Uscire dall'euro o dividere la zona euro? (1 Viewer)

Camfin

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Mauro Camisani Calzolari. 27/02/2013

Oggi, per avere voluto adottatare l'euro ci troviamo a fare i conti di non uscire da questa crisi in tempi brevi e non si vede la fine che da più di 5 anni sta portando un aumento della povertà e fallimenti a catena della nostra Piccola e media industria manufatturiera, orgoglio del made in Italy.
La borsa va male, lo spread sale, la politica è in fibrillazione per l'exploit del M5 stelle, i mercati non hanno fiducia della nostra clase politica, corrotta, incapace e litigiosa....La produzione industriale e il PIL scendono, la disoccupazione e all'11,6% e nel 2014 salirà 12% secondo le previsioni della commissione europea, ecc... Tutto va male.
Allora perchè non uscire dall'Euro e abbandonare l'Europa?, riprendersi la nostra sovranità e moneta, cosi facendo si ritonerà a gestire la nostra politica economica e monetaria, senza essere legati a patti di stabilità,e all'impossibilità di stampare moneta per aiutare e fare ripartire l'economia, ciò che ha fatto è sta facendo tutt'ora la Federal Reseve Bank.
L' altra soluzione è creare due zone Euro, una per la Germania e i Paesi più forti, l'altra per i Paesi più deboli, i quali possono, adottare diverse strategia economiche per aiutare ad uscire dalla crisi, senza vincoli di Fiscal Compact, di coordinamento delle politiche economiche, finanziarie, ecc...
Il piccolo movimento di Magdi Cristiano Allam è l’unico che ha inserito nel suo programma elettorale l’uscita dall’euro “per restituire 100 miliardi alle imprese italiane”, nel suo movimento e in quello di "Grillo" ci sono economisti di esperienza, come Mauro Gallegati, una cattedra di Macroeconomia alla Politecnica delle Marche, insegnamenti alla Columbia e a Cambridge, collaboratore del premio Nobel Joseph Stiglitz, anch'egli insieme a Paul Krugman non piace questa Europa così composta. Paul Krugman: “L’euro è campato in aria”
 

Camfin

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Il grande inganno dell’Euro.

