Una Donna al giorno. Un omaggio all'intelligenza e alla forza femminile (1 Viewer)

popov

Coito, ergo cum.
ieri era il 7 agosto ed il 7 agosto 1876 nasceva Margaretha Geertruida Zelle divenuta poi nota con lo pseudonimo di Mata Hari.
 

Ignatius

sfumature di grigio
June Haimoff ("Kaptan June")

E' la solita storia, come ce ne sono migliaia ogni giorno: una ragazza britannica sessantenne scopre una graziosa spiaggia incontaminata, questa volta ad İztuzu, in Turchia, e apprende contestualmente che stanno per costruirci un hotel da 1800 posti letto.
Incidentalmente, quella è una delle poche spiagge dove nidificano le rare tartarughe Caretta Caretta, e l'hotel ne comporterebbe lo sterminio.

Insomma: petizioni, risonanza mondiale, progetto dell'hotel fermato, spiaggia - con le relative tartarughe - salva. :)

Adesso la ragazza, ora ultraottantenne, si occupa di promuovere una sorta di "gabbia metallica" che avvolge le eliche delle navi in modo da evitare le amputazioni di arti alle tartarughe di fiume, e di altre cosucce sempre in àmbito ambientalista.


June Haimoff - Wikipedia, the free encyclopedia



June Haimoff Sea Turtle Foundation in Dalyan
 

Claire

ἰοίην
MARINA IVANOVNA CVETAEVA: UNA POETESSA RIBELLE

Marina Ivanovna Cvetaeva nacque a Mosca l’8 ottobre 1892, da padre filologo e storico dell’arte e da madre grandissima pianista di talento. Marina trascorse l’infanzia in un ambiente ricco di sollecitazioni culturali infatti a soli sei anni cominciò a scrivere poesie.

Ancora adolescente rivelò un carattere autonomo e ribelle : agli studi preferiva intense e appassionate letture private: Pushkin, Goethe, Heine, Hölderlin, Rostand, ecc.
Nel 1909 si trasferì da sola a Parigi per frequentare lezioni di letteratura francese alla Sorbona. Il suo primo libro, “Album serale”, pubblicato ne 1910, conteneva le poesie scritte tra i quindici e i diciassette anni. Il libro uscì a sue spese e in tiratura limitata, ciò nonostante fu notato e recensito da alcuni tra i più importanti poeti del tempo, come Gumiliov, Briusov e Volosin.
Un ruolo determinante nella sua vita lo ebbe Sergej Efron, un apprendista letterato che incontrò a Koktebel. In una breve nota autobiografica del 1939-40, così scriveva:
“Nella primavera del 1911 in Crimea ospite del poeta Max Volosin incontro il mio futuro marito, Sergej Efron. Abbiamo 17 e 18 anni. Decido che non mi separarerò da lui mai più in vita mia e che divento sua moglie.” Cosa che successe, pur contro il parere del padre di lei.

