VIAGGIO AL CENTRO DEL SALOTTO (1 Viewer)

Val

Torniamo alla LIRA
Tempi straordinari obbligano gli Stati e le loro emanazioni sovra-istituzionali ad interventi economici straordinari.

Sono tutti d’accordo con questo assunto nel palcoscenico geopolitico terrestre.

Tutti tranne quattro nazioni appartenenti all’Unione europea.

Le stesse nazioni che di avallare i coronabond, che servirebbero soprattutto a far sì che il debito pubblico
delle singole realtà nazionali possa essere ammortizzato su base comune e condivisa,
non ne vogliono sentir parlare. Il Consiglio europeo di ieri è stato rivelativo.

Un’epoca pandemica presuppone la necessità di un’incidenza della solidarietà senza eguali nella storia:
i leader europei, quasi tutti, lo stanno ripetendo a mo’ di mantra.

Persino Emmanuel Macron, dopo anni di europeismo sconfinato, sembra essersi svegliato dal sonno ideologico.

Ma non è sufficiente: Germania, Olanda, Austria e Finlandia continuano ad essere contrari alla immissione sul mercato degli eurobond.

Quelli pensati ad hoc per tamponare il collasso economico che potrebbe derivare,
anzi probabilmente deriverà con certezza, dalla diffusione del virus.


L’Italia può subire per anni le conseguenze di un atteggiamento ostruzionista senza eguali.

La recessione è qualcosa di più di uno spettro previsionale.

Per questo, le quattro nazioni indicate vengono definite da più fonti – una su tutte Il Mattino – alla stregua di “nemici” del nostro Paese.

L’Unione europea diviene così protagonista di una spaccatura interna che per i meno ottimisti può comportare un frazionamento definitivo.

Con tanti saluti all’Unione europea ed a tutti i suoi organi rappresentativi ed esecutivi.

Da una parte, semplificando un po’, possiamo collocare Italia, Francia e Spagna;
dall’altra, invece, sono elencabili le quattro nazioni sopracitate.

Gli Stati che hanno a disposizione una banca centrale si trovano nella possibilità di utilizzare un vero e proprio “bazooka”.

Si pensi al caso degli Stati Uniti di Donald Trump, ma anche a quello della Cina di Xi Jinping o a quello della Russia di Vladimir Putin.

Questi “bazooka” statali sono regolati sulla base del rapporto tra il deficit ed il il Pil.

Le realtà che fanno parte dell’Unione europea dovrebbero poter contare sulla Banca centrale europea,
che per ora ha predisposto una serie di misure che Francia, Italia e Spagna reputano essere davvero troppo parziali.

Mario Draghi, dalle colonne del Financial Times, ha spiegato il perché l’incremento della spesa pubblica a debito,
ora come ora, possa essere escluso dalla lista nera dei provvedimenti nefasti.

Ma il parere dell’ex vertice della Banca centrale europea non è bastato: Germania, Olanda, Austria e Finlandia
non vogliono mollare un centimetro. E i coronabond, a mano a mano, stanno assumendo le fattezze di una chimera.

La Germania è compatta: non solo Angela Merkel ha smesso di pronunciare la parola “Europa” all’interno dei suoi discorsi,
ma tutto l’arco partitico, comprese le formazioni sovraniste e populiste, sembrano esseri appiattite sulle posizioni della Cdu-Csu.

La sensazione è che Berlino preferisca operare mediante le nazionalizzazioni interne delle imprese che risulteranno essere insolventi.

E il resto delle nazioni che appartengono alla Unione europea?

Ognuno per sé e Dio per tutti: questo sembra essere l’atteggiamento di fondo della “locomotiva d’Europa”
e delle altre realtà che boicottano i coronabond.

Non saremo nel campo della “immunità di gregge” alla Boris Johnson.
Però, dal punto di vista economico, sembra che le due strategie possano essere accomunate:
anche l’isolazionismo tedesco comporta che a farcela, in fin dei conti, siano per lo più i più forti.

La domanda che sorge spontanea è la seguente:
una pandemia può essere debellata dal punto di vista economico senza l’impiego di un “bazooka” europeo?

Germania, Austria, Finlandia ed Olanda, che si candidano così alla declinazione di una forma esasperata di egoismo nazionalista, pensano di sì.

Tanti europeisti della prima ora, compresi coloro che sono soliti operare nel campo progressista,
ritengono che una solidarietà europea non sia più procrastinabile.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ognuno la pensa come vuole per carità, ma io ragiono per logica.

Ancora ieri sento un medico dire " la mascherina serve solo per chi è malato".

