Ubi Banca (UBI) UBI: ops da Intesa (2 lettori)

tontolina

Forumer storico
da 3/03141 : SENATO - ITER ATTO


ATTO SENATO

INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 3/03141

Dati di presentazione dell'atto

Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 827 del 05/11/2012​
Firmatari

Primo firmatario: LANNUTTI ELIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 05/11/2012​
Commissione assegnataria

Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE E TESORO)​
Destinatari

Ministero destinatario:
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 05/11/2012​
Stato iter:

IN CORSO

Fasi iter:

ASSEGNATO IN COMMISSIONE
Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-03141
presentata da ELIO LANNUTTI
lunedì 5 novembre 2012, seduta n.827

LANNUTTI - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che a quanto risulta all'interrogante:
i dati di bilancio del gruppo Ubi banca evidenziano una gigantesca mole di compensi attribuiti agli amministratori, che, percentualmente, se si considera il rapporto tra emolumenti e numero di dipendenti, percepiscono i compensi di gran lunga più alti d'Italia, in netto contrasto con i pessimi risultati aziendali;
un'immensa platea costituita da 241 amministratori e 90 sindaci, per un totale di 331 persone, con casi di membri presenti anche in 10 organismi diversi, che percepisce complessivamente (secondo i dati resi noti dal sindacato Fabi) 22.118.000 euro ogni anno, raggiungendo, nel rapporto tra compenso degli amministratori e dei sindaci ed il numero medio dei dipendenti, la cifra media di 1.164,47 euro, ossia la più alta in assoluto del sistema creditizio italiano,

circa 5 volte la percentuale del Monte dei Paschi,

3 volte la percentuale di banca Intesa
e addirittura 8 volte la percentuale di Unicredit;
queste cifre contrastano ed indignano se rapportate con i sacrifici richiesti ai dipendenti ed ai soci, e stridono con l'andamento della quotazione in borsa del titolo Ubi (tra i peggiori in Europa nel comparto del credito) e con il dividendo che all'interrogante appare ridicolo di 0,05 centesimi distribuito nell'esercizio 2011 agli azionisti.

Per valutare il pessimo andamento economico della banca sono indicative le affermazioni di Lorenzo Brugnetti, coordinatore del sindacato Fabi in Ubi: «È preoccupante la contrazione dei ricavi, che indica che è un'azienda che produce poco. Quanto all'utile netto normalizzato, il grosso, cioè 90 milioni, è costituito dai maggiori interessi per 12 miliardi di finanziamenti agevolati BCE investiti in titoli di Stato. Pesante anche il dato di 7 miliardi di crediti deteriorati».
Anche Paolo Citterio della Fabi parla di rilevante contrazione dei ricavi unitamente al costante e continuo calo di volumi operativi che ha sconfessato il piano industriale in quanto sono diminuiti i ricavi ed aumentati i costi previsti nel budget.
Proprio il Governatore della Banca d'Italia sarebbe più volte intervenuto, inascoltato, per richiedere, in funzione di negativi risultati di bilancio, un taglio evidente del numero dei componenti delle cariche sociali degli istituti di credito ed una contrazione dei compensi ad essi attribuiti.

Al contrario, in contraddizione con questi compensi eccezionali, nelle scorse settimane sarebbe stato annunciato il licenziamento di 1.578 dipendenti, intervento che si accompagnerebbe ai numerosi altri pesantissimi tagli del personale deliberati negli scorsi mesi;
a giudizio dell'interrogante tali provvedimenti sul personale risultano ingiustificatamente punitivi nei confronti di lavoratori che subirebbero da molto tempo incomprensibili trasferimenti e continui cambi di ruoli, addirittura con casi di mobbing, e colpiscono la parte più debole del gruppo Ubi, già vessata da un evidente e diffuso stato di frustrazione.
Nel contempo vengono spese per consulenze esterne cifre di eccezionale rilevanza, spese quantificabili negli ultimi anni in almeno un miliardo di euro. Spesso, troppo spesso, questa incredibile mole di consulenze sarebbe stata pagata in favore di studi professionali legati, per vincoli di parentela o per comunanza di affari, agli attuali amministratori. In alcuni casi eclatanti, sarebbero state sborsate decine di milioni di euro addirittura a favore di parenti degli amministratori dell'istituto;
in un contesto di eccezionali sacrifici richiesti a soci e dipendenti, risulta che sarebbero stati acquistati da amministratori apicali del gruppo importanti beni facenti parte del patrimonio sociale, con particolare riferimento ad imbarcazioni e altri beni di rilevantissimo valore, a prezzi del tutto disallineati rispetto alle quotazioni di mercato.
In particolare sarebbe in corso un'ispezione della Banca d'Italia finalizzata a vagliare, tra molte altre operazioni sospette, la documentazione relativa all'acquisizione di un'imbarcazione di 40 metri del valore di oltre 12 milioni di euro, acquisizione avvenuta all'interno del disegno di una truffa perpetrata ai danni della banca che vedrebbe coinvolti in prima persona diversi amministratori.