Di lì a poco comparve la sua seconda raccolta di liriche, “Lanterna magica”, e nel 1913 “Da due libri”. Intanto, il 5 settembre 1912, era nata la prima figlia, Ariadna (Alja).
L’anno dopo, in seguito a un viaggio a Pietroburgo si rafforzò l’amicizia con Osip Mandel’stam che però ben presto si innamorò perdutamente di lei, seguendola da S.Pietroburgo, per poi improvvisamente allontanarsi.
Durante la rivoluzione di Febbraio del 1917 Marina si trovava a Mosca e fu dunque testimone della rivoluzione bolscevica di ottobre. La seconda figlia, Irina, nacque in aprile. IL marito si unì alla guerra civile; bloccata a Mosca, non lo vide dal 1917 al 1922. Così a venticinque anni era rimasta sola con due figlie in una Mosca in preda ad una carestia terribile. Poco pratica, non le riuscì di conservare il posto di lavoro che il partito le aveva “benevolmente” procurato. Durante l’inverno 1919-20 si trovò costretta a lasciare la figlia più piccola in un orfanotrofio, e la bambina vi morì nel febbraio per denutrizione. Quando la guerra civile ebbe fine riuscì nuovamente a entrare in contatto con suo marito e acconsentì a raggiungerlo all’Ovest.
Nel maggio del 1922 emigrò a Praga passando per Berlino. La vita letteraria a Berlino era allora molto vivace consentendole ampie possibilità di lavoro. Nonostante la propria fuga dall’Unione Sovietica, la sua più famosa raccolta di versi, “Versti I” (1922) fu pubblicato in patria; nei primi anni la politica dei bolscevichi in campo letterario era ancora abbastanza liberale da consentire ad autori come la Cvetaeva di essere pubblicati sia al di qua che oltre frontiera.
A Praga Marina visse felicemente con suo marito dal 1922 al 1925. Anno dopo anno, tuttavia, fattori diversi la portarono ad un grande isolamento e pian piano anche all’emarginazione.
Il peggio però doveva ancora arrivare, suo marito aveva infatti cominciato a collaborare con la GPU (poliza segreta sovietica), prendendo parte al pedinamento e all’organizzazione dell’uccisione del figlio di Trotskij. Efron si andò così a nascondere nella Spagna repubblicana in piena guerra civile, da dove partì per la Russia. Marina spiegò alle autorità e agli amici di non avere mai saputo nulla delle attività del marito, e si rifiutò di credere che lo stesso potesse essere un omicida.
Sempre più immersa nella miseria, si decise, anche sotto la pressione dei figli desiderosi di rivedere la patria, a tornare in Russia. capì in fretta che per lei in Russia non c’era posto nè vi erano possibilità di pubblicazione.
Nell’agosto del 1939 sua figlia venne arrestata e deportata nei gulag. Ancora prima era stata presa la sorella. Poi venne arrestato e fucilato suo marito, cnsiderato un “nemico” del popolo ma, soprattutto, uno che sapeva troppo.
Cercò aiuto tra i letterati. Quando si rivolse a Fadeev, l’onnipotente capo dell’Unione degli scrittori, egli disse alla “compagna Cvetaeva” che a Mosca non c’era posto per lei, e la spedì a Golicyno. Quando l’estate successiva cominciò l’invasione tedesca, la Cvetaeva venne evacuata ad Elabuga, nella repubblica autonoma di Tataria, dove visse momenti di disperazione e di desolazione inimmaginabili: si sentiva completamente abbandonata. I vicini erano i soli che l’aiutassero a mettere insieme le razioni alimentari.
Dopo qualche giorno si recò nella città vicina di Cistopol’, una volta lì, chiese ad alcuni scrittori famosi come Fedin e Aseev di aiutarla a trovare lavoro e a trasferirsi da Elabuga. Non avendo ricevuto da loro alcun aiuto, tornò disperata.
La domenica 31 agosto del 1941, rimasta da sola a casa, Marina salì su una sedia, rigirò una corda attorno ad una trave e si impiccò. Lasciò un biglietto, poi scomparso negli archivi della milizia. Nessuno andò ai suoi funerali, svoltisi tre giorni dopo nel cimitero cittadino, e non si conosce il punto preciso dove fu sepolta.
 

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Claire

ἰοίην
Sushmita Banerjee


Era divenuta famosa per la pubblicazione di una trilogia di romanzi che raccontavano la sua vita in Afghanistan sotto il regime degli integralisti islamici

Aveva osato sfidare il regime e non è riuscita a scampare alla vendetta. Una donna mossa dal coraggio e dal desiderio di giustizia, che si è sempre battuta per l’emancipazione femminile nel suo Paese.
Il suo libro è diventato un best seller in India e dal testo fu tratto anche un film di Bollywood nel 2003 promosso come “la storia di una donna che ha sfidato i talebani”.

