Svizzera accordo fiscale vicino (1 Viewer)

marofib

Forumer storico
Infatti
sono convinta che i soldi siano già u8sciti da un pezzo dalla Svizzere

è stato dato agli evasori il tempo necessario per mettersi al sicuro

sono 2 almeno che se ne parla

Tremonti disse NO
Monti disse NO


adesso che gli amici hanno portato al sicuro la loro liquidità

solo adesso si farà l'accordo


CHE SCHIFO
essere governati da ladri ed imbroglioni
in una Nazione dove le porsone oneste sono taglieggiate da EquitaGlia-canaGlia



sicuro che e' cosi'...ormai l'effetto sorpresa e' andato a farsi benedire
 

marofib

Forumer storico
abbiamo una classe dirigente che quando non e' ladra e' tonta..vedasi case a loro insaputa e diplomi falsi

da ste menti uscira' mai un'idea sana..che sia una?

si accorgeranno fra un po'.....se negli anni di piompo la popolazione rigettava quell'odio....ora non +
 

great gatsby

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CONFEDERAZIONE | ECONOMIA - 14:10
Accordi fiscali, i clienti non fuggono
Capitali tedeschi, inglesi e austriaci mantenuti per ora nelle banche svizzere

ZURIGO - Gli accordi fiscali che la Svizzera ha firmato con Germania, Gran Bretagna e Austria per il momento non determinano una fuga di clienti di banche svizzere domiciliati in questi paesi. Stando al presidente dell'Associazione svizzera dei banchieri (ASB) Patrick Odier, la gran parte di loro è in «buona fede fiscale».
«Non osserviamo una fuga di capitali», ha dichiarato oggi Odier in un'intervista all'agenzia di stampa Reuters. Il presidente dell'ASB scarta dunque i timori secondo cui i clienti che hanno nascosto denaro al fisco del loro paese lo ritirino dalle banche elvetiche prima dell'entrata in vigore degli accordi.
Ci saranno sempre persone che non intendono pagare le imposte e preferiscono portare i loro patrimoni altrove. Ma in ogni caso, dalla crisi finanziaria e l'adozione di regolamentazioni più rigide, le alternative alla piazza finanziaria elvetica stanno facendosi sempre più rare.

Intanto la Commissione della politica estera (CPE) del Consiglio degli Stati ha approvato di strettissima misura - cinque voti contro quattro e un'astensione - gli accordi fiscali che la Svizzera ha firmato con Germania, Gran Bretagna e Austria, indica un comunicato odierno della CPE. L'esito del dibattito nel plenum in vista della ratifica appare dunque aperto.

11.05.2012 - 14:10
 

great gatsby

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CONFEDERAZIONE | ECONOMIA - 14:10
Accordi fiscali, i clienti non fuggono
Capitali tedeschi, inglesi e austriaci mantenuti per ora nelle banche svizzere

ZURIGO - Gli accordi fiscali che la Svizzera ha firmato con Germania, Gran Bretagna e Austria per il momento non determinano una fuga di clienti di banche svizzere domiciliati in questi paesi. Stando al presidente dell'Associazione svizzera dei banchieri (ASB) Patrick Odier, la gran parte di loro è in «buona fede fiscale».
«Non osserviamo una fuga di capitali», ha dichiarato oggi Odier in un'intervista all'agenzia di stampa Reuters. Il presidente dell'ASB scarta dunque i timori secondo cui i clienti che hanno nascosto denaro al fisco del loro paese lo ritirino dalle banche elvetiche prima dell'entrata in vigore degli accordi.
Ci saranno sempre persone che non intendono pagare le imposte e preferiscono portare i loro patrimoni altrove. Ma in ogni caso, dalla crisi finanziaria e l'adozione di regolamentazioni più rigide, le alternative alla piazza finanziaria elvetica stanno facendosi sempre più rare.

