Analisi Intermarket Trend Mercati 2016 (1 Viewer)

Chi non sbaglia?


https://trendmercati.wordpress.com/2016/02/02/chi-non-sbaglia/

Come ci aspettavamo il mercato sta consolidando il primo vero rimbalzo dopo una lunga fase di debolezza. I temi di debolezza sono sempre gli stessi e come abbiamo già detto eravamo preoccupati per gli effetti collaterali che la decisione della BOJ avrebbe causato e che sta causando con il mondo dei bond governativi su livelli mai visti.
Al contrario gli spread dei titoli più deboli si stanno sempre più rialzando senza trovare un punto di stop.
Ma al momento nulla è cambiato e lo scenario rimane quello di un potenziale doppio minimo, tra l’altro i volumi sembrano essere in calo e quello aiuterebbe la formazione di quel tipo di figura o comunque di un minimo. La perforazione del minimo dello S&P500 del mese scorso ci farà invece cambiare idea.
Avevamo evidenziato come il punto di trasmissione tra i mercati ed il sistema economico potevano essere ancora una volta le istituzioni finanziarie e la nostra intuizione al momento sembra quella corretta. Non solo le banche italiane ma tutte le banche mondiali stanno correggendo, il Bank index USA ha perso oltre il 3% e tutte le principali banche europee hanno perdite significative, molte con nuovi minimi realizzati.
negli Stati Uniti, dove le condizioni economiche sono meno tirate che nel resto del globo la correzione delle banche comincia a rendere più stringenti i parametri del credito rischiando di limitare la ripresa in atto.
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Ma il commento di questa sera vuole essere un invito a liberarsi delle descrizioni di scenario altrui, soprattutto se necessarie a indirizzare i capitali, e cominciare a costruire la propria visione di mercato nel confronto reciproco e ascoltando le voci indipendenti, senza la necessità di essere contro o contrarian a tutti i costi.
Come abbiamo detto più volte la nostra mission è aumentare la consapevolezza degli investitori sui processi di investimento.
Come sa chi ha qualche soldo da investire gli scenari tipici di questo fine 2015 erano tutti focalizzati sulla chiusura delle posizioni sui mercati obbligazionari governativi perché non più in grado di dare rendimento e passare ai mercati obbligazionari più rischiosi e/o sull’azionario per poter cogliere le migliori opportunità del momento.
In realtà insieme all’oro i titoli governativi sono stati ancora una volta una delle asset class più performanti nel primo mese dell’anno realizzando performance che basterebbero ad un buon gestore per tutto l’anno o quasi.
A tal proposito vi posto un paio di grafici che mostrano le aspettative sul decennale USA da parte dei principali operatori finanziari mondiali nel primo trimestre del 2016.
Ora è vero che il trimestre non è finito e obiettivamente i target possono anche essere raggiunti ma come si può notare gli unici che hanno osato indicare target simili a quelli raggiunti attualmente sono solo quelli di piccole istituzioni finanziarie e/o di università specializzate. Probabilmente coloro che possono rischiare di più per differenziarsi dalla massa ma anche segno che la maggior parte degli analisti era alle prese con il mantra di investimento da proporre. (e ribadiamolo anche più redditizio).
Sapersi svincolare da queste logiche è il primo passo per un investitore accorto per costruire un portafoglio consapevole ed equilibrato.

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Ultima modifica:
Punto di svolta?