La scrittrice si era trasferita recentemente in Afghanistan per vivere col marito, recentemente era impegnata a filmare la vita delle donne afghane nell'ambito di un programma di assistenza sanitaria.

E' stata ammazzata ieri, 5 settembre, dopo essere stata prelevata da casa, dal regime talebano

:(:(:(:(:(
 

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Claire

ἰοίην
BARBARA SPINELLI (non la giornalista, né la "grillina" del m5s)

Avvocata del Foro di Bologna, è portavoce del gruppo di studio "Generi e famiglie" dell'Associazione Nazionale Giuristi Democratici che rappresenta nella Piattaforma CEDAW e nella convenzione "No more! Contro la violenza sulle donne - femminicidio", e con cui collabora a livello internazionale nell'ambito della International Association of Democratic Lawyers (IADL). Per IADL, associazione con status consultivo ECOSOC, ha partecipato alla revisione di varie risoluzioni sul femminicidio presentate nell'ambito delle Nazioni Unite.
Barbara Spinelli è anche autrice del libro: "Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimenti giuridico internazionale" (Franco Angeli, 2008) e di numerose pubblicazioni in materia.
E' stata redattrice per la piattaforma CEDAW del rapporto-ombra sull'implementazione della CEDAW in Italia
, presentato nel corso della 49esima sessione CEDAW "Il rapporto ombra sull'attuazione della CEDAW in Italia 2005 - 2011"
E' stata convocata come esperta indipendente per le Nazioni Unite, nel 2011, dalla relatrice speciale dell'ONU contro la violenza sulle donne
, nel seminario di esperti preparatorio del Rapporto Annuale 2012 al Consiglio dei Diritto Umani, sugli omicidi basati sul genere, nell'ambito del quale ha presentato l'expert paper "Femicide and feminicide in Europe as a result of intimate partner violence"; e, nel 2013, dall'UNODC, per l'elaborazione di un piano di azione per l'accesso delle donne vittime di violenza al sistema di giustizia penale. A gennaio di 2012 è stata punto di contatto per le ONG nel corso della missione in Italia della Relatrice Speciale dell'ONU contro la violenza sulle donne. E' consulente legale per il centro antiviolenza "Trama di terre" di Imola (BO) anche in materia di matrimoni forzati.

E provate a indovinare quanti anni ha?

No, tanto non indovinate...

Ne ha appena una trentina.
:eek:
Una giovane eccellenza italiana che non conosce nessuno (che non sia nell'ambito). Una giovane grandissima italiana che non è mai alla ribalta, non viene mai fatta conoscere al grande pubblico.
Dovremmo andare fieri e fiere di avere una ragazza giovane così brava e attiva in Italia. Dovremmo conoscerla tutti.

Ieri a Bologna mi ha incantata.
Quasi un'ora di intervento sul DL 93/2013 (misure per la violenza di genere) e sulla costruzione mediatica del femminicidio come emergenza, senza un appunto davanti, senza un attimo di esitazione, senza un "mmmmm", uno scivolone.
Giovane, liscia come un confetto, con la voce da ragazzina, appassionata, bellissima.

Un ESEMPIO.

Posso dire che averla conosciuta fa di me una privilegiata?
Ha elogiato il lavoro del nostro blog e mi ha dato persino il suo numero di telefono:eek:


A momenti volavo.
 
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Claire

ἰοίην
:eek:
Mi ha appena cercata in chat su FB

E' come se fossi una fan di Brad Pitt e lui mi avesse mandato un messaggino su FB :eek:

:lol:
 

Claire

ἰοίην
Primo giorno di scuola per Malala - Mondo - ANSA.it

Zainetto in spalla, rosa, Malala Yousafzai, è tornata a scuola. La quindicenne pachistana che era stata aggredita dai talebani lo scorso ottobre per via del suo attivismo a favore dell'istruzione per le donne in Pakistan, e con il suo coraggio e la sua forza aveva commosso il mondo, ha passato oggi il primo giorno nella sua nuova scuola nel Regno Unito, a Birmingham, dove si è trasferita con la famiglia.

