Una Donna al giorno. Un omaggio all'intelligenza e alla forza femminile (1 Viewer)

Claire

ἰοίην
MARISA COSTELLI

Avvocata, ha vinto il processo che ha condannato 4 banche al risarcimento dei danni per truffa nella vicenda dei derivati sottoscritti dal Comune di Milano.

Il giudice monocratico della quarta sezione penale del tribunale di Milano Oscar Magi ha condannato "tutti gli imputati persone fisiche in solido tra loro al risarcimento del danno a favore della parte civile Adusbef in 50mila euro complessivi" nel processo per truffa sui derivati sottoscritti dal Comune di Milano. Inoltre, gli stessi imputati (nove tra manager ex manager di quattro banche) sono stati condannati "alla refusione delle spese legali sostenute dalla parte civile" che si "liquidano in 16.425 euro complessivi piu' Iva". In vicende di questo tipo "la prescrizione e' un problema immanente ma siamo molto soddisfatti cosi'", ha affermato l'avvocato Marisa Costelli, legale dell'Adusbef.
 
Ultima modifica:

samir

Forumer storico
[BANSA) - PERCOTO (UDINE), 26 GEN - Occorre ''battagliare per un mondo migliore, salvare il pianeta dal degrado e sottrarlo al rischio di autodistruzione, attraverso i valori della cultura, contadina''. E' l'appello di Giannola Nonino alla 38/a edizione del Premio Nonino. Fabiola Gianotti, del LHC del Cern di Ginevra che ha verificato l'esistenza del bosone, ha dedicato il proprio premio - uno dei 7 assegnati oggi - ''a tutti i ricercatori che ogni giorno combattono contro la precarieta' e tante altre difficolta'''.
]
ANSA)

Fabiola Gianotti la quinta persona più celebre al mondo | Vita Da Donna
 

Allegati

  • fabiola.jpg time.jpg
    fabiola.jpg time.jpg
    24,8 KB · Visite: 729

Claire

ἰοίην
Isoke Aikpitanyi


è una delle poche vittime di tratta che è riuscita a ribellarsi alla mafia nigeriana ed ha deciso di non rimanere in silenzio, nonostante le intimidazioni. E’ autrice del libro “Le ragazze di Benin City”, in cui racconta il proprio percorso di fuoriuscita dalla schiavitù, e di “500 storie vere”, frutto di una lunga indagine sul campo tra le ragazze nigeriane vittime della tratta, che racconta di violenze fisiche e psicologiche, riti voodoo, aborti clandestini e moderne forme di controllo. Inoltre Isoke ha fondato un’associazione per le vittime ed ex vittime della tratta, per aiutare altre ragazze che come lei sono finite nella rete dei trafficanti, grazie ad un progetto di mutuo aiuto.
La riduzione in schiavitù a fini sessuali è un’enorme e importantissima questione globale, che solleva la preoccupazione per l’assordante silenzio omertoso sul fenomeno. A tal proposito, è chiaro come sia necessaria una più vasta opera di sensibilizzazione, e soprattutto occorra capire tutti i modi in cui la paura delle ragazze diviene la più potente alleata dei trafficanti. Isoke ci racconta tutto questo in prima persona. La sua è un’importantissima testimonianza diretta che ci permette di ascoltare la vece di chi spesso voce non ha, per capire quanto poco si stia facendo per la tutela dei diritti umani di queste ragazze e per contrastare un fenomeno che lucra indisturbato sulla pelle di persone ridotte in schiavitù, si insinua all’interno della società e si nutre dell’indifferenza e soprattutto della connivenza.
 

Allegati

  • isoke.jpg
    isoke.jpg
    50,5 KB · Visite: 747

Claire

ἰοίην
PIPPA BACCA

Pippa Bacca, pseudonimo di Giuseppina Pasqualino di Marineo (Milano, 9 dicembre 1974 – Gebze, 31 marzo 2008), è stata un'artista italiana.


Pippa Bacca a Milano.
Nipote di Piero Manzoni da parte di madre (Elena Manzoni, sorella dell'artista), aveva intrapreso, fin dal 1997, la strada dell'arte performativa.

Il filo conduttore della sua arte è la trasformazione degli oggetti in altri oggetti, generalmente con il semplice uso delle forbici: ad esempio, le foto delle persone che le hanno dato un passaggio in macchina vengono ritagliate fino ad assumere la forma di un mezzo di trasporto; l'uncinetto viene usato per creare lavori a maglia con forme falliche o sessualmente allusive; l'opera Surgical mutations ("Mutazioni chirurgiche") è costituita da foglie raccolte in un bosco e ritagliate in modo da trasformarle in foglie di altre specie vegetali.


L'ultima performance

Pippa Bacca è morta tragicamente durante la performance itinerante Spose in Viaggio, con cui si proponeva di attraversare, in autostop, 11 paesi teatro di conflitti armati, vestendo un abito da sposa, per promuovere la pace e la fiducia nel prossimo.

Il viaggio, la cui meta era Gerusalemme, era stato intrapreso insieme a un'altra artista, Silvia Moro, anch'essa in vestito da sposa ed era iniziato a Milano, l'8 marzo 2008 (festa della donna). Dopo aver attraversato Slovenia, Croazia, Bosnia e Bulgaria, Pippa e la sua compagna arrivarono in Turchia il 20 marzo.Secondo il programma, le due avrebbero poi dovuto continuare attraverso Siria, Libano, Giordania, Israele e Palestina, con arrivo a destinazione per la metà di aprile.

