Un articolo leggero x un Sabato pomeriggio
di Marco Di Blas wKLAGENFURT L'orizzonte di Hypo Group Alpe Adria appare sempre buio. In questi giorni è stato reso pubblico il bilancio 2010, che si chiude con un deficit di 1,06 miliardi di euro (-1,7 miliardi nel 2009). Un risultato prevedibile, dopo che il semestrale di giugno aveva registrato un buco di 499 milioni, ma non per questo meno allarmante, nonostante l'ottimismo di maniera esibito da Gottwald Kranebitter, che amministra il gruppo dall'aprile scorso, dopo la nazionalizzazione. I dubbi riguardano le possibilità di rilancio dell'istituto e soprattutto il suo piano di cessione delle controllate austriaca e italiana. Se ne parla da mesi, Jp Morgan e Citigroup sono stati incaricati della loro vendita (rispettivamente per Hypo Austria e per Hypo Italia), ma finora non si è affacciato alcun pretendente serio. La verità è che Hypo Group, nonostante il lavoro di pulizia svolto da Kranebitter & C., che hanno aperto tutto gli armadi (e anche a prescindere dagli affari sporchi legati al traffico di armi, ai rapporti con Gheddafi, agli episodi di corruzione in Slovenia e in Croazia, ai conti anonimi in Liechtenstein, che hanno portato in carcere ormai qualche decina di amministratori e clienti), la verità è che il gruppo si trova ancora in quella che i commentatori austriaci definiscono einem katastrophalen Zustand. Serve tradurre? Il problema è a monte, come si suol dire, nella finanza allegra degli anni passati, nei crediti concessi a cuor leggero e che ora si sono liquefatti. È questa la ragione per cui nel 2010, nonostante un utile operativo di 227 milioni, i conti si sono chiusi in rosso per oltre un miliardo. Dopo il tragico 2009, anche lo scorso anno, infatti, sono venuti alla luce altri prestiti "senza ritorno" che hanno reso necessario portare il fondo rischi al livello esorbitante di 1,214 miliardi. Sono stati esaminati sotto la lente 4.200 operazioni, per un volume di 19 miliardi di euro e questo ha consentito di identificare tutti i crediti non più esigibili, ma anche un ricalcolo del cosiddetto non performing loan, vale a dire dei crediti in sofferenza, per i quali i clienti della banca sono in ritardo di oltre 90 giorni nella restituzione del capitale e degli interessi. Le verifiche svolte hanno accertato al 31 dicembre circa 10 miliardi di non performing loan, con una crescita del 25% rispetto al 2009, quando il loro volume raggiungeva gli 8 miliardi. In altre parole, di 41 miliardi di crediti registrati nelle scritture contabili di Hypo Group, almeno uno su quattro deve considerarsi tossico. «Ora abbiamo fatto luce nella cantina», ha dichiarato Kranebitter, con un'espressione che vuol significare che non ci sono più scheletri negli armadi e Hypo Group può finalmente uscire dal tunnel. Una strada in salita, che rappresenta un incubo anche per lo Stato austriaco: per salvare la banca è dovuto entrare nel capitale con 1,35 miliardi e assumersi i 20 miliardi di garanzia generosamente concessi a suo tempo da Haider, ma che il Land Carinzia non è assolutamente in grado onorare. ©RIPRODUZIONE RISERVATA