"E' il giorno più importante della mia vita", ha detto Malala che è sopravvissuta, con grande forza a due difficili operazioni al cranio, l'ultima e molto delicata lo scorso 8 febbraio quando le è stata inserita una placca nel cranio e di un impianto per restituirle l'udito.

"Questo è il momento più felice, tornare a scuola - ha ripetuto sorridente - è ciò che ho sognato e credo che tutti i ragazzi dovrebbero poter andare a scuola, è un loro diritto. E sono molto orgogliosa di indossare questa uniforme (come è obbligo in gran parte delle scuole britanniche) perché vuol dire che sono una studentessa, che sto vivendo la mia vita e che sto imparando. E adesso posso anche camminare, posso anche correre"

Premio Sakharov assegnato a Malala. Schulz: "E' eroica, è stata scelta all'unanimità" - Repubblica.it

Candidata anche al Nobel per la Pace, alla giovane pachistana è andato il riconoscimento del Parlamento Europeo. Scontenti i talebani (Ttp): "Non ha fatto niente per meritarsi premio", e la minacciano nuovamente di morte

STRASBURGO - L'ha vinto battendo Edward Snowden e gli attivisti bielorussi detenuti Ales Bialiatski, Eduard Lobau e MykolaIl, in carcere dopo aver protestato nel dicembre 2010 contro la rielezione alla presidenza di Alexander Lukashenko. Il Parlamento europeo ha assegnato il premio Sakharov per la libertà di pensiero a Malala Yousafzai, l'adolescente pachistana sfuggita nel 2012 a un attentato dei talebani che volevano impedirle di andare a scuola. Le sarà consegnato ufficialmente il 20 novembre a Strasburgo.

Assegnato ogni anno dal 1988, il premio - che porta il nome dello scienziato e dissidente sovietico Andrej Dmitrievic Sacharov - è destinato a personalità o organizzazioni che abbiano dedicato la propria vita alla difesa dei diritti umani e delle libertà individuali. L'anno scorso è stato attribuito all'avvocatessa iraniana Nasrin Sotoudeh e al regista de "Il cerchio" (2000), anche lui iraniano, Jafar Panahi.

Malala è "una ragazza eroica" e il premio Sakharov è stato "deciso all'unanimità", ha detto il presidente dell'europarlamento Martin Schulz annunciando la scelta. "La Conferenza dei presidenti (l'organo del Parlamento europeo che riunisce i capigruppo, ndr) ha deciso senza alcun dubbio di onorare questa ragazza della Valle dello Swat in Pakistan, per il suo coraggio di andare a scuola. Ha incoraggiato le altre ragazze ad andare con lei a scuola in un ambiente ostile, mentre era minacciata di morte dai talebani. Fortunatamente è sopravvissuta ai colpi che quei criminali le hanno sparato. Il suo è un esempio: andiamo a scuola, non facciamoci intimidire, pretendiamo i nostri diritti di ragazze, donne, ad essere rispettate".

"E' riuscita a farlo sotto minaccia di morte, è davvero una ragazza eroica", ha continuato Schulz, sottolineando che la decisione "è molto importante per questa ragazza, ma anche per noi" perché dimostra che "dovunque nel mondo donne e uomini che lottano per i propri diritti sanno di avere un alleato al loro fianco: il Parlamento europeo". Schulz ha poi aggiunto: "Ma quanto coraggio ci vuole? Per me Malala è già una personalità prominente del XXI secolo".


