Macroeconomia Usa-Europa strategie di investimento (1 Viewer)

mariougo

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Il prossimo anno negli USA l'inflazione potrebbe aumentare. Che questo sia positivo per l'oro dipende dal futuro corso della Fed. Se la Fed aumenta il tasso di riferimento più rapidamente di quanto atteso, ciò potrebbe avere un effetto negativo sul prezzo dell'oro. Vediamo confermato quindi il nostro posizionamento sottoponderato. Manteniamo anche il posizionamento sovraponderato risp. neutrale per le strategie alternative e gli investimenti immobiliari indiretti. Già da più di otto anni l'economia USA sta accelerando. Nel frattempo vi sono segnali che il punto massimo è stato superato, mentre l'inflazione USA non è ancora aumentata sensibilmente, il che tuttavia nel 2018 potrebbe avvenire con un certo ritardo. Di norma, i periodi inflazionistici sono favorevoli all'oro, poiché a differenza di altre classi d'investimento è immune da perdite di valore in caso di un forte rialzo dell'inflazione. Le quotazioni dell'oro si muovono da sei mesi tra USD 1'250.- e 1'350.- per oncia troy. Abbiamo analizzato la performance dell'oro in fasi di fine ciclo, che per definizione si presentano prima di una recessione. Dalla fine del cosiddetto sistema aureo all'inizio degli anni 1970 tali periodi si sono osservati sei volte: In tre periodi ci sono stati dei significativi mercati rialzisti per il metallo prezioso e negli altri tre il prezzo dell'oro si è mosso più o meno lateralmente. I periodi di forte guadagno del metallo prezioso evidenziano alcune similitudini. Sia all'inizio e alla fine degli anni 1970 sia prima della recente crisi finanziaria, i banchieri centrali USA sono stati prudenti con gli aumenti dei tassi. Hanno aumentato quindi i tassi di riferimento in misura minore rispetto a quanto, secondo la regola di Taylor, sarebbe stato opportuno. Questa mette in relazione i tassi di riferimento con l'inflazione e la disoccupazione e chiarisce quando la politica monetaria è troppo accomodante, troppo rigida o «corretta». Anche oggi sembra che la Fed sia piuttosto prudente con gli aumenti dei tassi. È tuttavia possibile che il nuovo Presidente, Jerome Powell, il prossimo anno aumenti i tassi più di quanto atteso dai mercati finanziari, il che potrebbe limitare il potenziale per i prezzi dell'oro. Contesto a favore del mantenimento del posizionamento Rimaniamo quindi sottoponderati nell'oro, mentre in considerazione di alcune incertezze che dureranno fino al 2018 – per esempio riguardo alle prossime nuove elezioni in Italia – per il momento manteniamo il posizionamento sovraponderato per le strategie alternative. Continuiamo a ritenere opportuna anche la quota neutrale per gli investimenti immobiliari indiretti, poiché il premio rispetto ai rendimenti obbligazionari rimane sempre relativamente attraente. Il rendimento complessivo dei fondi immobiliari, invece, è diminuito nettamente dal suo punto massimo all'inizio di agosto. Gli effetti frenanti dovrebbero essere stati generati soprattutto dall'offerta supplementare tramite aumenti di capitale e quotazioni dei fondi immobiliari, che vengono favoriti dal persistente stato di emergenza degli investimenti
 