Ma pirla, se io sono asintomatico, e non mi fate il tampone, per cui non so se porto il virus,
come fai a dire che la mascherina serve solo a chi è malato. Io sto infettando tutti.
Se io avessi una mascherina, almeno di quelle chirurgiche, e non il "panno" che serve a nulla,
tratterrei il virus e non infetterei nessuno.

Quindi la mascherina serve a me, ma per non infettare gli altri.

E per logica conseguenza, se tutti avessero la mascherina, nessuno si potrebbe infettare.

E perchè diciamo queste baggianate in TV ? Perchè il nostro ministero non ha le scorte di mascherine
e quando uno gli manda un'offerta per 30.000.000 alla protezione civile, questi manco rispondono,
perchè ? ......Perchè bisogna pagarle cash. Semplice.

Ed allora avanti ad infettare tutti. Cervelli.

Però in Canton Ticino su un fabbisogno di 2.000.000 di mascherine giornaliere
fanno sapere che nei magazzini ne hanno una scorta di 17.000.000.
Ecco come lavoro un Ministero (con la m maiuscola).
 

Val

Torniamo alla LIRA
Noi invece abbiamo questi tipi. Che vanno in tv a dire che "giriamo 4,3 miliardi ai Comuni"
e sembra che siano soldi veri, nuovi stanziamenti, invece altro non sono che le partite di giro
che lo Stato fa ai Comuni e questa è un'anticipazione di 1 mese della rata che in ogni caso
avrebbero girato ai Comuni più avanti. Quindi NIENTE SOLDI NUOVI.

«Lo Stato c’è. Sappiamo che ci sono tante persone che soffrono, c’è chi addirittura ha difficoltà a comprare generi alimentari e farmaci.
Ho firmato un Dpcm, con cui giriamo 4,3 miliardi ai Comuni e aggiungiamo 400 milioni con un’ordinanza della Protezione Civile
con il vincolo di utilizzare queste somme per le persone che non hanno i soldi per fare la spesa. Da qui nasceranno buoni spesa ed erogazioni di generi alimentari».

Lo ha annunciato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in conferenza stampa.

Il premier, visibilmente commosso per le oltre 10 mila vittime in Italia, ha fatto sapere di voler coinvolgere tutti i sindaci,
in quanto «sentinelle sul territorio» e ha assicurato: «Nessuno sarà lasciato solo»,
appellandosi ai servizi sociali ed alle associazioni di volontariato dei Comuni italiani.

Per quanto riguarda la gestione dell’emergenza a livello internazionale,
Conte ha detto: «Mi batterò fino all’ultima goccia di sudore perché l’Unione europea dia una risposta forte».
 

Val

Torniamo alla LIRA
Il virus ha già avuto la meglio sull’inesistente sistema immunitario europeo.

Non ci vuole un veggente per predire che il crollo dei consumi e dei fatturati in praticamente tutti
i settori determineranno un collasso delle entrate fiscali dello stato.

Il presidente di Confindustria ha calcolato in 100 miliardi al mese la perdita potenziale del paese.
Se l’incertezza si trascinasse ancora per molto la sopravvivenza di intere filiere produttive sarebbe a rischio.

Dopo esserci privati del controllo del Tesoro sul tasso di interesse (divorzio dell’81 tra tesoro e banca centrale) affidandolo al mercato,
abbiamo esternalizzato il debito lasciando che a comprarne quote crescenti,
con la liberalizzazione della circolazione dei capitali negli anni 80, fossero soggetti non residenti.

Come se non bastasse ci siamo privati della nostra moneta nazionale e di una banca centrale prestatrice di ultima istanza,
nominando il debito in valuta straniera, alterandone così la natura, da virtuoso strumento di progresso economico e civile del paese (1)
secondo i dettami dell’art. 47 della Costituzione, a strumento di assoggettamento al dominio della finanza internazionale e ai poteri sovranazionali,
che hanno cambiato involutivamente il destino del nostro paese.

La moneta unica ha, inoltre, comportato la abolizione della leva del cambio a vantaggio dei paesi forti dell’eurozona
e a netto svantaggio dei paesi più deboli (PIIGS), costretti, nel tentativo di conservare la competitività del nostro export,
a svalutazione interna e in particolare a deflazione salariale che ha sottratto ulteriore plusvalore
alle remunerazioni dei lavoratori frantumandone nel contempo i diritti con la precarizzazione del rapporto di lavoro.

Un’ingiusta bilancia
Cosa aspetta questo governo ad eliminare l’equilibrio di bilancio tra entrate ed uscite
introdotto da Monti in Costituzione insieme al Fiscal Compact (art. 81)!!?