Mauro Camisani Calzolari. 27/02/2013

Il grande inganno dell’Euro sta distruggendo il nostro futuro.
Le recenti crisi finanziarie hanno tolto credibilità ad una delle principali argomentazioni utilizzate a supporto della costruzione europea: con un’unica moneta forte, soprattutto i paesi più deboli, sarebbero stati al riparo da turbolenze finanziarie. I fatti attuali dimostrano che è vero l’esatto contrario: un paese si salva dagli attacchi della speculazione, non perché è protetto da un ombrello monetario, ma solamente se ha i conti pubblici in ordine e non ha un esagerato debito privato. Il caso della Danimarca e della Svezia è emblematico, sono rimasti fuori dall’Euro e nessuno si è sognato di attaccarli. Il caso Grecia e altri paesi, tra cui l’Italia, che sono nei guai, dimostra la debolezza dell’argomentazione pro Unione Monetaria. In realtà, unire sotto un unico ombrello monetario paesi con una diversa struttura economica, impedisce ai più deboli, in caso di crisi, di svalutare per salvare il tessuto produttivo e quindi, di garantire la propria sopravvivenza.
Politici e governanti, soprattutto di sinistra, cercarono di convincerci che l’adesione alla Moneta Unica fosse l’unica via per costringere il Paese a fare le riforme di cui aveva tanto bisogno per diventare più efficiente. Oggi possiamo tranquillamente affermare che abbiamo aderito all’Euro, ma le riforme non sono state fatte e l’Italia è più debole.
La sinistra pensava inoltre che l’Euro avrebbe determinato una maggiore equità sociale. Non avremmo avuto più le svalutazioni competitive e l’inflazione, fenomeni che spostavano ricchezza dal lavoro dipendente al lavoro autonomo e alle imprese. Ricorderete inoltre coloro i quali argomentavano che una diminuzione dei tassi, conseguente all’ingresso nella Moneta Unica, avrebbe avuto un effetto benefico sul debito pubblico e sui mutui, con conseguenti risparmi per le classi meno abbienti. In realtà ciò che fa risparmiare un debitore, non sono i bassi tassi d’interesse nominali, ma quelli reali, al netto dell’inflazione. L’adesione all’Euro ha determinato una discesa dei tassi nominali e dell’inflazione, con benefici trascurabili per i debitori.
A distanza di 10 anni dalla creazione Moneta Unica , risulta evidente come si sia verificata un’enorme redistribuzione della ricchezza a sfavore delle classi disagiate. Le classi imprenditoriali dei paesi meno competitivi, venendo a mancare prospettive di business sui mercati internazionali per evidenti problemi creati da un rapporto di cambio artificialmente penalizzante, hanno approfittato della situazione di confusione creata dall’applicazione improvvisa di una nuova unità monetaria, per recuperare margini di profittabilità in settori oligopolistici del mercato interno, caratterizzati da una domanda anelastica. Ecco spiegato perché sono saliti i prezzi di beni e servizi che pesano di più sul bilancio della povera gente.
Si è verificato inoltre un forte aumento degli immobili e delle locazioni. Molti di voi avranno conosciuto imprenditori i quali, consapevoli che le loro aziende avevano scarse prospettive, hanno improvvisamente scoperto la loro vocazione all’investimento immobiliare. La bolla immobiliare infatti si è verificata nei paesi con economie più deboli: Spagna, Italia, Grecia e Portogallo. Oggi costa meno comprare a Berlino che a Roma. Anche in questo caso, le categorie a minor reddito sono state le più danneggiate.
E la sinistra ancora si domanda perché perde consensi fra le fasce più deboli. La gente non fa tutte queste analisi, ma ha percepito che c’è stato un inganno.
Le imprese dinamiche hanno trovato nell’Euro ulteriori spinte alla delocalizzazione, togliendo al paese ricchezza. Perché restare in un paese che perde competitività e non può più utilizzare la svalutazione per riallinearsi alla competizione?
Ma il salato conto della Moneta Unica oggi lo stanno pagando e lo pagheranno anche i possessori di immobili e le stesse banche appartenenti ai paesi meno competitivi, anche queste ultime, che inizialmente sembravano rientrare tra i pochi soggetti avvantaggiati dall’Euro.
L’unica modo che avevamo per migliorare questo Paese era quella di riformare la spesa pubblica, investire in infrastrutture e non aderire alla Moneta Unica. Mantenere cioè la nostra libertà economica e morale. La nostra industria, costituita principalmente da imprese di contenute dimensioni, a media tecnologia, anche se per magia venissero risolti i problemi di ritardo infrastrutturale e di eccessivo assorbimento di risorse da parte del settore pubblico, avrebbe comunque bisogno di ricorrere a svalutazioni nei confronti della Germania, che ha una struttura incentrata sull’ alta tecnologia. Con l’Euro, abbiamo rinunciato alle svalutazioni buone, quelle indotte dal sistema delle imprese per riallinearsi alla competizione e non abbiamo rimosso la causa delle svalutazioni cattive, l’eccessiva spesa pubblica.
Il solo vincitore della partita è la Germania. La politica della BCE, non a caso ubicata a Francoforte, come stabilito nello Statuto a suo tempo imposto dai tedeschi, ha avuto sempre come priorità il controllo dell’inflazione, la crescita è stata subordinata alla variabile inflazione. Negli Stati Uniti la Fed ha priorità opposte. Non stupisce che il dollaro si svaluti continuamente nei confronti dell’Euro. La BCE ha applicato una politica clone della vecchia Bundesbank, quando gestiva il marco.
Come si esce da questo disastro? Le soluzioni sono in teoria due. Potremmo provare a convincere i tedeschi ad acconsentire che la BCE faccia una politica monetaria più accomodante e nell’interesse dei paesi deboli, strada difficilmente percorribile anche per le notevoli differenze culturali e di struttura economica che esistono fra i paesi europei. La seconda soluzione sarebbe quella di rimettere, prima possibile, a posto i conti pubblici e successivamente programmare un’uscita dall’Euro. Questa scelta sarebbe dolorosa nell’immediato, ma ci potrebbe garantire benessere e libertà per il futuro. L’Italia è un paese con potenzialità, con un gran numero di menti imprenditoriali capaci che, se vengono lasciate libere di esprimersi, sono in grado di primeggiare nel mondo. La visione dirigista dei burocrati dell’Unione Europea è tesa a distruggere questa creatività e il principale strumento per togliere la libertà ai popoli è unirli sotto un unico ombrello monetario.
La costruzione monetaria europea è frutto di una mentalità illiberale e antidemocratica come, del resto, è illiberale il processo di globalizzazione in corso. Ambedue i fenomeni sono guidati da un’unica regia: un ristrettissimo “gruppo di potere”, una elite finanziaria ed economica. Le decisioni sulle linea guida fondamentali sono state prese nell’ambito di consessi ristrettissimi e i popoli sono chiamati solamente a ratificare atti conseguenti ad un impianto normativo deciso da pochi. Viene pertanto a mancare un principio fondamentale a cui si ispira la democrazia: il principio di responsabilità degli amministratori della cosa pubblica, eletti dai popoli. I nostri Ministri sono oramai diventati meri esecutori di leggi e regole dettate dall’Europa e dalla globalizzazione.
Un manipolo di “illuminati” ha deciso che improvvisamente si dovesse aprire le porte a paesi, come la Cina, che hanno legislazioni sul lavoro profondamente diverse dalle nostre. Paesi dove lo Stato controlla tutte le variabili macroeconomiche, a cominciare dal tasso di cambio. E’ stata voluta una globalizzazione dove gli Stati Uniti mantengono un ruolo di signoraggio mondiale della moneta, grazie al fatto che il dollaro rimane moneta di riserva.
Una globalizzazione improntata al libero mercato avrebbe dovuto prevedere una legislazione uguale per tutti i paesi che partecipano alla competizione e tassi di cambio lasciati liberi di fluttuare in base alle regole di domanda e offerta.
Il Gruppo degli “illuminati” sta elaborando la fase 2 della globalizzazione. Per uscire dalla crisi, determinata dalle loro politiche scellerate e dirigiste, stanno proponendo di creare una “moneta unica mondiale” ed un unico Ministero dell’Economia, con gravi rischi per il nostro benessere e i fondamentali diritti di libertà e di democrazia.
Sorge spontanea la domanda, chi siano questi “illuminati”. Per chi volesse saperne di più, inizia ad essere disponibile un’ampia letteratura su questo “gruppo”, non eletto dai popoli, che mira ad accentrare il potere in un governo unico mondiale, a favorire pochi potenti Stati, un piccolo gruppo di grandissime corporation ed un ristretto numero di banche.
 