mariougo

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Alla fine, dopo una dura lotta, poco prima di Natale negli USA è stata approvata la riforma fiscale. È il primo grande progetto legislativo dell'era Trump realizzato. La riforma prevede una riduzione costante delle aliquote d'imposta sulle imprese e un'imposta forfettaria inferiore in caso di rimpatrio dei profitti aziendali parcheggiati all'estero. Le modifiche, già valide a partire da quest'anno, dovrebbero ripercuotersi positivamente in particolare sui profitti aziendali delle imprese USA. Sui mercati azionari ciò è stato anticipato in gran parte già negli ultimi mesi con una performance più forte degli indici USA. Inoltre, per le imprese, la decisione temporanea relativa alla totale detraibilità diretta delle spese per gli investimenti dovrebbe incidere in modo positivo sulla dinamica degli investimenti. La riforma determinerà sgravi anche per le famiglie. L'aliquota massima e l'aliquota marginale d'imposta scenderanno, e la detrazione forfettaria verrà quasi raddoppiata con la contemporanea eliminazione di alcune agevolazioni fiscali. A differenza delle riduzioni dell'aliquota d'imposta sulle società, tali misure saranno tuttavia valide solo temporaneamente fino al 2025. Inoltre la decisione dell'eliminazione dell'obbligo a un'assicurazione sanitaria e un nuovo indice dei prezzi come base per adeguamenti futuri dei limiti relativi alla tassazione, ribalteranno nei prossimi anni lo sgravio per molte famiglie. A breve termine la riforma fiscale ora approvata avrà chiari effetti positivi sulla congiuntura USA, sostenendo in particolare il consumo e gli investimenti delle aziende. Così nel 2018 la crescita del PIL dovrebbe di nuovo essere leggermente superiore all'anno scorso. Considerato lo stadio già avanzato del ciclo congiunturale USA e il fatto che le riforme mirino a un incremento dei profitti aziendali non prevediamo tuttavia una forte spinta alla crescita. Tale valutazione è condivisa anche dalla maggioranza dei responsabili della Fed, le cui previsioni sui tassi ultimamente sono rimaste invariate nonostante il delinearsi della riforma fiscale. La dinamica salariale e inflazionistica, sempre moderate, sono finora ancora sfavorevoli a un'accelerazione della normalizzazione
dei tassi. La prossima settimana l'imminente rapporto sul mercato del lavoro e i dati inflazionistici per dicembre forniranno nuove informazioni in merito
 

mariougo

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Goldilocks è forse l’unica protagonista di una fiaba a essere riuscita a entrare nel gergo economico di tutti i giorni. L’eroina del XIX secolo è passata alla storia perché, a differenza dei suoi tre amici orsi, le piaceva la minestra d’orzo non troppo calda né troppo fredda. L’atteggiamento ragionevole della bambina di fronte alle avversità deve aver impressionato alcuni professionisti del mondo finanziario odierno (che di solito preferiscono comunque i tori agli orsi). E cosi “Goldilocks” è diventata sinonimo di un’economia temperata, non troppo calda da provocare un’inflazione, né troppo fredda da causare una recessione. Una tale situazione è caratterizzata da un basso tasso di inflazione, un incremento dei prezzi dei titoli, bassi tassi di interesse e una costante crescita del PIL. Il 2017 merita indubbiamente un tale appellativo. Ma che ne è del 2018?

Dalla metà del 2016, l’economia mondiale è entrata in un circolo vizioso, con un’ampia ripresa sincronizzata che ha indotto organizzazioni come il Fondo Monetario Internazionale e l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico a rivedere al rialzo le loro previsioni di crescita del PIL. Sebbene negli Stati Uniti regni di fatto la piena occupazione, la crescita dei salari e i dati sull’inflazione “core” sono rimasti modesti. Ciò ha consentito alla U.S. Federal Reserve e a molte banche centrali di mantenere una politica monetaria nel complesso espansiva. Anche se negli USA ci aspettiamo un’accelerazione dell’inflazione “core” (esclusi i prezzi dell’energia) dall’attuale 1,4 percento all’1,8 percento nel secondo trimestre 2018, il nostro scenario principale non prevede un’economia americana surriscaldata. Ciò significa che, secondo le nostre previsioni, la crescita dovrebbe raggiungere il 2,5 percento e la banca centrale americana dovrebbe aumentare i tassi di interesse solo due volte nel corso dell’anno. Se partiamo dal presupposto che gli utili societari salgano a un percentuale a due cifre nel 2018 e che la riforma fiscale americana venga attuata, possiamo aspettarci una sovraperfomance delle azioni
sui titoli di Stato e un buon supporto per i mercati del credito. A questo punto però le valutazioni assolute non sembrano più molto allettanti, il che limita i rendimenti attesi . Cosa potrebbe far deragliare il nostro scenario principale di una nuova “Goldilocks”?