Intanto la Commissione della politica estera (CPE) del Consiglio degli Stati ha approvato di strettissima misura - cinque voti contro quattro e un'astensione - gli accordi fiscali che la Svizzera ha firmato con Germania, Gran Bretagna e Austria, indica un comunicato odierno della CPE. L'esito del dibattito nel plenum in vista della ratifica appare dunque aperto.

11.05.2012 - 14:10


a me risulta diversamente....
 

great gatsby

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Roma Monti: «Incontro a breve»
Nulla osta a negoziati fiscali con la Svizzera, ha detto ieri il primo ministro italiano Ma intanto a Berna, in Commissione degli Stati, l'accordo con Berlino fatica a passare

■ ROMA «Avrò a breve un incontro con il presidente della Confederazione elvetica e ministro delle Finanze». Lo ha annuncia­to ieri il premier italiano Mario Monti, spie­gando che sono «venuti meno» gli ostaco­li ad un eventuale negoziato. «Affrontere­mo il tema con mente aperta e spirito co­struttivo», ha precisato in una conferenza stampa a Palazzo Chigi, sede della presi­denza del consiglio.«Con l'evoluzione re­cente, che salutiamo, sono venuti meno due ostacoli: quello derivante dalla Svizze­ra per quanto riguarda il problema tran­sfrontaliero e quello di carattere comuni­tario, cioè le eccezioni mosse dall'Unione europea a due trattati bilaterali. Questi due ostacoli non ci sono più e avrò in tempi bre­vi un incontro», ha detto Monti.


Come si ricorderà, mercoledì scorso era stata la consigliera federale Eveline Wid­mer-Schlumpf a far sapere che presto ci sarebbe stato il colloquio con il premier italiano, parallelamente allo sblocco dei ristorni dei frontalieri deciso dal governo ticinese.


Un primo gruppo di lavoro italo-svizzero è agendato per il 24 maggio. Vi si affronte­ranno temi come un possibile accordo fi­scale sul modello delle convenzioni già sot­toscritte dalla Confederazione con altri Paesi europei per regolarizzare i patrimo­ni di evasori, l'accesso ai mercati finanzia­ri, le black list esistenti, la revisione della convenzione bilaterale per evitare le dop­pie imposizioni (anche con riferimento al­lo scambio d'informazioni), nonché l'im­posizione dei lavoratori frontalieri italia­ni, un oggetto molto sentito in Ticino.

L'in­contro fra il primo ministro italiano e la presidente della Confederazione svizzera si svolgerà prima di questa data.



Le dichiarazioni di Monti sono state subi­to commentate in Italia da Antonio di Pie­tro. «Sull'accordo bilaterale con la Svizze­ra speriamo che dalle belle parole si passi subito ai fatti. Fino ad oggi abbiamo assi­stito solo a sterili annunci senza azioni con­seguenti»: ha detto il presidente dell'Ita­lia dei Valori ed ex magistrato di Mani pu­lite, «L'Italia dei Valori - ha aggiunto -ha presentato una mozione e ha sollecitato, in tutte le sedi, l'avvio delle procedure af­finché anche l'Italia, come già fatto dalla Germania e dalla Gran Bretagna, potesse recuperare il prelievo fiscale sui capitali esportati illegalmente. Il governo, però, ha fatto orecchie da mercante», ha aggiunto il politico italiano.
Nel frattempo da Berna giungono notizie poco rallegranti sulla sorte degli altri ac­cordi fiscali, segnatamente quello con Ber­lino. Infatti, ieri la Commissione della po­litica estera (CPE) del Consiglio degli Sta­ti ha approvato di strettissima misura - cin­que voti contro quattro e un'astensione - gli accordi fiscali che la Svizzera ha firma­to con Germania, Gran Bretagna e Austria. L'esito del dibattito nel plenum in vista del­la ratifica appare dunque aperto.


