sembra un'operazione GLADIO (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
Africa, dove bombarda François Hollande

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Africa, dove bombarda François Hollande

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Non solo Siria.
I caccia francesi sono in azione, 
da tempo, anche nel Sahara. Con la scusa di lottare contro il terrorismo, Parigi riprende il controllo di aree strategiche, ricche di oro e di uranio.

Così l'Occidente ha destabilizzato un'intera regione, senza riuscire a frenare l'avanzata del Califfato
di Fabrizio Gatti
05 ottobre 2015


Ecco puntuali i due caccia francesi, appena decollati dall’aeroporto di Niamey.
Ogni mattina volano verso Nord, risvegliano in una manciata di minuti tutta la provincia semidesertica di Tillabéri. E scendono a bombardare il Mali intorno alla città orientale di Ménaka esattamente come stanno facendo in Siria, oppure inceneriscono nel Sahara qualche convoglio di jihadisti inquadrato dalle telecamere dei droni.
Che grande opportunità offre il terrorismo.
Grazie alla diffusione dello Stato islamico, di Al-Qaeda nel Maghreb islamico, di Boko Haram, le varie sigle del terrore contemporaneo, la Francia ha riconquistato posizioni che in Africa aveva perso da più di quarant’anni.
Non è un buon auspicio.
Perché si rischia il modello Iraqistan: la destabilizzazione permanente come in Iraq e in Afghanistan, lungo una fascia di migliaia di chilometri e centinaia di milioni di abitanti che con poche soluzioni di continuità ormai attraversa il pianeta dall’Est della Mauritania fino al Pakistan.

Con l’operazione “Serval”, i soldati di Parigi hanno spaccato in due il Mali consegnando per ora il Nord ai tuareg, senza che il governo di Bamako potesse reagire. E con l’operazione “Barkhane” hanno rioccupato il Nord del Niger, il Paese più povero al mondo, il primo Stato africano che si incontra a Sud dell’Italia dopo la distruzione della Libia. Duecento militari di François Hollande si sono insediati accanto ai colleghi nigerini nella base di Madama, un fortino coloniale francese costruito nel 1937 sulla sabbia rossa a cento chilometri dall’attuale frontiera libica. E la notte del 7 aprile i paracadutisti lanciati sul deserto hanno preso il controllo del passo di Salvador, punto in cui convergono le piste e i confini di Niger, Libia e Algeria. La richiesta di Parigi è di annientare i combattenti in transito, distruggere i nascondigli di munizioni e carburante, arrestare i trafficanti di armi e droga.

I militari francesi però non hanno ricevuto l’ordine di bloccare chi guadagna dai traffici di persone: così oltre duemila migranti a settimana, come li ha calcolati l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, circa diecimila al mese, possono superare tranquillamente i posti di controllo e proseguire il viaggio fino ai barconi che li porteranno in Italia. Da Madama i francesi li lasciano passare. Da Ventimiglia no.

La Francia è venuta quaggiù per rioccupare militarmente i territori in cui nell’ultimo decennio si erano insediati Paesi concorrenti. Sono regioni ricchissime di materie prime, comprese incredibili riserve d’oro a pochi centimetri sotto la sabbia.
Al Mali e al Niger la Cina ha regalato importanti infrastrutture come ponti e strade, mentre dal Sahara ha cominciato a estrarre petrolio, che raffina a Zinder ed esporta.
Il Canada tra il 2006 e il 2009 ha provato a contrastare ai francesi il monopolio nello sfruttamento dell’uranio nigerino, con cui la Francia produce il trenta per cento della propria energia elettrica.
E per ultima in Niger è atterrata la Turchia, per partecipare alla corsa alle risorse minerarie del Sahara, di cui le potenze globali grandi e piccole si sono accorte.