Partendo dal valore sborsato da Ubi di 12 milioni di euro, l'imbarcazione sarebbe stata, a distanza di pochi mesi, ceduta ad un prezzo pari a circa 3 milioni di euro. Oltre tutto gli organi decisionali della banca avrebbero scientemente deciso di ignorare offerte di acquisto di gran lunga superiori al fine di favorire, in sfregio all'esistente conflitto di interessi, gli amministratori interessati all'acquisto. Ad acquisire l'imbarcazione sarebbe stato, attraverso una società di copertura, un componente del Consiglio di Ubi banca, con ruoli apicali nel gruppo, che non avrebbe denunciato nemmeno il palese conflitto di interessi esistente ai sensi dell'art. 136 del testo unico bancario, di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993;
si sarebbe quindi ceduto un bene, pagato da Ubi leasing oltre 12 milioni di euro a circa 3 milioni di euro (un quarto del valore) con l'aggravante che sarebbe stato un amministratore ad acquistare tale bene sociale, nonostante gli organi decisionali della banca disponessero di offerte d'acquisto di gran lunga superiori. Sarebbero state inoltre redatte ad hoc false perizie al ribasso per giustificare gli assurdi prezzi di vendita applicati all'amministratore. Nel contempo sarebbero state erogate ingentissime commissioni non dovute in favore dei complici delle truffe perpetrate.

Evidente quindi il danno economico causato alla banca e altrettanto evidente il conflitto di interessi persistente nell'organizzazione della truffa aggravata, in questi giorni al vaglio della Banca d'Italia.

Lo schema della presunta truffa ai danni del patrimonio sociale, quindi dei soci, degli azionisti e dei dipendenti, sarebbe stato ripetuto decine e decine di volte con un danno di eccezionale rilevanza per il patrimonio del gruppo, danno complessivamente quantificabile in diverse centinaia di milioni di euro.

Tra i beni ceduti secondo lo schema delle truffe denunciate rientra l'ormai famoso aereo che fu di proprietà di Lele Mora, acquistato da Ubi leasing per 1.800.000 dollari statunitensi e ceduto per 60.000 euro ad una società con sede nello Stato del Delaware, noto paradiso fiscale statunitense (si veda il "Corriere della Sera" nell'edizione di Bergamo del 13 ottobre 2012). Si tratta di un aereo a reazione nove posti, di proprietà dei soci di Ubi, ceduto ad un prezzo ridicolo (60.000 euro) ancora una volta con lo schema delle false perizie al ribasso, a società con sede legale in uno stato paradiso fiscale. Il patrimonio della banca verrebbe quindi sistematicamente dilapidato a favore di soggetti sempre vicini agli amministratori, o addirittura agli amministratori medesimi;