https://trendmercati.wordpress.com/2016/02/04/punto-di-svolta/



In questo territorio non ci piace fare previsioni nella speranza che molti adepti si riuniscano alla nostra corrente di pensiero o al nostro metodo di analisi per ascoltare il verbo direzionale.
Tentiamo invece di dare nella maniera più coerente e precisa un analisi dei mercati e dei possibili risvolti futuri.
Dal punto di vista tecnico siamo ancora lontani dal poter dire che un bottom di breve/medio si è realizzato così come siamo anche 100 punti sopra i minimi per lo S&P500.
Nonostante quindi queste considerazioni la seduta di oggi è stata estremamente importante perché la forte volatilità intermarket è sintomo che molti dei trend di momentum, dagli short direzionali ai trading intermarket asimettrici fino agli algo trader hanno dovuto subire profondi aggiustamenti che probabilmente ne determineranno la fine.
Le forte oscillazioni del dollaro, il forte rialzo delle materie prime in generale e del petrolio in particolare, il forte recupero delle borse USA dai minimi così come i movimenti convulsi dei rendimenti obbligazionari sono tutti sintomi di una stanchezza dei trend attuali.
In questo contesto le considerazioni macro odierne devono far riflettere su una possibile inversione di tendenza di queste componenti che hanno mosso i mercati negli ultimi mesi.
Cominciamo dagli Stati Uniti:
1)William Dudley, presidente della FED di NY e vicepresidente del FOMC oggi ha detto che le condizioni finanziarie negli Stati Uniti, dopo il primo rialzo della FED devono essere prese in considerazione nel prossimo meeting così come l’andamento dell’economia globale e il rialzo del dollaro. Un cambio significativo di rotta rispetto alle ultime decisioni e commenti.
2)C’è stato un peggioramento significativo dei dati del PMI non manifatturiero, cioè dei dati del settore dell’economia che pesa in maniera preponderante sull’economia USA ed il segnale che il rallentamento globale e la debolezza dei finanziari comincia a fare effetto anche sulla resistente economia americana.
3)La sequenza di paesi orientati alle materie prime che chiedono aiuto al FMI ed alla Banca Mondiale si sta allungando. Dalla Nigeria al Perù c’è una evidente difficoltà di molti paesi a sostenere i bilanci pubblici in una scenario di prezzi calanti. In questo contesto rientra il disperato tentativo del Venezuela di trovare un modo per tagliare la produzione di petrolio per sostenere i prezzi.
Tutto questo ha avuto degli effetti significativi sui mercati:
1) Il dollaro, a sorpresa ha invertito improvvisamente la tendenza delle ultime sedute ed ha cominciato ad indebolirsi verso un po’ tutte le valute più importanti.
2) La debolezza del dollaro ha immediatamente chiamato al recupero tutte le commodities che hanno visto un violento short covering soprattutto nel settore energy vista la forte componente speculativa in atto spinta anche dal boom dell’offerta.
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La debolezza del dollaro potrebbe anche contribuire ha rilassare le tensioni sulle valute con legami di parità o comunque con una relazione rigida con il biglietto verde come la valuta cinese che potrebbe sentire meno la pressione sul cambio e causare minori deflussi dal paese.
La forza delle materie prime potrebbe infine limitare le vendite da parte dei fondi sovrani degli asset da loro detenuti per far fronte ai deficit di bilancio causati dal calo delle entrate derivanti dalla vendita delle materie prime. Tra i principali asset ci sono tra l’altro i titoli del settore finanziario, i titoli maggiormente venduti in queste ultime settimane.
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Un aumento delle materie prime ed un recupero delle valute emergenti dovrebbe consentire una stabilizzazione dell’economia globale ed una minore pressione al ribasso sulle aspettative inflazionistiche e sui tassi governativi.
Uno stop alla discesa dei tassi potrebbe fare bene al settore finanziario, già alle prese con potenziali minori utili dall’asset management e dalle banche di investimento, con una situazione debitoria in peggioramento, aumentando la profittabilità derivante dai margini di interesse ora a livelli veramente infimi e che non coprono il rischio di credito.
Tutte condizioni che potrebbero far realizzare quel minimo di breve/medio reflazionistico che potrebbe spingere di nuovo al rialzo i mercati.
Questo è lo scenario preferito e anche quello augurabile viste le quotazioni raggiunte dalle banche soprattutto europee che se continuano a scendere negativizzeranno l’intero scenario economico vista la preponderanza direi schiacciante della finanza sull’economia.
Ci sono però due elementi che andranno tenuti in considerazione per confermare questo scenario contrarian ma positivo.
Il primo aspetto è che il mercato ed i banchieri centrali hanno capito quale è l’unico pertugio su cui potranno passare per evitare l’imbarazzante loop operativo di questi ultimi mesi. Però lo chiamiamo pertugio appunto perché è molto stretto.
L’unica soluzione operativa per i banchieri centrali globali è riuscire ad avere una svalutazione complessiva del dollaro contro le valute emergenti ma contemporaneamente avere un Dollaro relativamente stabile contro Euro e Yen.
Solo in questo modo si riesce a non danneggiare nessuno ed ad evitare che le crisi locali diventino crisi globali ed interconnesse.
Il secondo rischio magari più in la nel tempo è quello legato alla situazione attuale di diversi operatori, asset class e titoli. E’ evidente che lo spirito del mercato ha assaggiato in queste settimane il sangue delle componenti più deboli del mercato, dei punti, ritenuti a torto od a ragione i punti di potenziale crisi. E’ possibile che il mercato torni prima o poi a verificare che i danni causati attualmente abbiano indebolito la preda e che questa non sia più in grado o non abbia più gli strumenti per reagire.
Lo spazio per un ulteriore test sugli emergenti in generale e Cina in particolare è molto probabile soprattutto se le strategie monetarie dovessero tornare ad allontanarsi dopo una fase di recupero reflazionistico. Ma anche diversi paesi emergenti, ed alcuni settori dei mercati occidentali potrebbero essere ulteriormente soggetti ad aggressioni.
Questo se non avranno troppa fretta ora e se queste anelli deboli non saranno in grado di riorganizzarsi.
 

masopust

Nuovo forumer
Punto di svolta?