È evidente che Hollande non sia preoccupato dell’incolumità degli africani. A certi livelli gli interessi minerari e geopolitici sono più forti della sensibilità umana. Abbattere il regime di Tripoli violando la risoluzione dell’Onu che limitava l’intervento alla protezione di Bengasi, come ha denunciato Jean-Pierre Chevènement, già ministro francese della Difesa e dell’Interno, è stato come tirare al biliardo. Gli storici diranno se la carambola militare e sociale che è ricaduta sul Sahara, sul Mediterraneo e sull’Europa meridionale fosse premeditata da Parigi.

Quando nel marzo 2011 Sarkozy impone agli alleati l’attacco a Tripoli, i primi a essere travolti sono proprio gli interessi italiani in Libia. E forse non a caso. Gli strateghi francesi non avevano mai digerito l’accordo di Bengasi del 2008 tra Gheddafi e Berlusconi sulla riparazione dei danni coloniali provocati dall’occupazione italiana: 5 miliardi in 25 anni da versare al regime, per ovvie ragioni ora sospesi. Un pessimo precedente, secondo Parigi. Se le ex colonie francesi pretendessero risarcimenti con la stessa proporzione, risolveremmo il problema dell’emigrazione africana in Europa. Ma la Francia sarebbe in bancarotta. Gheddafi in quei mesi gioca su più tavoli. Lavora segretamente anche per Parigi.

In Niger tra il 2006 e il 2009 arma la rivolta dei tuareg contro il presidente Mamadou Tandja che minaccia il monopolio francese sull’uranio. Poi si presenta a Niamey, la capitale, a proporre la pace e ad aprire la strada a Sarkozy quando, dopo tre anni di guerra e di morti, la Francia ottiene dal Niger il secondo giacimento di uranio più grande al mondo. Pochi mesi dopo il presidente Tandja viene punito e rovesciato da un golpe. E sempre nel 2010 Nouri Mesmari, il capo del protocollo di Gheddafi, lascia la Libia e fugge con la famiglia a Parigi. È con lui che i servizi segreti francesi organizzano la rivolta di Bengasi contro il Colonnello. Di fronte alla fine evidente, il figlio di Gheddafi, Saif al-Islami, accusa Sarkozy di avere incassato dal padre fondi neri per la sua elezione all’Eliseo nel 2007 e ne chiede la restituzione. Si parla di 50 milioni. Ma ormai proprio da Bengasi divampa la primavera “fabriqué en France”. Il 19 marzo 2011 parte l’attacco che secondo la risoluzione dell’Onu deve limitarsi a proteggere la città della Cirenaica dalla vendetta del dittatore. E che Sarkozy spinge fino al rovesciamento del regime.

Sulla storia dei fondi neri sono in corso a Parigi varie inchieste che coinvolgono l’ex presidente, il ministro dell’Interno Claude Guéant, e alcuni funzionari. Il testimone chiave dell’indagine, Gheddafi, viene ucciso il 20 ottobre 2011. Mentre gli 007 francesi e italiani corrono a mettere al sicuro il suo archivio: certe carte rimaste segrete qualche scandalo potrebbero provocarlo anche a Roma. Da allora ogni mossa, ogni dettaglio visti da qui, in Niger, sembrano rispecchiare il piano delle “Repubbliche del Sahara”. È il progetto coloniale che gli strateghi francesi da sessant’anni minacciano di recuperare dal cassetto ogni volta che sentono in crisi il loro dominio: una confederazione di Stati indipendenti da affidare ai nomadi tuareg che attraverserebbe il Nord del Mali, il Nord del Niger e anche il Fezzan, nel Sud della Libia dove oggi continuano i combattimenti.