Ma i talebani sono contrari. Per loro Malala Yousafzai "non ha fatto nulla" e non merita il prestigioso premio. "I nemici dell'islam la premiano perché ha lasciato l'Islam ed è diventata laica", ha dichiarato Shahidullah Shahid, portavoce del Tehreek-e-taliban pakistan (Ttp), mentre la 16enne, che ora vive a Birmingham, dopo il premio assegnato dal Parlamento europeo, domani potrebbe ricevere anche il premio Nobel per la Pace. "Viene premiata perché lavora contro l'islam. La sua lotta contro l'Islam è uno dei motivi pricipali della sua premiazione", ha aggiunto, ribadendo ancora una volta la minaccia del Ttp, fatta più volte negli ultimi mesi, di uccidere la ragazzina che vuole studiare "anche in America o nel Regno Unito".

Malala fu ferita da un proiettile il 9 ottobre del 2012. Tornava da scuola e aveva 15 anni. Un miliziano dei talebani la colpì al collo e alla testa. Il mezzo fu fermato, il miliziano salì sul bus e domando: "Chi è Malala?". Nessuno rispose, ma gli sguardi si concentrarono su quella bambina che, da anni, raccontava come una fatwa impedisse alle bambine e alle ragazze di studiare. Insieme a lei furono ferite anche due sue compagne di scuola, Sacia Ramzan e Kainar Riaz, in modo meno grave. Ricoverata all'ospedale Queen Elizabeth di Birmingham, in Gran Bretagna, è stata dimessa solo l'8 febbraio scorso.

A marzo è potuta tornare a scuola, la Edgbaston High School di Birmingham. Da allora il suo impegno a favore dell'istruzione femminile ha subito un'accelerazione. Ha scritto un libro, le sue memorie intitolate 'I'm Malala', uscite in occasione del primo anniversario dell'attentato contro di lei.

Storico il suo discorso alle Nazioni Unite (VIDEO), dove in occasione del suo compleanno, il 12 luglio, ha rivolto un messaggio ai talebani, che "pensavano di zittirmi con una pallottola, ma non ci sono riusciti". E un appello al mondo: "Un bambino, un insegnante e un libro possono cambiare il mondo. Impugniamo i nostri libri e le nostre penne, che sono loro le nostre armi più potenti - ha aggiunto, parlando a centinaia di studenti presenti all'Assemblea - il 9 ottobre mi hanno sparato al lato sinistro della testa e pensavano che le pallottole potessero zittirmi. Ma non ci sono riusciti".
 