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In questo territorio non ci piace fare previsioni nella speranza che molti adepti si riuniscano alla nostra corrente di pensiero o al nostro metodo di analisi per ascoltare il verbo direzionale.
Tentiamo invece di dare nella maniera più coerente e precisa un analisi dei mercati e dei possibili risvolti futuri.
Dal punto di vista tecnico siamo ancora lontani dal poter dire che un bottom di breve/medio si è realizzato così come siamo anche 100 punti sopra i minimi per lo S&P500.
Nonostante quindi queste considerazioni la seduta di oggi è stata estremamente importante perché la forte volatilità intermarket è sintomo che molti dei trend di momentum, dagli short direzionali ai trading intermarket asimettrici fino agli algo trader hanno dovuto subire profondi aggiustamenti che probabilmente ne determineranno la fine.
Le forte oscillazioni del dollaro, il forte rialzo delle materie prime in generale e del petrolio in particolare, il forte recupero delle borse USA dai minimi così come i movimenti convulsi dei rendimenti obbligazionari sono tutti sintomi di una stanchezza dei trend attuali.
In questo contesto le considerazioni macro odierne devono far riflettere su una possibile inversione di tendenza di queste componenti che hanno mosso i mercati negli ultimi mesi.
Cominciamo dagli Stati Uniti:
1)William Dudley, presidente della FED di NY e vicepresidente del FOMC oggi ha detto che le condizioni finanziarie negli Stati Uniti, dopo il primo rialzo della FED devono essere prese in considerazione nel prossimo meeting così come l’andamento dell’economia globale e il rialzo del dollaro. Un cambio significativo di rotta rispetto alle ultime decisioni e commenti.
2)C’è stato un peggioramento significativo dei dati del PMI non manifatturiero, cioè dei dati del settore dell’economia che pesa in maniera preponderante sull’economia USA ed il segnale che il rallentamento globale e la debolezza dei finanziari comincia a fare effetto anche sulla resistente economia americana.
3)La sequenza di paesi orientati alle materie prime che chiedono aiuto al FMI ed alla Banca Mondiale si sta allungando. Dalla Nigeria al Perù c’è una evidente difficoltà di molti paesi a sostenere i bilanci pubblici in una scenario di prezzi calanti. In questo contesto rientra il disperato tentativo del Venezuela di trovare un modo per tagliare la produzione di petrolio per sostenere i prezzi.
Tutto questo ha avuto degli effetti significativi sui mercati:
1) Il dollaro, a sorpresa ha invertito improvvisamente la tendenza delle ultime sedute ed ha cominciato ad indebolirsi verso un po’ tutte le valute più importanti.
2) La debolezza del dollaro ha immediatamente chiamato al recupero tutte le commodities che hanno visto un violento short covering soprattutto nel settore energy vista la forte componente speculativa in atto spinta anche dal boom dell’offerta.
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La debolezza del dollaro potrebbe anche contribuire ha rilassare le tensioni sulle valute con legami di parità o comunque con una relazione rigida con il biglietto verde come la valuta cinese che potrebbe sentire meno la pressione sul cambio e causare minori deflussi dal paese.
La forza delle materie prime potrebbe infine limitare le vendite da parte dei fondi sovrani degli asset da loro detenuti per far fronte ai deficit di bilancio causati dal calo delle entrate derivanti dalla vendita delle materie prime. Tra i principali asset ci sono tra l’altro i titoli del settore finanziario, i titoli maggiormente venduti in queste ultime settimane.
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Un aumento delle materie prime ed un recupero delle valute emergenti dovrebbe consentire una stabilizzazione dell’economia globale ed una minore pressione al ribasso sulle aspettative inflazionistiche e sui tassi governativi.
Uno stop alla discesa dei tassi potrebbe fare bene al settore finanziario, già alle prese con potenziali minori utili dall’asset management e dalle banche di investimento, con una situazione debitoria in peggioramento, aumentando la profittabilità derivante dai margini di interesse ora a livelli veramente infimi e che non coprono il rischio di credito.
Tutte condizioni che potrebbero far realizzare quel minimo di breve/medio reflazionistico che potrebbe spingere di nuovo al rialzo i mercati.
Questo è lo scenario preferito e anche quello augurabile viste le quotazioni raggiunte dalle banche soprattutto europee che se continuano a scendere negativizzeranno l’intero scenario economico vista la preponderanza direi schiacciante della finanza sull’economia.
Ci sono però due elementi che andranno tenuti in considerazione per confermare questo scenario contrarian ma positivo.
Il primo aspetto è che il mercato ed i banchieri centrali hanno capito quale è l’unico pertugio su cui potranno passare per evitare l’imbarazzante loop operativo di questi ultimi mesi. Però lo chiamiamo pertugio appunto perché è molto stretto.
L’unica soluzione operativa per i banchieri centrali globali è riuscire ad avere una svalutazione complessiva del dollaro contro le valute emergenti ma contemporaneamente avere un Dollaro relativamente stabile contro Euro e Yen.
Solo in questo modo si riesce a non danneggiare nessuno ed ad evitare che le crisi locali diventino crisi globali ed interconnesse.
Il secondo rischio magari più in la nel tempo è quello legato alla situazione attuale di diversi operatori, asset class e titoli. E’ evidente che lo spirito del mercato ha assaggiato in queste settimane il sangue delle componenti più deboli del mercato, dei punti, ritenuti a torto od a ragione i punti di potenziale crisi. E’ possibile che il mercato torni prima o poi a verificare che i danni causati attualmente abbiano indebolito la preda e che questa non sia più in grado o non abbia più gli strumenti per reagire.
Lo spazio per un ulteriore test sugli emergenti in generale e Cina in particolare è molto probabile soprattutto se le strategie monetarie dovessero tornare ad allontanarsi dopo una fase di recupero reflazionistico. Ma anche diversi paesi emergenti, ed alcuni settori dei mercati occidentali potrebbero essere ulteriormente soggetti ad aggressioni.
Questo se non avranno troppa fretta ora e se queste anelli deboli non saranno in grado di riorganizzarsi.