Attraverso l’accordo di pace, firmato il 20 giugno con il governo del Mali, i tuareg riuniti nel Coordinamento dei movimenti dell’Azawad (Cma) ottengono la costituzione di assemblee regionali, l’inclusione dei combattenti in una forza armata per il Nord, l’amnistia per i ribelli e nuovi programmi per la sicurezza e lo sviluppo. Devono però rinunciare all’autonomia. È la quarta rivolta dall’indipendenza del Mali nel 1960 che finisce più o meno allo stesso modo. Dall’accordo, steso nei mesi scorsi con la benedizione dell’Algeria, altra potenza regionale, sono esclusi i gruppi islamisti di “Ansar Dine” e del “Movimento per l’unicità e il jihad nell’Africa Occidentale”. Vedremo quanto reggerà e come risponderanno i terroristi. Anche perché da fine agosto gli stessi tuareg del Cma non partecipano più ai lavori del comitato che dovrebbe consolidare la pace.

Non bisogna dimenticare che queste erano zone relativamente stabili, prima della distruzione della Libia. I tuareg, chiamati da Gheddafi in sua difesa, dopo la disfatta ritornano in Mali carichi di armi e cominciano la loro guerra alleandosi con il peggio dell’islamismo militante. Conquistano le città di Kidal, Gao e Timbuctu consegnandole poi agli estremisti che impongono la legge coranica e demoliscono monumenti. Quando i fanatici decidono di varcare il fiume Niger e puntare sulla capitale Bamako, le Nazioni unite forniscono il supporto giuridico e tra gennaio 2013 e luglio 2014 la Francia risponde con l’operazione “Serval”. Il pericoloso embrione di califfato viene così per il momento sconfitto.

Pensate che Hollande abbia poi restituito il territorio riconquistato al legittimo titolare, cioè al governo di Bamako? No. I francesi affidano il Sahara agli stessi tuareg del “Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad” che avevano attaccato l’esercito maliano e aperto la strada agli islamisti. Gli stessi con cui oggi Bamako, per scarsità di mezzi, è costretta a condividere la pace: dopo aver addirittura ringraziato Parigi per la terapia militare contro i terroristi. Una storiella diffusa nel Sahel racconta che per un medico i malati guariti sono soldi persi, anche i malati morti lo sono: «Perché il medico continui a guadagnare, bisogna mantenere il malato in stretta agonia controllata». E l’agonia del Mali è la ragione che spinge migliaia di ragazzi a imbarcarsi verso l’Italia: tanto da essere il secondo gruppo più numeroso dopo gli eritrei.

Boko Haram è l’altro movimento terroristico che dal Nord della Nigeria minaccia il Niger e soprattutto la regione in cui la Cina ha trivellato pozzi di petrolio e costruito una raffineria. Al confine con il lago Ciad, l’esercito di Niamey è impegnato dall’inizio dell’anno in un confronto con la guerriglia. La capacità militare della setta terroristica si è rafforzata grazie all’arrivo di armi pesanti dalla Libia. Secondo fonti di intelligence nigeriane, per lungo tempo i terroristi sarebbero stati addestrati in Ciad. E avrebbero goduto della copertura di uomini vicini al presidente ciadiano Idriss Déby Itno. Contemporaneamente, grazie alla lotta ufficiale contro Boko Haram, il presidente Déby Itno si è riscattato da anni di isolamento: tanto che la Francia ha installato il comando militare di “Barkhane”, l’operazione che dall’agosto 2014 ha sostituito la missione “Serval”, proprio a N’Djamena e non a Niamey. Un modo per controllare da vicino l’ambiguo alleato: in una terra di caldo e miraggi, la realtà non è mai come appare.

In questo risiko, l’Italia non c’è. Dall’11 al 14 maggio Niamey ospitava il vertice dei Paesi del G5-Sahel, l’alleanza antiterrorismo che comprende Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad. Arrivano in quei giorni anche i ministri dell’Interno di Francia (ovviamente) e Spagna. Discutono di come fermare gli emigranti, di sbarchi in Europa. Cioè di noi. Il ministro Angelino Alfano non è nemmeno invitato.