La congiuntura che stiamo attraversando impone lo svincolamento dalla trappola ordoliberista
con la quale i precedenti governi tecnici hanno lasciato incaprettare il nostro paese.

Sarebbe un primo passo simbolico e doveroso dettato se non altro dalla emergenza di dimensioni bibliche in corso.

Con il primo (equilibrio di bilancio) si pretende di portare a zero la spesa in deficit; con questo vincolo attivo, infatti,
la spesa pubblica che ci si può permettere è limitata dal complesso del gettito fiscale, cosa che,
se prima del coronavirus era già insopportabile, oggi sarebbe del tutto criminale…

Un terzo delle entrate fiscali annuali, infatti, le usiamo per rifinanziare i titoli del debito (230 mld) ed il pagamento degli interessi (70 mld).
Un terzo di quanto paghiamo in tasse finisce nel pozzo senza fondo del debito e non viene, quindi, restituito in servizi alla cittadinanza.


Il fiscal compact ci impone un ridimensionamento del rapporto debito/PIL al 60% in 20 anni
che se eseguito alla lettera ci costringerebbe ad ulteriore spesa quasi 50 miliardi all’anno da aggiungere agli interessi (70 mld) di cui sopra.

Tutti soldi da trovare a debito sui mercati finanziari … pagare debito con debito … usando moneta a debito … follia totale…

Si valuti, per di più, che il PIL crollerà (le stime del crollo fanno paura)
ed il debito, se nulla cambierà nei modi di finanziamento dello Stato, aumenterà.


L’aumento del numeratore e la diminuzione del denominatore determineranno un aumento mostruoso del rapporto debito/PIL
Il contenimento di tale rapporto secondo la logica del fiscal compact sarebbe assolutamente insostenibile.

Si consideri, oltretutto, che nella speranza di rallentare la rapidità di crescita del debito,
nell’ultimo trentennio, abbiamo sempre fatto avanzo primario!

Abbiamo, cioè, speso meno di quanto incassavamo in tasse, per poter destinare al pagamento del servizio al debito
quanto si evitava di spendere in servizi pubblici (tra cui la sanità…), la spesa previdenziale, ecc.
demonizzando qualsiasi spesa pubblica, finalizzata a tutela e cura di territorio e ambiente, cose e persone;
accettando il blocco delle assunzioni, l’innalzamento dell’età pensionabile, il collasso infrastrutturale,
permettendo solo privatizzazioni (anche in forma di aziendalizzazione dei servizi pubblici da Unità Sanitarie Locali ad AziendeSL, ecc.)
e svendita dei beni comuni, persino del demanio, nella speranza di far cassa al fine di contenere l’aumento del debito.

Corollario di tale condizione, la frustrazione completa della politica a concepire e concretare
qualsiasi seria pianificazione finalizzata alla costruzione di Bene Comune.

Tali vincoli non possono continuare a valere solo per i paesi della periferia dell’eurozona!

Solo un’acuta forma di ignoranza mista a presunzione possono continuare a sostenere
le scelte fatte dalle classe dirigenti che si sono succedute, tutte accomunate dalla accettazione
ed assecondamento acritico dei vincoli capestro che ci sono stati imposti.

Se dovessero, persino in una situazione come quella che si sta determinando con l’entrata in scena del coronavirus,
continuare a mostrarsi proni agli assurdi vincoli europei, frutto dell’ideologia ordoliberista, strumentale al mercantilismo schiavistico
che la Germania ha potuto sin qui praticare, a discapito dei paesi più deboli dell’eurozona,
il nostro paese sarebbe condannato a perdere anche l’ultima speranza di salvezza.

Normalmente, infatti, siamo sempre riusciti a piazzare i nostri titoli di stato sui mercati finanziari
perché il nostro è un paese che finora si era sempre sostenuto, malgrado tutto, lavorando con ostinata determinazione,
riuscendo così a remunerarli, seppure a costi alti e a pagare il relativo servizio al debito.

Se l’attività economica fosse bloccata per molto tempo ancora i nostri titoli, già classificati,
dalle criminali e complici agenzie di rating, prossimi al livello spazzatura, rischierebbero di subire il colpo di grazia (downgrading a titoli spazzatura).

Se accadesse, nessuno li acquisterebbe più e coloro che ne sarebbero in possesso se ne vorrebbero liberare.

Le banche, a causa dei criteri di rischio imposti dagli Accordi di Basilea (2),
non potrebbero più acquistarli sul mercato secondario vanificando l’annunciato QE della BCE.

