Un Uomo al Giorno (1 Viewer)

popov

Coito, ergo cum.
O.S.
«Non so quali furono le sue motivazioni. Schindler non diede mai spiegazioni per le sue azioni. Ma ciò che importa è che lui salvò le nostre vite » (Ludwik Feigenbaum)





Oscar Schindler not only saved their lives: he saved our faith in Humanity...




The Oscar Schindler Story

Oskar Schindler - Wikipedia
per quanto mi riguarda, e che non siate d'accordo me ne può fregà de meno, Schindler's List è il film più bello che io abbia mai visto. e forse che mai avrò visto.
 

Ignatius

sfumature di grigio
N.M.


"L'educazione è l'arma più potente che può cambiare il mondo" (Nelson Mandela).

Buon compleanno ad una Fonte di Ispirazione anche per la Musica Pop!


Nelson Mandela - Wikipedia

[ame=http://www.youtube.com/watch?v=AgcTvoWjZJU]The Specials - Nelson Mandela - YouTube[/ame]
 

Ignatius

sfumature di grigio
J.R.

In Danimarca ho appreso dell'esistenza di un Grande Uomo, con tre ammirevoli passioni:
1) La redenzione degli emarginati
2) La fotografia
3) La patonza danese (in senso stilnovistico).

Allego immagine della casa di Jacob Riis a Ribe, e della sua storia (fonte: guida Lonely Planet).
 

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Ignatius

sfumature di grigio
M.M.K.


Massimiliano Maria Kolbe (Zduska Wola, 8 gennaio1894 – Auschwitz, 14 agosto1941), il 28 maggio1941 giunse nel campo di concentramento di Auschwitz, dove venne immatricolato con il numero 16670 e addetto a lavori umilianti come il trasporto dei cadaveri. Venne più volte bastonato, ma non rinunciò a dimostrarsi solidale nei confronti dei compagni di prigionia.
Nonostante fosse vietato, Kolbe in segreto celebrò due volte una messa e continuò il suo impegno come sacerdote.

Alla fine del mese di luglio dello stesso anno venne trasferito al Blocco 14 e impiegato nei lavori di mietitura. La fuga di uno dei prigionieri causò una rappresaglia da parte dei nazisti, che selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel bunker della fame.

Quando uno dei dieci condannati, Francesco Gajowniczek, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava, Kolbe uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto.
In modo del tutto inaspettato, lo scambio venne concesso: i campi di concentramento erano infatti concepiti per spezzare ogni legame affettivo e i gesti di solidarietà non erano accolti con favore.

Kolbe venne quindi rinchiuso nel bunker del Blocco 13.
Dopo due settimane di agonia senza acqua né cibo la maggioranza dei condannati era morta di stenti, ma quattro di loro, tra cui Kolbe, erano ancora vivi e continuavano a pregare e cantare inni a Maria. La calma professata dal sacerdote impressionò le SS addette alla guardia, per le quali assistere a questa agonia si rivelò scioccante.

Kolbe e i suoi compagni vennero quindi uccisi il 14 agosto, vigilia della Festa dell'Assunzione di Maria, con una iniezione di acido fenico. Il loro corpo venne cremato il giorno seguente, e le ceneri disperse.

All'ufficiale medico nazista che gli fece l'iniezione mortale nel braccio, Padre Kolbe disse: «Lei non ha capito nulla della vita...» e mentre l'ufficiale lo guardava con fare interrogativo, soggiunse: «...l'odio non serve a niente... Solo l'amore crea!».

Le sue ultime parole, porgendo il braccio, furono: «Ave Maria».



[ame=http://www.youtube.com/watch?v=ZXPRbOvWOGo]Father Kolbe's Preaching- Wojciech Kilar "The Truman Show" - YouTube[/ame]
 