In un primo tempo i commissari, con sei voti contro uno e tre astensioni, avevano bocciato la proposta di rinviare il proget­to al governo. In Parlamento la minoran­za chiederà che il CF torni nuovamente a negoziare gli accordi affinché le regole re­lative alla gestione e all'utilizzazione dei dati rubati di clienti di banche svizzere sia­no più chiare e tengano maggiormente conto del principio di reciprocità.

Per la minoranza commissionale inoltre l'accor­do con Berlino deve escludere la possibi­lità per l'Autorità tedesca di sorveglianza dei mercati finanziari di procedere a qual­siasi genere di verifica in Svizzera.
 

great gatsby

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■ RISTORNI E DINTORNI
GRAZIE, MA ABBIAMO GIÀ DATO

di GIOVANNI GALLI
Il Ticino ha pagato per tutta la Svizzera, sull'arco di qua­si quarant'anni, il prezzo della tutela del segreto ban­cario con l'Italia.

Negli anni Settan­ta, l'aliquota di ristorno del 40% (poi ridotta all'attuale 38,8%) sul reddi­to del lavoro dei frontalieri era sta­ta fissata ad un livello più alto rispet­to a quelle previste per Germania e Austria proprio come controparti­ta per la «pace» sul fronte dello scambio di informazioni. È un dato che bisogna tenere presente ora che il Cantone si appresta ad essere coinvolto nei negoziati fiscali tra la Confederazione e l'Italia. Per il Ticino si apre una partita dif­ficile e a più livelli. Il primo lo vedrà partecipe, al fianco della Confede­razione, delle trattative a tutto cam­po, che comprenderanno l'accordo fiscale sul modello delle intese già sottoscritte con altri Paesi europei per regolarizzare i patrimoni degli evasori, l'accesso ai mercati finan­ziari, le black list italiane e, appun­to, la revisione dell'accordo sull'im­posizione dei frontalieri, che è par­te integrante della convenzione sul­la doppia imposizione.

Il secondo livello è invece quello dei rapporti con la Confederazione, perché il Cantone, compatibilmente con gli interessi nazionali preminenti, do­vrà cercare di difendere anche le sue prerogative. Se la prima partita si gioca innanzitutto sul piano diplo­matico, la seconda è esclusivamen­te di natura politica interna e rien­tra nel solco dell'iniziativa cantona­le sui ristorni, tuttora sotto esame alle Camere.

L'iniziativa sembra av­viata su un binario morto, perché a differenza del Nazionale gli Stati non intendono affrontare la questione in termini perentori, ma contiene una proposta di compensazione pe­cuniaria a vantaggio del Ticino che sarebbe più che giustificato non la­sciar cadere. Un nuovo accordo sui frontalieri tra­mite l'attenuazione dell'aliquota di ristorno, ben inteso, è solo una va­riabile secondaria di una trattativa tesa a trovare soluzioni in ambiti de­cisamente più importanti per gli in­teressi del Cantone.


Prioritari sono la ricerca di una convenzione bila­terale sulla tassazione dei capitali non dichiarati, dalla quale - sempre che i termini siano accettabili e non si traducano nella classica zappa sui piedi - potrebbe dipendere il futuro della piazza finanziaria, così come la cancellazione della Svizzera dalle «black list» fiscali, che penalizzano le società industriali e commerciali e rappresentano di fatto un barriera protezionistica.


Preso a sé stante, il tema dei ristorni ha un'importanza relativa, ma potrebbe diventare oggetto di una trattativa molto più articolata e complessa, con la richiesta da parte italiana di un miglior scambio di informazioni fiscali.

Ci sono fondate ragioni per rivederlo e attualizzarlo. L'aliquota attuale del 38,8% è giudicata troppo alta dal Ticino che tramite l'iniziativa cantonale ha formalmente chiesto a Berna di rinegoziarla con l'obiettivo di portarla al 12,5%, analogamente a quanto viene fatto con l'Austria. Con l'entrata in vigore dell'accordo bilaterale sulla libera circolazione è caduto l'obbligo di rientro giornaliero dei frontalieri a domicilio.