Solo un acquisto diretto di essi sul mercato primario da parte della BCE darebbe il risultato sperato
ma quest’ultima opzione è espressamente vietata dal suo statuto.

In poco tempo il nostro paese sarebbe dichiarato in stato di default (fallimento)!

Ecco perché preparano il MES e i prestiti del FMI, per mettere le mani sulle immense ricchezze italiane e degli italiani…

È di questi giorni il taglio dell’outlook di 15 banche italiane a causa del deterioramento della situazione economica per l’emergenza coronavirus.

Lo stigma di Moody’s si abbatte su parte consistente del nostro sistema bancario
dopo che l’unione bancaria europea ha acceso la miccia del bail in minacciando così il risparmio privato italiano, ben 4300 miliardi,
che viceversa potrebbe essere valorizzato virtuosamente quale fonte interna di finanziamento
secondo le indicazioni riproposte anche recentemente da Guido Grossi.

Al MES abbiamo già destinato circa 15 miliardi ottenuti grazie a moneta presa a prestito sui mercati finanziari.
Sui quali paghiamo dal 2013 circa 200 miioni all'anno di interessi e questo calcolo ci porta ad un debito totale di circa 16,5 miliardi.
Capite abbiamo pagato 1,5 miliardi di interessi, per versare dei soldi presi a debito su un fondo lussemburghese. Per ora.


Se dovessimo accettare “gli aiuti” del MES, come chiedono Renzi, Conte, Gentiloni e Gualtieri,
potremmo ottenerli a prestito, come previsto dalle sue norme, pagando cioè altri interessi.

Morale pagheremmo interessi due volte sugli stessi soldi e siccome quei soldi saranno concessi alle banche
perché ci facciano i loro prestiti (mes = fondo salva banche), anche tre volte… con l’aggravante che ci toccherà, oltretutto,
sottostare alle condizionalità, in forma di piani di aggiustamento strutturale, che significano svendita del patrimonio,
tagli ai servizi pubblici e previdenziali, riduzione a zero della spesa pubblica per ogni cosa, compresa quella per territorio e ambiente… ecc..

Renzi e gli altri chiedono di usare moneta doppiamente a debito in una condizione
in cui la nostra economia subirà un tracollo di dimensioni mai viste …

Se non possiamo lavorare per pagare il debito dovremo svendere ciò che ci rimane
e non potremo più permetterci "lussi" quali, sanità pubblica, scuola pubblica (faremo solo lezioni a distanza?) ecc.,
giungeremo a dimezzare gli stipendi pubblici come in Grecia?

L’altra “soluzione” invocata da molti sono quegli strumenti di debito comune che vanno sotto il nome di eurobonds
che se da una parte sembrerebbero una soluzione atta a calmierare i mercati (riunire i debitori può rassicurare i creditori),
dall’altra rischia di comportare, ai fini della sua praticabilità, la cessione parziale o totale dell’ultima sovranità, quella fiscale,
ancora esercitata nel nostro paese, oltretutto preziosa per la possibilità che offre di valorizzare strumenti finanziari interni
quali la moneta fiscale e le statonote, entrambe forme di moneta non a debito.

Viceversa la Germania (e anche la Francia), per affrontare l’emergenza economica,
si muove apertamente al di fuori dei vincoli europei, approntando piani che utilizzeranno da 700 a 1500 miliardi di euro,
che non peseranno sul loro debito pubblico grazie a diverse regole di contabilizzazione e valorizzazione delle loro banche pubbliche (3),
procedendo nel contempo alla nazionalizzazione delle proprie imprese strategiche.

Il sostegno a imprese, lavoratori autonomi, famiglie del governo tedesco
si concretano in aiuti finanziari a fondo perduto non rimborsabili,
fino a 9000 euro al mese per tre mesi per gli autonomi con zero sino a 5 dipendenti, 15000 euro fino a 10 dipendenti ecc,… come qui testimoniato.


Ogni zecca sa che non è saggio uccidere chi la nutre.

Così Mario Draghi, conscio della eccezionalità del rischio sistemico a carico del sistema produttivo (economia reale),
sottostante macroscopico di ogni attività finanziaria, durante un suo intervento alla Global Investment Conference
a Londra e in un articolo sul FT, propone un’inversione di rotta.

Draghi riabilita il tanto vituperato deficit, quale strumento di salvezza!

