiesta pubblicata oggi su Ft - rispetto al circa 10% dei primi anni '90». Il conservatore Daily Telegraph, citando Greenpeace, sostiene che a Bruxelles è attiva una potente lobby del diesel che solo nel 2014 ha speso 18,4 milioni di euro per sostenere la diffusione di questo tipo di motori.
 

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