nell'ambito delle presunte truffe al vaglio di Banca d'Italia emergerebbe un preciso disegno volto ad eludere ed evadere il fisco mediante il plurimo utilizzo di società con sede in paradisi fiscali facenti parte della black list redatta dal Governo italiano. Per mezzo di tali società offshore, oltre ad eludere le imposte dirette e l'IVA dovuta, sarebbe stato creato un meccanismo finalizzato ad occultare l'identità dei reali acquirenti dei beni, con uno schema del tutto simile a quello utilizzato da altri personaggi (nella fattispecie Flavio Briatore) già balzati agli onori della cronaca giudiziaria. Ubi banca ed i suoi vertici sono tra l'altro già stati coinvolti in numerose inchieste ed ispezioni della Banca d'Italia, delle autorità di vigilanza e della magistratura, inchieste che hanno evidenziato delibere ed azioni censurabili, più volte sanzionate dalle istituzioni preposte. Nonostante le perdite ingentissime conseguenti ad operazioni oggetto di censura da parte delle autorità di vigilanza e di controllo, non risulterebbero appostati in bilancio sufficienti fondi di accantonamento capienti a coprire le ormai più che certe perdite su crediti;
in particolare Centrobanca, società controllata del gruppo, attualmente presieduta da Andrea Moltrasio, già membro del consiglio di gestione di Ubi banca, non avrebbe, nell'ambito dei propri conti, sinora evidenziato nemmeno un euro in merito alle richieste di risarcimento di 135 milioni di euro conseguenti al gravissimo crac Burani. Centrobanca è infatti al centro di indagini per i danni conseguenti al ricorso abusivo del credito che ha concorso in modo determinante ad aggravare il dissesto del gruppo Burani, in coerenza con la sentenza delle Sezioni unite civili della Cassazione n. 7029. Tali azioni in ambito civile si affiancano peraltro a numerose inchieste penali in corso presso la Procura di Milano. Risulta quindi davvero assurda ed inaccettabile l'assenza nei numeri di bilancio di Centrobanca di qualsiasi riferimento alla richiesta di ben 135 milioni di euro ratificata dai tribunali competenti, nonostante Banca d'Italia abbia sanzionato i vertici di Centrobanca per carenze nell'organizzazione e nella gestione del credito, carenze nell'organizzazione e nei controlli interni da parte di componenti del consiglio di amministrazione e carenze nei controlli da parte dei componenti del collegio sindacale (si veda "Il Sole-24 ore" del 25 ottobre 2011). Va infatti ricordato che il crac Burani è costato al gruppo Ubi, al netto delle menzionate richieste risarcitorie di 135 milioni di euro, ben 65 milioni di euro. Quindi va considerata una perdita potenziale pari ad oltre 200 milioni di euro;
in un comunicato unitario delle rappresentanze sindacali Dircredito, Fabi, Fiba Cisl, Cgil Fisa, Sinfub, Ugl, Uilca dal titolo "Affare Burani: vogliamo spiegazioni" si afferma, riprendendo il testo di un recente articolo del "Corriere della Sera" che Centrobanca «sapeva perfettamente che i Burani sarebbero stati incapaci di rimborsare il finanziamento» e che per gli inquirenti l'operazione pare essere stata comunque «frutto (...) del favore riservato dagli organi dirigenziali della banca all'operazione di finanziamento» peraltro, ancora una volta, «in evidente conflitto di interessi»;
sempre le sigle sindacali citate pongono al management di Ubi banca due domande: 1) se sia vero che gli uffici di Ubi preposti a vagliare la richiesta di finanziamento della famiglia Burani avevano dato parere negativo; 2) in caso affermativo per quale ragione il Consiglio di gestione ha comunque dato il via libera alla concessione di finanziamento;
nel citato comunicato si legge infine: «La situazione è ormai paradossale e inaccettabile: ai dipendenti che tengono a galla questa barca si risponde mortificando la loro dignità di lavoratori attraverso continue riduzioni di organici e tagliando parte dello stipendio» (i sindacati osservano in una nota che il buco in questione permetterebbe di pagare due anni di stipendio) mentre «ai manager che "sperperano" denaro sono sempre assicurati gli emolumenti, garantite le poltrone, sicuri che tanto "mai nessuno di loro pagherà il conto"»,
la comunicazione sindacale termina con un eloquente: «se il management non vuole perdere (...) la faccia inizi a dare spiegazioni sul perché è potuta avvenire un'operazione finanziaria tanto scellerata». Spiegazioni che il presidente di Centrobanca, Andrea Moltrasio, non solo non ha dato, ma che avrebbe voluto del tutto colpevolmente sin qui ignorare nelle poste nel bilancio della società. Eppure, secondo il "Corriere della Sera" del 20 aprile 2012 "c'è un mondo di relazioni e di affari ancora da scoprire. Un network che sembra andare oltre l'amicizia personale". La Guardia di finanza avrebbe rilevato il coinvolgimento di sospette società offshore (con sede nelle isole Cayman, nelle Seychelles e nelle isole Vergini), strane holding di copertura, fiduciarie di comodo, "nebulosi investitori", interessi personali, amicizie, conflitti di interesse palesi e mai denunciati in sfregio all'art. 136 del testo unico vigente;
in sostanza il disegno del crac Burani sarebbe per molti versi speculare alle recenti truffe finalizzate ad acquisire beni facenti parte del patrimonio della banca, e quindi di proprietà dei soci, a prezzi irrisori;
non si tratterebbe solo dell'imbarcazione citata, comprata da Ubi a 12 milioni di euro e venduta a 3 milioni di euro ad un amministratore, ma di beni mobili registrati e di beni immobili di ogni tipo e valore "venduti" a cifre ridicole, utilizzando false perizie al ribasso, dopo aver rifiutato proposte di acquisto di terzi pervenute formalmente ai competenti uffici Ubi, molto più elevate e capienti. A causa di tutte queste perdite e di queste truffe dovute a operazioni censurabili il titolo delle azioni Ubi banca ha registrato uno dei peggiori crolli del sistema creditizio italiano ed europeo, passando in pochi mesi da oltre 20 euro agli attuali 3 euro di quotazione. La diffusione capillare dei titoli di Ubi banca, in particolare delle province lombarde e piemontesi, ha letteralmente devastato e compromesso i risparmi e la stabilità economica di almeno tre importanti comunità. Tutte le rappresentanze sindacali dei lavoratori sono intervenute, in questi anni, per evidenziare la gravissima situazione del gruppo Ubi, censurando, a più riprese, l'operato degli amministratori. Risulta, come affermato dal sindacato Fabi, la necessità di risolvere più che evidenti conflitti di interesse presenti a più livelli, partendo dalle prestazioni consulenziali, per arrivare agli alti vertici del gruppo. Nel contempo, è necessaria, sempre secondo il Fabi, la razionalizzazione delle consulenze eliminando quei contratti che sottraggono lavoro alle risorse interne e che diventano alibi della mancata assunzione di responsabilità del management;