Nel corso del viaggio, però, dopo essersi separata a Istanbul dalla compagna, con cui prevedeva di rincontrarsi dopo pochi giorni a Beirut, il 31 marzo 2008 Pippa Bacca fu violentata e uccisa a Gebze, da un uomo che le aveva dato un passaggio.

La sua scomparsa era stata subito segnalata e le ricerche, immediatamente messe in atto, portarono alla scoperta del suo corpo l'11 aprile successivo. Il responsabile del suo assassinio, il trentottenne Murat Karatash, fu individuato per aver fatto uso del cellulare della vittima.

Pippa Bacca aveva al suo attivo diverse mostre personali e collettive. In occasione dei suoi funerali, Vittorio Sgarbi, assessore alla cultura di Milano, ha annunciato l'intenzione di dedicare alle sue opere una mostra al Padiglione di Arte Contemporanea.

L'assassinio di Pippa Bacca ha scosso l'opinione pubblica italiana, ma ancor di più quella turca. Numerosi quotidiani sono usciti con titoli anche in italiano: "perdonaci Pippa", "siamo molto addolorati". Lo stesso Erdogan, primo ministro turco, ha espresso la propria partecipazione, dicendosi "profondamente rattristato" per il delitto e affermando di "non poter trovare le parole adatte per descrivere questo brutale omicidio", a proposito del quale ha ribadito l'impegno della giustizia turca a punire il colpevole. In precedenza lo stesso presidente della Repubblica turca, Abdullah Gul e il ministro della cultura Ertugrul Gunay avevano fatto pervenire all'ambasciatore italiano ad Ankara e alla famiglia il proprio rincrescimento e cordoglio.

Da più parti il tragico avvenimento è stato messo in relazione con altri delitti e con tematiche interne della Turchia, riaprendo il dibattito sulla violenza contro le donne, sulle spietate tradizioni ancestrali e l'asserito "disinteresse della giustizia e della società". Uno dei principali quotidiani del paese ha addirittura proposto che un'artista turca riprenda — in abito bianco e pur consapevole dei pericoli — il viaggio interrotto di Pippa Bacca, trasformandolo in una "marcia della libertà" delle donne turche.

I funerali, celebrati il 19 aprile 2008 nella basilica di San Simpliciano, con la partecipazione di una grande folla (circa duemila persone), sono stati organizzati a spese del Comune di Milano. Erano presenti diverse autorità: il sindaco di Milano, Letizia Moratti, che ha espresso l'intenzione di onorarne la memoria con un Ambrogino d'oro, il console turco Vefik Fenmen, il Ministro delle Pari Opportunità Barbara Pollastrini, oltre ad assessori, consiglieri comunali, e al sindaco di una municipalità di Istanbul.

Il 25 giugno 2009, il responsabile dell'omicidio di Pippa Bacca è stato condannato all'ergastolo dalla Corte d'Assise di Kocaeli.
 

Allegati

  • pippa bacca ok 6-thumb.jpg
    pippa bacca ok 6-thumb.jpg
    67,3 KB · Visite: 770

Claire

ἰοίην
Malala Yousafzai

(Mingora, 12 luglio 1997) è una studentessa ed attivista pakistana, nota per essere attiva nella lotta per i diritti civili e in particolare, per i diritti allo studio anche per le ragazze (bandito dai talebani nel suo Paese).
All'età di 13 anni è diventata celebre per il blog, scritto per la BBC dove documentava il regime,contrario ai diritti delle donne,dei Talebani Pakistani e la loro occupazione militare nello Swat District. Inoltre, è stata nominata per l'International Children's Peace Prize, premio assegnato da KidsRights Foundation per la lotta ai diritti dei giovani ragazzi.
Il 9 ottobre 2012 è stata colpita da un colpo alla testa e alla spalla da alcuni talebani entra tornava da scuola dentro il pullman scolastico. Ricoverata nell'ospedale militare di Peshawar, si è salvata dopo la rimozione chirurgica dei proiettili. Ihsanullah Ihsan, portavoce dei talebani pakistani, ha rivendicato la responsabilità per l'attentato, dicendo che la ragazza “è il simbolo degli infedeli e dell'oscenità”, aggiungendo che se fosse sopravvissuta, sarebbe stata nuovamente attaccata la ragazza e ora ricoverata a Londra in un ospedale che si é offerto di curarla.

A proposito di lei hanno scritto:

La vicenda di Malala Yousufzai è stata ripresa dai media di tutto il mondo. Mentre il padre conferma oggi che appena starà meglio tornerà a vivere nel Paese natio, la 15enne è diventata il simbolo di un Pakistan illuminato e moderato. Il suo nome viene elogiato sia in prosa che in poesia. Si prega affinché si rimetta presto e in Pakistan, Malala appare su ogni quotidiano e su ogni social media.

Indubbiamente, questa è l'età dell'oro per un Pakistan moderno e progressista - un Paese in cui le ragazze hanno parità di diritti in tema di istruzione.

Sabir Nazir scrive in proposito sul Dawn blog:

«La foto di Malala è su tutti i chowk, tutti i quotidiani, tutte le immagini di profilo, tutti gli aggiornamenti degli status dei social media e tutti i canali televisivi... Celebriamo questo momento della storia del Pakistan che potrebbe non durare a lungo».

Per la prima volta fanatici religiosi come i talebani vengono aspramente criticati in pubblico. Durante un discorso tenuto idurante una manifestazione a Karachi, il leader di MQM Altaf Hussain ha descritto i talebani come " individui disumani e fermi all'età della pietra".

Inoltre, Malala ha contribuito al consolidamento delle forze anti talebane in Pakistan. In ogni angolo del panorama politico, la gente è indignata con i taleban
i. Commenta Saman Jaffery:

«Se l'essere talebani è un tipo di mentalità, allora anche l'essere Malala lo è. E' il tipo di mentalità delle donne istruite ed emancipate».