Eccellente disamina della situazione attuale !!! una perla da far leggere a tutti coloro che si fanno domande in questo momento! grazie! incrociamo le dita e che trovino il pertugio! non solo per i mercati ma soprattutto per il mondo reale
 
Punto di svolta? (continua)

Il mercato sta ancora digerendo gli avvenimenti degli ultimi giorni e come si può notare lo fa in confusione ed in ordine sparso…. al momento l’equilibrio è l’indizio più certo dell’incertezza del momento.
Come abbiamo detto ieri il dollaro non dovrà rafforzarsi troppo contro euro e yen per non complicare la vita ai mercati avanzati ma contemporaneamente dovrà dare nuova energia alle valute emergenti per evitare la continua fuoriuscita di capitali da quei paesi e la liquidazione degli investimenti effettuati dagli stessi sui mercati finanziari.
Qua sotto il cambio dell’euro pesato per gli scambi commerciali che è nei pressi dei massimi prima del QE di Draghi:
caz3xyyvaaegs-j.png

Il fatto che spread dei titoli più bastonati e i prezzi delle azioni divergano è il segnale di difficoltà del momento con le posizioni a spread in chiusura così come i carry sulle valute di funding.
Ci piace però riprendere due considerazioni fatti l’8 gennaio e che col senno di poi ci sembrano centrate.
Segnalavamo il potenziale recupero delle materie prime indicando due componenti importanti.
Il CRB raw index che era in fase di recupero ed il rame che invece era su un supporto pluriennale.
Entrambi gli indici, dopo circa 4 settimane sono cresciuti ancorché moderatamente a confermare che la nostra analisi aveva un fondo di correttezza.
Naturalmente per confermare lo scenario disegnato ieri occorre che questi indici proseguano su questa strada e che le valute rispondano ai nuovi difficili imput.

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Dogtown

Forever Ultras Ghetto
Punto di svolta? (continua)

Il mercato sta ancora digerendo gli avvenimenti degli ultimi giorni e come si può notare lo fa in confusione ed in ordine sparso…. al momento l’equilibrio è l’indizio più certo dell’incertezza del momento.
Come abbiamo detto ieri il dollaro non dovrà rafforzarsi troppo contro euro e yen per non complicare la vita ai mercati avanzati ma contemporaneamente dovrà dare nuova energia alle valute emergenti per evitare la continua fuoriuscita di capitali da quei paesi e la liquidazione degli investimenti effettuati dagli stessi sui mercati finanziari.
Qua sotto il cambio dell’euro pesato per gli scambi commerciali che è nei pressi dei massimi prima del QE di Draghi:
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Il fatto che spread dei titoli più bastonati e i prezzi delle azioni divergano è il segnale di difficoltà del momento con le posizioni a spread in chiusura così come i carry sulle valute di funding.
Ci piace però riprendere due considerazioni fatti l’8 gennaio e che col senno di poi ci sembrano centrate.
Segnalavamo il potenziale recupero delle materie prime indicando due componenti importanti.
Il CRB raw index che era in fase di recupero ed il rame che invece era su un supporto pluriennale.
Entrambi gli indici, dopo circa 4 settimane sono cresciuti ancorché moderatamente a confermare che la nostra analisi aveva un fondo di correttezza.
Naturalmente per confermare lo scenario disegnato ieri occorre che questi indici proseguano su questa strada e che le valute rispondano ai nuovi difficili imput.

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Ciao Giorgio,

scrivo qui il mio commento anzichè sul blog, solo per questioni di comodità ;).


Proprio ieri guardavo il grafico del cross €/$ e praticamente, a distanza di un anno siamo punto e a capo, come se non vi fosse stato alcun beneficio indotto dal QE in termini di cross e questo impatta notevolmente secondo sulle reali capacità di crescita europea.

Della serie, se alla fine tutti gli attori in scena svalutano la propria moneta, le differenze sono impalpabili se non addirittura controproducenti, per l'€.

Quanto detto ieri da Draghi in merito alla situazione attuale mi sono sembrate un refrain di quanto detto in occasione dell'ultimo board BCE, ovvero, rivolte ai presunti speculatori ed anche rivolte alle potenzialità degli effetti collaterali non voluti, ma che si stanno manifestando sui mercati.

Quegli stessi effetti collaterali che io, nel mio piccolo blog, vado scrivendo da mesi e mesi e che, manifestandosi in un contesto macro-micro senza precedenti e con tassi sub-zero, sono difficilmente arginabili.

In questo contesto, riferendomi ai cross contro €, mi chiedo e ti/vi chiedo se, secondo voi sono movimenti dettati principalmente dalla apertura/chiusura di operazioni di carry che comprano € e Y o può esserci altro.

In ultimo, concordo con te, che il cross €/$ deve trovare una sua stabilizzazione e magari nei prox mesi tornare verso quota 1,05, ma con assoluta gradualità.

Noto anche che HYG e EMB stanno trovando un bottom dopo la caduta dei mesi scorsi, che aveva anticipato in un certo modo la discesa dei listini azionari di gennaio; che sia un primo segnale?

Buon lavoro :up:.
 
Ciao Giorgio,

scrivo qui il mio commento anzichè sul blog, solo per questioni di comodità ;).


Proprio ieri guardavo il grafico del cross €/$ e praticamente, a distanza di un anno siamo punto e a capo, come se non vi fosse stato alcun beneficio indotto dal QE in termini di cross e questo impatta notevolmente secondo sulle reali capacità di crescita europea.

Della serie, se alla fine tutti gli attori in scena svalutano la propria moneta, le differenze sono impalpabili se non addirittura controproducenti, per l'€.

Quanto detto ieri da Draghi in merito alla situazione attuale mi sono sembrate un refrain di quanto detto in occasione dell'ultimo board BCE, ovvero, rivolte ai presunti speculatori ed anche rivolte alle potenzialità degli effetti collaterali non voluti, ma che si stanno manifestando sui mercati.

Quegli stessi effetti collaterali che io, nel mio piccolo blog, vado scrivendo da mesi e mesi e che, manifestandosi in un contesto macro-micro senza precedenti e con tassi sub-zero, sono difficilmente arginabili.

