Solo politica (17 lettori)

Val

Torniamo alla LIRA
Questa una verità che a molti fa male. Ahahahahahahahah

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Val

Torniamo alla LIRA
L'articolo è un tantino lungo.
Lo spezzo



Nel corso della storia, la definizione di un corpus linguistico ha sempre avuto un’importanza capitale.
Spesso, la redazione dei primi dizionari ha rappresentato un momento fondamentale nella storia di un Paese e della sua cultura.
E di solito, i termini che si è scelto di escludere, di lasciare fuori dalla lista, sono stati, in un certo senso, più rilevanti di quelli inclusi.

Non turbare la narrazione

È una dinamica in fin dei conti simile a quella per cui, tendenzialmente,
i testi inseriti nel famoso Indice dei libri proibiti ci dicono molte più cose,
e di maggiore interesse, sull’epoca in questione, rispetto a quelli che venivano lasciati liberi di circolare.


In altre parole, i libri che nel pieno Seicento della Controriforma la Chiesa permetteva che venissero fruiti anche dai lettori meno accorti
non erano necessariamente quelli che riteneva migliori —o meglio esemplificativi del suo pensiero—, ma quelli che reputava innocui.

Insomma, si permette libera circolazione

solo a chi non arreca la minima minaccia di turbare la narrazione corrente,

a prescindere dai suoi meriti intrinsechi,

come direbbero i critici di formazione gramsciana.



Il processo di esclusione

Ma non temete, non ho intenzione di tediarvi con delle lunghe riflessioni di natura storica e filosofica.
Anzi, partiremo immediatamente in medias res con un evento recente
che ci permetterà di dare uno sguardo molto approfondito
su che cosa realmente sia la woke culture.


Avrei a cuore, tuttavia, che teneste ben presenti questi concetti che abbiamo appena definito:

l’importanza del processo di esclusione come momento fondante di una data realtà ossia;

ciò che non siamo e non vogliamo,

ciò che non diciamo e non leggiamo,

ci definisce spesso meglio di

ciò che siamo, che vogliamo, che diciamo e che leggiamo.
 

Val

Torniamo alla LIRA
“Iniziativa per l’eliminazione del linguaggio lesivo”

Dunque, i fatti risalgono a pochi giorni prima di Natale,
quando è divenuto di pubblico dominio come l’Università di Stanford in California,
una delle istituzioni migliori al mondo, classifiche alla mano,
abbia pensato bene di redigere un indice delle parole proibite.

So che molto probabilmente potreste pensare che si tratti di un’espressione melodrammatica,
di una di quelle iperboli che si usano sui giornali per attirare l’attenzione,
ma in effetti è esattamente ciò che è stato fatto – o, meglio, che si è tentato di fare.


Il tutto è trapelato grazie a Justine Moore, di Andreessen Horowitz, che ha diffuso l’elenco completo di “brutte parole”.

In effetti, l’operazione ha un nome decisamente più accattivante di “Indice delle parole proibite”:

Eliminating Harmful Language Initiative (EHLI), ossia “Iniziativa per l’eliminazione del linguaggio lesivo”.


Le tecniche utilizzate

I creatori del progetto sono individuabili all’interno del dipartimento informatico dell’università,

e lo stesso è parte della più ampia “spinta antirazzista” promossa da Stanford a partire da maggio 2020.

In particolare, l’elenco è stato redatto da un collettivo noto come People of Color in Technology (POC-IT),

e ciò che risalta in modo più evidente sono le tecniche utilizzate.



I membri del collettivo hanno infatti effettuato diverse “scansioni” dei file presenti e condivisi
su pagine e indirizzi mail con domini universitari per individuare le parole ritenute “dannose”, “nocive” o “potenzialmente pericolose”.


Queste parole, terribili e da eliminare, includono “carta bianca”, “lui” e “lei”, solo per dare dei primi esempi.


In un primo momento, risulta che siano sette i domini web sottoposti a scansione,
in una sorta di fase pilota per testare il processo di ricezione, analisi e trattamento dei risultati della scansione stessa.

Terminata questa fase, nel maggio del 2022, il POC-IT ha stilato la sua lista.


Immediatamente, l’ha sottoposta agli organi decisionali dell’università, proponendone un’applicazione pervasiva:

la richiesta è stata quella di procedere a una scansione di tutti i domini, siti, caselle di posta elettronica,
database dei test e degli esami di tutta la Stanford University —qualsiasi cosa, insomma, con totale disprezzo di ogni diritto di privacy.


Obiettivo censura

Lo scopo dichiarato, determinare con precisione non solo dove e come venga utilizzato il linguaggio lesivo precedentemente identificato, ma soprattutto da chi.


L’obiettivo finale, poi, è stato posto in modo particolarmente “inclusivo” – termine da me usato con sfumatura volutamente ironica:

“aiutare gli individui e i dipartimenti a eliminare il linguaggio lesivo che potrebbe perpetuare stereotipi, disuguaglianze, violenza e razzismo”.



Tradotto in termini concreti e realistici,

significa espungere parola per parola i termini banditi,

identificare le persone che ne fanno uso più o meno frequente,

e applicare nei loro confronti delle potenziali restrizioni,

in modo da impedire che possano continuare a diffondere un tale tipo di linguaggio,

così pericoloso, in modo non diverso da quanto avviene sui social media come Facebook.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Progetto nascosto

Durante l’estate, tutti i progetti hanno subito dei rallentamenti fisiologici,
ma al riprendere del semestre autunnale, il POC-IT è tornato alla carica con la sua iniziativa.

L’Università ha deciso inizialmente di appoggiarlo, lanciando online una pagina ufficiale dell’EHLI, sulla quale veniva illustrato il progetto.


Le reazioni, tuttavia, non sono state esattamente quelle sperate,
tanto che, dopo alcuni giorni in cui il tutto era divenuto una sorta di zimbello,
oggetto di continui sfottò online,
Stanford ha pensato bene di rimuovere la pagina dal proprio sito web pubblico,
per spostarla nell’area riservata interna al college.


In effetti il progetto non è stato accantonato, ma soltanto nascosto al pubblico generale, per il momento.



Non sappiamo come si evolverà l’intera storia, ma, prima e piuttosto che proporvi delle interpretazioni,
voglio lasciare che siate voi stessi a leggere in prima persona degli ampi stralci del documento in questione,
così che possiate formarvi autonomamente un’idea.
 

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