È presumibile che il numero di queste persone sia aumentato dal 1985 (data dell'ultima revisione dell'accordo sui ristorni) ad oggi, legittimando una riduzione dell'aliquota. Sul tappeto c'è anche la questione della mancata reciprocità, che impedisce a diversi Comuni ticinesi di incassare le imposte sui redditi dei contribuenti residenti in territorio elvetico che lavorano oltre confine. Svizzera e Italia potrebbero anche decidere di modificare radicalmente i termini dell'intesa.


Oggi i ristorni vengono calcolati sui frontalieri che provengono da una fascia di confine delimitata (20 km). Per quei lavoratori che provengono da più lontano il Cantone incassa senza riversare nulla. Sul tavolo c'è anche l'ipotesi di togliere questo limite, che si tradurrebbe in un aumento della base impositiva (sono circa tremila, ed in continuo aumento, i frontalieri che vengono da lontano), da temperare tramite un'aliquota di riversamento più bassa. Per l'Austria è prevista sì un'aliquota del 12,5%, ma i ristorni concernono tutti gli austriaci che vengono a lavorare in Svizzera, non solo quelli dei Comuni di confine. Si può quindi presumere che ci sarà un confronto serrato anche su questi aspetti, con l'Italia che cercherà di spuntare un'aliquota più alta possibile e la Svizzera che invece cercherà di ridurla.


Indipendentemente dalla soluzione che sarà trovata, è importante che il Ticino non venga più penalizzato, o attraverso una congrua riduzione dell'aliquota di ristorno o evitando che il Cantone continui a pagare per tutti. Sacrificare le rivendicazioni in fatto di ristorni sull'altare di un accordo complessivo (purché vantaggioso) in ambito fiscale ci potrebbe anche stare; ma in questo caso, nel solco dell'iniziativa cantonale, è importante tenere alta la guardia affinché la Confederazione compensi al Cantone le eventuali concessioni fatte all'Italia in nome dell'interesse generale. In altre parole «abbiamo già dato».


cdt,oggi
 

great gatsby

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L'INTERVISTA ■ FRANCO CITTERIO
«La pressione dei ristorni ha aiutato»
Il direttore ABT: per Rubik con l'Italia un'aliquota più bassa di quella tedesca

A CURA DI
GIANNI RIGHINETTI
■ Le trattative che prenderanno il via il 24 maggio interessano anche il mondo bancario. Siete fiduciosi?
«Sì, ma non solo. Il dossier fiscale Italia-Svizzera include tutta una serie di tema­tiche che riguardano l'intera economia. La revisione della Convenzione contro la doppia imposizione (CDI) e l'Accordo sull'imposizione dei frontalieri conten­gono aspetti che toccano in particolare lo Stato (Cantone e Confederazione) e le aziende svizzere che esportano beni e servizi in Italia (e viceversa). Il settore fi­nanziario è chiaramente toccato invece dalla Convenzione sulla regolarizzazio­ne dei valori patrimoniali detenuti in Svizzera da contribuenti non residenti e dall'introduzione di un'imposta alla fon­te sui futuri redditi da capitale (cosiddet­to “modello Rubik”)».


A sbloccare la situazione ha contribui­to maggiormente l'ordine di versamen­to dei ristorni, oppure Bruxelles che ha definito eurocompatibile l'accordo Ru­bik sottoscritto con Gran Bretagna, Ger­mania e Austria?


«L'ok dell'Unione europea è stato de­terminante. Il premier italiano Mario Monti è notoriamente ligio alle rego­le comunitarie e quindi mai si sareb­be azzardato ad avviare un dialogo con la Svizzera senza un assenso da Bru­xelles. Non nascondo però che il bloc­co dei ristorni, appoggiato un anno fa anche dall'Associazione bancaria tici­nese (ABT) e dalle altre principali as­sociazioni economiche ticinese, ha prodotto una pressione politica che ha avuto i suoi effetti sulla Regione Lom­bardia e, di riflesso, su Roma».