Lo scenario meno desiderabile: una crescita fiacca
Per il momento non vediamo alcun motivo per cui l’economia mondiale debba rallentare, ma un mix di eventi avversi potrebbe avere questo effetto. Innanzitutto l’attuale stretta delle autorità cinesi sui veicoli d’investimento che finanziano il vasto sistema bancario “ombra” potrebbe innescare un rallentamento economico più accentuato del previsto, con ripercussioni negative sul commercio mondiale. Negli USA, una riforma tributaria abborracciata potrebbe spingere le imprese a ridurre i costi e gli investimenti, mentre un calo degli guadagni sui mercati azionari e immobiliari – associato a una mediocre crescita dei salari – potrebbe frenare la spesa dei consumatori. In Europa, una vittoria del Movimento 5 Stelle alle prossime elezioni italiane potrebbe ridestare i timori sul futuro dell’eurozona. In un tale ambiente, i mercati azionari potrebbero essere penalizzati dalle revisioni al ribasso delle stime sugli utili societari da parte degli analisti. Di conseguenza, le banche centrali potrebbero tornare in modalità di crisi, provocando eventualmente una fuga verso i porti sicuri, titoli di Stato e oro. Questo scenario ci sembra tuttavia poco probabile.
Un altro scenario poco allettante: la paura dell’inflazione
In un periodo in cui addirittura i membri della U.S. Federal Reserve sono sorpresi da un livello di inflazione così modesto, un rialzo dell’indice dei prezzi al consumo potrebbe essere una vera sorpresa: non deve essere necessariamente un’impennata assurda come quella della “Repubblica di Weimar” o degli anni Settanta, ma un probabile superamento del target del 2 percento di gran parte delle banche centrali. Affinché una tale ipotesi si avveri, l’aumento dei salari dovrebbe sforare l’attuale range del 2,4-2,8 percento, in modo da indurre la Fed a un forte giro di vite allo scopo di evitare un surriscaldamento . Per esempio, cinque manovre rialziste nel 2018, che porterebbero il tasso di riferimento statunitense al 2,75 percento, sarebbero una grossa sorpresa per gli operatori di mercato e molto probabilmente spingerebbero al ribasso i prezzi azionari e obbligazionari. Un rendimento del 2,75 percento farebbe delle liquidità in dollari USA un temuto concorrente di molti asset a caro prezzo, specialmente sui mercati delle obbligazioni societarie.
Lo scenario auspicato: una nuova “Goldilocks
Guardando al 2018, crediamo che vi sia una buona probabilità che permangano delle condizioni “Goldilocks”, almeno nel primo semestre. Questo ambiente favorisce le azioni e le obbligazioni societarie. Allo stesso tempo, il graduale ritiro di liquidità da parte delle banche centrali – e della Fed in particolare – graverà probabilmente sui rendimenti dei titoli di Stato dell’Europa “core”.

Maggiore focus sugli investimenti alternativi
Non intendiamo apportare modifiche di rilievo al posizionamento del nostro portafoglio perché è ampiamente in linea con il nostro scenario principale. Considerata l’elevata valutazione dei mercati azionari e obbligazionari in termini assoluti, continuiamo ad aumentare gradualmente la nostra esposizione in strategie alternative, destinate a fornire dei rendimenti non correlati con altre asset class. I mercati “orso” non muoiono di vecchiaia, ma si indeboliscono con l’ottimismo e muoiono di euforia. Oggi l’ottimismo è molto diffuso tra gli operatori, ma è ancora lungi da livelli euforici. Il 2018 si presenta bene, però dobbiamo restare vigili.
 