Per affrontare una crisi mai vista prima che “non è ciclica”, bisogna ripartire dal “corretto ruolo dello Stato”,
improvvisamente invocato perché usi “il proprio bilancio per proteggere cittadini ed economia contro gli shock di cui il settore privato
non è responsabile e che non può assorbire”

«La perdita di reddito del settore privato … deve essere assorbita dai bilanci pubblici.
Il ruolo dello Stato è utilizzare i crediti ottenuti per proteggere cittadini ed economia
contro gli shock di cui il settore privato non è responsabile»
.

La BCE dovrebbe quindi trovare il modo di indebitare direttamente stati, privati e famiglie,
prestando loro tutta la moneta necessaria a superare l’emergenza economica.

Il rischio più grande da scongiurare essendo quello di una diminuzione drastica della capacità produttiva
a causa del fallimento e della chiusura di interi settori produttivi.

Per proteggerli «serve una immediata iniezione di liquidità, essenziale alle aziende
per coprire le spese operative durante la crisi, si tratti di grandi o piccole»
.

Per evitare il peggio bisogna «mobilitare l’intero sistema finanziario: mercato obbligazionario,
sistema bancario, in alcuni paesi anche quello postale»
.


Gli stati, però, almeno nell’area euro, non possono emettere una loro valuta internazionale
perché tale emissione è stata affidata dai trattati alla BCE.

Ci si chiede, perciò, se l’espansione del debito pubblico proposto da Mario Draghi
riproporrà nel prossimo futuro austerità e rigore per far quadrare i conti pubblici.

Draghi appare però ben consapevole del fatto che la salvezza dell’economia reale passa per una cancellazione
seppure parziale del debito insieme a misure urgenti atte a compensare i fatturati mancati da fare arrivare a imprese, partite iva, famiglie e così via.

Egli sembra piuttosto immaginare un debito pubblico aggiuntivo in grado di colmare le voragini debitorie private, di banche, aziende e società finanziarie.

Con tale strategia, conscio della quasi certezza del collasso del modello economico neoliberista, ne mantiene, tuttavia
, in vita il fondamentale paradigma della moneta a debito, emessa dalle banche centrali,
e con essa prolunga la vita all’economia del debito la cui insostenibilità è stata catalizzata
dalla doppia emergenza sanitaria ed economica in corso.

Egli, quindi, lascia intendere che finita la “guerra” i debiti sarebbero cancellati.

Draghi, così facendo, ci offre una via d’uscita impedendo allo stesso tempo la naturale reazione degli stati,
che potrebbe consistere nel ritorno all’esercizio della loro sovranità monetaria tramite uso di moneta di stato,
non a debito, legale entro i confini nazionali che li emanciperebbe dal sistema della moneta a debito
affermando finalmente lo stato nascente di una economia non a debito.

Viceversa, la via Draghi, rientrata l’emergenza, garantirà il ritorno al paradigma della moneta a debito.

Una terapia intensiva consistente in miliardi pronto cassa, da pompare nelle casse statali, per le imprese,
il lavoro e la ripresa dei consumi al fine di rianimare il paese prima che l’apoptosi del sistema economico possa generalizzarsi,
ma tale strategia implica l’abbattimento della governance europea trasformando finalmente la BCE
in una vera banca centrale prestatrice d’ultima istanza, in grado di finanziare l’intervento pubblico necessario
ad affrontare l’emergenza economica al fine di evitare la disintegrazione dell’euro e dell’Ue tenendo in piedi
il fondamentale paradigma della moneta privata a debito e della partita doppia ad esso strettamente legata
quale modalità di contabilità sottesa alla creazione monetaria (4).

Meglio un drago con ali d’angelo che un orco come quello proposto da Zanda (Pd)
il quale candidamente dichiara che se dalla Ue non dovesse arrivare alcun aiuto non ci resterebbe
che dare in pegno gli immobili pubblici. Anche Montecitorio e Palazzo Chigi.

Lo sforzo congiunto di mettere in campo misure straordinarie per affrontare la doppia emergenza su scala globale
è leggibile nel comunicato conclusivo del G20 dove si spiega che i Paesi sono impegnati a
“fare tutto quello che è necessario”
per superare la pandemia” e per “minimizzare i danni economici e sociali,
rilanciare la crescita e mantenere la stabilità dei mercati” precisando
che saranno iniettati
ben 5.000 miliardi di dollari nell’economia mondiale
per superare l’impatto “sociale, economico e finanziario” del coronavirus.

Dall’altro lato dell’oceano, Trump brandisce la Fed per evitare, in vista delle elezioni presidenziali del prossimo autunno,
la vanificazione dei successi della sua politica economica, soccorrendo a piene mani l’economia reale e quella finanziaria degli stati uniti,
non dimenticando famiglie e lavoratori autonomi.