Camfin

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GEORGE SOROS: «U.€ verso la fine, pericolo di forte ribellione»

Il finanziere ha già ridotto drasticamente tutte le esposizioni legate all’euro. Le regole dell’Eurozona hanno fatto sprofondare “i paesi sud-europei (dunque anche l’Italia), contro la loro volontà, in una lunga depressione”. Ormai sono settimane se non quasi mesi che i leader europei vogliono convincerci che il peggio è passato, che l’Europa ce la sta facendo, che la ripresa, sebbene lenta, è in corso. Questo, nonostante la carrellata di dati macroeconomici negativi che in Italia, giusto per fare un esempio, confermano soltanto le spinte recessive attive nell’economia. Altro che ripresa.
L’investiore miliardario George Soros non ci casca, anzi, lancia nuovi alert come ha fatto in passato. E conferma uno degli allarmi sicuramente più spaventosi:

“l’euro potrebbere distruggere l’Unione europea”.

Dando motivazioni di carattere politico.
I suoi timori sono tali che il finanziere ha già preso la decisione di ridurre drasticamente tutte le esposizioni legate all’euro presenti nel suo portafoglio: e questo dopo che qualche settimana fa, in occasione del World economic forum, era stato proprio lui a esprimere un cauto ottimismo sul futuro dell’Europa.

Ma ora ha fatto dietrofront, scrivendo nel suo Open Europe Blog che “esiste il pericolo reale che la soluzione (dell’Eurozona) propinata ai problemi finanziari creerà un profondo problema di natura politica”.

In una intervista rilasciata alla televisione danese Soros fa notare che le regole dell’Eurozona hanno fatto sprofondare “i paesi sud-europei (dunque anche l’Italia), contro la loro volontà…in una depressione di lunga durata”.