Ashwer Waqi, che ha partecipato alla manifestazione organizzata dal MQM in sostegno di Malala Yousufza, insiste:

«Il messaggio è qui davanti ai nostri occhi… tutte questa gente, sta condannando un'azione dei talebani».

I social media hanno applaudito la presa di posizione di Malala nei confronti dei terroristi religiosi. La foto sotto pubblicata è stata condivisa sulla pagina dei sostenitori di Nosheerwan.

Più di 200 persone hanno condiviso questa foto su Facebook. Questa è soltanto una delle migliaia di condivisioni allo scopo di esprimere il proprio amore per questo piccolo angelo.

Oltre il confine, in India, l'artista Sudarsan Pattnaik ha realizzato una scultura di sabbia in onore a Malala. L'opera presenta il seguente messaggio in rilievo:

"MALALA GUARISCI PRESTO"

L'attrice e regista americana Angelina Jolie ha suggerito la candidatura di Malala al Nobel per la pace per la sua determinazione nel voler diffondere l'istruzione femminile. Scrive nel suo blog:

«Cercando di capire meglio, i miei figli mi hanno chiesto: "Perché quegli uomini pensano di dover uccidere Malala?" Ho risposto: "Perché l'istruzione è un'arma potente"».

Intanto, il governo pachistano ha in programma di conferire a Malala la decorazione al merito civile Sitara-e-Shujaat per il coraggio dimostrato. Inoltre, è stata posta una taglia di un milione di dollari sulla testa del leader dei talebani coinvolto nell'attacco.


Su Twitter, @Gedrosia scrive: «Orgogliosa di te Malala - Taliban andatevene all'inferno».

I due versi tratti da una poesia Urdu riportati di seguito sono stati dedicati a Malala. Anni fa, il poeta pachistano Habib Jalib ha scritto queste parole in memoria del primo ministro del Pakistan Benazir Bhutto, che morì assassinata:

«I cecchini hanno paura di una ragazza innocente.
Grazie a lei, si diffonde il bagliore della speranza»

Dall'altra parte del mondo, la ex first lady Laura Bush ha paragonato Malala ad Anna Frank.

Nonostante Malala sia stata elogiata in tutto il mondo, in particolar modo in Pakistan, allo stesso tempo si è sviluppata la "sindrome anti Malala".

I seguaci di questa scuola di pensiero tentano di sminuire o falsare la popolarità di Malala. Stanno cercando di spingere l'uomo della strada a giustificare quest'atto terroristico. Jahanzaib Haque cura un post dettagliato in cui illustra le tattiche utlilizzate dai simpatizzanti dei talebani per svalutare Malala.

La loro tesi centrale gira intorno alle seguenti teorie complottiste:

1) L'attacco a Malala è stato appositamente perpetrato dagli Stati Uniti.

I simpatizzanti dei talebani cercano di mettere sullo stesso piano l'attacco a Malala con gli attacchi drone condotti dall'esercito americano nella regione pachistana del Waziristan (vedasi il reportage di Global Voices). Una foto che mostra l'immagine di una bambina innocente su una sedia a rotelle è stata condivisa su Twitter

Nel testo che accompagna la foto si legge:

Laiba, una bambina innocente che è stata ferita durante un attacco drone, mette in discussione la nazione del Pakistan!!

«Oh! Popolo del Pakistan, sono meno innocente di Malala oppure il mio patriottismo è messo in discussione? [Se non lo è], allora perché nessuno parla in mio nome? E' forse perché gli Stati Uniti sono responsabili di questa azione?»

Let Us Build Pakistan (LUBP) ha smascherato questa foto ingannevole. In realtà, la bambina ha perso la gamba durante un attacco suicida portato a termine dai terroristi mentre faceva spesa per la festa musualmana dell'Eid nel novembre 2008.

2) Malala ha diffamato i simboli dell'Islam.

Un'altra foto ingannevole che si è diffusa in un batter d'occhio è una contraffazione intenzionale del celebre diario di Malala in cui si legge del peggiorare dell'istruzione femminile e della distruzione delle scuole durante il regime talebano nel distretto di Swat.

Il testo sopra riportato dice:

Malala non ha scritto nessuna delle seguenti affermazioni nel suo diario:

"La vista di un velo mi ricorda l'eta della pietra, e la barba i faraoni"

Questa è falsa propaganda portata avanti dai sostenitori dei talebani contrari all'istruzione femminile.

Quando ci si imbatte in notizie simili nei social media, ne va verificata la fonte. Potete leggere il diario di Malala sulla versione in Urdu del sito della BBC.

Al riguardo, Hasan Nisar scrive sulla sua pagina Facebook:

«Si sta facendo propaganda contro Malala diffondendo notizie false e attraverso altre trovate da quattro soldi».

3) L'attacco a Malala è una tattica per distogliere l'attenzione.

L'ennesimo esperto suggerisce sottilmente che l'attacco a Malala è un " tentativo intenzionale" di distogliere l'attenzione dei musulmani dallo scandalo recentemente scatenato da un film considerato blasfemo.

Infine, di seguito le reazioni di alcuni utenti Twitter nei confronti di queste " teorie complottiste" :

@arslajawaid: è vergognoso *come* dei teorici cospirazionisti etichettino Malala una spia americana/agente della CIA. E' soltanto una bambina che ha dimostrato il suo coraggio. complesso di inferiorità?

@Anas_Abbas: Il mondo prega per Malala dall'occidente fino in India mentre i cittadini pachistani si danno da fare nel classificarla come un'agente della CIA poiché non era in possesso delle credenziali di Aafia.

