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snapo

the greater the truth, the greater the libel
IL PEDANTE

UNA LOCUSTA PER DUE



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Alcuni amici in vena di scherzi mi hanno chiesto un commento sull’ultima (o forse è già la penultima?) crociata di civiltà per promuovere il consumo alimentare di insetti, larve e locuste. Da quel che ho capito, dovrebbero aiutare a sconfiggere la fame, le diseguaglianze, la «crisi climatica» e altre sciagure. Non ho invece capito come, ma poco importa.
La faccenda è a suo modo intrigante. Dopo aver letto le veline pubblicitarie e anche un paio di studi seriosi che girano in rete mi è venuta in mente una scena del film natalizio “Una poltrona per due”. Lì il finanziere Randolph Duke scommette con suo fratello Mortimer che il delinquentello senzatetto interpretato da Eddie Murphy sarebbe capace di prendere il posto del loro dipendente Louis, cresciuto nell’alta società ed educato nei migliori atenei. La scommessa ammonta a ben un dollaro, per il quale i due cinici milionari non si fanno scrupolo di gettare sul lastrico l’ignaro Louis e di innalzare il suo sostituto agli onori e agli agi del jet set newyorkese, di cui in effetti diventerà un degno esponente.
Ebbene mi sembra ora di rivederli, arzilli e redivivi, i due vecchi fratelli di quel vecchio film. Da allora ne è passato di tempo e anche loro si sono aggiornati: più che giocare coi listini di borsa, oggi come tanti loro colleghi preferiscono darsi alla più profittevole impresa di creare direttamente i bisogni, le paure e specialmente le crisi su cui speculano senza correre rischi. Hanno comprato giornali e canali televisivi, finanziano le università di mezzo mondo e presiedono una fondazione che incassa e distribuisce quattrini per guarire il pianeta, o qualcosa del genere. Nonostante gli acciacchi, salgono spesso a bordo dei loro jet e attraversano gli oceani per incontrarsi e confrontarsi con i governanti delle nazioni: cioè per dar loro gli ordini da eseguire e rivendere agli eletttori come «impegni presi nelle sedi internazionali», sofferto «compromesso democratico», «consenso scientifico» o qualsiasi altra cosa funzioni.
Eccoli dunque in una delle loro tante magioni, seduti a una tavola lautamente imbandita mentre decidono di rompere la noia della troppa ricchezza stipulando una nuova scommessa.
«Mortimer,» attacca il fratello più anziano sventolando una banconota con l’effige di Washington, «scommetto un dollaro che da qui a un anno convincerò gli europei… a mangiare gli insetti!»
Mortimer è confuso. È vero, negli ultimi anni gliene sono riuscite tante: hanno trasformato l’anidride carbonica in un veleno, le cazzabubbole della finanza in una norma morale, un’influenza nella peste bubbonica, una medicina in un sacramento, l’odio in amore, la guerra in pace, la schiavitù in solidarietà. Ma questo, si chiede, non sarà troppo?
«Non so, Randy,» confessa. «Finora abbiamo fatto leva sulle paure più antiche dei popoli: di un nemico lontano, delle malattia, degli untori, della fine del mondo. Li abbiamo toccati sulla pietà, sul sesso, sul desiderio di stare nel branco e soprattutto sul loro bisogno di credere. Grazie a chi ci ha preceduto, i loro templi si sono svuotati e così anche le loro anime, e noi in quel vuoto abbiamo installato i nostri idoli e le nostre liturgie così che usurpassero la fede perduta. La loro devozione è diventata fanatismo, i loro demoni il prossimo, il paradiso promesso le nostre promesse. Ma questa idea degli insetti, invece, non si è mai sentita, non è mai esistita. Come pensi di convincerli?»
«Mah,» borbotta l’altro addentando una costata di Blonde d’Aquitaine, «le solite cose… la sostenibilità, la salute, la fame nel mondo…»
«La fame nel mondo?», lo interrompe Mortimer sghignazzando. «Ma se dove manca il cibo l’unica cosa che non manca sono proprio gli insetti! Eppure nessuno se ne sfama. La gente sarà anche stupida, sai, ma qualche domanda se la fa…»
«E noi risponderemo, anzi faremo rispondere i nostri esperti. Dài, Morty,» esclama dopo aver buttato giù due dita di Louis XIII Le Malthusien, «ci divertiremo! Li guarderemo mentre si cacciano in bocca quei mostriciattoli ributtanti per sentirsi migliori. Sarà la nostra candid camera!»
Ma Mortimer resta scettico, è ancora troppo grossa per lui. Consegna la sua banconota al fratello e suggella la scommessa con una stretta di mano, come nel film di quarant’anni fa.
E poi, gli confiderà Randolph prima di ritirarsi, «è anche un esperimento. È vero, abbiamo spinto le nostre campagne agganciandoci a tradizioni, archetipi e inclinazioni ancestrali. Ma non ci basta più. Non vogliamo più dipendere dalle forme della natura e del passato, vogliamo scrivere noi quelle forme, e cancellarle e riscriverle come e quando ci aggrada. Bisogna perciò pulire la lavagna della storia e sgomberare il campo dai retaggi e dai vincoli della cultura, della logica e della materia. E in quel deserto seminare ricordi e tradizioni, fondare miti e tabù, dettare la fisica e la fisiologia, rifarlo ancora ogni giorno senza preoccuparci di ciò che è stato il giorno prima. Il vero potere crea, non imita. Tu dici: questa idea non si è mai sentita. Bene, anzi ottimo. Tutto ciò che è sconclusionato e inaudito serve a questo, ad aprire una strada. Una strada tutta in discesa.»
«In discesa per dove, Randy?»
«Bella domanda, Morty. Bella domanda. Buonanotte.»
«… buonanotte, fratello.»