Gli Stati Uniti al momento inseguono a distanza. E si accontentano di un avamposto per i loro droni nell’aeroporto di Agadez, la porta del Sahara. Mentre Boko Haram cerca di reclutare giovani disoccupati nella povertà dei villaggi rurali e nelle baraccopoli del Niger. Se aderisci, ti offrono una moto cinese da 300 euro e 500 mila franchi, circa settecento euro. Non tutti diventeranno terroristi. Ma in questo modo la rete di comunicazione e supporto si allarga. Per un ragazzo che mangia sabbia dalla nascita, in un Paese dove il settanta per cento della popolazione ha meno di 25 anni, diventa difficile spiegare che Boko Haram è un nemico. Non è però impossibile. Basterebbe forse affrontare i predicatori sullo stesso terreno offrendo qualcosa in più: due moto e mille euro. Soprattutto creando le condizioni per far crescere l’economia. Questa sarebbe vera sicurezza. L’operazione “Barkhane” impiega 3.000 soldati francesi, 20 elicotteri, 400 tra camion e veicoli blindati, 7 aerei da trasporto, 6 caccia e 4 droni: quanti posti di lavoro sicuri si sarebbero potuti creare con la stessa spesa?

L’unico vero argine contro l’islamismo in Niger è per ora l’Islam tollerante di questo straordinario Paese. Prima dell’estate il Consiglio superiore della comunicazione, l’autorità che tutela la libertà e l’indipendenza dei mezzi d’informazione, ha respinto la domanda per l’apertura di cinque radio presentata a Niamey dall’associazione “Jama’at Islamique Ahmadiyya”: perché l’etere è di tutti mentre, spiega il vice presidente del Consiglio della comunicazione, Ali Sountalma Ousseini, quella è «un’associazione a carattere confessionale con l’obiettivo di propagandare l’Islam interpretato dal fondatore del movimento di Ahmadiyya e dai suoi califfi». Con una norma così laica, perfino “Radio Maria” sarebbe fuorilegge.

Fabrizio Gatti ha scritto da inviato nella provincia di Tillabéri, in Niger.
 
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tontolina

Forumer storico
è una False flag! la mia intuizione pare essere vera.... anche perchè istintivamente a livello inconscio ho notato analogie tra gli attentati italiani e questo massacro



ma tu guarda il caso a volte nehhhhhhhh
Attentato a Parigi, Psy-op di Gladio


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Hausfrauleaks sottolinea che il terrorismo dell’Operazione Gladio della CIA-NATO in Italia è collegato alla loggia massonica P2 in Italia (collegata a Kissinger, Rothschild e Rockefeller).La P2 aveva una loggia sorella a Parigi legata a Gladio chiamata ‘Le Grand Orient de Paris’. Il più influente muratore di quella loggia è l’attuale primo ministro della Francia Manuel Valls. “Valls ha nominato ministro degli Interni Cazeneuve direttamente responsabile delle indagini su Charlie Hebdo, l’attacco al treno belga e le rivolte dei migranti a Calais, recentemente dimostratisi istigati dai Black Bloc (gestiti dall’intelligence occidentale) e dal gruppo pro-migranti di Soros. Cazeneuve è noto come significativo alto muratore come Valls che l’ha nominato. Cazeneuve e Valls sono noti per essere ebrei estremisti sionisti e alti muratori collegati alle élite. Si noti che i documenti dell’autorità su Gladio, Daniele Ganser, mostrano che i ministri degli Interni dei Paesi complici erano sempre agenti di Gladio“. Un testimone era davanti la sala concerto Bataclan prima dell’attacco e vide almeno uno degli assassini, come ha detto a BMFTV, che non era incappucciato: ‘Ho visto un ragazzo, piuttosto piccolo, bianco, sembrava europeo’. Alcuni hanno riferito di aver udito almeno due dei terroristi al Teatro Bataclan parlare un francese perfetto.

da Attentato a Parigi, Psy-op di Gladio


Alcuni dettagli sulla strage di Parigi avvenuta in data assolutamente particolare sfuggita a molti: venerdì 13… e non solo!