In questo contesto, riferendomi ai cross contro €, mi chiedo e ti/vi chiedo se, secondo voi sono movimenti dettati principalmente dalla apertura/chiusura di operazioni di carry che comprano € e Y o può esserci altro.

In ultimo, concordo con te, che il cross €/$ deve trovare una sua stabilizzazione e magari nei prox mesi tornare verso quota 1,05, ma con assoluta gradualità.

Noto anche che HYG e EMB stanno trovando un bottom dopo la caduta dei mesi scorsi, che aveva anticipato in un certo modo la discesa dei listini azionari di gennaio; che sia un primo segnale?

Buon lavoro :up:.

Ciao Dog :)
A nostro parere il mercato sta tentando di trovare un equilibrio ma le opzioni come abbiamo detto sono limitate ed obiettivamente la reazione di oggi fa riflettere.
A mio parere con queste sedute di inizio anno sono stati spazzati molti dei trend sui mercati, sia quelli negativi che avevano il legame con il dollaro e l'oil ma anche quelli positivi carry e quindi i movimenti sono sintomo di una liquidità persa e quindi di una maggiore possibilità di volatilizzare i prezzi.

L'equilibrio delle banche centrali è a nostro avviso il trend da seguire e finchè non si vedrà questo ho paura che l mercato resterà nervoso.

Poi è evidente che i danni fatti nei mesi scorsi sono difficili da digerire ed infatti le prese di profitto hanno preso il sopravvento dopo che tutti i compratori abituali sono stati messi in difficoltà e le strutture dei fondi sono costrette a liquidare per mantenere il mandato di gestione.

Ne riparliamo nei prossimi giorni.
 
Punto di svolta (continua)

https://trendmercati.wordpress.com/2016/02/06/punto-di-svolta-continua-2/



In una fase negativa come l’attuale è necessario trovare i riferimenti che ci possano indicare se il mercato è in grado di rovesciare il suo trend oppure se il ribasso avrà ancora energia.
Nei precedenti articoli abbiamo individuato tutta una serie di parametri macro che possono permettere agli indici di rovesciare il proprio trend ben consapevoli che gli indici leader mondiali (quelli USA) sono a metà del guado mentre molti indici hanno oramai svoltato il proprio trend in negativo da un certo tempo.
Abbiamo evidenziato come il destino dei mercati sia legato alle scelte delle banche Centrali che con il loro interventismo continuo hanno oramai causato la dipendenza dei mercati alle proprie scelte.
In questi giorni è uscito il report trimestrale di GMO con il commento di Jeremy Grantham, stimato analista ed a mio avviso uno dei più equilibrati che si possano trovare.
Nel suo commento del 2016 Grantham scrive:
https://www.gmo.com/docs/default-source/public-commentary/gmo-quarterly-letter.pdf

2016grantham.png

La parte evidenziata in rosso ci trova in assoluta comunanza con le parole di Jeremy ed è l’ipotesi che sosteniamo di diverso tempo. In poche parole l’analista di GMO dice che nonostante i mercati azionari siano sovra quotati essi non sono in territorio tipico di una bolla e che è possibile che nel corso del 2016 si sviluppi un movimento al rialzo che porti le valutazioni su livelli da bolla (che Grantham fissa a 2300 di S&P500).
In un successivo paragrafo Grantham sottolinea il suo scetticismo sull’attuale bear market, sulle fondamenta su cui si fonda questo ribasso, escluso il rischio Cinese, ed evidenzia tutti i motivi per cui se per il 2016 è previsto un bear market e non questo movimento di rialzo stimolato ancora una volta dalle banche centrali allora questo non sarà devastante come gli ultimi due in termini di discesa assoluta del mercato azionario.
Un bear market minore che potrebbe portare ad una correzione tra il 20/30% degli indici e durare solo qualche mese.
Sposando l’analisi di Grantham con la nostra analisi abbiamo le ipotesi che stiamo seguendo da quando abbiamo pubblicato l’outlook del 2016.
Correzione dei mercati che termina entro il primo trimestre del 2016 con una profondità simile ad un bear market anche sui mercati USA oppure dopo questa fase ribassista che non dovrebbe eccedere se non moderatamente i minimi di gennaio nuovo allungo rialzista stimolato dalle banche centrali che porti ad un nuovo top assoluto dei mercati sempre nel 2016 e che sia poi seguito da un più profondo bear market.
Questo naturalmente se la Cina non gioca brutti scherzi.
Naturalmente il nostro primo scenario è quello evidenziato sopra come chi ci legge sa già da tempo.
Ma nelle ultime settimane abbiamo inserito un nuovo concetto in questo scenario che si sposa bene con le parole di Grantham e cioè che le scelte delle Banche Centrali devono essere fatte in coordinazione e non in ordine sparso come gli ultimi mesi sembrano mostrare.
Non si possono vedere delle realtà interconnesse fare politiche di divergenza monetaria estrema causando quindi delle violente inversioni dei flussi di capitali e dei movimenti dei cambi altrettanto violenti o ancora peggio delle Banche Centrali che competono per svalutare sempre di più la propria valuta.
Da dicembre a questa parte abbiamo visto gli USA proseguire nella politica di restrizione monetaria con il primo rialzo dei tassi in un processo che ha visto i suoi albori nel tapering del 2014/2015 e che ha causato di fatto la prima inversione dei flussi dei capitali.
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A gennaio abbiamo visto il Giappone adottare una manovra monetaria (e cioè i tassi sui depositi presso la Banca Centrale) che l’esperienza europea già ci dice non essere da stimolo all’economia in un momento in cui la liquidità non riesce ad essere reinvestita sui mercati e/o in un economia con modesta trazione e che viceversa causa dei problemi di sostenibilità al business alle banche uccidendo il margine di interesse.
Con una Cina che adotta politiche monetarie in totale indipendenza e senza alcuna coordinazione con gli altri operatori il mercato si preoccupa sempre più della potenziale guerra valutaria in corso e delle sue temibili conseguenze.
Mentre il FMI parla oramai apertamente della possibilità di monetizzare il debito almeno da parte giapponese che a nostro avviso comporterebbe uno stimolo irresistibile a far esplodere in tutto il mondo delle crisi valutarie ed ad accettare l’azzardo morale di non restituire più il debito a nessuno con delle conseguenze inflazionistiche non da poco (nonostante il paper dell’FMI parli di on/off event)
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A nostro avviso invece più fondato e fondante è il commento fatto ieri dal general manager del BIS in una lettura presso la London School che qua vi riportiamo con il nostro evidenziatore a sottolineare due aspetti chiave:
bisreport.png