@adeel_azhar: Quindi la mentalità estremista sta cercando di dimostrare che malala è un'agente della CIA... mi chiedo cosa diventerà poi, una massona? Un'adoratrice del demonio?

@MhwshB: Haan haan. Bana do Malala ko yahoodi, CIA, RAW agent. Pehle goli maro, phir us ko agent keh do. Bas TTP ko na kehna kuch. Khabees.

@MhwshB: Sì! Sì! Adesso fatela diventare un'ebrea, oppure una agente della CIA o della RAW. Prima le avete sparato, e ora la credete una spia. Statevene zitti. Patetici!

Nosheerwan dà una risposta appropriata a queste teorie sulla sua pagina Facebook:

«Chiunque vada dicendo che Malala è una spia americana, sta soltanto facendo un complimento alle spie americane».

L'amore di Malala per l'istruzione continuerà a risuonare nei cuori della maggior parte dei pacifisti del mondo:

Primo giorno di scuola per Malala - Mondo - ANSA.it

Zainetto in spalla, rosa, Malala Yousafzai, è tornata a scuola. La quindicenne pachistana che era stata aggredita dai talebani lo scorso ottobre per via del suo attivismo a favore dell'istruzione per le donne in Pakistan, e con il suo coraggio e la sua forza aveva commosso il mondo, ha passato oggi il primo giorno nella sua nuova scuola nel Regno Unito, a Birmingham, dove si è trasferita con la famiglia.

"E' il giorno più importante della mia vita", ha detto Malala che è sopravvissuta, con grande forza a due difficili operazioni al cranio, l'ultima e molto delicata lo scorso 8 febbraio quando le è stata inserita una placca nel cranio e di un impianto per restituirle l'udito.

"Questo è il momento più felice, tornare a scuola - ha ripetuto sorridente - è ciò che ho sognato e credo che tutti i ragazzi dovrebbero poter andare a scuola, è un loro diritto. E sono molto orgogliosa di indossare questa uniforme (come è obbligo in gran parte delle scuole britanniche) perché vuol dire che sono una studentessa, che sto vivendo la mia vita e che sto imparando. E adesso posso anche camminare, posso anche correre"
 

Claire

ἰοίην
Maria Toorpakai Wazir


è una giocatrice di squash con una promettente carriera internazionale. Nata nel Waziristan, una regione altamente conservatrice del Pakistan, ha dovuto travestirsi da ragazzo quando ha cominciato a praticare lo sport - e in seguito - ha ricevuto minacce inquietanti per il fatto di giocare in pantaloncini.
Maria Toorpakai è coraggiosa - lo è sempre stata e doveva davvero esserlo, per giocare a squash in una regione in cui a molte ragazze è negata anche la più misera istruzione primaria.
Maria Toorpakai è anche una ragazza fortunata, con una famiglia progressista dove meno è facile trovarne. A quattro anni, Maria già aveva capito di vivere in una condizione di inferiorità a causa del suo genere e così mise i vestiti del fratello, si tagliò i capelli e prese tutti i suoi vestiti femminili buttandoli fuori e bruciandoli.
"Mio padre si mise a ridere e disse: 'Ci siamo, abbiamo un Gengis Khan in famiglia'", racconta Maria. "Da allora in poi la mia famiglia mi lasciò vestire con gli abiti di mio fratello e, come mio fratello cominciai a partecipare alle risse.E' così che mi sono fatta molti amici".
"Le mie mani, i gomiti, le ginocchia erano sempre sanguinanti - le mie sopracciglia e il viso erano sempre gonfi."
Così 10 anni fa, quando aveva 12 anni, suo padre ha deciso di convogliare tali strabordanti energie verso lo sport - portandola a fare il sollevamento pesi.
Non potendo dire che si trattava di una ragazza iscrisse Maria con il nome di Gengis Khan con cui veniva appellata affettuosamente a casa.
Dopo un paio di mesi, venne inserita in un torneo con gli altri ragazzi (maschi) dove vinse.