Le misure di austerity della Germania sono “controproducenti e non possono avere successo”. Soros ritiene così che l’Eurozona sia “destinata a una rottura dell’Unione europea”, in un contesto di tragedia di “libertà politica e di prosperità economica perdute” che durerà anni.

La ribellione: è questa la parola chiave utile per capire cosa intende Soros: a suo avviso i paesi sudeuropei a cui sono state imposte manovre di lacrime e sangue e che sono stati di fatto espropriati della loro sovranità si ribelleranno.

“L’euro sta trasformando l’Unione europea in qualcosa di molto diverso da quanto era stato concepito in origine, quando si parlava di associazione volontaria di stati uguali; invece, la finanza ha creato un sistema a due livelli, di creditori e debitori, e chi comanda sono i debitori. Ritengo dunque che la crisi politica peggiorerà”, questa la frase che Soros aveva proferito parlando a Davos, quando sembrava essere più ottimista.
 

c.f.i.

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Mauro Camisani Calzolari. 27/02/2013

Oggi, per avere voluto adottatare l'euro ci troviamo a fare i conti di non uscire da questa crisi in tempi brevi e non si vede la fine che da più di 5 anni sta portando un aumento della povertà e fallimenti a catena della nostra Piccola e media industria manufatturiera, orgoglio del made in Italy.
La borsa va male, lo spread sale, la politica è in fibrillazione per l'exploit del M5 stelle, i mercati non hanno fiducia della nostra clase politica, corrotta, incapace e litigiosa....La produzione industriale e il PIL scendono, la disoccupazione e all'11,6% e nel 2014 salirà 12% secondo le previsioni della commissione europea, ecc... Tutto va male.
Allora perchè non uscire dall'Euro e abbandonare l'Europa?, riprendersi la nostra sovranità e moneta, cosi facendo si ritonerà a gestire la nostra politica economica e monetaria, senza essere legati a patti di stabilità,e all'impossibilità di stampare moneta per aiutare e fare ripartire l'economia, ciò che ha fatto è sta facendo tutt'ora la Federal Reseve Bank.
L' altra soluzione è creare due zone Euro, una per la Germania e i Paesi più forti, l'altra per i Paesi più deboli, i quali possono, adottare diverse strategia economiche per aiutare ad uscire dalla crisi, senza vincoli di Fiscal Compact, di coordinamento delle politiche economiche, finanziarie, ecc...
Il piccolo movimento di Magdi Cristiano Allam è l’unico che ha inserito nel suo programma elettorale l’uscita dall’euro “per restituire 100 miliardi alle imprese italiane”, nel suo movimento e in quello di "Grillo" ci sono economisti di esperienza, come Mauro Gallegati, una cattedra di Macroeconomia alla Politecnica delle Marche, insegnamenti alla Columbia e a Cambridge, collaboratore del premio Nobel Joseph Stiglitz, anch'egli insieme a Paul Krugman non piace questa Europa così composta. Paul Krugman: “L’euro è campato in aria”

dobbiamo ringraziare prodi che ci ha fatto questo regalo dell 'euro la gente dice ed e' convinta che se non entravamo dell'euro eravamo finiti.invece sarebbe stata cosa buona e giusta
 

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l’Islanda: L'economia sta riprendendo grazie alla sua valuta.

Dati dell’OCSE il PIL islandese è cresciuto del 2,4 per cento nel 2012, dopo il 2,9 per cento dell’anno scorso che ha interrotto la recessione. La disoccupazione dovrebbe scendere al 6,1 per cento nel 2012 – l’anno scorso era al 7 – e al 5,3 nel 2013. Anche l’emigrazione all’estero è in calo. L’Islanda, scrive il Wall Street Journal, “grazie alla sua banca centrale autonoma, alle sue decisioni autonome e alla sua valuta ha avuto margini di manovra che i paesi dell’euro possono solo sognarsi. Il suo successo è un grande esempio per capire a cosa hanno rinunciato questi paesi per entrare nell’unione monetaria. E forse è un esempio di cosa potrebbero fare se la abbandonassero”.