Le politiche monetarie sono state utilizzate fin troppo, non accompagnate da politiche fiscali adeguate ne da riforme economiche adeguate alla situazione. In precedenti report avevamo definito le politiche monetarie come un potente antibiotico. L’antibiotico spazza via la malattia ma anche il sistema immunitario; per ricostruire quest’ultimo sono necessari gli interventi politici ed economici atti a stimolare una ripartenza dell’economia sennò l’organismo risulta guarito ma debole.
L’attività delle banche Centrali deve avvenire in collaborazione e in coordinazione; non deve evidenziare quest’aria di guerra valutaria che non fa bene a nessuno dei paesi chiamati in causa.
Calmare i mercati valutari e quindi di conseguenza tutto il resto è prioritario per evitare che la situazione economica di una realtà peggiori trascinando gli altri mercati con sé.
Solo questa strada può evitare l’avvitamento dei mercati e l’evidenziazione dei singoli difetti piuttosto invece che dei pregi di ognuno.
 
Punto di svolta? (continua)

https://trendmercati.wordpress.com/2016/02/07/punto-di-svolta-continua-3/



Perché chiamiamo allo stesso modo tutti gli ultimi articoli?
Perché riteniamo che siamo ad un punto chiave per il futuro andamento dei mercati.
Siamo, a nostro avviso al punto di svolta dei due scenari disegnati negli articoli precedenti.
Due anni di tapering USA hanno portato il resto dell’economia mondiale ad un rallentamento insostenibile che ora ha cominciato ad infettare anche l’economia più resistente.
Come abbiamo sostenuto più volte le condizioni monetarie USA hanno cominciato a restringersi da metà 2014, in concomitanza con il rally del dollaro con le conseguenze negative per gli emergenti.
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Nella fase iniziale di questo movimento gli effetti positivi hanno sopra avanzato quelli negativi; recupero dell’area Euro e del Giappone che riguadagnavano competitività e calo del prezzo del petrolio che faceva del bene a tutti i paesi consumatori ma non danneggiava eccessivamente quelli produttori in quanto i prezzi permettevano ancora di sostenere bilanci di spesa importanti.
La decisione dell’OPEC di non tagliare la produzione ed accettare la sfida dello shale ha di fatto causato una caduta del prezzo del greggio non preventivata, un ritiro di capitali da parte degli investitori dai paesi emergenti esportatori di materie prime ed un rafforzamento marcato del dollaro fino a soglie ritenute dalla FED e dall’amministrazione USA non più sostenibili tanto da far ritardare le scelte monetarie.
Il peggioramento macro di queste scelte ha poi portato al QE ed ai tassi negativi dell’area Euro, alla svalutazione della Cina e ad al cambio di paniere di fissazione del cambio ed infine ai tassi negativi giapponesi.
la percentuale di obbligazioni governative con tassi negativi oramai elevate e la difficoltà delle banche commerciali di toglierli dal deposito presso la propria banca centrale ha di fatto influenzato negativamente l’andamento del settore finanziario già alle prese con notevoli pressioni regolamentari.
fixedincomenightmare.png

Ognuno di queste mosse ha di fatto peggiorato la percezione del mercato ben oltre il reale andamento economico e portato gli stessi ad avere movimenti schizofrenici ma complessivamente negativi.
Il dollar index spinto al rialzo dai desideri delle banche centrali europee e giapponesi è precipitosamente ritornato indietro dopo l’intervento di Dudley di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi, ma anche per un peggioramento della percezione sul mercato USA di cui parleremo ancora.
la volatilità della valuta USA ha raggiunto punte significativo tipico delle situazioni in cui le posizioni precedentemente costruite vengono smontate perché ritenute non più attuali.
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Abbiamo già detto nei precedenti articoli di cosa dovrà fare il dollaro contro le principali valute emergenti, e cioè ricominciare ad indebolirsi ma anche non dovrà rafforzarsi verso l’Euro (e lo Yen) oltre misura.
L’accelerazione della settimana scorsa è stata causata anche da un importante rottura tecnica che preoccupa. E’ necessario ora che l’area di stabilizzazione 1,05/ 1,15 sia confermata in quanto una maggiore debolezza del dollaro verso euro significherebbe una percezione del mercato sempre più negativa sull’economia mondiale stante le caratteristiche dell’euro e dello yen di valuta di funding.
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Se le valute mettono in apprensione non è certo che il mercato obbligazionario va meglio.
Con i tassi governativi nei pressi dello zero lo spread delle obbligazioni corporate comincia ad innalzarsi spinto al rialzo dall’andamento delle obbligazioni dei titoli finanziari messi sotto pressione dai tassi sempre più bassi e quindi da un rischio di aumento del rischio di credito.
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Nell’ultimo trimestre inoltre le nuove emissioni di credito verso le imprese non finanziarie in dollari sia a livello globale che a livello emergente hanno avuto una battuta di arresto segno della difficoltà crescente di finanziarsi.
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Una situazione quindi che si sta complicando e che sta interessando sempre più anche i mercati USA.
Di questo parleremo domani.
 