"Dare un nome falso e maschile le permise di partecipare a qualunque sport", dice il padre di Toorpakai, Shamsul Qayyum Wazir. "Però qualcuno mi ha detto che se avesse continuato a fare il sollevamento pesi, non sarebbe cresciuta in altezza e che sarebbe diventata grassa e pesante. Così ho incoraggiato il suo interesse nel gioco dello squash."
Lo squash è uno sport popolare in Pakistan e il paese ha prodotto molti campioni del mondo. Le donne lo praticano abbastanza - ma non in Waziristan o in altre aree tribali molto conservatrici.
Suo padre la portò in una scuola a Peshawar gestito dall'aviazione pachistana.
Nei primi mesi, la gente non sapeva che lei era una ragazza. Quando la verità è venuta fuori, gli altri giocatori hanno iniziato a prenderla in giro."Usavano un linguaggio volgare. Erano insopportabili e irrispettosi -.. Ho subito azioni di estremo bullismo" Ma non si arrese.
Si chiuse in un campo da squash e giocò per ore, dalla mattina alla sera. "Le mie mani erano gonfie, livide e sanguinanti, ma ho continuato a giocare. Mi sono chiusa dentro, cercando di creare i miei scatti, i miei movimenti migliori."
Il duro lavoro ha pagato. Ha vinto numerosi campionati nazionali juniores ed è diventata professionista nel 2006. L'anno seguente ha ricevuto un premio dal presidente pakistano.
Tuttavia la notorietà portò problemi a tutta la sua famiglia.
"Nella nostra zona, le ragazze non sono nemmeno autorizzate a lasciare le loro case", spiega il padre.
"Devono indossare il velo per tutto il tempo e sono sempre accompagnate da membri maschi della famiglia. Quando la gente vide Maria e si rese conto che lei non indossava il velo e che giocava a squash in pantaloncini, rimase scioccata. Ci è stato detto che Maria aveva portato disonore alla nostra tribù e sono stato fortemente criticato per questo."
In seguito la famiglia ricevette molte minacce attribuibili ai talebani in cui si diceva di far smettere a Maria di giocare a squash perché è uno sport "non-islamico che va contro le tradizioni tribali" aggiungendo che tutta la famiglia avrebbe avuto di che pentirsi in caso contrario.
In tale circostanza la federazione di squash pakistano ha fornito la famoglia di Maria Toorpakai della sicurezza necessaria, creando un posto di blocco vicino a casa sua. I cecchini erano posizionati intorno al campo da squash, ma Maria decise che le cose erano andate troppo oltre e che la sua presenza al campo di gioco avrebbe potuto mettere in pericolo molti innocenti. Così cominciò a giocare nella propria stanza a casa procurandosi molte lesioni dolorose a causa del pavimento non adatto e, per questo, il padre di Maria organizzò di lasciare il paese. Ogni giorno, per tre anni e mezzo, il signor Toorpakai inviò e-mail a club, accademie, scuole, college e università in Occidente - in tutto il mondo estraneo al Pakistan dove ha potuto trovare campi da squash.
Uno dei suoi messaggi di posta elettronica ha raggiunto la leggenda canadese nello sport dello squash Jonathon che da poco aveva istituito una scuola di questo sport a Toronto.
Jonathon aveva trascorso un sacco di tempo a giocare in Pakistan, ed è stato fortemente influenzato dai giocatori di squash pakistani. Ma sapeva anche delle difficoltà incontrate dalle ragazze e dalle donne nel paese. "Non riuscivo a credere che c'era una ragazza proveniente da quella parte del mondo che era una giocatrice di squash a livello agonistico," dichiara.
Ma in seguito ha scoperto che nel 2009 era arrivata terza in campionato femminile Junior mondiale. Pur essendo sorpreso che il Waziristan avesse prodotto una stella dello squash, ha pensato che doveva trovare un modo per aiutarla. "
Alcuni mesi dopo, nel 2011, Maria arrivò a Toronto e iniziando ad allenarsi con il mitico Jonarhon.
il padre di Maria non poteva essere più orgoglioso. "Il Pakistan e l'intero mondo musulmano dovrebbe essere orgoglioso di lei", dice.
"Nella nostra società le persone festeggiamo quando un bambino maschio nasce e sono addolorate quando nasce una bambina - questo atteggiamento deve cambiare Voglio che ogni ragazza possa avere le stesse possibilità degli altri ragazzi maschi.".

ll signor Toorpakai attribuisce allo squash il merito di aver dato alla figlia ed anche al resto della famiglia la possibilità di vivere una vita diversa. "Penso che la gente sia stanca di tanta guerra e di combattimenti, di bombe e rapimenti, penso che tutti vogliano la pace e si rendano conto ora che hanno bisogno di una nuova educazione.

In quanto a Maria, recentemente ha dichiarato a proposito del suo paese:
"Sono molto timida. Ma c'è bisogno di qualcuno che rappresenti le donne, qualcuno che possa alzare la voce per loro e credo che noi facciamo parte del popolo e noi possiamo portare il cambiamento per tutti."
Attualmente è la miglior giocatrice femminile del Pakistan è la 49esima tra le migliori classificate nel mondo.

liberamente tratto dall'articolo: Maria Toorpakai The Pakistani squash star who had to pretend to be a boy
By Bethan Jinkinson
BBC World Service
 

Allegati

  • 580065_517314394980937_5152542_n.jpg
    580065_517314394980937_5152542_n.jpg
    39,7 KB · Visite: 645

Claire

ἰοίην
ALMA, co-fondatrice di Buklod ng Kababaihan

Alma | Lunanuvola's Blog

(“Call on US Military to Tackle Human Trafficking”, di Alma per Equality Now – Equality Now | End violence and discrimination against women and girls – aprile 2013, trad. Maria G. Di Rienzo.)

Cammino lungo le strade della città di Olongapo, dove donne seminude stanno in posa davanti ai locali per l’intrattenimento e fanno segno ai passanti di entrare per “divertirsi”. Entro in uno di questi bar “videoke” e mi trovo in una specie di tana scarsamente illuminata dove uomini d’affari stranieri e uomini del posto guardano inebriati donne che piroettano su un palco.

Al bar, un occidentale compra un’altra bevanda per una giovane filippina di cui non capisce la lingua. Se l’uomo vuole comprarla per fare sesso, pagherà al proprietario una tassa chiamata “multa del bar”. Guardando la ragazza, mi chiedo come è finita qui. Mi chiedo se porterà il suo cliente in una stanza sul retro del locale o a casa sua, con il rischio di svegliare i bambini che può avere. Mi chiedo se è mai stata stuprata dai suoi clienti. O se è mai stata in contatto con una “hilot” (comare) che mette fine alle gravidanze non desiderate battendo violentemente il ventre di una donna sino a che costei abortisce.

Quando il cliente si allontana per andare in bagno, mi avvicino alla ragazza che sembra sorpresa e un po’ scocciata dal fatto che mi sono intrufolata nel suo spazio personale. Facendo finta di non notarlo, le dico che lavoro per un’organizzazione chiamata Buklod. “Raduniamo le donne affinché discutano delle proprie vite e scambino idee.”, le dico, “Potresti venire al nostro prossimo incontro.” Lei mi guarda inquisitiva e domanda: “Cosa ne sai, tu, della mia vita?”