Egli mostra di controllare la Fed che ha ridotto i tassi di 150 punti base, a quasi zero
e annunciato mille miliardi di dollari al giorno in operazioni di pronti contro termine e operazioni di QE illimitato.

Sta comprando più di 70 MILIARDI AL GIORNO di titoli di stato!

La Fed agisce come banchiere e fornisce finanziamenti.

Il governo federale sta praticamente nazionalizzando vaste aree dei mercati finanziari e la Fed sta fornendo i soldi per farlo!

La Fed ha in pratica ceduto al Tesoro l’accesso alla sua “stampante”… In pratica una nuova alleanza tra Fed e Tesoro,
come se in Italia si tornasse a prima del divorzio dell’81 che separò notoriamente il Tesoro dalla BdI.

Al Presidente della Fed, Jerome Powell, è stato pubblicamente chiesto:
“Esiste un limite alla quantità di denaro che la Fed è disposta a mettere in questa economia per tenerla a galla? È un assegno in bianco? ”


La risposta è stata un semplice no, non esiste.

 

Val

Torniamo alla LIRA
(1) Premesso che l’Italia non ha mai subito un default del debito pubblico è importante partire dall’art. 47 della Costituzione per capire le origini virtuose del debito e del cambiamento pernicioso della sua natura, da 40 anni a questa parte. Al primo comma è scritto:
La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.
come eravamo
Gli italiani hanno avuto in passato, quando era integro e attivo il modello economico inscritto nel titolo 3 della Costituzione economica, una grande vocazione e capacità di risparmio, riuscendo a mettere da parte un quarto, in media, del proprio reddito. L’economia assai vivace del tempo, vicina alla piena occupazione, era affetta, in parte, da una inflazione da costi dovuta all’aumento dei prezzi del petrolio che si verificò a metà anni ’70. L’inflazione, come si sa, erode il potere di acquisto del denaro; per di più il denaro risparmiato, nella sua funzione di riserva di valore, non circola nell’economia. Quando la politica decideva investimenti pubblici straordinari nell’interesse del Paese, qualora le entrate fiscali si fossero rivelate insufficienti allo scopo, chiedeva al Tesoro di emettere titoli di stato con i quali raccoglieva ed impiegava utilmente per la comunità le risorse finanziarie che quest’ultima era stata in grado di accantonare. In questo modo, nel mentre proteggeva il risparmio degli italiani, con un tasso di interesse adeguato a coprire l’inflazione, impiegava virtuosamente le risorse risparmiate mobilitandole nella costruzione di ospedali, strade, scuole, alloggi popolari, investendo in tutti quei settori rispondenti all’interesse pubblico, dai servizi pubblici, allo stato sociale ecc.. L’entità del “debito“ era perciò pari alla ricchezza attiva degli italiani, un indice della efficienza della politica, della sua capacità progettuale e di costruzione dell’interesse pubblico secondo le indicazioni della Costituzione. Il debito cambiò natura, forma e funzione a partire dagli anni 80, in almeno tre passi.
Nell’81, il divorzio tra banca d’Italia e Tesoro, togliendo al governo la possibilità di decidere il tasso di interesse con cui remunerare i titoli di stato sulla base dell’inflazione corrente, rinunciò alla capacità di manovra di questa essenziale leva della macroeconomia lasciando che fosse il mercato a “regolare“ il tasso di interesse. Alla nostra banca centrale fu impedito di emettere la moneta necessaria a comprare i titoli rimasti invenduti alle aste pubbliche cui partecipavano molte banche pubbliche italiane (oggi privatizzate). In conseguenza al divorzio, i tassi, lasciati al mercato, lievitarono e il rapporto debito/pil raddoppiò nello spazio di un decennio, cosa che indusse molti a dirottare i propri investimenti dall’economia reale a quella finanziaria poiché quest’ultima prometteva rendimenti più alti rispetto a quelli realizzabili in molti settori produttivi. Le cose si complicarono ulteriormente quando si permise, nel corso degli anni 80, a investitori esteri di comprare titoli del debito italiano. Sino ad allora il debito era stato interno (come indebitarsi in famiglia, una partita di giro), ma esternalizzandolo si aprì una falla emorragica in grado di estrarre in modo continuativo ricchezza dal Paese. A completare l’opera è stata la rinuncia alla moneta nazionale. Il debito è stato nominato in una moneta, per noi straniera, ossia l’euro del quale non abbiamo alcun controllo.
Oggi, per finanziare la spesa pubblica siamo costretti ad indebitarci rivolgendoci ai mercati finanziari che non possono che offrirci il loro veleno quotidiano fatto di moneta privata a debito.