La caduta degli dei


https://trendmercati.wordpress.com/2016/02/07/la-caduta-degli-dei/


In queste ultime settimana la reazione tipica dei mercati azionari ad una nuova decisione od esternazione di un banchiere centrale è stato una certa stabilizzazione del trend per una, massimo due sedute e poi per una nuova caduta degli indici.
Questo indica che la credibilità del sistema messa in atto dagli stessi comincia a scricchiolare ed il tentativo della FED di rialzare i tassi va nella direzione di liberare almeno una parte del mercato dal controllo delle Banche Centrali.
Tentativo che senza coordinazione potrebbe anche fallire.
Ma se gli dei della moneta sono in difficoltà i mercati che ne seguono le indicazioni non è che stanno meglio. In particolare in questi ultimi mesi hanno cominciato a scendere anche mercati che nelle fasi precedenti hanno sempre mostrato una notevole resistenza perché considerati i preferiti dagli investitori individuali, mentre ci sono alcuni trend come i titoli del settore energy e delle materie prime che sono oramai sulla bocca di tutti ma in alcune componenti stanno tentando un bottom.
Basta guardare i tentativi di reazione di Glencore, Rio Tinto e BHP Billiton che al momento sembrano più una reazione da ipervenduto ma comunque permettono a questi titoli di essere solo moderatamente negativi da inizio anno. Certamente sono fortemente correlati alle decisioni monetarie da parte degli USA e quindi in caso di rallentamenti ulteriori o addirittura sospensione del ciclo di rialzo questi titoli ne potrebbero beneficiare come sosteniamo da tempo.
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Ci sono altri settori poi che negli ultimi mesi hanno proceduto ad un pesante svalutazione del proprio valore a causa dell’outlook sul settore negativo per diverse ragioni.
Stiamo parlando dei titoli finanziari che scontano una situazione di tassi praticamente ingestibile, un furore regolamentare di difficile gestione e la sempre più aggressiva presenza dei fintech e delle società tecnologiche pronte a fare pesanti invasioni di campo.
Il settore ha cominciato a stornare significativamente dopo i recuperi post bolla del 2008 solo da metà 2015 al contrario del settore delle materie prime che ha cominciato decisamente prima.
Ma la sua correzione è stata violenta segno che il mercato non era convinto che la discesa del settore delle materie prime potesse poi propagarsi ad altri mercati e settori ed ora sta aggiustando le considerazioni.
Da notare che come abbiamo già scritto su altro articolo il fenomeno non è solo italiano, non riguarda solo le banche italiane e quindi è inutile gridare al complotto.
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Il problema è tra l’altro che gli spread dei titoli del settore hanno ricominciato a salire e questo potrebbe restringere ulteriormente le condizioni del credito causando un peggioramento della percezione complessiva della crescita economica non tanto in Europa dove la stretta creditizia è finita solo da pochi mesi ma negli USA dove il mercato del credito sta ritornando a viaggiare su ritmi vicini a quelli pre bolla anche nelle componenti più rischiose.
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Anche in questo caso i titoli del settore stanno tentando una stabilizzazione dopo un pesante ribasso, per il momento non è nulla di più che una reazione ma certo le decisioni delle banche Centrali e dei regolatori su questo settore possono fare molto.
Il problema semmai è che da Aprile ad oggi le aspettative sugli utili (EPS) per azione, cioè gli utili che sono stati fortemente influenzati in questi anni dalle massicce operazioni di buyback sono stati continuamente corretti al ribasso su tutti i settori in USA escluso che per i titoli del settore delle telecomunicazioni:
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E questo di fatto ha comportato che il calo dello S&P500, anche al netto dei titoli energetici e delle materie di base ha avuto un calo significativo.
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Questo è successo perché i timori del contagio globale della crisi da alcuni emergenti e da alcuni settori fino all’intero corpo del mercato ha causato un rapido peggioramento dei titoli considerati i leader di mercato.
I titoli denominati Internet retail, cioè i titoli più conosciuti e più frequentati nell’intero universo dell’online da Amazon ad Ebay passando per Tripadvisor pur mostrando ancora un andamento rialzista segnalano una violenta correzione avvenuta da inizio anno segno della sorpresa del mercato e della conseguente reazione alla negatività complessiva del mercato.
Ancora più marcato in questo contesto è la discesa del settore biotecnologico che ha già subito due ondate ribassiste in contemporanea con i minimi del 2015 e di quest’anno.
Il settore, di cui avevamo già parlato nei mesi scorsi in quanto i mega merger come quello tra Pfizer/Allergan sono spesso un sintomo di un picco di entusiasmo in un settore che era già cresciuto moltissimo, mostra una debolezza marcata che segnala in maniera chiara i timori globali di crescita. Se ad esso sposiamo il rapporto con il settore dei titoli auriferi quello che possiamo vedere è che la paura di questa correzione è nettamente superiore a quella manifestata dal mercato nel mese di agosto del 2015. I titoli aurifere si sono avvantaggiati moltissimo in questa fase segno che la paura di una fase negativa si è amplificata.
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Se l’andamento delle big cap tecnologiche, del settore biotech, mostra i dubbi sulla crescita mondiale occorre dire che ancora c’è una certa resistenza a pensare che questa crisi possa influenzare davvero l’economia USA.
Questo grazie ad un certa resistenza dei dati non tanto quelli legati all’occupazione che è da sempre un indicatore ritardatario ma soprattutto grazie ad un economia interna che resiste alle tensioni internazionali.
Per monitorare questa resistenza vi invito ad osservare il sub indice dello S&P500 legato ai ristoranti, indicatore per eccellenza dell’andamento dell’economia interna.
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Infine uno sguardo all’indice italiano ed all’indice globale per eccellenza (MSCI WORLD) obiettivamente ci indicano una negatività diffusa e oramai marcata che ha compromesso dal punto di vista tecnico gli indici (soprattutto per quanto riguarda l’MSCI World).
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Come sosteniamo da tempo gli indici azionari ci mostrano un deterioramento della situazione economica che ha oramai interessato quasi tutte le componenti dell’economia mondiale. Riteniamo che questa reazione dei mercati è superiore alla negatività effettiva dell’economia ed ha principalmente due ragioni:
1)La riduzione della liquidità mondiale che ha penalizzato i mercati in maniera superiore all’economia reale perché molta della liquidità creata è andata esclusivamente in quella direzione
2)I mercati scontano in anticipo l’andamento dell’economia mondiale.
Come abbiamo detto nei precedenti articoli c’è ancora una possibilità di salvare i mercati globali da un bear market cattivo, almeno per il momento, ed è quella di una maggiore coordinazione delle Banche Centrali soprattutto dal punto di vista dei cambi.
In caso contrario come abbiamo visto tecnicamente la strada è segnata.