nonmollare

Moderator
Alex Zanardi, oro conquistato nell'handbike alle Paralimpiadi

Scrivere, parlare, discutere di Alex Zanardi senza cadere nella retorica, specialmente in questi giorni, non è affatto semplice. Parlare dell’ennesima impresa vincente di Alex Zanardi, nello sport, lui che vincente lo è ogni giorno nella vita, appare quasi imbarazzante. Eppure è l’unico metodo - celebrazioni e badilate di complimenti - per raccontare la storia di un uomo che a 45 anni, dopo aver conquistato un oro olimpico, rilascia questo tipo di dichiarazione: “Mi considero uno che ha avuto tantissimo nella vita e continuo ad aggiungere. Di questo non posso che ringraziare la Dea bendata".
Ringraziare lo sport e la dea bendata, dopo che questa, all’età di 35 anni, ti ha levato entrambi gli arti inferiori non è cosa da tutti. Come non lo è vincere e stabilire il record del mondo alla maratona di New York (handbike) nel 2011, o esordire alle Olimpiadi, quasi undici anni dopo il fatale incidente, e portarsi via la medaglia del metallo più pregiato. Insomma Alex Zanardi è l’interprete più straordinario della definizione “atleta”, l’essenza più pura dell’Uomo completo, quello che non si arrende, non si lamenta, ma ringrazia ogni giorno per quello che ha e lavora ogni minuto per ottenere sempre di più da se stesso. Sembra retorica, e rileggendo il tutto probabilmente vi lascerà quella sensazione, ma che cos’è “la retorica” davanti alla figura di Zanardi? Il “banale” elenco dei traguardi raggiunti non è forse il modo migliore per raccontare la storia di un uomo?
Zanardi ha sempre vinto. Ha vinto 2 anni dopo l’incidente, quando tornò sul luogo maledetto per ripercorre i restanti 13 giri della gara del 2001 che gli levo le gambe ma non il talento (in quell’occasione fece infatti registrare un tempo che gli avrebbe permesso di partire dalla quinta posizione); ha vinto nel 2005, quando si conquistò il campionato italiano superturismo; ha vinto nel 2007, quando alla sua prima gara di handbike - maratona di New York - arrivò quarto. E ha vinto alle Paralimpiadi di Londra, nella prova a cronometro della medesima disciplina, mettendo dietro atleti giovani tanto quanto veterani. E a chi gli chiede adesso cosa farà lui risponde: “Se continuerò? Innanzitutto c'è la gara in linea, poi non so, vedremo. Io senza sport non so vivere”. Noi siamo pronti a scommettere per un altro esordio vincente. E voi ?

Alex Zanardi, un'infinita leggenda di sport - Yahoo! Eurosport IT
 

f4f

翠鸟科
Muore per dare il rene a chi ha famiglia

Protagonista della commuovente vicenda un pastore della Val d'Ossola
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DOMODOSSOLA - "Lascio il posto a chi ha famiglia". Un intento nobile, che chiunque esterni, non può che mostrare un forte senso dell'altruismo e che, al contempo, non fa altro che evidenziare uno spiccato rispetto umano, figlio di valori autentici e profondi. Walter Bevilacqua non era un uomo conosciuto, o, come si suol dire, di società. Ma un semplice pastore. Con un grande, grandissimo cuore e amore per il prossimo. Viveva tra le montagne dell'Ossola, vallata vicinissima al Locarnese, aveva 68 anni. Era malato da tempo e si trovava in dialisi. Si è spento negli scorsi giorni, per aver rinunciato al trapianto di un rene, cedendolo a chi ne avesse più bisogno di lui, con famiglia.
Sembra lo spezzone di un film sul valore della vita, che con la neve che scende, immaginiamo possa essere anche raccontato come una fiaba senza tempo a qualsiasi bimbo intento a sognare ad occhi aperti prima di addormentarsi. È però, prima ancora, una storia contemporanea, reale e che tocca. Un fatto di cronaca che è accaduto a pochi passi da casa nostra. E quindi, pure per questo, merita di essere raccontato. Forse anche un po', ammettiamolo, per contraccambiare un gesto di generosità d'altri tempi, che sottolineare risponde in un qualche modo, pure a uno scrupolo di coscienza che è giusto assecondare.
La storia di Walter Bevilacqua, che è riportata ieri dai media italiani, incute rispetto e commuove. Al parroco del paese, il pastore aveva recentemente confidato "sono solo, non ho famiglia. Lascio il mio posto a chi ha più bisogno di me. A chi ha figli e ha più diritto di vivere. È giusto che sia così". Gli alpini del paese di Varzo hanno trasportato la sua bara al cimitero in spalla, per dargli l'addio, attorniati dalle due sorelle, con profondo rispetto verso un loro umile e nobile rappresentante.








scusate l'enfasi, che non mi è abituale
ma non so come segnalarvi meglio quest'uomo: un GRANDE uomo

 
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tashtego

Forumer storico
Muore per dare il rene a chi ha famiglia

Protagonista della commuovente vicenda un pastore della Val d'Ossola
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DOMODOSSOLA - "Lascio il posto a chi ha famiglia". Un intento nobile, che chiunque esterni, non può che mostrare un forte senso dell'altruismo e che, al contempo, non fa altro che evidenziare uno spiccato rispetto umano, figlio di valori autentici e profondi. Walter Bevilacqua non era un uomo conosciuto, o, come si suol dire, di società. Ma un semplice pastore. Con un grande, grandissimo cuore e amore per il prossimo. Viveva tra le montagne dell'Ossola, vallata vicinissima al Locarnese, aveva 68 anni. Era malato da tempo e si trovava in dialisi. Si è spento negli scorsi giorni, per aver rinunciato al trapianto di un rene, cedendolo a chi ne avesse più bisogno di lui, con famiglia.
Sembra lo spezzone di un film sul valore della vita, che con la neve che scende, immaginiamo possa essere anche raccontato come una fiaba senza tempo a qualsiasi bimbo intento a sognare ad occhi aperti prima di addormentarsi. È però, prima ancora, una storia contemporanea, reale e che tocca. Un fatto di cronaca che è accaduto a pochi passi da casa nostra. E quindi, pure per questo, merita di essere raccontato. Forse anche un po', ammettiamolo, per contraccambiare un gesto di generosità d'altri tempi, che sottolineare risponde in un qualche modo, pure a uno scrupolo di coscienza che è giusto assecondare.
La storia di Walter Bevilacqua, che è riportata ieri dai media italiani, incute rispetto e commuove. Al parroco del paese, il pastore aveva recentemente confidato "sono solo, non ho famiglia. Lascio il mio posto a chi ha più bisogno di me. A chi ha figli e ha più diritto di vivere. È giusto che sia così". Gli alpini del paese di Varzo hanno trasportato la sua bara al cimitero in spalla, per dargli l'addio, attorniati dalle due sorelle, con profondo rispetto verso un loro umile e nobile rappresentante.