(2) non a caso le banche centrali mondiali si dicono pronte a nuove misure, verso la revisione di Basilea 3: (ANSA) – ROMA, 27 MAR – Le banche centrali mondiali riunite nel gruppo dei governatori e responsabili della vigilanza (Ghos) si dicono pronte “a nuove misure, se necessario” sul fronte delle regole delle banche per garantire che il comparto resti finanziariamente e operativamente resistente di fronte all’emergenza coronavirus. E’ quanto si legge nel comunicato in cui si annuncia lo slittamento di un anno della revisione di Basilea 3 per dare più flessibilità alle banche, rilevando come il Comitato monitorerà la situazione con il Financial Stability Board.(ANSA).

(3) Si tratta in parte di prestiti agevolati concessi dalla Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW), nata nel 1948 per amministrare i fondi del Piano Marshall. È azionista di KfW Ipex-Bank; svolge attività bancaria senza superare il limite dei 30 miliardi di euro che gli permette di non deve sottostare ai requisiti di capitale e alle regole dell’Unione Bancaria e della vigilanza della BCE. La KfW non consolida il proprio passivo in quello del Tesoro, può, inoltre ricorrere ai prestiti della BCE come previsto dal comma 2 dell’articolo 123 del TFUE. Naturalmente noi ci chiediamo come mai Conte e Gualtieri non fanno lo stesso con la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) facilmente trasformabile da CDP da SPA a Ente Pubblico Economico (EPE)? Anche MPS e BdI e la ex cassa per il mezzogiorno il MCC tenuta in ibernazione potrebbero svolgere questo ruolo.

(4) Come spiega efficacemente Nino Galloni la creazione della moneta è “nascosta” dalla partita doppia. “La moneta che viene creata dalle banche centrali viene messa a passività mentre quella creata dagli stati ovvero i titoli che gli stati immettono per ottenere la moneta dalle banche centrali viene messa all’attivo. Attivo e passivo si eguagliano perché ormai il tasso di interesse oscilla intorno allo zero.”
 

Val

Torniamo alla LIRA
Quando metto articoli sulle mascherine e sull'incapacità di chi ci governa,
non sono balle.

Fatte in casa con tessuto non tessuto, cucite nei conventi dalle suore, preparate da improvvisate sarte usando le fodere dei divani.

Le mascherine fai-da-te possono non solo essere inutili ma risultare dannose, come spiega Ernesto Iadanza,
della commissione biomedica dell'Ordine degli Ingegneri di Firenze,
che da giorni riceve richieste da parte di quanti tentano di realizzare in proprio i dispositivi di protezione.

L'ondata di solidarietà, però, nulla può contro una burocrazia lumaca,
incapace di velocizzare il processo di approvvigionamento e snellire le pratiche doganali
per far entrare in Italia gli strumenti fondamentali per arginare i contagi da coronavirus.

«La burocrazia è dissennata. Le imprese non solo devono sostituirsi allo Stato
nel reperire le mascherine da destinare alle amministrazioni locali,
ma devono anche scontrarsi con dogane che non agevolano il rilascio rapido del materiale,
dispositivi che hanno costi gonfiati e corrieri espressi che applicano importi per le importazioni aeree
fino al 30% del valore della merce.

E lo Stato che fa? Invece di agevolare gli imprenditori
pretende il normale pagamento anticipato dell'Iva applicando un onere del 6,3% sulla maggior parte dei dispositivi»

«Abbiamo nuovamente offerto alla protezione civile un milione di mascherine certificate CE subito
e 100mila a settimana - denuncia da giorni Tullio Romussi, direttore commerciale di una azienda farmaceutica milanese -
li avremmo avuti grazie alla collaborazione di un nostro partner cinese.
Ieri ci hanno risposto di nuovo che hanno protocollato la nostra disponibilità. E stop».
 

Val

Torniamo alla LIRA
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Val

Torniamo alla LIRA
Posso chiamarli DEMENTI ?

La stimo e La seguo e concordo sempre con Lei per quello che dice.

Sono una commercialista di Andria, ho un piccolo studio e seguo fiscalmente piccoli imprenditori
artigiani e commercianti e mio marito è un consulente del lavoro (lavoriamo in studi separati).

Tutto ciò premesso, mi permetto di richiamare la Sua attenzione sulle “pratiche” da farsi
per la ricezione delle casse integrazioni stanziate dal governo e del bonus dei 600 euro per gli autonomi.

