Senza parole. (1 Viewer)

Claire

ἰοίην
La studentessa e l'acido lanciato al fidanzato «Mi maltrattava, l'ho sfregiato» - Corriere Brescia

BRESCIA - Dice che William la maltrattava, che non voleva riconoscere il figlio, che la tradiva ripetutamente e che era esasperata dall'anno più nero della sua vita, con suo padre venuto a mancare a marzo, sua madre malata, il convivente fuggito di casa e la creatura che sta per nascere. Per queste ragioni la ventunenne Elena, bresciana di Travagliato, commessa e studentessa universitaria di economia e prima liceale dell'Arnaldo, il classico della Brescia bene, ha deciso di rivolgersi a lui: Dario, 44 anni, disoccupato, culturista, ultrà del Brescia colpito da Daspo (divieto di entrare allo stadio) dopo aver menato 4 tifosi del Pescara, testa rasata e, giusto perché non ci fossero altri dubbi, un tatuaggio della X Mas sul collo.
«Grossissimo, un bestione», taglia corto il capitano Egidio Lardo, comandante dei carabinieri di Chiari che l'ha visto, interrogato e arrestato. E con Dario, che da tempo ha un debole per lei, Elena ha deciso la tremenda punizione di William, 26 anni, barista della vicina Azzano Mella, suo fidanzato e convivente per circa un anno e mezzo e da luglio fermamente deciso a troncare il rapporto. «L'acido l'ho comprato io qualche giorno prima al supermercato... per dargli una lezione che lasciasse il segno... William diceva di non essere il padre del bimbo e di non volerlo riconoscere», ha confessato lei davanti agli inquirenti dopo qualche tentennamento.

Succede tutto mercoledì scorso, 40 minuti circa dopo la mezzanotte. I due attendono William a Travagliato, sotto casa di un'amica che in questo periodo lo stava ospitando. Anche Elena infila il passamontagna, forse stabilendo un primato per una donna con il pancione. Il barista scende dalla macchina, fa pochi passi, e il «bestione» lo colpisce da dietro, alla nuca, mettendolo a terra. Insieme lo cospargono di acido e scappano con la macchina di lui.

Sfigurato, la vendetta è compiuta. William urla come un ossesso, si strappa i vestiti di dosso, cerca come può di raggiungere l'appartamento dell'amica. Ce la fa, corre a lavarsi il viso e, prima di perdere i sensi, riesce a dire qualcosa: «Mi hanno colpito da dietro con un bastone o una spranga». Era la mano di Dario. Il barista finisce in rianimazione a Brescia, dove la prognosi è riservata e le previsioni sul suo futuro nere: ha perso un occhio, l'altro è a rischio, le ustioni coprono il 30 per cento del corpo e sono così profonde da far scuotere la testa ai medici. Ma anche Elena va all'ospedale e non per il nascituro. L'acido le ha bruciato un avambraccio ed è lì a curarsi, piantonata dai carabinieri, in attesa di essere dimessa e portata dai nonni perché così ha deciso il gip: è incinta, arresti domiciliari.

La loro fuga non è durata neppure un giorno. Giusto il tempo di mettere insieme qualche tassello: portare lei in caserma, cercare lui, Dario il culturista, prenderlo mentre cerca di scappare dalla finestra, trovare una maglietta bucata e bruciata per via degli schizzi d'acido e metterli uno vicino all'altro. «Non ce la facevo più, volevo dargli una lezione», ha sospirato lei. «Ho voluto aiutarla perché non sopporto queste cose», ha detto lui.

C'è da chiedersi come potessero pensare di cavarsela dopo aver lasciato tante tracce del loro folle piano. Il giorno prima a quello dell'agguato, per esempio, si erano scambiati alcuni sms del seguente tenore. Lui: «Mi sento dalla parte della ragione, lo devo a tuo figlio... nessuna guerra, solo giustizia». Ed Elena, che capisce il rischio: «Ovviamente specifica che stai parlando della festa che devi fare al bambino quando nasce... sembra che parli di chissà cosa». Ma poi c'è la confidenza di lei all'amico Daniele. «Sì, Elena me l'aveva detto che voleva punirlo».

Insomma, per il gip di Brescia, Luciano Ambrosoli, è abbastanza per provare le lesioni gravissime: «Hanno dimostrato una straordinaria e protratta determinazione criminale, clamorosa pericolosità e disposizione violenta», scrive il giudice nelle quattro pagine di ordinanza. Risultato: Dario in cella, Elena in ospedale e poi dai nonni. Alla fine, davanti agli inquirenti, lei si è messa a piangere. «Ha parlato di maltrattamenti e di violenza anche psicologica ma è distrutta e pentita - assicura il suo avvocato, Laura Schiffo - perché non voleva arrivare a tanto. E, soprattutto, era innamorata di lui».

Andrea Pasqualetto

Non so che dire, come commentare. L'articolo fa schifo. Continua a sottolineare che "lei era incinta" come se l'essere incinta costituissse una specie di "scusante", così come quando sottolinea che lei "era innamorata di lui".

Le stesse parole oscene e ridicole di quando a far violenza è un uomo ad una donna, quando si parla di "delitto passionale" o di "gelosia" o di "problemi ad accettare una separazione o un rifiuto".

Se non altro sfata un penoso luogo comune che vuole che le madri, o le donne incinte siano tutte sante e appagate per la loro maternità.

Ma non è che questo consoli granché.

Questo orrendo delitto fa male a tutti.
:(

Certo che a Brescia ne accadono di tutti i colori...
Atroci ed orrendi delitti. La strage di San Polo meno di un anno fa, quell'altro che butta giù due figli dal balcone e cerca di buttare anche la moglie e poi si getta lui, in Via Cremona, appena dopo...
Le due ragazze pakistane uccise dai famigliari perché volevano vivere "all'occidentale"....
:(:(:(
e ora questa.:sad:
 

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