Gioele Magaldi, Presidente del Movimento Roosevelt e Gran Maestro di Grande Oriente Democratico, rispondendo a varie domande, analizza in un'intervista ad Affaritaliani.it i significati nascosti degli attentati a Parigi (precisamente nel pezzo intitolato “Terrorismo, Gioele Magaldi: «Dietro gli attacchi un messaggio massonico»”), affermando: «I tragici fatti di Parigi, sia del 7 gennaio che dello scorso 13 novembre 2015, sono anzitutto opera di coloro che hanno creato a tavolino prima Al Qaeda e poi l’Isis. Di costoro ho parlato nel mio libro MASSONI. Società a responsabilità illimitata, Chiarelettere Editore (primo volume), profetizzando già nell’autunno 2014 (quando il libro è uscito), in termini minuziosi e inequivocabili, eventi terribili come quelli che sono accaduti a Parigi quest’anno e come altri che continueranno a verificarsi.

Le menti e le mani che hanno prima pianificato ed effettuato gli attentati a “Charlie Hebdo” e poi le terribili stragi di venerdì 13 novembre 2015 sono le stesse, identiche. E sono menti e mani che amano particolarmente le simbologie della tradizione esoterica e massonica occidentale…in modo impressionante.

Non ho ancora sentito nessuno, a livello di mainstream mediatico, ricordare che il venerdì 13 ottobre del 1307, proprio in Francia, il re Filippo il Bello, ordinò l’arresto dei Templari. Da allora, quella data ha assunto una rilevanza fondamentale in determinati ambienti appunto esoterici e massonici, e persino nella produzione letteraria e filmografica. Chi ha voluto realizzare la strage di Parigi, facendola compiere proprio un venerdì 13, ha mandato un segnale preciso di natura infra- massonica. Spiegherò in seguito di che segnale si tratti e perché, al lume delle notizie riservate che mi sono pervenute, sia stato scelto egualmente l’autunno per questo attentato, ma non il mese di ottobre, bensì quello di novembre».

Il Presidente del Movimento Roosevelt (Gioele Magaldi) ci spiega anche in maniera dettagliata quali potrebbero e dovrebbero essere le risposte dell’occidente a questa tipologia di attacchi (risposta che naturalmente non andrà in porto perché, come ci spiega Gioele Magaldi: «lo show del terrorismo hollywoodiano a cura dell’Isis fa comodo a molti…»), affermando: «C’è sempre stato un solo modo per reagire adeguatamente a questo tipo di situazione.

Se solo si volesse, si dovrebbe procedere cosi:

1) Un’azione militare poderosa, per via aerea ma soprattutto via terra, concertata tra tutte le maggiori potenze almeno nominalmente democratiche, preferibilmente sotto l’egida dell’ONU. Un’azione risoluta per spazzare via il cosiddetto Califfato dell’Isis dalla faccia della terra. Militarmente, se solo si volesse, in poco tempo i miliziani dell’Isis sarebbero travolti dalla infinitamente preponderante forza bellica che le nazioni democratiche potrebbero mettere in atto.
2) Solo che, per essere credibile, legittimato, giustificabile e ben accetto, al presente come per il futuro, un tale intervento militare, una volta conseguita la vittoria, dovrebbe essere seguito rapidamente e seriamente dalla costruzione di infrastrutture materiali e immateriali, culturali, istituzionali ed economiche volte a trasformare quei territori martoriati medio- orientali (ora dominati dal Califfato) in società libere, democratiche, laiche, con un grande dispendio di risorse per aiutare la popolazione locale ad associare un ritrovato benessere economico-sociale alla implementazione di istituzioni democratico-liberali. Non si tratta di fingere di “esportare la democrazia”, come volevano far credere all’opinione pubblica mondiale i farabutti massoni contro-iniziati che, tramite la superloggia sovranazionale Hathor-Pentalpha (si legga il primo volume della serie di MASSONI, per capire di che si tratti), andarono a mettere a ferro e fuoco l’Iraq nei primi anni ‘2000 e altri territori in tempi successivi. Si tratta di costruirla davvero una vita democratica, libera, laica, pluralista e pacifica in quello che ora è lo stato totalitario-integralista-ierocratico dell’Isis, e nel resto del Medio Oriente. E per farlo, occorre che i governi delle maggiori potenze democratiche mondiali collaborino con gli ambienti islamici più laici e moderati dell’area nord-africana e medio-orientale».