Sul fronte elvetico delle trattative vi sa­rà anche un rappresentante del Gover­no. Avete già un nome da suggerire?
«Immagino che al tavolo delle trattative ci sarà un consigliere di Stato ticinese vi­cino alle tematiche fiscali ed economi­che. È però importante sapere anche che, accanto al tavolo delle trattative, sono già attivati da tempo dei gruppi d'accompa­gnamento tecnico, nei quali sono pre­senti altri rappresentanti ticinesi in am­bito fiscale e finanziario. Anche l'ABT è attiva e conta di fornire tutto il supporto possibile affinché si giunga ad un accor­do che salvaguardi gli interessi della piaz­za finanziaria ticinese».


Sul tavolo, come detto, torna anche il si­stema fiscale Rubik, nato in Ticino e che prevede il pagamento di un'imposta li­beratoria sui capitali stranieri non di­chiarati depositati in Svizzera da non residenti, che sarà successivamente tra­sferita allo Stato interessato. Come no­to il problema è l'aliquota. Qual è la for­chetta per voi accettabile?
«Il modello di accordo Rubik proposto a Germania, Regno Unito e Austria con­tiene gli elementi di calcolo per la de­terminazione dell'aliquota d'imposta sui capitali detenuti in Svizzera. Le va­riabili di questa formula matematica piuttosto complessa sono l'imposizio­ne dei redditi finanziari, il genere dei rendimenti e i termini di prescrizione vigenti nei rispettivi Paesi. Il risultato di questo calcolo per la Germania e per il Regno Unito sono aliquote che si muo­vono in un intervallo piuttosto ampio, a dipendenza degli importi investiti e del tempo trascorso. Infine, nel corso del negoziato sono state inserite anche variabili “politiche” per accontentare le richieste della controparte. Nel caso del­l'Italia le aliquote dovrebbero comun­que risultare sensibilmente più conte­nute, in particolare perché le aliquote italiane sui rendimenti finanziari sono molto più basse rispetto alla Germania e al Regno Unito. Se devo esprimere un parere direi che un'aliquota attorno al 10% sarebbe “sostenibile”. Se andassi­mo oltre, la clientela scapperebbe e l'Ita­lia non incasserebbe nulla».


Fino all'anno scorso l'Italia applicava il 12,5%, poi è arrivato Monti ed è stata portata al 20%. Si tratta di un elemento che non fa sperare nulla di buono. O ci sbagliamo?
«La situazione economica e finanzia­ria in Italia fa paura. La caccia all'eva­sore, il continuo aumento della pres­sione fiscale e la recessione congiuntu­rale stanno producendo effetti delete­ri. Ora si è aggiunto, con le ultime ele­zioni comunali, un chiaro spostamen­to dello schieramento politico verso si­nistra. Sono tutti elementi che non la­sciano presagire nulla di buono per il risparmiatore italiano.
In teoria neppure l'Italia ha interesse a un'aliquota troppo alta con Rubik. Pe­na un minore incasso determinato dal­la fuga di capitali dal nostro Paese. Sol­di che non è scontato finiranno in Ita­lia. Che cosa rischia la nostra piazza bancaria?


«Se l'accordo non sarà più che calibra­to, la clientela volerà verso altri lidi. È no­to che i capitali si muovono velocemen­te se non trovano un “humus” favorevo­le. In questo caso gli effetti per la nostra piazza finanziaria saranno molto nega­tivi sia in termini di occupazione sia in termini di gettito fiscale, con tutte le con­seguenze che possiamo immaginarci quando parliamo di un ramo economi­co che nel nostro Cantone produce il 17% del PIL e paga tra il 30% e il 50% del­le imposte delle persone giuridiche».
Lo scorso mese le associazioni econo­miche avevano suggerito al Consiglio di Stato di sbloccare i ristorni delle im­poste dei frontalieri, chiedendo quale contropartita immediata l'abolizione delle black list. Lo sblocco ora c'è stato. Ma nulla più. Non suona un po' come un sinistro presagio?


