Un nuova strategia di trading system: "Bull flattener" (1 Viewer)

Cren

Forumer storico
E perché proprio 7,75 e non 7,5 o 8?
Evidentemente il ragionamento è che prossimi a 7.5% ci siamo già stati, un bailout non è stato richiesto e Draghi ha reagito..?

Quindi il ragionamento è: finanziarsi a quello spread è oggettivamente insostenibile per la Spagna, ma fino a quel livello la mina è considerata disinnescabile in qualche maniera; se ne induce che oltre, stanti le dichiarazioni di Draghi di ieri, Rajoy dovrà presentare formale richiesta di assistenza..?

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& I will remove the world
Evidentemente il ragionamento è che prossimi a 7.5% ci siamo già stati, un bailout non è stato richiesto e Draghi ha reagito..?

Quindi il ragionamento è: finanziarsi a quello spread è oggettivamente insostenibile per la Spagna, ma fino a quel livello la mina è considerata disinnescabile in qualche maniera; se ne induce che oltre, stanti le dichiarazioni di Draghi di ieri, Rajoy dovrà presentare formale richiesta di assistenza..?

Link:


Thus, in the absence of the prospect of near-term SMP intervention, we recommend re-entering shorts in 10Y Spain. We target a 10Y yield level of 7.75%, vs. current levels of 7.12%. Spain reached 7.75% on an intra-day basis in late July, and was trading near this level prior to Draghi’s comments last week

analisi tecnica per aspiranti trader...
con altrettanta validità si potrebbe dire che sta disegnando un head and shoulders con target 6%
 

Piedi a Terra

Forumer storico
Mah...sono perplesso da tutte queste analisi che ragionano in termini di YTM, come peraltro dalle analisi dei giornali che scrivono che un paese ricorrera' agli aiuti quando il YTM superera' il x% ....

Non esistono secondo me soglie fisse per la richiesta di bailout, ma rileva casomai qualche forma di crescita vorticosa del YTM nel breve periodo (o altre forme di misura dello spread) come conseguenza di notizie di grande presa ed impatto popolare.

Voglio dire semplicemente che se lo YTM cresce un po' alla volta di misura, lo sforzo finanziario dei paesi e' sostenibile anche senza bailout, perche' le varie "cannate" di turno sostituiscono i BTP in scadenza con delle emissioni di BOT.

Se invece escono delle notizie pesanti (e Monti in questi ultimi 2 giorni pare che si stia dando decisamente da fare per peggiorare il clima) che provocano rialzi improvvisi di spread il rischio di bailout aumenta di molto e paradossalmente anche con YTM minori rispetto ai picchi di spread del passato.
 
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Cren

Forumer storico
Come da richiesta:
Per il genere di investitore che tu descrivi ben più adatta sarebbe la diversificazione condotta con un portafoglio di obbligazioni a minor CVaR o miglior rapporto YTM / CVaR (dove la "C" non sta per "Conditional" ma per "Credit").

Questo investitore può anche sbizzarrirsi fissando uno YTM minimo da raggiungere (per esempio il miglior rendimento lordo che trova su un conto deposito) e minimizzando il CVaR: dai risultati emerge spesso come gli YTM siano allineati ai rating nella maggior parte dei casi; in questo genere di portafogli il ribilanciamento avviene quando si verifica una migrazione da una classe di rating all'altra (con un po' di buon senso: passare da AA a AA- cambia molto poco!) per uno o più titoli.

Ma è più saggio vendere quei titoli che hanno beneficiato di rialzi consistenti per spuntare qualcosa di più sullo YTM medio ponderato, un controllo mensile è più che sufficiente.
 

Piedi a Terra

Forumer storico
Il credit VAR e' un argomento a me del tutto nuovo, ma interessante.
Innanzitutto c'e' l'intrigo della questione lessicale con il fratello maggiore, che si e' preso l'acronimo tutto da solo.

In secondo luogo, dove si trova una def. formale, visto che su Wikipedia e' assente ?

In terzo luogo uno cerca di diversificare i bond con logica naive, con i seguenti criteri principali, ma senza pretesa alcuna di classificazione o esaustivita' o priorita'

1) rischio emittente
2) rischio paese o valuta
3) rischio maggior scadenza o durata

cercando all'interno di questi criteri una massimizzazione del rendimento atteso

La formula analitica del Credit VAR interessa solo le matrici di transizione delle agenzie di rating?

Tutto qui al momento, prima di iniziare a documentarmi.
 

Cren

Forumer storico
In secondo luogo, dove si trova una def. formale, visto che su Wikipedia e' assente ?
Allegato (e molta pazienza).

Siamo ad un approccio del 1997, ma l'unico, a quanto mi risulta, per gestire il rischio di credito; è evidente che qualsiasi grossa firm l'ha sofisticato a piacere, sia dal punto di vista tecnico sia per quanto riguarda la qualità degli input, ma la struttura è quella.
In terzo luogo uno cerca di diversificare i bond con logica naive, con i seguenti criteri principali, ma senza pretesa alcuna di classificazione o esaustivita' o priorita'

1) rischio emittente
2) rischio paese o valuta
3) rischio maggior scadenza o durata

cercando all'interno di questi criteri una massimizzazione del rendimento atteso

La formula analitica del Credit VAR interessa solo le matrici di transizione delle agenzie di rating?
Esiste una formulazione del CVaR, definita «modello a un fattore», che si può calcolare in modo analitico, tuttavia richiede delle assunzioni abbastanza fantasiose per semplificare il problema in misura tale da poter usare quella formula.

Nel par. 22.9 dell'Hull (io faccio sempre riferimento alla VII edizione) si trova la formulazione analitica.

