Val
Torniamo alla LIRA
Ecco Amadeus, più istituzionale che mai, istituzione egli stesso, anche nel cordoglio tragico,
gran ciambellano dell’effiimero pesante e del patriottismo trash
con l’inno nazionale recitato dal manone, Morandi, per puro servilismo presidenziale.
Verrà Rosa il Chimico, cantante en travesti con sotto il travestimento, temiamo, niente,
ma già i Coma Cose, insulsi già dal nome, e via via il resto di una compagnia poco cantante ma molto fluidificante.
E qui si coglie un metasignficato, una tensione diremmo generazionale:
gli ultrasenatori, i Morandi, Ranieri, Al Bano, Pooh redivivi a stento, perfino Pelù, il più corroso di tutti,
sopportano poco e male la bagarre con quelli che, a buon diritto, considerano degli avventizi, degli animali incomprensibili.
Li tollerano perché questo è loro richiesto, perché a Sanremo bene o male
ci sono venuti sia per quei favori che non si possono rifiutare sia per i calcoli tipici della quarta età artistica.
Ma ci si muovono a disagio e si vede, hanno quella degnazione vagamente offesa anche se si prestano, malvolentieri.
Ma senza creare rogne.
Chi non ha problemi di tenuta fisica, ma di quella mentale ne tradisce fin troppa,
sono i giovani cantanti lampadario le cui movenze e apparenze a forza di adeguarsi ai dettami del genderismo spinto
risultano paradossali e suggeriscono degli strazianti molluschi conciati a festa.
Ma che altro ti puoi inventare dopo i reggicalze del Damiano, già usurati dopo mezzo secolo di citazionismo?
E dopo il ridicolo, c’è il patetico.
gran ciambellano dell’effiimero pesante e del patriottismo trash
con l’inno nazionale recitato dal manone, Morandi, per puro servilismo presidenziale.
Verrà Rosa il Chimico, cantante en travesti con sotto il travestimento, temiamo, niente,
ma già i Coma Cose, insulsi già dal nome, e via via il resto di una compagnia poco cantante ma molto fluidificante.
E qui si coglie un metasignficato, una tensione diremmo generazionale:
gli ultrasenatori, i Morandi, Ranieri, Al Bano, Pooh redivivi a stento, perfino Pelù, il più corroso di tutti,
sopportano poco e male la bagarre con quelli che, a buon diritto, considerano degli avventizi, degli animali incomprensibili.
Li tollerano perché questo è loro richiesto, perché a Sanremo bene o male
ci sono venuti sia per quei favori che non si possono rifiutare sia per i calcoli tipici della quarta età artistica.
Ma ci si muovono a disagio e si vede, hanno quella degnazione vagamente offesa anche se si prestano, malvolentieri.
Ma senza creare rogne.
Chi non ha problemi di tenuta fisica, ma di quella mentale ne tradisce fin troppa,
sono i giovani cantanti lampadario le cui movenze e apparenze a forza di adeguarsi ai dettami del genderismo spinto
risultano paradossali e suggeriscono degli strazianti molluschi conciati a festa.
Ma che altro ti puoi inventare dopo i reggicalze del Damiano, già usurati dopo mezzo secolo di citazionismo?
E dopo il ridicolo, c’è il patetico.