Claire

ἰοίην
L'intervista a Malala

Se viene per ucciderti, cosa farai? | Lunanuvola's Blog


Jon Stewart: La mia ospite di stasera, un’attivista per l’accesso all’istruzione delle bambine in tutto il mondo, è la più giovane persona mai nominata per il Premio Nobel per la Pace. Il suo nuovo libro si chiama “Io sono Malala” (ndt: in Italia edito da Garzanti). Per favore date il benvenuto a Malala Yousafzai. (acclamazioni e applausi del pubblico) Lieto di vederti. Grazie per essere qui.
Malala Yousafzai: Grazie mille. E’ un onore per me.
Stewart: E’ un onore per noi. Mi conosco.
(Malala Yousafzai ride.)
Stewart: Ecco qua. Tra l’altro, noi abbiamo parlato un poco prima dello show… Non c’è cosa migliore del farti ridere. Volevo dirlo. Ne sono stato proprio felice.
Yousafzai: Grazie.
Stewart: Ecco (indicando il libro), “Io sono Malala”… ci si sente umili ad incontrarti. Tu hai 16 anni: da dove viene il tuo amore per l’istruzione?
Yousafzai: Noi siamo esseri umani, e questo è parte della nostra natura umana, il non capire l’importanza di una cosa sino a che non ci viene strappata dalle mani. E quando – in Pakistan, quando ci si è impedito di andare a scuola, allora ho compreso che l’istruzione è molto importante, e che l’istruzione è potere per le donne, ed è perciò che i terroristi hanno paura dell’istruzione – non vogliono che le donne siano istruite, perché in tal modo le donne diventano più potenti. (acclamazioni e applausi del pubblico)
Stewart: Esatto. Giusto. Quando sono arrivati i talebani nella Valle di Swat? Perché, prima di allora, tu descrivi il posto come una specie di paradiso.
Yousafzai: I talebani arrivarono nel 2004, ma all’inizio erano tranquilli, non si sono mostrati come terroristi e non hanno fatto saltare in aria alcuna scuola. Hanno cominciato con gli atti di terrorismo veri e propri nel 2007. Hanno fatto saltare in aria più di 400 scuole nell’area di Swat. Hanno massacrato persone. Nel mese di gennaio 2009 uccidevano due o tre persone a notte, e fustigavano le donne. Abbiamo visto questa situazione barbarica nel 21° secolo e abbiamo visto… la crudeltà, e giorni duri nella nostra vita, e quelli li ricordiamo proprio come i giorni più bui della nostra vita. Perciò era – era davvero difficile per noi, in quel periodo.
Stewart: Tu descrivi nel tuo libro come nonostante tutto, anche se toglievano le insegne dalle scuole, le scuole entravano in clandestinità ma continuavano… Tu hai parlato pubblicamente contro i talebani. Cosa ti ha dato il coraggio di continuare in questo?
Yousafzai: Mio padre mi è stato di grande incoraggiamento, perché ha parlato – ha parlato sostenendo pubblicamente i diritti delle donne, ha parlato per l’istruzione delle bambine. E allora, io mi sono chiesta perché avrei dovuto aspettare qualcun altro. Perché devo andare in cerca del governo, dell’esercito, perché ci aiutino? Perché non alzo la mia voce? Perché non rivendichiamo i nostri diritti? Le ragazze di Swat, loro lo hanno fatto. Io ho cominciato a tenere un diario, a parlare su ogni media che riuscivo a raggiungere, e ho fatto sentire la mia voce su ogni piattaforma alla mia portata. E dicevo a me stessa: devo far sapere al mondo cosa sta accadendo a Swat. Devo dire al mondo che Swat sta soffrendo a causa del terrorismo, e che dobbiamo lottare contro il terrorismo.
Stewart: Quando hai capito che eri un bersaglio per i talebani?
Yousafzai: Uhm, nel 2012, noi – ero con mio padre, e una donna ci disse “Avete visto su Google net, se cercate il vostro nome vedrete che i talebani vi hanno minacciati.” E io non riuscivo a crederci, dicevo no, non è vero. E anche dopo la minaccia, quando la vedemmo, non ero preoccupata per me stessa, ma per mio padre: perché pensavo che i talebani non sarebbero stati così crudeli da uccidere una bambina, avevo 14 anni allora. Ma poi, più tardi, quando cominciai a pensarci, a pensare che un talebano sarebbe arrivato e mi avrebbe uccisa, mi dicevo: Se viene, cosa farai, Malala? E mi rispondevo: Malala, prendi una scarpa e picchialo, ma poi (ride, risate anche dal pubblico)… Poi mi sono detta: Se picchi un talebano con la scarpa, allora non ci saranno differenze fra te e lui. Non devi trattare gli altri in modo crudele e duramente; devi lottare contro questi altri, ma tramite la pace, e tramite il dialogo, e tramite l’istruzione. Allora mi risposi: Gli dirò quant’è importante l’istruzione, e che io la voglio anche per i suoi bambini. E gli dirò: Questo è quanto avevo da dirti. Adesso fai quello che vuoi. (Malala sorride, acclamazioni e applausi dal pubblico)
Stewart: Lascia che ti chieda – sai… Io so che tuo padre è dietro le quinte, e che è molto orgoglioso di te: ma si arrabbierebbe davvero tanto se ti adottassi? Perché sei sicuramente un’ottima persona.