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S&P500 e petrolio


https://trendmercati.wordpress.com/2016/02/07/sp500-e-petrolio/

Insieme al mercato obbligazionario ed agli spread delle obbligazioni corporate rispetto ai titoli di stato i due mercati che riteniamo chiave in questa fase di mercato sono sicuramente l’indice senior americano, l’indice che meglio rappresenta le corporation USA sui mercati mondiali e l’indice della materia prima che è stata una delle concause della discesa successiva dei mercati e dei timori della fase attuale.
Cominciamo dallo S&P500.
L’indice USA nel lungo termine ha ben delineati i supporti e le resistenze chiave che andiamo a riproporre. Nel breve termine l’indice si è arrestato venerdì su un livello di breve/medio importante perché la tenuta impedirà all’indice di andare al test dei minimi di gennaio.
Al contrario, al rialzo, vi sono diverse resistenze ma l’area intorno ai 2040/2050 secondo noi riveste più importanza della altre oltre naturalmente ai massimi assoluti.
Abbiamo visto che gli utili sono stati oramai rivisti pesantemente al ribasso nonostante i bay back che tendono ad ammortizzare la discesa degli utili con una riduzione delle azioni in circolazione. Abbiamo gli indicatori di sentiment in condizione di pessimismo molto elevato per cui le condizioni per un recupero sono dentro il mercato.
Ma come abbiamo tentato di riportare con le nostre analisi precedenti molto dipenderà dalle prossime mosse delle Banche Centrali.
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Passando invece al petrolio dobbiamo fare alcune considerazioni più approfondite.
Questa volta guardiamo il prezzo del Brent che è un benchmark maggiormente globale rispetto al WTI che comunque con certe differenze tende ad avere movimenti similari.
Come si può notare dai grafici il petrolio ha rimbalzato dai minimi con una certa forza ed è andato a consolidare su livelli di resistenza importante che sono da superare per invertire davvero la tendenza.
Superare i 36 per il brent diventa fondamentale per invertire le tendenze di breve periodo ed anche di medio e trovare dei prezzi più robusti.
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Riteniamo però che per il verificarsi di questa condizione necessitiamo di un movimento della curva dei tassi tale da far capitolare tutti gli operatori che riescono comunque a vendere la produzione a prezzi decenti o attraverso l’hedging o attraverso lo stoccaggio del greggio in giro per il globo.
Stiamo parlando della necessità che la curva del prezzo del petrolio tenda ad appiattirsi ulteriormente. In poche parole è necessario che i prezzi del petrolio sulle scadenze future tenda a scendere maggiormente rispetto ai prezzi attuali.
Sappiamo che non sempre l’appiattimento della curva è positiva per il prezzo del petrolio ma in una fase in cui l’hedging e lo storage sono spinti fino agli estremi, l’appiattimento della curva è necessario per rendere sempre meno profittevole ogni strategia carry ed hedging e liberare il mercato almeno da una parte della produzione in eccesso.
Legare il calo delle piattaforme petrolifere a livello globale e negli Stati Uniti in particolare con l’appiattimento della curva del future sul greggio aiuterà a liberarsi della produzione in eccesso.
Da notare che sul grafico monthly ci sono interessanti divergenze positive tra gli indicatori più classici che confermano che per il greggio potremmo essere vicini ad un punto di svolta.
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