mariougo

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Quella che si gioca ogni giorno sui mercati finanziari è sempre più una partita tra robot. Non ci sono dati ufficiali su quanti degli scambi delle borse siano opera di sistemi di intelligenza artificiale, ma stime attendibili – come quella diffusa quest’estate da JpMorgan Chase – dicono che a Wall Street l’algo-trading rappresenta ormai il 60% dei volumi. Nella maggioranza dei casi l’acquisto o la vendita di un’azione è quindi il frutto automatico dei calcoli elaborati dai computer sulla base delle istruzioni contenute in complicati algoritmi e delle informazioni che raccolgono autonomamente sul web. Gli algoritmi possono essere più o meno efficienti nel loro processo decisionale e più o meno abili nel sondare i big data in cerca degli elementi giusti per elaborare le scelte. In genere se si tratta di gestire gli scambi quotidiani e non di valutare il potenziale a lungo termine di un’azienda su cui investire, i robot sono trader migliori degli umani. Si muovono velocissimi e hanno una mostruosa capacità di raccogliere le informazioni e analizzarle rapidamente. E poi non si emozionano mai, non hanno paura se le cose vanno male né si galvanizzano quando stanno guadagnando. Funzionano. Difatti anche i giganti della finanza mondiale, come Goldman Sachs e JpMorgan, periodicamente annunciano il licenziamento di un certo numero di trader umani Il problema dell’intelligenza artificiale è che ogni tanto si dimostra incredibilmente stupida. È successo per esempio lo scorso martedì, quando i robot hanno abboccato alla bufala che parlava delle dimissioni del presidente sudafricano Jacob Zuma. Lo aveva scritto un tipico sito di ’fake news’. I trader automatizzati però hanno letto e ci hanno creduto. A confonderli, secondo una teoria avvalorata da Bloomberg, potrebbe essere stato anche un’altra notizia, vera ma che non c’entrava nulla. Negli stessi minuti in cui si diffondeva la bufala delle dimissioni, la compagnia di lanci spaziali SpaceX tentava di mandare in orbita un satellite militare americano, ma per motivi ancora da capire è andata male e l’apparato è sprofondato nell’oceano. Sfortunatamente per i robot, il nome in codice di questa missione era Zuma. Su Twitter quindi si è propagato il dibattito sul fallimento di Zuma, e nei cervelli artificiali si è rafforzata la convinzione che stesse per cambiare il presidente del Sudafrica. Sondando il web i robotrader già sapevano che l’oppositore di Zuma all’interno dell’African National Congress, Cyril Ramaphoa, promette politiche più favo- revoli alla crescita economica. Risultato: sono partiti gli acquisti. Il valore del rand, la valuta sudafricana, è salito dell’1% rispetto al dollaro americano nel giro di cinque minuti, per poi scendere altrettanto rapidamente quando i trader umani sono intervenuti per rimettere a posto le cose, un po’ come il vecchio mago nella favola dell’apprendista stregone.
Non è raro che i robot facciano errori del genere, lasciandosi imbrogliare da notizie sballate. Nel 2013 un hacker entrò nell’account su Twitter dell’agenzia americana Associated Press e scrisse che il presidente Barack Obama era stato ferito in un’esplosione alla Casa Bianca. Ci hanno creduto solo i robot, che hanno provocato un repentino crollo dei listini americani, seguito da una correzione altrettanto rapida. Ci sono cascati anche l’ottobre scorso, quando qualcosa è andato storto durante un test del servizio di notizie Dow Jones Newswire. L’agenzia ha trasmesso per errore ai clienti testi di prova dove si raccontava che «in una mossa sorprendente per chiunque, Google ha annunciato che comprerà Apple per 9 miliardi di dollari». Chiunque conosca un minimo le due aziende ha visto subito subito che non aveva senso. Se non altro perché Apple valeva più di cento volte tanto. Ma la fonte era affidabile e gli algoritmi ci sono cascati, vendendo una montagna di azioni Apple. Subito i titolari dei soldi sono intervenuti per fermarli.
C’è uno zampino robotico anche dietro alle assurde performance delle aziende che si legano anche vagamente alle criptovalute. A dicembre alla Long Island Iced Tea, compagnia newyorchese che produce tè ed è in perdita da anni, è bastato ribatezzarsi Long Blockchain Corp. per ingannare gli algoritmi e guadagnare in Borsa il 289% in pochi minuti. È successo qualcosa del genere anche con un marchio ben più conosciuto come Kodak. L’azienda va piuttosto male, ma martedì ha annunciato una collaborazione per lanciare un servizio per premiare il laovoro dei fotografi che funziona con una ’blockchain’, la tecnologia alla base dei bitcoin. Gli algoritmi si sono entusiasmati e hanno scatenato le vendite: il valore dell’azione Kodak è volato da 3,5 a 12,8 dollari in mezza giornata. Magie degli automatismi dell’intelligenza artificiale. I cui periodici episodi di stupidità – ha avvertito il Financial Stability Board, l’organismo creato dal G20 per evitare nuove crisi economiche mondiali scatenate dalle Borse – rappresentano sempre più un rischio per il sistema finanziario globale.
 