Fonte: The Wall Street Journal (da sinistra il valore della corona islandese rispetto al dollaro e la bilancia commerciale islandese negli ultimi anni)
La svalutazione della corona ha facilitato decisamente le esportazioni e il turismo (+16 per cento del 2010, +51 per cento rispetto al 2005). Inoltre, i consumi sono rimasti più o meno stabili. Questo è stato possibile anche grazie a politiche di espansione della spesa, soprattutto per le persone più in difficoltà, per non far calare i consumi e la loro capacità di acquisto. In più, le banche in Islanda, a differenza dell’Irlanda, per esempio, sono state fatte fallire e il costo del loro crollo è stato pagato, almeno per ora, dagli investitori stranieri, non dai cittadini islandesi. Inoltre, c’è stato il blocco dei capitali imposto dallo Stato (misura a cui si oppone l’Europa) che dura ancora oggi e che ha evitato fughe di denaro pericolose.
Commento:
Le nazioni in crisi che hanno adottato l’euro non hanno un futuro così rassicurante come l’Islanda, che tra l’altro ha cominciato a ripagare le rate del prestito ricevuto dal Fondo Monetario Internazionale già lo scorso marzo, ossia prima del previsto.
 

Camfin

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Fuori dall'Euro: Paul Krugman.....

Fuori dall'Euro: Paul Krugman.....
Qual’è la posizione del premio Nobel per l’Economia Paul Krugman sulla cosidetta guerra delle valute? Per alcuni sarà una sorpresa…
Secondo l’economista ed editorialista del New York Times: “Le guerre valutarie quasi sicuramente rappresentano un vantaggio per l’economia mondiale”. Questo almeno è quello che è avvenuto ai tempi della crisi del Ventinove e della Grande Depressione: gli stati abbandonarono “il Gold Standard per essere liberi di perseguire politiche di espansione monetaria”.

La lezione Giappone, Stati Uniti e Gran Bretagna sembrano averla imparata, visto che “stanno cercando di portare avanti una politica di espansione monetaria, con la svalutazione della moneta come effetto collaterale” - quello “di cui il mondo ha bisogno”.
L’Europa rischia di perdere competitività, ma può sempre fare ciò che stanno facendo gli altri, convincendo la “Bce a intraprendere misure di espansione”.
Il timore di un euro troppo forte sta spuntando le armi dei sostenitori dell’austerità, che sia in Europa che negli Stati Uniti sembrano essere in difficoltà. Basta citare il caso di Olli Rehn, vicepresidente della Commissione europea e fiero paladino del rigore, ha scritto una lettera ai ministri dell’Economia in seguito alle disastrose notizie sull’economia europea, che hanno confermato l’allarme dei contestatori dell’austerity e indotto a rivedere i moltiplicatori della spesa pubblica, troppo elevati in una situazione di trappola della liquidità.
Secondo il commissario la risposta sarebbe quella di non diffondere questo genere di studi. Come dice Krugman questa gente ha già fatto troppi danni e rischia di farne ancora.
Aggiungo è ora che l'Italia esca urgentemente dall'Euro prima che gli errori siano irreversibili.... già oggi abbiamo più di 3 milioni di dissocupati, 38,7% di giovani, che non hanno un futuro... più di 76 mila aziende fallite, cosa aspettiamo ad uscire da questa maledetta moneta dell'Euro, voluta dalle Banche e Stati solo per interessi finanziari....Paolo Savona, che sotto i governi Ciampi e Prodi ha contribuito alla preparazione dell’ingresso dell’Italia nella moneta unica europea. “Se la politica europea non cambia”, spiega Savona, “abbiamo due possibilita’ di risollevarci: 20% di disoccupazione con l’euro oppure 20% di inflazione senza l’euro. Io preferisco la seconda variante”. ed io sono d'accordo!!!!
 

Camfin

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Uscire dall'euro, si può.

Una teoria che è stata promossa da importanti ambienti finanziari, come il Fondo Monetario Internazionale (FMI), è quella sviluppata da due dei suoi economisti, Ken Rogoff e Carmen Reinhart, sorprendentemente definiti in un recente articolo come "nuovi guru dell' economia", i quali sostengono che le recessioni causate da crisi finanziarie devono essere risolte lentamente dopo molti anni di ripresa lenta e dolorosa. Nei loro scritti, questi autori sottolineano i termini lenta e dolorosa. La promozione di questa teoria da parte del FMI e la sua accettazione nei mezzi di comunicazione finanziari ed economici neoliberali, si spiega nel fatto che, discolpa le politiche pubbliche responsabili dello scarso recupero delle economie europee e, più in particolare, quelle dei paesi sprezzantemente definiti come PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna).

