Analisi Intermarket Trend Mercati 2015 (1 Viewer)

Con il macro sempre debole le aspettative del meeting FED restano orientate ad un nulla di fatto...
L'euro resta sull'1,10 con il dollaro a dare spazio a tutte le ipotesi senza compromettere il trend neutrale, la cosa più importante per ogni decisione FED.
Il prezzo del petrolio tenta un debole rimbalzo mentre il natural gas lo fa un po meglio ma tale da non rompere la negatività con decisione.
I trend deflazionistici permangono in essere sulle obbligazioni governative tranne l'indecisione delle obbligazioni americane.
Apple ha fatto alla fine meglio delle aspettative che dopo alcune trimestrali di fornitori erano decisamente peggiorate invece grazie all'Iphone ed ad un migliore complessivamente prezzo di vendita del prodotto di punta Apple ancora una volta ha sorpreso gli analisti.

In ogni caso che il mondo delle opzioni e simili sia del tutto in preda all'emotività degli operatori ce lo dice il DSI cioè il sentiment giornaliero degli operatori di mercato che mostra tra le letture più bullish quelle legate ad un rialzo del Vix, cioè forte è la componente di chi vede il rischio di unriallzo della volatilità nonostante il sentiment sui mercati azionari sia sostanzialmente positivo anche se meno del vix.

Teniamo ferma la barra decisionale sapendo che il mercato si attende dalle decisioni della FED degli importanti elementi valutativi.
Oggi la correzione dello S&P500 si è andata ad appoggiare sulla media mobile a 200 e sul livello di resistenza precedente ora supporto nel più classico dei fenomeni di consolidamento.

Questo vuol dire che il mercati si attende tendenzialmente news positive per la liquidità dalla FED, bisognerà vedere se la FED è d'accordo anche se ha dimostrato in questi ultimi mesi di essere molto market friends.
Le probabilità di un rialzo adesso è prezzata al 6% cioè ad una percentuale residuale.
 

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Il mercato si sta avvicinando ai 2100 e quindi al potenziale rialzo dei tassi USA... a parte gli scherzi è evidente che il premio alle aspettative rispettate (no rialzo con commento più falco sulla scadenza dicembre) è stato moltiplicato anche dai precedenti interventi di BCE e PBOC supportivi alla liquidità globale.

Da notare il forte movimento sul dollaro che dovrà essere verificato nelle prossime sedute, il rialzo della curva dei tassi.

Il mercato seppure si aspettava sia la decisione che i toni ha voluto premiare la coerenza decisionale rispetto agli ultimi meeting; ora il problema saranno eventualmente i dati macro e micro non positivi.
 

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Dogtown

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Il mercato si sta avvicinando ai 2100 e quindi al potenziale rialzo dei tassi USA... a parte gli scherzi è evidente che il premio alle aspettative rispettate (no rialzo con commento più falco sulla scadenza dicembre) è stato moltiplicato anche dai precedenti interventi di BCE e PBOC supportivi alla liquidità globale.

Da notare il forte movimento sul dollaro che dovrà essere verificato nelle prossime sedute, il rialzo della curva dei tassi.

Il mercato seppure si aspettava sia la decisione che i toni ha voluto premiare la coerenza decisionale rispetto agli ultimi meeting; ora il problema saranno eventualmente i dati macro e micro non positivi.


A dicembre "deve" alzare perché se rimanda a marzo e nel contempo dovessero uscire dati che segnalano la partenza dell'inflazione potrebbero esserci pesanti ripercussioni sui mercati, perché di fatto la FED sarebbe costretta ad inseguire ciò che non è stata in grado di prevedere.

Ad oggi è poco più di fanta finanza, ma in 6 mesi, qualora non alzasse a dicembre, può accadere di ogni.
 
A dicembre "deve" alzare perché se rimanda a marzo e nel contempo dovessero uscire dati che segnalano la partenza dell'inflazione potrebbero esserci pesanti ripercussioni sui mercati, perché di fatto la FED sarebbe costretta ad inseguire ciò che non è stata in grado di prevedere.

Ad oggi è poco più di fanta finanza, ma in 6 mesi, qualora non alzasse a dicembre, può accadere di ogni.


è del tutto ragionevole
ma a decidere sarà soprattutto la posizione di disoccupazione, PIL e dollar index

del resto ad oggi sono gli USA a dover fare da locomotiva all'economia mondiale, non perchè la Cina non sia in grado ( ha ancora un eccellente tasso di crescita) , ma perchè ora Pechino guarda più all'economia interna e , sui mercati finanziari, potrebbe persino essere destabilizzante


ragionando un pò, e ipotizzando che Yellen conosca in anticipo qualche indicatore macro, si potrebbe ipotizzare che i prossimi dati USA saranno buoni... tali da giustificare i toni adottati nell'ultimo comunicato FED
e comunque si sta avvicinando il livello 2100 in cui, come da tabella di Giorgio, ci sarà l'intervento restrittivo ;)
o, da un punto di vista grafico, la risalita dello spoore è stata ''troppo'' pulita fin qui, e occorre ora qualcosa che la sostenga

prossimo venerdì, nonfarm payrolls
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il 22 dicembre il prssimo GDP ...
 
inizia la settimana con i dati macro cinesi



Continua la frenata cinese


L’attività del settore manifatturiero in Cina in ottobre ha fatto segnare una nuova contrazione per il terzo mese consecutivo, con risultati che tendono a confermare i timori di una frenata cinese nel quarto trimestre.

I dati ufficiali diffusi domenica sono inferiori alle attese degli analisti, che si attendevano a una leggera ripresa rispetto a settembre.

Nel terzo trimestre la crescita economica in Cina è calata al 6,9% : il 2015 potrebbe toccare il livello più basso da venti anni.
 