(Trad. Maria G. Di Rienzo)
 

terapia.intensiva

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SIMONE de BEAUVOIR

La scrittura e l'impegno nei movimenti di trasformazione sociale.
Simone de Beauvoir nacque a Parigi alle quattro del mattino del 9 gennaio 1908, figlia di Françoise e Georges, in una famiglia alto-borghese, segnata presto dalla bancarotta del nonno paterno Gustave Brasseur. Il triste evento costrinse i genitori di Simone e di Henriette-Hélène, la sorella di due anni più giovane, ad abbandonare l'appartamento del Boulevard Montparnasse per uno più piccolo sito in Rue de Rennes.[1]
Simone e Hélène vissero lunghi anni di disagi e ristrettezze economiche: «usavamo i vestiti fino alla corda, e anche oltre». La famiglia riusciva a stento a rinunciare alle consuetudini borghesi cui era stata abituata: continuarono i soggiorni a Meyrignac dai nonni paterni e a La Grillère presso la zia. Dimostrò sin dall'infanzia una grande passione per la natura. A Meyrignac si avventurava nei campi con Henriette e scopriva con stupore le meraviglie del paesaggio.[2] Altrettanto precoce fu la passione per lo studio. Iscritta al cattolico Istituto Cour Désir, diventò un'allieva esemplare, e decise – fatto allora insolito – di continuare a studiare e di dedicarsi all'insegnamento, allontanandosi allo stesso tempo dalla religione. Qui conobbe Elisabeth Lecoin, detta Zaza, che diventò subito sua grande amica.


Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre davanti al Monumento a Balzac di Rodin a Parigi negli anni 1920
Si iscrisse nel 1926 alla Sorbona, laureandosi con una tesi su Leibniz e ottenendo nel 1929 "l'agrégation" (idoneità all'insegnamento riservata ai migliori allievi francesi) in filosofia. Gli anni dell'università coincidono anche con il primo amore: il cugino Jacques Champigneulle. Simone si innamora di lui e al tempo stesso viene introdotta in un nuovo mondo: si appassiona infatti ad autori quali Gide, Radiguet e Proust, interessandosi quindi ad una letteratura ribelle ed anticonformista. Il cugino spegne però presto i sogni matrimoniali della fanciulla, e si lega a un'altra donna. Simone, ferita nei propri sentimenti, attraversa nell'estate del 1927 un periodo di depressione.[3]
Nel frattempo l'amica Zaza si era fidanzata con un collega di università di Simone: Maurice Merleau-Ponty. Quest'ultimo apparteneva però a una famiglia cattolica della buona borghesia, e dell'unione extra-coniugale con Elisabeth nessuno era a conoscenza a La Rochelle, suo luogo di provenienza. Madame Lecoin minacciò di far scoppiare uno scandalo e Merleau-Ponty, impaurito, scappò, lasciando la ragazza sola e disperata. Era l'inverno; la giovane, fuori di sé per il dolore, trascorse una notte al gelo completamente nuda, morendo per la polmonite conseguente.[4]
Simone non perdonò mai Madame Lecoin per l'accaduto.
All'università incontrò, nel luglio 1929, colui che, senza matrimonio né convivenza, sarebbe diventato il compagno della sua vita, il filosofo esistenzialista Jean-Paul Sartre. Sono, questi, gli anni in cui conosce, oltre a Merleau-Ponty, Lévi-Strauss, Raymond Aron, Paul Nizan.