Nel 1984 Olongapo era una base militare statunitense in via di sviluppo ed il mio nome non era Alma, ma “Pearly” (perlacea, ndt.). Ero la madre single di due bambini piccoli e tentavo di mantenere la mia famiglia facendo la cameriera sette giorni su sette. I club avevano sempre lavoro quando arrivavano le navi dei soldati.

Da bambina sognavo di fare la commercialista. Quando mio fratello mi promise di pagarmi gli studi, lasciai Manila e venni ad Olongapo dove lui viveva. Non appena arrivai, mio fratello ammise che non aveva nessuna intenzione di aiutarmi a studiare. Invece, sperava che avrei “preso al volo la fortuna” e sposato un militare americano, così avrei potuto mantenere la nostra famiglia. Dopo alcuni mesi, frustrata per la mancanza di opportunità di lavoro, accettai di fare la cameriera in un locale vicino alla base navale statunitense. Mio fratello tentò di forzarmi ad andare con i soldati quando costoro richiedevano la mia compagnia, ma io rifiutavo.

Un giorno, un militare offrì la “multa del bar” al proprietario per me. Io rifiutai anche questa volta, dicendo che ero solo una cameriera. Il proprietario mi rispose che se non andavo con il soldato avrei perso il lavoro e non solo: lui si sarebbe tenuto i miei documenti impedendomi di trovare un’occupazione altrove. Ero terrorizzata all’idea di finire per strada assieme ai miei figli senza niente da mangiare, per cui anche se ero riluttante dissi di sì. L’americano voleva andare in un albergo, ma io gli dissi di dare a me i soldi che avrebbe voluto spendere per la stanza e lo portai a casa mia. Mandai i bambini dai miei genitori, perché non volevo vedessero cosa la loro madre stava facendo per guadagnarsi da vivere.

Tentai di evitare di rifarlo, ma mia figlia si ammalò e avevo bisogno dei soldi per le spese mediche. Durante i miei quattro anni al club ho avuto circa 30 “fidanzati” americani. Nei primi anni ’80 non c’erano programmi per la salute e non sapevamo neppure come si usasse un contraccettivo. La popolazione mista americana-asiatica ebbe un boom. Io diedi alla luce il mio terzo figlio sapendo che non avrebbe mai conosciuto suo padre. In quel periodo, cominciammo a sentir parlare dell’AIDS. I tizi americani si mettevano in fila per i preservativi prima di scendere dalle navi. Tuttavia, alcuni di loro si limitavano a soffiarci dentro e a gettarli in giro come palloncini. Noi non potevamo chiedere ad un cliente di usare un preservativo perché lui ci avrebbe risposto: “Io pago” e avrebbe ottenuto lo stesso quel che voleva.

Nel 1984 diventai amica di una donna statunitense, Brenda Proudfoot, che stava aiutando altre donne a sfuggire alla prostituzione ed al traffico a scopo sessuale. Mi invitò ad unirmi ad un gruppo di sostegno dove incontrai altre persone nella mia stessa situazione. Dopo diversi incontri, capii che quella era la mia opportunità di uscire dal mondo infernale della prostituzione. Nel 1987 co-fondai Buklod ng Kababaihan e andai a parlare alle donne nei bar delle nostre attività.

Il mio datore di lavoro cominciò a seccarsi delle mie assenze, ma io mi sentivo così potente che continuavo a parlare contro le ingiustizie anche al lavoro. Ora conoscevo i miei diritti come donna ed essere umano, e non intendevo più scendere a compromessi. Il mio datore di lavoro mi licenziò, chiamandomi comunista. Non potevo trovare un altro lavoro, perché lui tratteneva i miei documenti, però fortunatamente Buklod decise di assumermi come organizzatrice. Lo stipendio era basso ma afferrai l’occasione: ero così felice di essere libera dalla prostituzione.

Le idee che la società ha sul traffico di esseri umani e sulla prostituzione devono cambiare. Nel mio paese (Filippine, ndt.) la gente crede che le prostitute siano criminali e che i compratori siano vittime. Questo è sbagliato. Quando alle donne non sono date eguali opportunità di impiego e di istruzione le loro opzioni sono limitate e le donne stesse diventano sempre più disperate. Poiché le donne sono spesso viste come oggetti sessuali senza potere sono costantemente spinte nell’industria del sesso. A volte, anch’io ho creduto di esistere solo per il piacere degli uomini. Le donne filippine sono sovente chiamate “piccole macchine scure per scopare” dai militari americani. Una volta ho chiesto ad un cliente: “Come mai le donne filippine vi piacciono così tanto?” “Perché sono a buon mercato.”, rispose lui, “Molto più economiche delle giapponesi. Inoltre, con le filippine puoi fare quello che vuoi. Qua le donne sorridono sempre. Fanno finta che gli piaccia.” Dobbiamo cambiare questa mentalità ed istruire le giovani sugli abusi dell’industria del sesso, dobbiamo far sapere loro che hanno altre scelte. Le donne sono esseri umani, non merci da comprare e vendere.

Mentre lascio il bar “videoke” non sono sicura che la giovane donna parteciperà al nostro prossimo incontro. Lei è una delle migliaia di prostitute filippine. L’industria del sesso è una macchina enorme e non è facile da fermare. Ma come sopravvissuta che parla ad altre sopravvissute, tento di comunicare la comprensione delle loro paure e della loro sofferenza. Tento di dire alle mie sorelle che Buklod vuole creare un futuro differente.