A dicembre "deve" alzare perché se rimanda a marzo e nel contempo dovessero uscire dati che segnalano la partenza dell'inflazione potrebbero esserci pesanti ripercussioni sui mercati, perché di fatto la FED sarebbe costretta ad inseguire ciò che non è stata in grado di prevedere.

Ad oggi è poco più di fanta finanza, ma in 6 mesi, qualora non alzasse a dicembre, può accadere di ogni.

Nel report di trendmercati in prima pagina paventavamo di un possibile forte movimento direzionale causato dalle banche Centrali.
Il movimento c'è stato, soprattutto negli USA ed ha causato il break di importanti resistenze dello S&P500 ma non ha causato lo spike preventivabile a livello globale ma solo su alcuni indici specifici quali gli indici core europei, il Nikkei ed appunto i principali indici USA.

Ora il nostro compito come sempre è capire il perché e cercare di trasmettere questa informazione agli investitori consapevoli o interessati ad esserlo.

Il primo punto è sicuramente legato alla liquidità che un dollaro forte tende a ridurre comunque concentrando quindi il rialzo su alcuni mercati e settori forti o comunque beneficiari del movimento.

Il secondo motivo è che il mercato aspettava delle decisioni ed ha avuto due forti promesse a scadenza.

La prima promessa è che il 3 dicembre la BCE implementerà ulteriormente il QE

La seconda promessa è che il 16 dicembre la FED rialzerà i tassi.

Due decisioni decisamente antitetiche e soprattutto che presuppongono due considerazioni della situazione macro molto distanti una dall'altra e forse addirittura inconciliabili se non legate al tentativo di dare equilibrio alla liquidità mondiale e cioè considerazioni che non hanno nulla a che fare con le intenzioni dichiarate delle due banche centrali.

In particolare la decisione della BCE non ha più nulla a che vedere con l'espansione monetaria necessaria a trasferirsi all'economia reale e pure la decisione della FED diventa un tentativo di liberarsi dalla trappola del prigioniero legato mani e piedi ai movimenti dei mercati.

Ma entrambe queste decisioni non dovranno causare un forte movimento direzionale del dollaro attraverso la debolezza dei rendimenti europei e la forza dei rendimenti americani.

Nel caso infatti il dollaro si rafforzi eccessivamente esso causerebbe ulteriori problemi ai paesi emergenti, problemi che si accentuerebbero ulteriormente nei rapporti con la Cina sia che essa decida di lasciar rafforzare la valuta (rischiando un ulteriore decrescita dell'economia) oppure di indebolire il cambio danneggiando tutti i principali partner commerciali già alle prese con i problemi legati all'indebitamento in dollari.

Nel caso invece il dollaro si indebolisca troppo il problema verrebbe trasferito ai paesi avanzati che avrebbero dei nuovi problemi di competitività con l'area USA.

Insomma i mercati, che pure stanno tentando il trasferimento della liquidità dai mercati obbligazionari a quelli azionari, operazione che di solito è la gamba finale dei rialzi azionari, stanno valutando gli impatti di questi elementi di incertezza e quindi rispettando la stagionalità è possibile che dopo un forte ottobre si possa assistere ad un novembre prudente in attesa che le promesse diventino fatti ed in attesa delle reazioni intermarket collegate.

Per questo motivo il dollaro diventa chiave sia contro euro ma anche contro valute emergenti.
Il movimento di fine ottobre post banche centrali del cross euro/dollaro a nostro parere sta innervosendo gli investitori globali.

A sostegno di questa ipotesi gli indicatori di sentiment che sono stati per tutto il mese di ottobre favorevole ora molti di essi si sono posizionati in maniera neutrale se non anche negativa.

Il Fear&Greed index che somma diversi indicatori di momentum, partecipazione e sentiment si posiziona nuovamente su livelli elevati anche se non estremi.
 

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Aggiungiamo però qualche indicatore come la percentuale di orsi per l'AAII, un sondaggio tra investitori che mostra per la prima volta da mesi un calo radicale degli investitori ribassisti e quindi in ottica contrarian il rischio di una correzione e poi il rapporto tra acquisti e vendite degli operatori cosidetti insider, cioè quegli operatori classificati così in quanto manager dell'azienda o comunque persone informate dell'andamento della stessa.
In questo caso c'è un picco di vendite evento che solitamente segnala una certa sfiducia dei manager nell'andamento dell'impresa.
 

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inizia la settimana con i dati macro cinesi



Continua la frenata cinese


L’attività del settore manifatturiero in Cina in ottobre ha fatto segnare una nuova contrazione per il terzo mese consecutivo, con risultati che tendono a confermare i timori di una frenata cinese nel quarto trimestre.

I dati ufficiali diffusi domenica sono inferiori alle attese degli analisti, che si attendevano a una leggera ripresa rispetto a settembre.

Nel terzo trimestre la crescita economica in Cina è calata al 6,9% : il 2015 potrebbe toccare il livello più basso da venti anni.


Per quanto riguarda la Cina abbiamo dati contrastanti: come evidenziato da cesare il PMI manifatturiero cinese è ancora debole ma anche il non manifatturiero pur posizionandosi sopra il livello che segnala espansione (50) è su livelli che non si vedevano da settembre 2008.

In compenso i prezzi delle case nelle prime cento città cinesi sono cresciuti mese su mese dello 0,3% confermando il lento ma graduale recupero del prezzo degli immobili.

Da notare in questo fine settimana l'andamento del PMI australiano sotto le aspettative e l'andamento della borsa saudita che dopo il downgrade subito dal paese ha raggiunto i minimi di agosto segnando un doppio minimo che deve essere tenuto per non causare un ulteriore crollo dell'indice.
 

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