in una "lettera aperta a Victor Massiah" la rappresentanza sindacale Dircredito della Banca popolare di Bergamo evidenzia all'amministratore delegato che nell'ultimo triennio si sono registrate rettifiche su crediti per 2.131.311.000 euro, con una perdita che supera di una volta e mezzo le spese di un anno di tutto il personale. Lo stesso personale che ora si vorrebbe "indebitamente punire" con 1.578 immotivati e gravosissimi licenziamenti.

A parere dell'interrogante dal 2007 ad oggi la pessima gestione del portafoglio clienti e l'eccezionale mole di truffe in cui la banca è caduta, spessissimo per convenienza personale di alcuni amministratori, ha causato una vera e propria impennata dei crediti deteriorati che da 2,7 miliardi di euro sono passati a 9,5 miliardi di euro con un incremento del 253 per cento, nettamente superiore alla media del sistema creditizio italiano. Il gruppo Ubi è infatti incorso, spesso quando lo stato di insolvenza delle società affidate era universalmente noto, in tutte le principali truffe che hanno colpito il sistema creditizio italiano. Negli ultimi anni, per citare solo gli ultimi disastri, è stato generato un grave buco causato dall'insolvenza dell'ospedale San Raffaele di Milano;
il gruppo risulta esposto con il San Raffaele, tramite la controllata Ubi factor, per 30,4 milioni di euro anticipati a titolo di sconto verso fatture emesse da enti pubblici. Da notare che Ubi è entrata nel crac dell'ospedale, ancora una volta, quando lo stato di insolvenza era universalmente noto e quando le inchieste della magistratura che avrebbero colpito il fondatore Don Verzè ed il presidente della Regione Lombardia Formigoni erano già trattate da tutti i media locali e nazionali. Le inchieste avrebbero poi portato alla condanna a 10 anni di reclusione del faccendiere Pierangelo Daccò, che risulta essere stato più volte in contatto con i vertici Ubi. Nonostante le gravissimi perdite subite, risultano altre operazioni in corso ad altissimo rischio, che coinvolgerebbero sostanzialmente tutte le cosiddette società-prodotto, operazioni di cui l'interrogante non comprende la logica commerciale e che hanno posto e pongono la banca in una situazione di evidente rischio di insolvenza. Si pensi ai 250.000.000 euro erogati, attraverso la società Ubi factor, al comparto sanitario della Regione Lazio, nonostante sia universalmente noto lo stato di pericolosa insolvenza delle istituzioni regionali italiane. Ancora, si pensi ai fondi erogati, tramite Ubi leasing, alla Regione Piemonte per la costruzione del palazzo della Regione, operazione con un impegno complessivo per il pool di finanziatori pari a circa 262 milioni di euro, oltre ad una mega parcella di circa 20 milioni di euro in favore dell'architetto Fuksas. Tra l'altro per tale operazione è stata liquidata e pagata in anticipo una commissione di eccezionale valenza, per circa 600.000 euro in favore di esponenti politici legati alla ex Democrazia cristiana, commissione di cui non si comprende la reale motivazione. Il leasing prevedeva infatti rate di 12,6 milioni di euro annui per 20 anni, con la formula del leasing in costruendo, ossia l'erogazione del finanziamento proporzionata e graduale in coerenza con gli stati di avanzamento dei lavori presentati ed approvati. La parcella per la commissione è stata invece, contrariamente a quanto stabilito contrattualmente, pagata cash prima dell'inizio dei lavori, con una logica che non risponde alle obbligazioni contrattuali e che non trova giustificazioni trasparenti e plausibili;
il fortunato "utilizzatore finale" della dazione di oltre 600.000 euro non dovuti era casualmente il noto broker assicurativo Aldo Molino, braccio destro di Paolo Cirino Pomicino, esponente di spicco della Democrazia cristiana campana, eletto nella circoscrizione Napoli-Caserta. Va ricordato che Paolo Cirino Pomicino aveva patteggiato il 29 gennaio 2011 una delle sue condanne per corruzione, proprio per aver confessato di aver favorito il broker assicurativo Aldo Molino nei suoi rapporti con l'Eni e la Padana assicurazioni; per questo Cirino Pomicino ammetterà di aver percepito da Molino una tangente di 600 milioni di lire. Quindi ancora una volta emergerebbero favoritismi e rapporti personali degli amministratori di vertice di Ubi banca in contesti di rapporti davvero inquietanti;