p.s. il noto film non è con denzel ma con eddie...errore di laterum...ma fa lo stesso
 

Val

Torniamo alla LIRA
Si può essere sempre terrorizzati dai media?

Oggi il terrore non è per i poveri morti per il terremoto in Turchia,

ma è per il “possibile” tsunami in Italia (noi abbiamo già il vulcano sommerso Massili, che per la paura basta e avanza).

Va bene un controllo fatto dai tecnici preposti, ma perché dare il via al solito terrorismo dei media?

Mi dicono che nelle ore scorse, nelle scuole e negli uffici, tutti parlavano di tsunami.

Persino le parole e le cose da dire e pensare stanno diventando cranio-attive,
grazie ai social media e alla digitalizzazione della vita naturale.

Diventeremo un popolo di galline ammaestrate o pitoni pronti a farsi incantare dal primo pifferaio che passa?
Speriamo di no.

Certo, ieri siamo andati nel panico mediatico per via dell’attacco hacker.

Ma tra gli hacker e il vecchio mondo, dove contavano solo pane vino e sesso, ci sarà pure una via di mezzo dove coltivare un po’ di buon senso.
 

Val

Torniamo alla LIRA
La paura è la merce più venduta, scrivevano anni fa i situazionisti.

Purtroppo, non c’è solo la paura.

C’è anche il mercato delle vacche (gli elettori).

Vorrei dire una cosa su Alfredo Cospito.


C’è forse stato un interesse del Partito Democratico su Cospito un mese o un anno fa?

No, c’era solo un silenzio fariseo.



Si può benissimo evitare comunicazioni con l’esterno, lasciando gli ergastolani e i lungo-carcerati
liberi di allevare greggi e coltivare un campo su un’isola, come avveniva persino sotto il fascismo.

Perché il Pd s’è desto solo adesso e s’è cinto la testa dell’elmo discinto dei Fratelli d’Italia?


Perché?

Perché oggi la cosa diventa propaganda:

tra pochi giorni ci sono le elezioni amministrative
:


Ecco spiegato perché il 25 per cento dell’Italia si è stracciato le vesti per Cospito,

mentre il 60 per cento ha fatto quadrato sulla durezza della pena

(cosa giusta, ma tenendo presente Cesare Beccaria).


Per fortuna c’è un 15 per cento che vede la cosa in maniera meno elettorale e più liberale.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Il buon senso dovrebbe essere il nostro Articolo Uno.

Ogni tanto incappo in discussioni sugli “amerikani”, considerati a sinistra come gli autori di ogni male del mondo.

Per esempio, la strage dei “pellerossa”.

Intanto, ricordiamoci che molta parte degli Usa era spagnola (Florida, California, Arizona, New Mexico, Texas)

oppure francese (Louisiana eccetera).


Ma, soprattutto, perché invece non si accusano gli spagnoli per la sparizione di quasi tutti gli indios in Messico e nel Centro America

(a parte i maya, comunque repressi ancora oggi)?


Aztechi e Incas hanno fatto una fine migliore dei Navajos?

E come mai non si accusano spagnoli e francesi per lo schiavismo nelle loro colonie nordamericane e latino-americane?

La Francia ancora adesso reprime rivolte locali nelle “sue” isole della Martinica e Guadalupe, per dire...

Ciò avviene perché la gente comune, purtroppo, è sottoposta a censure culturali pesantissime in Italia.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Ho avuto modo, negli ultimi 20 anni, di seguire il processo di avvicinamento (cauto) tra Russia e Cina
con moltissimi incontri segreti e ufficiali a Ekaterinburg, San Pietroburgo e altrove,
mentre da un lato si tentava di rimettere i piedi sulla testa delle nazioni dell’ex Sovietistan in Asia centrale,
e dall’altro si costruiva un’alternativa al dollaro, cercando di coinvolgere i Paesi del Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica).


In Italia non è andata meglio:
negli anni del tentativo di costruzione dell’impero sino-russo, continuavamo a detestare l’America.