L'approccio migliore, tuttavia, è quello che fa uso delle simulazioni Monte Carlo, ed è quello proposto da J.P.Morgan nell'allegato.

Vediamo come risponde questo approccio ai fattori che tu citi:

  1. il rischio emittente deriva dalla probabilità di credit migration, cioè dal rischio derivante da un downgrade fino a classe "D" (default). Uno può usare il proprio rating personale, se non si fida di quello di Moody's, di Standard & Poor's, di Fitch, di Egan-Jones etc.;
  2. se il Paese ha un rating, vedi sopra. Il rischio currency non è contemplato (essendo un approccio per istituzionali, si suppone che un istituzionale del rischio cambio se ne frega perchè si copre);
  3. il rischio duration dipende dalla matrice di transizione usata: quello che un retail può ragionevolmente fare è usare un orizzonte temporale di un anno e ribilanciare il portafoglio con una certa frequenza. E' chiaro che, per valutare il CVaR a dieci anni di un portafoglio decennale, ti serve una matrice di transizione a dieci anni, ma generalmente quello che uno può fare è valutare di anno in anno il CVaR a un anno e usare quella come misura di rischio. A questo proposito esiste un espediente molto ingenuo per ottenere matrici di transizione a n anni da una matrice a un anno, ed è semplicemente quello di moltiplicare la matrice di transizione per se stessa n volte (prodotto vettoriale, non scalare!): questo espediente assume in maniera molto semplicistica che le probabilità di transizione di rating da un anno all'altro siano distribuite in modo indipendente le une dalle altre... Altman ha stimato più precisamente che invece esiste un effetto di correlazione seriale ma per semplicità ce ne possiamo fottere :D
 

Allegati

  • creditmetrics_techdoc.pdf
    1,3 MB · Visite: 218

Piedi a Terra

Forumer storico
Allora sono delle cose gia' in buona parte lette, anche se mai approfondite.

L'aspetto che piu' mi aveva lasciato perplesso riguardo questa forma di approccio al rischio di credito (in realta' ho guardato modelli in Excel molto piu' scolastici e semplici, ho quasi vergogna a dirlo "per principianti") era costituito dal dubbio che le probabilita' di migrazione di credito venissero di gran lunga sottostimate dal modello Creditmetrics rispetto alle considerazioni sullo stesso problema del credit VAR effettuate dal mercato, poiche' le matrici di migrazione di credito

1) non tengono conto degli outlook.

Ai tempi in cui avevo queste perplessita' - e tuttora - sono per quasi tutti gli asset governativi "negativi", ma anche se la distribuzione fosse uniforme tra negativi neutrali e positivi una sigla AA+ non rende conto dell'outlook sottostante che condiziona a breve la sigla stessa e quindi la probabilita' di migrazione ad altra classe di rischio.

2) sottostimano le probabilita' di default rispetto ai CDS per i non investiment grade o gli investiment grade on the border in giu'
per cui ad esempio un BBB+ puo' mostrare nella modellistica un rischio espresso nelle tavole anche 5-10 volte minore del suo rispettivo CDS come sta accadendo attualmente per l'Italia dove Moody's, SP e Fitch sono di gran lunga generose con i loro rating rispetto al mercato.

(magari quest'ultima che vi ho raccontato nemmeno la sapevate ... :D)
 
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Cren

Forumer storico
1) non tengono conto degli outlook.

Ai tempi in cui avevo queste perplessita' - e tuttora - sono per quasi tutti gli asset governativi "negativi", ma anche se la distribuzione fosse uniforme tra negativi neutrali e positivi una sigla AA+ non rende conto dell'outlook sottostante che condiziona a breve la sigla stessa e quindi la probabilita' di migrazione ad altra classe di rischio.
I rating di Standard & Poor's e Moody's (quelli che guardo più spesso) sono spesso connotati anche dall'outlook: per tenerne conto è sufficiente calcolare il CVaR assumendo che il downgrade sia già avvenuto, in modo da avere una valutazione più prudenziale.
2) sottostimano le probabilita' di default rispetto ai CDS per cui ad esempio un BBB+ puo' avere un rischio anche 5-10 volte minore del suo rispettivo CDS come sta accadendo attualmente per l'Italia dove Moody's, SP e Fitch sono di gran lunga generose con i loro rating rispetto al mercato.
Tema spinoso e delicato.

La probabilità di insolvenza che estrai dai CDS è una probabilità neutrale al rischio estratta dallo spread.

Esistono evidenze che, per titoli IG, questa probabilità è eccessiva rispetto alla frequenza con cui si verifica l'insolvenza per queste classi di rating; all'opposto, vi sono altrettante evidenze che, per titoli "junk", la probabilità di insolvenza estratta dai prezzi di obbligazioni e CDS sia troppo bassa.

Una delle spiegazioni alla base del curioso fenomeno è stata trovata nella default correlation, cioè quel fenomeno per cui il fallimento di un emittente se ne trascena dietro tanti altri peggiore è il merito di credito delle controparti coinvolte.

Per cui titoli IG sono in realtà caratterizzati da un effetto di diversificazione "naturale" legato alla bassa default correlation (e quindi sono più sicuri di quello che traspare dal rendimento), mentre i junk bond sono caratterizzati da una elevata default correlation che li rende molto più rischiosi di quanto in realtà il loro rendimento sta esprimendo.

Naturalmente non esiste pasto gratuito, nel senso che queste informazioni sono già in possesso del mercato e, per quanto possibile dal grado di efficienza dei mercati obbligazionari, scontate nel prezzo: rappresentano semplicemente un fattore che deve essere tenuto in considerazione quando si cerca di "correggere" le probabilità implicite di insolvenza estratte dai prezzi per adattarle al mondo reale (come fanno le matrici di transizione empirica).
 

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