a parere dell'interrogante le società controllate Ubi factor ed Ubi leasing sono delle vere e proprie bombe ad orologeria pronte ad esplodere, cariche come sono di crediti in sofferenza non ancora evidenziati tra i bilanci ufficiali. Del resto anche il recente passato aveva fatto registrare default di particolare consistenza, tra i quali ha lasciato un segno indelebile, in terra bergamasca, il deficit dovuto al fallimento della compagnia aerea orobica Gandalf. E pensare che fu proprio il notorio intervento personale del presidente, come era già accaduto in altre occasioni, ad avere accresciuto le perdite connesse alla fallimentare operazione di tardivo ed inutile sostegno all'agognante compagnia aerea. Desta particolare allarme anche la gestione della società controllata IWBank SpA, banca abbandonata a se stessa da anni, per la quale, per operazioni connesse alla società Twice Sim ad essa legata, sarebbero stati erogati decine di milioni di euro di consulenze di cui, una parte consistente, al dottor Roberto Mazzei, genero del Presidente del consiglio di gestione che, per quanto a conoscenza dell'interrogante, avrebbe già gratificato la società della figlia con incarichi retribuiti nell'ambito della ristrutturazione del sistema informatico del gruppo. Desta, inoltre, preoccupazione la concentrazione degli affidamenti in pochi soggetti che l'interrogante ritiene che operino in regime di conflitto di interessi all'interno del gruppo Ubi; il grado di concentrazione del rischio risulta infatti nettamente superiore alla media del sistema bancario italiano e desta particolare allarme per i rapporti di palese conflitto di interessi esistente con le principali società affidate. In molti casi si assiste addirittura ad incarichi societari incrociati tra la banca e le società affidate e si evidenziano compensi milionari erogati agli amministratori della banca da parte delle società a cui sono garantiti affidamenti e condizioni contrattuali ingiustificate che si sommano ai pericolosissimi ed agli ingiustificabili privilegi concessi sempre alle medesime società. Parrebbe davvero esistere un sistema di scambio tra affidamenti e poltrone, sistema che può potenzialmente causare danni irreversibili alla banca poiché gli affidamenti concessi, concentrati in pochi "gruppi amici" non sono valutati, come dovrebbe essere, sulla base della solvibilità e della credibilità commerciale dei clienti, ma prevalentemente tenendo in considerazione i rapporti di amicizia e di affari degli amministratori. Pare inoltre esistano rapporti parasociali vigenti tra le più antiche associazioni degli azionisti di Brescia e di Bergamo, patti parasociali, non denunciati, come previsto dalle vigenti normative, alle competenti istituzioni di controllo e di vigilanza, che si pongono il fine di condizionare e determinare indebitamente la composizione degli organismi di governance. Dal 2007 ad oggi (secondo l'associazione sindacale Dircredito) si è assistito ad una continua e regressiva revisione dei diversi trattamenti aziendali economici, con la negativa gestione delle risorse umane dell'azienda che ha comportato estradizioni forzate di centinaia di colleghi poste in essere senza alcuna logica aziendale a scapito delle conoscenze, delle esperienze lavorative acquisite e dei ruoli professionali pregressi, sperperando finanziamenti e periodi formativi. Dal 2007 ad oggi i dipendenti sono gradualmente passati (fonte sindacato Fabi) dal 20.611 unità nel 2007 a 20.208 nel 2008 a 19.557 2009, a 18.994 nel 2010, quindi con una riduzione dal 2007 al 2010 di ben 1.617 unità (a cui si vorrebbero oggi aggiungere altri 1.578 licenziamenti). Sempre l'associazione sindacale Dircredito evidenzia circa un miliardo di euro di perdita conseguente all'incomprensibile gestione della rilevante partecipazione in banca Intesa;