Il problema di questa teoria, si è dimostrata essere sbagliata. Cioè, ci sono prove che invalidano la tesi. Prendiamo, per esempio, quello che è successo in Argentina. Questo paese ha avuto un'enorme crisi finanziaria, dovuta in parte al fatto che il valore della sua valuta era fissato in dollaro USA. Questa parità l'aveva portata ad avere un debito di 95.000 milioni di dollari. Applicando le ricette del FMI l'Argentina ha raggiunto un livello di debito impossibile da sostenere.

Quindi, contro il volere del FMI e con grande ostilità da parte di questa istituzione, alla fine del 2001, il governo Argentino ha deciso di abbandonare l'ancoraggio al dollaro e non pagare il debito al prezzo fissato dal FMI. Il sistema finanziario argentino è crollato e tutte le profezie predicevano che l'Argentina sarebbe entrata in recessione - a livelli di depressione - per molti, molti anni. Teoria che sostengono (Ken Rogoff e Carmen Reinhart)

I dati, tuttavia, mostrano l'errore di questi economisti. E' vero che l'economia argentina diminuì nella prima metà dell'anno. Ma recuperò ben presto, e in tre anni il livello di attività economica e la crescita erano già identiche a quelle del periodo pre-recessione. Parte della soluzione fu quella di recuperare la propria moneta e una propria autonomia fiscale, garantita dalla propria Banca Centrale. Inoltre, non pagò il debito pubblico ai livelli richiesti, svalutandolo notevolmente. Tutto questo gli ha permesso di recuperare rapidamente, raggiungendo uno dei livelli di crescita economica più accentuati in America Latina.

Questa crescita ha avuto un impatto attraverso politiche pubbliche redistributive, per migliorare il benessere delle masse popolari. La povertà e la povertà estrema sono state ridotte di due terzi dal 2002. La spesa pubblica sociale è triplicata nel periodo 2002-2010. E nel 2009, sviluppò un programma di trasferimenti pubblici all'infanzia, che ha riguardato 3,5 milioni di bambini, diventando il programma di riduzione della povertà infantile più ambizioso dell'America Latina. La disuguaglianza è diminuita. Nel 2001 i super-ricchi (il 5% del reddito superiore) avevano un reddito 32 volte quello dei poveri (il 5% di reddito inferiore). Nel 2010 era 17 volte.

E' vero che l'inflazione era troppo elevata, anche per gli standard dell'America Latina. Un 20-25% all'anno. Bene, ora se i salari aumentano più dell'inflazione (come sta avvenendo) e la protezione sociale, continua a ridurre le disuguaglianze, l'impatto di tale inflazione è meno dannoso di quello che sembra. Inoltre, quest'inflazione può e deve essere abbassata, ma non può essere usata per negare le grandi conquiste dell'Argentina, il che spiega l'ampio sostegno popolare al proprio governo, ampiamente rieletto alle ultime elezioni (The Argentina Success Story and its implication. Center for Economic and Policy Research. 2011)

Per valutare l'esperienza argentina dovrebbe essere confrontata con ciò che sarebbe successo se non avesse cambiato le sue politiche. Come previsto da Reinhart e Rogoff, sarebbe stata per lungo tempo (dieci o quindici anni) in una ripresa lenta e dolorosa. Invece, ha recuperato ed è cresciuta rapidamente, distribuendo in modo più uniforme la ricchezza prodotta in questi anni.
L'Italia non è l'Argentina. Ma è importante studiare la possibile rilevanza di quell'esperienza. Lasciare l'euro non sarebbe la mia prima proposta per uscire dalla crisi. Penso che sia meglio iniziare a trasformare l'architettura dell'Unione Europea e dell'Eurozona con la costituzione di una Banca Centrale (la Banca Centrale Europea) un Dipartimento del Tesoro ed altre misure, tra cui la democratizzazione delle istituzioni dell'Unione Europea volta a costruire gli Stati Uniti d'Europa. Ma temo che il dominio neoliberista della struttura del governo dell'Eurozona e dell'Unione Europea impedisce questo sviluppo, in questo caso la situazione insostenibile attuale si perpetuerà (che è ciò che vuole il capitale finanziario).
 

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