(Post scriptum della traduttrice: Negli anni ’80, la base navale “Subic Bay” nelle Filippine era la più grande fra quelle esterne agli Usa. I bordelli attorno ad essa viaggiavano su un fatturato collettivo stimato attorno ai 500 milioni di dollari. Donne e ragazze erano comprate e vendute dai trafficanti per rispondere alla domanda di prostituzione dei militari in servizio alla base.

Anche se “Subic Bay” è stata chiusa negli anni ’90, il luogo continua ad essere meta del turismo sessuale statunitense e migliaia di soldati americani di stanza nelle Filippine continuano a servirsi della struttura di sfruttamento prodotta dalla presenza della base, nonostante le leggi filippine contrarie. Attualmente, le donne coinvolte nell’industria del sesso filippina sono stimate fra le 300.000 e le 400.000, a cui si aggiungono circa 100.000 bambini e bambine.)
 

Claire

ἰοίην
AMINA TYLER

Merita, decisamente....

Attivista, femminista tunisina, nata nel 1993. Nota al mondo intero per la sua protesta in stile Femen, il 1 marzo del 2013 appare su FB in una fotografia a seno nudo. Sul suo corpo varie scritte di protesta femminista.

Arrestata, maltrattata dalla famiglia, scappata. Le vengono dedicate azioni e manifestazioni da parte di Femen ma anche di altre organizzazioni femministe.

Il 19 maggio 2013 è stata arrestata e condotta nel carcere di Messaadine (Governatorato di Susa) con l’accusa di avere imbrattato il muro del cimitero di Kairouan (città in cui era previsto il congresso del gruppo Ansar al-Charia e nella quale Amina intendeva effettuare un atto dimostrativo), di profanazione di cimitero e di detenzione di arma. Nel processo, nel quale rischiava una pena detentiva superiore a due anni è stata condannata per questa sola ultima imputazione (consistita nel possesso di uno spray urticante per difesa personale) ad una pena pecuniaria corrispondente a 150 euro. Nonostante la condanna a pena solo pecuniaria, Amina è rimasta in carcere per nuove imputazioni sulla moralità della condotta ed è in attesa di giudizio.

Oggi l'udienza di appello, lei con coraggio si toglie il velo davanti al giudice, rivendica la sua libertà.

Amina sfida ancora, con coraggio, le tradizioni. Oggi in occasione del processo d'appello in cui è imputata, Amina entra in aula di Tribunale e, davanti alla Corte, si sfila dal capo il "sefseri", il velo che viene fornito dal carcere a tutte le donne e che rappresenta la tradizione tunisina. Da diversi decenni viene indossato dalla prigioniere quando si presentano in Tribunale come forma di protezione dagli sguardi del pubblico. Il velo non è obbligatorio e Amina con orgoglio se lo toglie appena entra in aula, quasi come per dire simbolicamente che lei è sempre libera. Sorride, mostra il pugno chiuso e fa il gesto di vittoria.

Il processo d'appello ad Amina Tyler, 18 anni, per detenzione di gas paralizzante, accusa per la quale è stata condannata in prima istanza a 300 dinari di ammenda, si è svolto oggi al Tribunale di Sousse. Nessuna protesta da parte dei gruppi islamici piu radicali, come invece era accaduto a Kairouan lo scorso 30 maggio. La sentenza arriverà l'11 luglio.

Presenti a Sousse numerosi sostenitori del Comitato FreeAmina ma anche diversi rappresentanti di associazioni come Amnesty International, Organizzazione Mondiale Contro la Tortura, l'Associazione delle donne democratiche tunisine.

"Sono molto fiero - dice il padre di Amina, al termine del processo - i giovani hanno iniziato a sostenere Amina, hanno capito che ha subito un processo politico, che non ha fatto niente, non si è svestita, non ha profanato alcun cimitero, è andata Kairouan per dire che la 'Tunisia è uno Stato civile dove le donne sono libere'".

Gli avvocati in aula hanno chiesto la non applicazione del testo di legge sulla detenzione di esplosivi, che verrebbe applicata nel caso specifico, al possesso dello spray paralizzante. Hanno ribadito l'innocenza di Amina e la richiesta di scarcerazione. "La detenzione di Amina è una detenzione arbitraria - spiega Radhia Nasraoui, una delle piu conosciute avvocatesse tunisine, militante contro la tortura e per la difesa dei diritti dell'uomo - non doveva essere arrestata non ha commesso alcun crimine e alcuna infrazione alla legge. Il dossier che è attualmente dal giudice Istruttore, al Tribunale di prima istanza di Kairouan, è vuoto. Ma, nonostante questo, vede tre capi di imputazione: attentato al pudore, che non è vero perché Amina non si è svestita; profanazione di cimitero, anche questo non è vero; ma la cosa più rivoltante è l'accusa di appartenenza ad un'associazione di 'malfattori' che ha come obiettivi di portare a termine delitti contro cose o persone. Trovo che questa ultima accusa sia scandalosa. Amina è sola in questo dossier, non appartiene ad alcun gruppo, nemmeno a Femen, ha detto che non appartiene a quel movimento. Tuttavia anche se appartenesse al movimento Femen, non è un movimento che ha l'obiettivo di danneggiare persone o cose. E' un dossier che mi ricorda il periodo Ben Ali, quando venivano creati dei processi e delle cause ad hoc solo per gli oppositori politici"

Stessa posizione per l'avvocato Halim Meddeb, attivista militante nelle associazione per i diritti dell'uomo e dell'Associazione mondiale contro la tortura: "Non c'è una prova sola contro Amina. Dov'è l'a presunta associazione di malfattori? Ho detto al giudice istruttore 'a chi dovrebbe essere associata Amina? Al diavolo? Lei è sola, il dossier e l'accusa sono vuoti inesistenti".