le associazioni sindacali Dircredito, Fabi, Fiba Cisl, Cgil Fisac, Sinfub, Ugl credito e Uilca hanno emanato un recente comunicato congiunto dal titolo emblematico "Gruppo Ubi: situazione grave". Le stesse associazioni hanno dichiarato, in data 20 agosto 2012, che "deve essere assolutamente chiaro che non si può pensare di aggiustare il bilancio del gruppo presentando il conto solo ai propri dipendenti, è il momento di tagliare sprechi e privilegi e di intervenire sulle troppe sacche di dilettantismo presenti nel management". In data 7 settembre 2012 tutte le associazioni sindacali congiuntamente hanno posto al management, attraverso un volantino distribuito ai lavoratori, una domanda assolutamente eloquente ed emblematica: come sia possibile dichiarare 1.578 esuberi se contemporaneamente nel gruppo Ubi si fanno 350.000 ore di straordinario equivalenti ad una spesa di 10 milioni di euro e a circa 200 lavoratori full time. I sindacati Dircredito denunciano inoltre, con un comunicato del 24 settembre 2012, l'esistenza di perdite di eccezionale rilievo conseguenti alla partecipazione in banca Intesa che si aggiungono a pericolosissimi e censurabili investimenti in hedge fund che con la normale attività bancaria nulla hanno a che fare, ma per la quale nessuno dei responsabili ha pagato;
i sindacati Fabi e Fiba Cisl hanno annunciato di aver intrapreso cause di lavoro contro l'azienda per l'annunciata volontà del gruppo Ubi di non computare le somme derivanti da accordi aziendali ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto e della previdenza complementare. Il sindacato Unisin parla, senza mezzi termini, di agire in sede giudiziale al fine di far dichiarare l'antisindacalità della condotta aziendale;
considerato che la rappresentanza sindacale Falcri "Federazione autonoma dei lavoratori del credito e del risparmio italiano", in un comunicato del 17 ottobre, ha invitato la capogruppo Ubi a porre in essere, sin da subito, un effettivo piano di interventi finalizzati al ridimensionamento del costo relativo agli emolumenti percepiti ai più alti livelli aziendali e alla gestione di benefit; al riguardo, si evidenzia il più volte denunciato uso improprio delle carte di credito aziendale da parte dei vertici manageriali e apicali della banca, utilizzo improprio che ha causato milioni di euro di spese sostenute dalla banca e quindi dai soci e dagli azionisti, del tutto improprie rispetto agli obiettivi aziendali ed alla gestione caratteristica di Ubi. Sarebbe infatti oggettivamente dimostrato che le carte di credito aziendali vengano usate per acquisti di beni voluttuari e addirittura per il prelievo di contante, con modalità del tutto improprie ed inaccettabili in base ai principi etici e di trasparenza dell'istituto. Sarebbe venuto infatti a mancare il dovuto controllo degli amministratori e degli organismi preposti alla vigilanza, spesso affidati a persone incompetenti o addirittura colluse. I vertici delle diverse società del gruppo hanno potuto quindi agire a proprio vantaggio senza alcun controllo, con danni di eccezionale rilievo per il patrimonio e per il risultato economico della banca. Anche per questi motivi sono stati ceduti beni facenti parte del patrimonio sociale a prezzi irrisori con una reiterata condotta studiata e perpetrata sulla base di una truffa disegnata ed orchestrata "a tavolino". Negli anni passati sarebbero state infine attuate sollecitazioni improprie all'investimento al pubblico risparmio che hanno portato all'acquisto di ingenti quantità di azioni Ubi sul mercato borsistico, anche tramite società di nuova costituzione. Tali acquisti e tali società vedono come protagonisti proprio figure di vertice del gruppo Ubi che hanno indotto ad acquisire ingentissime quantità di titoli sui mercati borsistici, tra l'altro in momenti di particolare delicatezza per la vita sociale, lasciando intravedere, oltre alla violazione del divieto della sollecitazione al pubblico risparmio, anche possibili violazioni connesse all'utilizzo della conoscenza di dati sensibili (con la conseguente violazione della disciplina dell'insider trading). Nel corso dell'ultimo anno il presidente del consiglio di gestione avrebbe fortemente voluto la nomina del presidente della Compagnia delle opere di Bergamo, Rossano Breno, quale membro del consiglio di amministrazione della principale banca controllata del gruppo Ubi: l'antica e prestigiosissima Banca popolare di Bergamo, di cui Emilio Zanetti stesso è presidente. La nomina è avvenuta nonostante tutti i media locali e nazionali avessero trattato ampliamente delle indagini in corso per reati di corruzione che vedevano protagonista proprio lo stesso Breno (si veda il "Corriere della Sera" del 16 ottobre 2012). Del resto Zanetti, ad avviso dell'interrogante, ricercava affannosamente un potenziale alleato per la gestione della prossima decisiva assemblea dei soci. Orbene, poche settimane fa, a seguito