Milioni di pacifisti di sinistra sfilavano in Europa dietro al presidente francese Jacques Chirac,
un presidente tra l’altro “sovranista” e nazionalista.

Difendevano a spada tratta quel Saddam che aveva invaso il Kuwait nel silenzio dei buonisti europei.

Stati Uniti che, tra l’altro, hanno poi consegnato il potere agli sciiti iracheni, che erano maggioranza in Irak,
pur sapendo che non erano certo vicini all’Occidente.

Per non parlare della liberazione dell’Afghanistan, con la sinistra in lacrime e poi – nel momento in cui le conveniva mediaticamente –
pronta a tornare a piangere, quando Barack Obama e Joe Biden codificarono e attuarono il ritiro che ha riconsegnato Kabul nelle mani dei mostri taliban.


Alcuni membri del Partito Comunista italiano, ancora pochissimi anni prima del crollo dell’Impero leninista-stalinista,
andarono in Cecoslovacchia e altrove a imparare la codifica e decodifica di messaggi cifrati.


Tutto questo per dire che la Cina del pallone meteo non è da meno del fu impero sovietico.

Ci spiano, così come lo facciamo anche noi.

Ma dev’essere anche chiaro, ai polli d’allevamento che si bevono tutto,

che – tra Occidente, dittature e teocrazie orientali – non c’è né una via di mezzo né nessuna ambiguità possibile.

Se si è in una guerra che speriamo sia ancora “fredda”, c’è poco da scegliere tra finire a Mosca oppure a Washington.

Sono certo che nemmeno Palmiro Togliatti, adesso, opterebbe per la prima soluzione.


Mi dicono, però, che la propaganda dei media cinesi abbia colpito così duramente
che molti cittadini sono convinti che il Covid si sia originato negli Usa.


A parte che anche in Italia c’è stato qualche stambergato mentale
pronto a credere al complotto demo-pluto-giudeo-anglosassone sul Covid,
tornerò a citare Epitteto e il suo “non i fatti, ma le opinioni, muovono gli uomini”.


E le opinioni, come una volta si diceva sulle donne, sono “mobili”.


Che il woke non sia con noi.
 

Val

Torniamo alla LIRA
E la finisco qui, perchè non vale la pena perdere tempo per questa nullità,
che viaggia in elicottero sulla cima di una montagna per sponsorizzare una bottiglia di vino
e poi predica l'ecologismo. RUFFIANA


Ci sono due tipologie di giornalisti: chi fa le domande, e chi applaude.

Ci è stato confermato oggi durante la conferenza stampa di presentazione della prima serata del Festival di Sanremo.

Protagonista stavolta è la "dama intoccabile" per eccellenza, "la diva" che devolve il cachet contro la violenza di genere,
fa un pippozzo enorme sulla “violenza psicologica” ed “economica” sulle donne
ma non ha il coraggio di rispondere ad un banale quesito sui testi delle canzoni di suo marito, “un po’ misogini”.


Tra l’annuncio della partecipazione esclusiva di Sergio Mattarella e Roberto Benigni,
le domande dei giornalisti hanno ondeggiato da una banalità all’altra.

L’apice è stato raggiunto quando ai conduttori è stato chiesto quale articolo della Costituzione vorrebbero tatuarsi sulla pelle,
raccogliendo come risposte un imbarazzato “tutti” da parte di Amadeus, un pilatesco “idem” di Ferragni
e un più classico “la repubblica fondata sul lavoro” da parte di Morandi.

Solo a cinque minuti dalla fine è arrivata una domanda un tantino interessante.
A porla è stato Paolo Giordano, inviato del Giornale.

CHIARA FERRAGNI ON FIRE GIÀ SI VOLA ☕️ #Sanremo2023 pic.twitter.com/QdMA0jwzdP
— trashtvstellare (@tvstellare) February 7, 2023


Poco prima Ferragni aveva spiegato il perché della sua scelta di devolvere il cachet all’associazione Dire,
inoltrandosi in una dettagliata disamina della “violenza psicologica” di cui si parla troppo poco.


A quel punto però Giordano alza il ditino e chiede:

“Parlando di inclusività e di rispetto, che cosa pensa dei testi che Fedez ha scritto

quando forse neppure la conosceva e che sono sessisti, misogini, un po’ troppo rap ed esagerati.

Magari ne avete parlato, lo ha rimbrottato…”.


La domanda infastidisce la diva, che si mette sulla difensiva
:

“È anche lui a Sanremo e potete chiederlo direttamente a lui, qui stiamo parlando del Festival.
È giusto che risponda lui: io sono qui a rappresentare me stessa, non lui né la coppia”.


Il punto non è tanto chi lei rappresenti, ma “cosa ne pensa dei testi” passati di Fedez.

La domanda è legittima e perfettamente inerente.

Forse la migliore di tutta l’ora di intervista.

Ma niente.


La diva non risponde sorretta dagli applausi degli altri giornalisti.

Solidali ovviamente con Ferragni, mica col collega.
 

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