Per le casse integrazioni in deroga oltre ai verbali sindacali che le aziende devono fare (a pagamento),
devono comprare una marca da bollo da 16 euro da apporre alla domanda,
nonché inviarla al sito della regione per poi firmarla e inviarla in copia e in bollo tramite pec agli altri Enti di competenza.

Per gli autonomi bisogna fare richiesta tramite il portale Inps, perfetto,
ma non tutti hanno i codici di accesso pertanto hanno inserito i Signori dell’INPS una procedura “semplificata” per l’ottenimento del PIN,
e che semplificata non è e che ad oggi non è operativa!!!

Il sito INPS ha delle “falle” e i call center o l’assistente virtuale non esiste!!!!

Ma perché in Italia per questi piccoli spiccioli ci complichiamo la vita?

Perché noi consulenti dobbiamo stare qui a fare 300-400 domande affinché questa povera gente
abbia questi miseri spiccioli che restituirà non appena finirà questa emergenza?

Perché una famiglia costituita da cinque persone con un titolare attivo (sia esso che artigiano o commerciante)
riceve 600 euro e una famiglia di 3 persone con due titolari attivi riceve 1.200,00 euro?

Non capisco perché in Italia ci complichiamo la vita!

Mentre altri Paesi, seppur partono tardi, hanno soluzioni più semplici!!

Una consulente delusa e arrabbiata.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Non le voglio far perdere tempo… solo per regalarle l’ennesimo cadeau.

Buon lavoro

AM

Avviso di mancata consegna

Il giorno 27/03/2020 alle ore 20:05:30 (+0100) nel messaggio
“concessione del trattamento di cassa integrazione in deroga di cui all’art 22 D.L. 17 marzo 2020 n. 18”
proveniente da “[email protected]” e destinato all’utente “[email protected]
è stato rilevato un errore 5.2.2 – InfoCert S.p.A. – casella piena.

Il messaggio è stato rifiutato dal sistema.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Mi chiamo C.A, sono una commercialista, piccola piccolissima, che opera nel hinterland di Cagliari.

I miei clienti sono tutti micro partite iva, che vivono di incassi giornalieri,
poco capitalizzate e che anche la chiusura di una sola settimana delle loro attività, avrebbe messo in ginocchio.

La chiusura a tempo “indeterminato”, perché cosi è, ha segnato la loro fine.

Allora si aggrappano a questi 600 euro che, forse, dovranno riversare prima che arrivino,
infatti il 16/05/2020 scade la rata inps gestione artgiani e commercianti.

Mi chiamano, mi stolkerano, per sapere quando potranno fare domanda.

Accenno al fatto che devono essere in posseso del Pin Inps…..panico…
”perdete ogni speranza, o voi che siete commercianti o artigiani o GS”, se non lo avete…
oltre alla difficolta nel RIPRISTINO nel caso, come ha scritto bene lei, sia stato chiesto in tempi non sospetti,
sia stato perso e debba essere fatto “un ripristino”, oltre ai tempi lunghissimi, 25/30gg, andando bene,
vogliamo parlare del fatto che nella richiesta sia stato scritto. “str pinco pallino” in luogo della dicitura estesa “strada pinco pallino”????
Ne vogliamo parlare. L’inps non riconosce l’indirizzo, non coincide con quello che c’e nei loro archivi e non lo spedisce!!!!

Vogliamo parlare del fatto che in Sardegna abbiamo cambiato province più delle autocertificazioni di Conte,
e l’aggiornamento delle stesse avviene quando hanno già ricambiato provincia.

È capitato, anche, di non poter prendere appuntamento con gli uffici (tramite call center)
perchè la procedura AUTOMATIZZATA non riconosce nè la vecchia e nè la nuova provincia pertanto i dati non possono essere inseriti.

Di cosa stiamo parlando??? Ci sarebbero mille esempi di paradossi burocratici da portare in evidenza.

L’inps dovrebbe essere smembrato e ricostruito di sana pianta. Call center INUTILE, SOLDI BUTTATI IN STIPENDI.

Continuerei all’infinito a urlare cosa non funziona nell’interfaccia tra questi Istituti pubblici ed i contribuenti, vessati presi in giro,
da una dittatura fiscale e burocratica travestita da democrazia e che sbandiera la SEMPLIFICAZIONE.

Mi scuso per il mio dire, la seguo da poco, grazie al COVID-19, ed è stato quasi colpo di fulmine,
ora aspetto le sue dirette, leggo gli articoli che pubblica e sono diventata una sua fan, o meglio, visto i tempi social, una sua follower.

Saluti
 

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