scusate l'enfasi, che non mi è abituale
ma non so come segnalarvi meglio quest'uomo: un GRANDE uomo

Ho sentito la notizia stamattina. Il sentimento che provo per quest'uomo e' un infinito e profondissimo rispetto e la gratitudine per avermi dato la rara occasione di essere orgogliosa di un mio connazionale.
 

nonmollare

Moderator
Muore per dare il rene a chi ha famiglia

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DOMODOSSOLA - "Lascio il posto a chi ha famiglia". Un intento nobile, che chiunque esterni, non può che mostrare un forte senso dell'altruismo e che, al contempo, non fa altro che evidenziare uno spiccato rispetto umano, figlio di valori autentici e profondi. Walter Bevilacqua non era un uomo conosciuto, o, come si suol dire, di società. Ma un semplice pastore. Con un grande, grandissimo cuore e amore per il prossimo. Viveva tra le montagne dell'Ossola, vallata vicinissima al Locarnese, aveva 68 anni. Era malato da tempo e si trovava in dialisi. Si è spento negli scorsi giorni, per aver rinunciato al trapianto di un rene, cedendolo a chi ne avesse più bisogno di lui, con famiglia.
Sembra lo spezzone di un film sul valore della vita, che con la neve che scende, immaginiamo possa essere anche raccontato come una fiaba senza tempo a qualsiasi bimbo intento a sognare ad occhi aperti prima di addormentarsi. È però, prima ancora, una storia contemporanea, reale e che tocca. Un fatto di cronaca che è accaduto a pochi passi da casa nostra. E quindi, pure per questo, merita di essere raccontato. Forse anche un po', ammettiamolo, per contraccambiare un gesto di generosità d'altri tempi, che sottolineare risponde in un qualche modo, pure a uno scrupolo di coscienza che è giusto assecondare.
La storia di Walter Bevilacqua, che è riportata ieri dai media italiani, incute rispetto e commuove. Al parroco del paese, il pastore aveva recentemente confidato "sono solo, non ho famiglia. Lascio il mio posto a chi ha più bisogno di me. A chi ha figli e ha più diritto di vivere. È giusto che sia così". Gli alpini del paese di Varzo hanno trasportato la sua bara al cimitero in spalla, per dargli l'addio, attorniati dalle due sorelle, con profondo rispetto verso un loro umile e nobile rappresentante.








scusate l'enfasi, che non mi è abituale
ma non so come segnalarvi meglio quest'uomo: un GRANDE uomo

meditiamo !
 

Claire

ἰοίην
Aaron Haroon Rashid

Aaron Haroon Rashid (born 11 May 1973 in London, United Kingdom), popularly known as Haroon is a British-Pakistani pop singer, composer, musician and producer. He has sold millions of CDs and tapes worldwide and has performed at large venues such as the Wembley Arena. Haroon is the creator and director of the successful Pakistani animated tv series the Burka Avenger. Haroon is campaign ambassador for Save the Children's Everyone Campaign that focuses on child health and nutrition.
Born to a Pakistani father and a New Zealander mother, Haroon began playing the guitar and composing songs at the age of 13. He formed his first band, Idiosyncracies, in school with schoolmates at the age of 14.

Burka Avenger, una supereroina lotta per l'istruzione in Pakistan

(se cliccate c'è un video bellissimo)

Pakistan, (TMNews) - Un'insegnante mite e gentile che si trasforma in supereroina, armata di libri e penne per difendere l'istruzione femminile in Pakistan. È la protagonista di Burka Avenger, la nuova serie animata al debutto nel palinsesto della televisione pachistana. La trama è semplice: Halwapur era una tranquilla cittadina del Pakistan, dove i bambini crescevano felici, ma tutto è cambiato da quando una banda di gangster locali spadroneggia, minacciando di chiudere la scuola femminile. L'arrivo della maestra, la "vendicatrice del burqa", cambierà tutto: aiutata da tre bambini, sfiderà i cattivi a colpi di penne che diventano proiettili.Il cartone, ideato dalla popstar pachistana Aaron Haroon Rashid, nasce con l'obiettivo di promuovere l'importanza dell'istruzione femminile, in un Paese dove i talebani impediscono a migliaia di bambine di andare a scuola e sono arrivati a ferire gravemente l'attivista per i diritti umani Malala Yousafzai. Il libro e la penna usati dalla protagonista sembrano richiamare proprio le armi per sconfiggere l'integralismo che Malala ha citato più volte nel suo discorso alle Nazioni Unite. Tre quarti delle bambine pachistane non frequentano la scuola primaria secondo i dati forniti dall'Onu.
 

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