mariougo

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Questa settimana la stagione delle comunicazioni ha preso slancio a livello globale. Negli USA già un quinto delle aziende dello S&P 500 ha comunicato l'andamento degli affari, con un solido incremento degli utili finora di oltre l'8%. Beneficiano dell'aumento del prezzo del petrolio soprattutto aziende del settore energetico. Finora in Svizzera hanno attirato l'attenzione Novartis e UBS. UBS ha compensato velocemente il forte calo iniziale dei corsi dopo la pubblicazione dei dati. L'effetto della riforma fiscale USA è temporaneo , mentre il programma di riacquisto di azioni per gli azionisti va valutato positivamente. A metà settimana Novartis ha sostenuto in modo considerevole un mercato globale negativo, con buoni dati e una previsione positiva per l'esercizio corrente. Dopo gli impulsi positivi della riforma fiscale USA per i mercati azionari, è ora il turno di temi piuttosto spiacevoli. Anche se all'inizio di questa settimana si è potuto evitare un prolungato «shutdown» del governo USA, il termine per l'accordo sul nuovo bilancio è stato però posticipato per ora solo fino a inizio febbraio. Inoltre da inizio anno il governo USA ha cominciato ad attuare ulteriori misure protezionistiche, ad esempio dazi punitivi sull'importazione di pannelli solari e lavatrici. Questa settimana inoltre il ministro del Tesoro USA, Mnuchin, ha definito positiva la debolezza dell'USD per il commercio USA. La rapida svalutazione dell'USD preoccupa anche la BCE. L'USD debole frena tra l'altro la dinamica inflazionistica nell'EZ. Ad esempio l'aumento del prezzo USD per il greggio influenza appena i prezzi dell'energia nell'EZ. Il tasso d'inflazione di gennaio, atteso la prossima settimana, dovrebbe persino diminuire a causa di un effetto di base frenante dei prezzi dell'energia. Ciò dovrebbe essere stato uno dei motivi della valutazione della situazione sempre prudente alla riunione della BCE di questa settimana. Come previsto, questa volta non sono state apportate altre modifiche alla politica monetaria dopo che, solo a inizio anno, la BCE ha iniziato a ridurre i propri acquisti di obbligazioni. Nel verbale dell'ultima riunione era stato segnalato che, in caso di andamento congiunturale sempre positivo, sarebbe presto opportuna una modifica della retorica in merito alla valutazione sull'ulteriore sviluppo degli acquisti di obbligazioni. Al riguardo però, in occasione della prima riunione dell'anno, non ci sono state né modifiche né discussioni. Nel frattempo le previsioni congiunturali per l'EZ rimangono positive. Di recente le previsioni sulle esportazioni hanno certo sofferto leggermente, la domanda interna si mostra però solida. La prossima settimana ciò dovrebbe rispecchiarsi anche nei dati dei sondaggi tra le aziende per la Svizzera. È prevista poi anche la pubblicazione della prima stima sul PIL dell'EZ per l'ultimo trimestre che dovrebbe risultare altrettanto buona dei trimestri precedenti. Di conseguenza, in generale nel corso dell'anno si prevedono altre fasi di normalizzazione della BCE. Da marzo è possibile una modifica alla «guidance» per gli acquisti di obbligazioni. Negli USA la prossima settimana si riunirà la Fed. Dopo l'aumento dei tassi a dicembre, essa dovrebbe fare una pausa per cui la prossima settimana assumeranno maggiore importanza il rapporto sul mercato del lavoro USA e relativi dati salariali.
 