Simone de Beauvoir con Jean-Paul Sartre e Che Guevara nel 1960
Inizia a insegnare nel 1930, prima a Marsiglia, poi a Rouen, infine a Parigi, dove chiuderà la propria carriera di docente nel 1943 per diventare scrittrice a tempo pieno. Molto importanti sono le sue esperienze di viaggio in vari continenti per la sua formazione intellettuale. Con Sartre compie i suoi primi viaggi, in Spagna, in Italia, in Grecia, in Marocco; nulla sfugge a questi due intellettuali degli eventi culturalmente significativi di questo periodo, si appassionano al cinema e al jazz e vivono con partecipazione i grandi rivolgimenti politici di quegli anni: il nazismo in Germania, la guerra civile spagnola del 1936, la seconda guerra mondiale. Durante la guerra, Simone de Beauvoir rimane a Parigi, occupata dai nazisti, e condivide con Sartre la breve esperienza del gruppo di Resistenza "Socialismo e Libertà".
Dopo la Liberazione lascia l'insegnamento ed entra a far parte del comitato di redazione della rivista Les Temps Modernes, insieme a Sartre, Leiris, Merleau-Ponty e altri.
Nel 1947 si reca negli Stati Uniti per una serie di conferenze e incontra lo scrittore Nelson Algren, con cui stabilisce un intenso rapporto d'amore. Compie altri viaggi significativi (Brasile, Cuba, Cina, Unione Sovietica) e ritorna molto spesso in Italia con Sartre. Dopo Il secondo sesso (1949), ormai famosa in tutto il mondo, Simone de Beauvoir, per le particolari posizioni assunte come scrittrice e come donna, è oggetto di grande ammirazione ma anche di aspre polemiche. Allo scoppio della guerra di liberazione algerina, prende posizione a favore di questa lotta, cosa che renderà il suo isolamento ancora più pesante.
Simone de Beauvoir è considerata la madre del movimento femminista, nato in occasione della contestazione studentesca del maggio 1968, che seguirà con partecipazione e simpatia.
Gli anni settanta la vedono fervidamente in prima linea in varie cause: la dissidenza sovietica, il conflitto arabo-israeliano, l'aborto, il Cile, la donna (è presidentessa dell'associazione Choisir e della Lega dei diritti della donna).
Nell'ultimo periodo della sua vita, Simone de Beauvoir affronta con coraggio un altro problema sociale, quello della vecchiaia, cui dedica un importante saggio, La terza età (1970).
Nel 1981, in seguito alla morte di Sartre, scrisse La cerimonia degli addii (La Cérémonie des adieux), cronaca degli ultimi anni del celebre pensatore.
Lei stessa si descrisse così:
« Di me sono state create due immagini. Sono una pazza, una mezza pazza, un'eccentrica. [...] Ho abitudini dissolute; una comunista raccontava, nel '45, che a Rouen da giovane mi aveva vista ballare nuda su delle botti; ho praticato con assiduità tutti i vizi, la mia vita è un continuo carnevale, ecc.
Con i tacchi bassi, i capelli tirati, somiglio ad una patronessa, ad un' istitutrice (nel senso peggiorativo che la destra dà a questa parola), ad un caposquadra dei boy-scout. Passo la mia esistenza fra i libri o a tavolino, tutto cervello. [...] Nulla impedisce di conciliare i due ritratti. [...] L'essenziale è presentarmi come un'anormale. [...]
Il fatto è che sono una scrittrice: una donna scrittrice non è una donna di casa che scrive, ma qualcuno la cui intera esistenza è condizionata dallo scrivere. È una vita che ne vale un'altra: che ha i suoi motivi, il suo ordine, i suoi fini che si possono giudicare stravaganti solo se di essa non si capisce niente. »


Una vita in due

Tomba di Sartre e Simone de Beauvoir
Simone de Beauvoir morì il 14 aprile 1986 e venne seppellita nel cimitero di Montparnasse di Parigi accanto al suo compagno di una vita Jean-Paul Sartre, morto sei anni prima, il 15 aprile 1980. Radicalmente atea come Sartre, ne La Cérémonie des Adieux aveva scritto a riguardo della morte di colui col quale aveva condiviso gran parte della sua esistenza e delle sue idee: «La sua morte ci separa. La mia morte non ci riunirà. È così; è già bello che le nostre vite abbiano potuto essere in sintonia così a lungo».[5]
 
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Bonnie Cleo Andersen (38).

Mother of three, has been a sex-worker in Denmark since the age of 18. Prostitution is legal in Denmark. Bonnie works during the day in a small house in a village in the east of the country, then picks her children up after school to take them home, in another village 15 km away. Her chief hope is that they will have better lives than hers.
 
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