dell'aggravarsi della posizione giudiziaria del citato Rossano Breno, legato allo scandalo per tangenti che ha portato alle dimissioni del Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, impegnato per conto di Zanetti nella acquisizione di soci e di deleghe per il voto in vista della prossima assemblea di Ubi, che ha dovuto rassegnare le proprie dimissioni, con un gravissimo danno di immagine per l'intero gruppo. Non sarebbe trascurabile il ruolo svolto proprio dalla Compagnia delle opere nell'indebito sostegno alle richieste di affidamento pervenute al gruppo Ubi tramite gli uffici di Breno. In sostanza risulterebbe dimostrata l'esistenza di una vera e propria corsia preferenziale riservata alle imprese iscritte alla Compagnia delle opere, a cui sarebbero stati e sono concessi affidamenti non sulla base di rigorosi controlli delle situazioni economico-finanziarie delle società richiedenti, ma in base al mero principio dell'appartenenza ad un network di aziende unite dalla comune iscrizione alla "formigoniana" Compagnia delle opere (si veda "il Fatto Quotidiano" del 16 ottobre 2012). Il tutto in contrasto con i principi di prudenza e diligenza richiesti agli amministratori. In questo ambito sono diminuiti con progressione geometrica i rapporti di conto corrente con la clientela tradizionale, clientela fatta di famiglie ed imprese sane, che ha veduto negare in massima parte le richieste di affidamento in virtù di una stretta creditizia che risulta davvero paradossale se raffrontata con quanto appena delineato. Nel contempo l'aumento di capitale versato nello scorso esercizio dai soci nelle casse della banca, pari ad un miliardo di euro, sarebbe stato "bruciato" in poche settimana a causa della mala gestio evidenziata;
considerato infine che a giudizio dell'interrogante:
le autorità preposte ai controlli, in particolare la Banca d'Italia in merito alle preventive azioni di vigilanza riguardanti stabilità e prudente gestione del credito e del risparmio, come stabilito dal testo unico bancario, e la Consob, in merito alla vigilanza sui bilanci delle società quotate in borsa ed al nulla osta sull'aumento di capitale pari ad un miliardo di euro, avrebbero dovuto garantire diritti ed interessi degli azionisti di minoranza, che hanno indubbiamente subito perdite rilevanti, un vero e proprio tracollo, dei loro investimenti con il valore delle azioni passato da 20 a 3 euro ad azione;
nella consapevolezza dell'importanza e della rilevanza del ruolo del terzo istituto bancario del Paese sull'intera comunità economica italiana, sarebbe opportuno convocare al più presto, in considerazione della gravità dell'accaduto, i vertici di Ubi banca e i massimi rappresentanti della Consob e della Banca d'Italia al fine di concertare interventi urgenti a tutela degli azionisti e della stabilità del sistema creditizio ed economico nazionale, anche in considerazione delle azioni giudiziarie in corso presso le diverse procure competenti;
sarebbe opportuno valutare, alla luce di quanto acquisito dalla magistratura, l'esistenza delle condizioni previste dalla vigente normativa per procedere alla revoca degli attuali amministratori ed all'immediata convocazione dell'assemblea dei soci,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda intervenire per quanto di competenza a tutela degli oltre 80.000 soci del gruppo Ubi banca affinché le autorità preposte possano immediatamente vagliare e sanzionare i comportamenti denunciati;
se ritenga che le condotte degli amministratori di Ubi banca siano compatibili con la prudente gestione del credito e del risparmio e se tale gestione non sia stata improntata a distrarre sistematicamente i valori della banca per finalità ed interessi privatistici di amministratori che sembrano, ad avviso dell'interrogante, aver spartito le spoglie di una grande banca;
se non ritenga doveroso espletare gli accertamenti di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001, che, in aggiunta alla responsabilità della persona fisica che realizza l'eventuale fatto illecito, ha introdotto la responsabilità in sede penale degli enti per alcuni reati commessi, nell'interesse o a vantaggio degli stessi, da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua organizzazione dotata di autonomia finanziaria o funzionale e da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati.
(3-03141)
 