mariougo

Forumer storico
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Come previsto, durante l'ultima riunione con Janet Yellen quale presidente del Comitato del mercato aperto (FOMC) la Fed ha lasciato invariati i tassi di riferimento. A inizio anno la valutazione della situazione dei funzionari della Fed era leggermente più positiva. E ora si prevede che nel 2018 l'inflazione negli USA crescerà. Alla luce del recente e significativo incremento del prezzo del petrolio, dell'indebolimento dell'USD e della fine di un effetto di base frenante a causa del sensibile calo dei prezzi delle telecomunicazioni del marzo scorso, un aumento del tasso d'inflazione complessivo è del resto quasi tracciato. Nel complesso la Fed prevede un andamento congiunturale favorevole ad altri graduali aumenti dei tassi. Le prossime pubblicazioni dei dati possono in tal senso influenzare il percorso del ciclo dei tassi. Marzo sembra essere stato fissato quale prossimo termine per l'aumento dei tassi. Nel complesso, ultimamente la maggioranza dei membri del FOMC ha previsto tre aumenti dei tassi quest'anno. Quanto più solidi saranno i dati congiunturali tanto maggiore sarà la possibilità che le previsioni del FOMC si spostino verso quattro aumenti dei tassi nel 2018. Alla fine della settimana scorsa la prima stima del PIL USA per l'ultimo trimestre del 2017 è risultata a prima vista leggermente inferiore alle aspettative con un tasso annuo annualizzato del 2.6%. I dettagli confermano però un solido andamento congiunturale. Soprattutto la domanda interna si è rivelata solida. Il consumo privato ha registrato una crescita annualizzata molto forte di quasi il 4%. Il rapporto sul mercato del lavoro per gennaio dovrebbe rispecchiare questo quadro. Anche il quadro sui dati congiunturali dell'EZ rimane positivo. La prima stima per il PIL del T4 ha indicato un tasso di crescita trimestrale sempre elevato dello 0.6%. E i sondaggi sulla fiducia segnalano un inizio anno altrettanto buono. A gennaio invece nell'EZ, nonostante l'aumento del prezzo del petrolio, il tasso d'inflazione è sceso lievemente all'1.3%. La causa principale è l'USD più debole che frena i prezzi all'importazione calcolati in euro. Nel complesso quest'anno il trend ribassista del biglietto verde dovrebbe limitare l'aumento dei prezzi nell'EZ.
 

mariougo

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La prossima settimana toccherà già alle prime imprese svizzere fornire le comunicazioni sul T1 2018. Per il mercato svizzero i dati più importanti saranno sicuramente quelli di Novartis previsti per giovedì. Gli analisti si aspettano in media un netto miglioramento degli utili rispetto al trimestre dell'anno precedente – quando tuttavia, a causa di diversi fattori, era stato registrato un leggero rallentamento. Per il gruppo farmaceutico rappresentano certamente una grande sfida la scadenza della protezione del brevetto di Glivec, medicinale dai forti incassi, e il debole andamento presso Alcon, società specializzata in prodotti per la cura degli occhi. Questa settimana Novartis ha annunciato l'acquisizione dell'azienda USA AveXis per un valore di USD 8.7 miliardi, cui potrebbe far seguito un'introduzione di medicinali nel 2019 e che potrebbe contribuire considerevolmente al fatturato. Anche ABB pubblicherà già le comunicazioni sull'inizio dell'anno. Da inizio anno il corso azionario di ABB è sceso di circa il 15%: si tratta dell'andamento di corso più debole tra i 20 titoli dello SMI. Con un corso azionario leggermente superiore ai CHF 20, dovrebbero però già essere scontati i segnali negativi dal settore dell'elettricità, mentre la buona situazione iniziale si riflette appena nei settori in crescita quali automazione e robotica. Con l'inizio della stagione delle comunicazioni, gli ostacoli delle controversie commerciali tra USA e Cina e il conflitto in Siria dovrebbero perdere, almeno temporaneamente, un po' dell'attenzione del mercato. Al momento invece continuano ad avere un effetto frenante i dati contenuti dal fronte congiunturale. Di recente gli indicatori anticipatori non sono riusciti a soddisfare le aspettative del mercato. Attualmente l'indice delle sorprese economiche in Europa mostra valori molto bassi. Ad esempio di recente i responsabili degli acquisti erano ancora fiduciosi, anche se in modo ben meno marcato rispetto all'inizio dell'anno. La prossima settimana i dati sul PIL cinese nel T1 dovrebbero evidenziare di nuovo il fatto che l'economia globale continua però a essere robusta. Dall'inizio del 2017 la crescita si attesta a circa il 7% e scivola quindi solo lentamente verso l'obiettivo di crescita pari al 6.5% circa. Vista la solidità della congiuntura gli USA non dovrebbero farsi dissuadere dal loro graduale percorso di aumento dei tassi, anche se il verbale della riunione sui tassi di marzo, di recente pubblicazione, ha fatto tornare in primo piano i rischi generati dalle controversie commerciali. La BCE vuole invece prendersi più tempo prima di procedere con aumenti dei tassi. La stima del membro austriaco del Consiglio BCE, Ewald Nowotny, che prevede un aumento dei tassi anche per l'Eurozona, è stata subito definita una dichiarazione personale dal portavoce della BCE. L'oro rimane molto richiesto alla luce della persistente incertezza politica. Con ca. USD 1'350 l'oncia viene quotata tra i livelli massimi annuali, mentre con USD 73 al barile (Brent) il prezzo del petrolio ha persino raggiunto il livello record dalla fine d
 

