“Iniziativa per l’eliminazione del linguaggio lesivo”
Dunque, i fatti risalgono a pochi giorni prima di Natale,
quando è divenuto di pubblico dominio come l’Università di Stanford in California,
una delle istituzioni migliori al mondo, classifiche alla mano,
abbia pensato bene di redigere un indice delle parole proibite.
So che molto probabilmente potreste pensare che si tratti di un’espressione melodrammatica,
di una di quelle iperboli che si usano sui giornali per attirare l’attenzione,
ma in effetti è esattamente ciò che è stato fatto – o, meglio, che si è tentato di fare.
Il tutto è trapelato grazie a Justine Moore, di Andreessen Horowitz, che ha diffuso l’elenco completo di “brutte parole”.
In effetti, l’operazione ha un nome decisamente più accattivante di “Indice delle parole proibite”:
Eliminating Harmful Language Initiative (EHLI), ossia “Iniziativa per l’eliminazione del linguaggio lesivo”.
Le tecniche utilizzate
I creatori del progetto sono individuabili all’interno del dipartimento informatico dell’università,
e lo stesso è parte della più ampia “spinta antirazzista” promossa da Stanford a partire da maggio 2020.
In particolare, l’elenco è stato redatto da un collettivo noto come People of Color in Technology (POC-IT),
e ciò che risalta in modo più evidente sono le tecniche utilizzate.
I membri del collettivo hanno infatti effettuato diverse “scansioni” dei file presenti e condivisi
su pagine e indirizzi mail con domini universitari per individuare le parole ritenute “dannose”, “nocive” o “potenzialmente pericolose”.
Queste parole, terribili e da eliminare, includono “carta bianca”, “lui” e “lei”, solo per dare dei primi esempi.
In un primo momento, risulta che siano sette i domini web sottoposti a scansione,
in una sorta di fase pilota per testare il processo di ricezione, analisi e trattamento dei risultati della scansione stessa.
Terminata questa fase, nel maggio del 2022, il POC-IT ha stilato la sua lista.
Immediatamente, l’ha sottoposta agli organi decisionali dell’università, proponendone un’applicazione pervasiva:
la richiesta è stata quella di procedere a una scansione di tutti i domini, siti, caselle di posta elettronica,
database dei test e degli esami di tutta la Stanford University —qualsiasi cosa, insomma, con totale disprezzo di ogni diritto di privacy.
Obiettivo censura
Lo scopo dichiarato, determinare con precisione non solo dove e come venga utilizzato il linguaggio lesivo precedentemente identificato, ma soprattutto da chi.
L’obiettivo finale, poi, è stato posto in modo particolarmente “inclusivo” – termine da me usato con sfumatura volutamente ironica:
“aiutare gli individui e i dipartimenti a eliminare il linguaggio lesivo che potrebbe perpetuare stereotipi, disuguaglianze, violenza e razzismo”.
Tradotto in termini concreti e realistici,
significa espungere parola per parola i termini banditi,
identificare le persone che ne fanno uso più o meno frequente,
e applicare nei loro confronti delle potenziali restrizioni,
in modo da impedire che possano continuare a diffondere un tale tipo di linguaggio,
così pericoloso, in modo non diverso da quanto avviene sui social media come Facebook.