Nella nostra istanza del 2 aprile scorso si suggeriva al Governo ticinese di sbloccare unilateralmente i ristorni trat­tenuti lo scorso anno, quale segno di apertura spontaneo nell'intento di fa­vorire una soluzione consensuale ri­guardo a tutte le controversie fiscali aperte con l'Italia, in particolare le fa­mose blacklist. Noi partiamo dal pre­supposto che se ora il Consiglio fede­rale ha annunciato finalmente l'avvio del negoziato con l'Italia, anche da par­te italiana ci sia la volontà di trovare una soluzione a tutte le tematiche sul tap­peto. Mi sembra evidente che se entro fine giugno le trattative non dovessero avere un seguito concreto, il Governo ticinese potrebbe decidere di trattene­re, questa volta integralmente, i ristor­ni dei frontalieri riferiti al 2011».


A catalizzare l'interesse della politica sono stati però i ristorni delle impo­ste versate dai frontalieri. Eppure la questione finanziaria e le black list hanno un peso ben superiore. Signi­fica che il Ticino si è perso un po' in un bicchiere d'acqua?

«Comprensibilmente si è voluto sottoli­neare l'impegno del Governo cantona­le nel trovare una soluzione quando la Confederazione sembrava lontana dai problemi a sud delle Alpi. Ora che il dia­logo è stato aperto dobbiamo tutti foca­lizzarci sui problemi più importanti che sono quelli che ha citato lei».
In qualità di politico del PLR (ndr. Cit­terio è sindaco di Porza), se la sente di ringraziare la maggioranza Lega-PPD del Governo che aveva bloccato i ri­storni nove mesi fa?
«Cerco sempre di distinguere il lavoro professionale dalla mia appartenenza partitica. Quale rappresentante di un'associazione economica reputo più importante dare retta a chi formula idee e proposte, indipendentemente dal fronte politico dal quale provengono. Quindi se anche gli altri partiti prendo­no posizioni vicini agli interessi del­l'economia cantonale, non ho nessuna difficoltà a riconoscerne i meriti».


Se entro fine giugno non ci sa­ranno risultati, si potrebbe trattenere il riversamento 2011





Ormai non si attende che il 24 maggio. Il giorno in cui prenderanno il via le trattative tra Svizzera e Italia per trovare un accordo sui tre temi che hanno raf­freddato i rapporti tra i due Paesi. La proposta Rubik (che evita lo scambio au­tomatico di informazioni sui clienti con depositi liquidi all'estero), le black list e l'aliquota di ristorno delle imposte dei frontalieri. Di tutto questo si parlerà martedì 15 maggio a Piazza del Corriere (vedi riquadrato). Abbiamo intervi­stato il direttore dell'Associazione bancaria ticinese Franco Citterio.

BERNA-ROMA Franco Citterio sulla maggioranza Lega-PPD che ha bloccato i ri­storni: «Non ho nessuna difficoltà a riconoscerne i meriti»
 
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tontolina

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Lugano addio: il paradiso fiscale più forte d’Europa è finito sotto assedio

Gli Stati Uniti demoliscono il segreto bancario. Gran Bretagna, Germania, Austria e ora Italia vogliono le tasse non pagate dagli evasori che hanno esportato capitali. E un intero sistema, quello della Svizzera, inizia a crollare


Lugano addio: il paradiso fiscale più forte d’Europa è finito sotto assedio – Il Fatto Quotidiano


ma chi scrive questi articoli è sicuro di non dire cazzate?
o lo fa di proposito?

 

great gatsby

Guest
é la stessa domanda cha mi ero posto

ringrazio per l'occhio di riguardo nei confronti della svizzera



ma il gioco é chiaro:
l'autore OGGI ha voglia di sparlare delle banche americane

e far fare la figura dell'agnello alle banche svizzere
 

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