mariougo

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Attraente la strategia azionaria long/short neutrale al mercato Meno interessate dai rischi politici sono spesso le strategie alternative. Ad ogni modo bisogna fare una distinzione: le strategie CTA ad esempio, che per lo più seguono le tendenze di mercato a lungo termine, sono prese spesso in contropiede da shock politici imprevisti. La maggior parte delle altre strategie alternative è meno interessata da rischi politici. Ad esempio, le strategie azionarie long/short neutrali al mercato ottengono buoni risultati da alcuni mesi e riflettono anche la nostra convinzione. Il motivo principale è la più bassa correlazione tra i singoli titoli azionari Al momento, i mercati finanziari distinguono molto di più tra modelli aziendali positivi e negativi. Fino a qualche tempo fa la situazione era completamente diversa: la Banca centrale, infatti, iniettando più o meno denaro nel mercato spingeva contemporaneamente tutti i titoli azionari al rialzo o al ribasso. Di conseguenza oggi i gestori del portafoglio di quelle strategie hanno più margine di manovra per sfruttare le inefficienze del mercato e generare plusvalore per il cliente
 

mariougo

Forumer storico
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Nel confronto storico, la valutazione del mercato USA è elevata e un ulteriore rincaro è improbabile. Il mercato azionario è legato a una crescita positiva degli utili, attesa anche dagli analisti. Tuttavia aumentano i rischi, soprattutto perché con la recente introduzione di dazi punitivi gli USA potrebbero causare l'inizio di una guerra commerciale a livello mondiale. Il rendimento azionario è composto dal rendimento dei dividendi, dalla crescita degli utili e dal rapporto prezzo/utile (P/U). Il rapporto prezzo/utile indica quale multiplo è disposto a pagare l'investitore per un'unità di utile. Abbiamo rappresentato l'evoluzione del rapporto prezzo/utile nel corso del tempo, mostrandone anche il reciproco - il cosiddetto rendimento degli utili - per poter confrontare meglio la valutazione del mercato azionario con l'andamento degli interessi. A novembre 2008 il rapporto prezzo/utile del mercato azionario USA era di 9.1x, e il rendimento degli utili era all'11.0%. A causa dell'insicurezza di quel periodo e della situazione economica debole, gli investitori erano disposti a pagare solo 9 volte gli utili attesi. Oggi invece pagano 18 volte per ogni dollaro di utile atteso, un'espressione dell'economia attualmente forte e di una grande fiducia. In prospettiva storica, tuttavia, questo rendimento degli utili al di sotto del 6% è già molto basso. Non potendo più mettere in conto un incremento del rapporto P/U, questa componente viene probabilmente meno come stimolo per ulteriori aumenti dei corsi azionari, tanto più che a lungo termine i tassi dovrebbero salire dai livelli attualmente bassi, rendendo le azioni meno attrattive rispetto alle obbligazioni. Gli investitori non dovrebbero quindi sperare che valutazioni ancora più alte portino a rendimenti positivi. Se però gli utili delle società dovessero aumentare ad es. del 20%, a parità di P/U crescerebbero anche i mercati azionari del 20%. Effettivamente in passato gli utili delle società sono cresciuti la maggior parte degli anni. Anche ora prevediamo una solida crescita economica, che si dovrebbe riflettere in un aumento degli utili delle aziende. Anche il consenso degli analisti prevede attualmente un'ulteriore crescita degli utili negli USA del 19% nel 2018 e dell'11% sia per il 2019 sia per il 2020. Se così fosse, nonostante le valutazioni al limite ci sarebbero ancora buone possibilità che fra tre anni le azioni USA si trovino a un livello superiore rispetto a oggi. È comunque opportuno essere prudenti. Da un lato l'attuale ciclo congiunturale positivo dura già da molto, dall'altro la Banca centrale USA aumenta continuamente i tassi. Inoltre, il mercato azionario è ora in preda alla paura di una possibile guerra commerciale mondiale, che potrebbe essere scatenata dai dazi di importazione pianificati dal Presidente USA Trump. I dazi finora annunciati dagli USA e le successive contromisure del governo cinese non bastano affatto a rallentare notevolmente la forte crescita economica, ma turbano decisamente l'umore e influenzano le decisioni di investimento delle aziende.
 

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