"Lei è in detenzione preventiva - continua Halim - misura eccezionale quando c'è il pericolo che gli imputati facciano un altro crimine e che sono pericolose per la comunità. Qui non abbiamo alcun crimine pericoloso. Amina è in prigione per un'opinione politica, come è stata arrestata per istruzioni dall'alto, andrà ad essere liberata da decisioni dall'alto. La giustizia ha dimostrato in questo affare che non è indipendente".

Poi Halim si lascia andare a qualche nota 'privata', su Amina: "Qualche settimana fa sono andato a trovarla, non l'avevo mai conosciuta. Ho scoperto una ragazza incredibile, adora leggere, scrivere, è molto intelligente, motivata, ama leggere libri di storia, sulla Tunisia contemporanea, ha una forte volontà di cambiare le cose in Tunisia, mi ha parlato delle donne prigioniere e quello che subiscono. Amina parla della sua situazione ma anche di quella degli altri. Le hanno confiscato dei libri, ha chiesto di portargliene altri. Lei chiede solo di tornare a scuola. È molto forte, pazienta, il suo morale è alto".
 

Allegati

  • 215046381-650c26e4-d787-4cf2-8a42-991b430ca886.jpg
    215046381-650c26e4-d787-4cf2-8a42-991b430ca886.jpg
    38,2 KB · Visite: 459

Claire

ἰοίην
Isabella Andreini

Personaggio poco noto nel panorama artistico italiano della "Commedia dell'arte".
Una delle personalità femminili dimenticata e cancellata dai libri di testo scolastici, nonostante la sua grandezza.

Isabella Andreini - Wikipedia


Isabella Andreini Canali (Padova, 1562 – Lione, 1604) è stata un'attrice teatrale, scrittrice e poetessa italiana e fu madre di Giovan Battista Andreini.

Ricordata da molti contemporanei per il fascino e il talento scenico, fu artista molto nota e significativa nel panorama europeo. Insieme al marito Francesco Andreini fece parte della Compagnia dei Comici gelosi, che nel 1589 fu invitata al matrimonio tra Ferdinando I de' Medici e Cristina di Lorena, svoltosi a Firenze: la Compagnia rappresentò la sua "Pazzia d'Isabella", e grande fu il successo della Andreini nella parte della protagonista.

Biografia

Nata a Padova da un Paolo Canali, nulla si sa della sua infanzia e adolescenza, fino a quando, nel 1576 o 1577, entrò a far parte della compagnia teatrale di Bologna detta dei «Comici Gelosi», della quale faceva parte il pistoiese Francesco Cerracchi, in arte Francesco Andreini, nato nel 1547, che ella sposò nel 1578.

Quella compagnia utilizzava la pratica teatrale della Commedia dell'Arte: nessun testo scritto, ma un canovaccio, un soggetto di massima che veniva riempito dalle improvvisazioni degli attori che interpretavano personaggi codificati dalla tradizione - la serva astuta, il pedante, il ricco gabbato, gli amorosi - con un repertorio ampiamente sfruttato di situazioni comiche, a volte oscene, nel quale era essenziale la capacità di ogni attore di essere in sintonia con ogni altro, di sincronizzare la propria improvvisazione con quella appena proposta dal compagno recitante.

La compagnia dei Gelosi, per la loro elevata professionalità, va tenuta distinta, insieme con altre - per esempio quelle dei Fedeli, degli Accesi, dei Confidenti, dei Desiosi - dalle numerose compagnie di saltimbanchi che improvvisavano i loro spettacoli nelle piazze dei mercati o nelle osterie. Nel 1571 aveva recitato in Francia davanti a Carlo IX, nel 1572 aveva presentato eccezionalmente un testo d'autore come l' Aminta di Torquato Tasso, a Milano si era esibita nei festeggiamenti in onore di Giovanni d'Austria, il vincitore di Lepanto e nel 1574, a Venezia, gli attori dei Gelosi avevano recitato di fronte a Enrico III.

Prima donna dei Gelosi era allora la ferrarese Vittoria Piissimi che, con l'arrivo dell'Andreini, preferì abbandonare la Compagnia nel 1580, quando il suo successo personale era ancora incontestato.


Come autrice viene, a torto, ricordata soprattutto per la favola pastorale "La Mirtilla", fortemente ispirata all'Aminta tassiana, scritta in età giovanile ma edita solo nel 1588. Dagli anni Novanta del Cinquecento fino alla morte scrisse e pubblicò numerose rime (più di 500 tra sonetti, madrigali, sestine, canzonette, scherzi, egloghe ecc.) sia in Italia che in Francia. Morì a Lione per complicazioni dovute ad un parto durante il viaggio di ritorno in Italia dopo una lunga tournée francese, in occasione della quale era stata applaudita dall'intera corte di Francia. Ai suoi funerali, la popolazione le diede l'ultimo saluto con grande commozione.

Poesia

Oltre alle poesie, confluite nelle tre edizioni delle "Rime" (1601, 1603, 1605), della sua attività letteraria restano i "Frammenti" (1616) e le "Lettere" (1607), raccolte pubblicate postume dal marito.

Molto bella, la Andreini fu cantata, oltre che da Torquato Tasso, da Giambattista Marino che le dedicò più sonetti, alcuni dei quali inclusi nelle edizioni delle "Rime", mentre Gabriello Chiabrera la definì "saggia tra ‘l suon, saggia tra i canti".

Consiglio di leggere La divina Isabella. Vita straordinaria di una donna del Cinquecento - De Angelis Francesca - Libro - IBS - Sansoni - Saggi
Una sorpresa.:)
 

Users who are viewing this thread

Alto