tontolina

Forumer storico
adesso che possono licenziare.... inizierà il rimbalzo?
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tontolina

Forumer storico
Oltre 20 mila soci hanno perso lo status di socio in Ubi Banca: infatti, il nuovo statuto prevede che gli azionisti, per mantenere lo status di socio, debbano possedere almeno 250 azioni ciascuno. Questa manovra ridimensiona la composizione dell’Assemblea dei Soci.



Asca. 2014-04-25. Ubi Banca: 20 mila azionisti perdono status di socio.
Roma, 24 apr 2014 – Oltre 20 mila soci in meno per Ubi Banca. Con il nuovo statuto infatti gli azionisti per mantenere lo status di socio devono possedere almeno 250 azioni. Gli azionisti che hanno tale requisito ammontano a 74.916 rispetto ai 95.550 iscritti al libro soci da almeno 90 giorniprima della data dell’assemblea. Ubi Banca rende noto che a seguito della conclusione del periodo transitorio entro il quale i soggetti titolari di un numero di azioni inferiore a quello minimo di 250 previsto dall’art. 8 dello Statuto potevano provvedere ad adeguare il numero di azioni possedute per mantenere la qualita’ di Socio, il Consiglio di Gestione, riunitosi in data odierna, ha preso atto che 20.553 soggetti non hanno mantenuto la qualita’ di socio, non avendo provveduto ad adeguare il possesso minimo di azioni. Pertanto il numero di soci con diritto di intervento alla prossima assemblea ammonta a 74.916.
 

MARCO12

Forumer storico
io ti seguo

LONG SICURO SU BANCHE COME UBI INTESA UNI POP

vedo male le piccole che devono aggregarsi come vicenza etruria ecc...meglio evitarle
 

Serpente

Forumer attivo
io ti seguo

LONG SICURO SU BANCHE COME UBI INTESA UNI POP

vedo male le piccole che devono aggregarsi come vicenza etruria ecc...meglio evitarle


Ma sciocchina ma se solo qualche giorno fa pompavi ocme una matta lo short sicuro su tutto e Etruria la pompavi come una forsennata.......sei prorpio una mattacchiona :D:D:D


TRANQUILLI
SOPRA I 21500 NON SI TORNA +
NESSUNO VUOLE I DIVIDENDI


e poi si sa..come tutti gli anni si vende ad aprile e si ricompera a settembre a metà prezzo

il nasdaccone anticipa sempre come stm

a tutto shorttttttttttt


Principessa non prendere in giro la gente saltando da un thread all'altro e cancellado i tuoi posts, la gente non è stupida :down:
 
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tontolina

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Ubi Banca, perquisizioni Gdf in uffici manager a Bergamo - fonte

mercoledì 14 maggio 2014 09:47

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ROMA, 14 maggio (Reuters) - Il Nucleo valutario della Guardia di Finanza sta effettuando perquisizioni a Bergamo negli uffici di alcuni manager di Ubi Banca. Lo riferisce una fonte delle Fiamme gialle.
Le perquisizioni rientrano nell'ambito di un'indagine della Procura di Bergamo, che indaga per ostacolo alle funzioni degli organi di vigilanza, truffa e altri reati.
Nessun commento da Ubi Banca.
(Antonella Cinelli)
Sul sito Reuters.com le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia
 

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