A proposito degli eventuali “rischi” sulla nascita e/o il rafforzamento in Europa di forze che sostengono il populismo e/o gli estremismi, Gioele Magaldi risponde in questo modo:
«E’ uno spauracchio, questo della possibile avanzata dei movimenti populistici ed estremistici, agitato strumentalmente da coloro che poi, per far fronte a questa eventuale avanzata, propongono governi consociativi che, per loro natura, annullano la normale dialettica democratica tra forze politiche alternative. Governi consociativi che poi favoriscono l’approvazione, quasi sempre con scarso dibattito politico-mediatico (si ricordi l’approvazione totalitaria e silenziata del funesto Fiscal Compact, ad opera del governo Monti, in Italia, e altri provvedimenti simili presi in tutta Europa), di misure legislative contrarie all’interesse del popolo sovrano ma assai utili ad interessi privati sovranazionali e apolidi. D’altra parte, non ho alcuna simpatia per i populismi e gli estremismi, tanto più se di natura neo-nazionalistica, e occorre anche osservare che i gruppi dirigenti di questi movimenti, solitamente, quando vanno al governo, si dimostrano del tutto docili e subalterni a quegli stessi poteri apolidi che di consueto si servono di maggioranze consociative e formalmente “moderate”. Non bisogna però confondere il carattere cinico e apolide delle élites massoniche neoaristocratiche e reazionarie, cui mi sto riferendo, e che in alcuni loro segmenti sono responsabili dell’atroce strage di Parigi del 13 novembre scorso, dal positivo cosmopolitismo dei gruppi massonici progressisti, per i quali la patria non è la propria nazione, ma ogni luogo dove occorra combattere per la democrazia, la libertà e i valori racchiusi nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani approvata all’Onu il 10 dicembre 1948, grazie al “matrocinio” della libera muratrice Eleanor Roosevelt».

A proposito dell’eventualità della chiusura delle frontiere e sull’eventuale nuova cessione di parte delle nostre libertà (in particolar modo considerando le esternazioni del procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo Franco Roberti): «Non serve chiudere alcuna frontiera. E non servirebbe bombardare e basta (come è stato fatto in passato, spesso senza considerare le pesanti conseguenze per le popolazioni civili coinvolte), in assenza di quell’impegno concreto e lungimirante nella costruzione di infrastrutture materiali e immateriali necessarie per costruire, consolidare e difendere qualsivoglia società aperta, libera, laica, democratica ed equa. Come del resto spiegavo più sopra, rispondendo a un’altra domanda.

Se davvero Franco Roberti si è espresso cosi, devo allora dire che trovo gravissime, scellerate e inaccettabili le parole del procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo. Proprio il 14 novembre, sul sito ufficiale del Movimento Roosevelt (Home - Movimento Roosevelt), poi rilanciato anche sul sito di Grande Oriente Democratico (Grande Oriente d'Italia Democratico), è apparso un importante intervento intitolato “Strage a Parigi del 13 novembre 2015: il tragico avverarsi delle profezie di MASSONI e di Gioele Magaldi (risalenti al 2014) e un necessario impegno di tutti e di ciascuno per difendere democrazia e libertà, contro qualsivoglia deriva autoritaria e illiberale in stile Patriot Act sul suolo europeo e contro altre conseguenze strumentali e scellerate auspicate dai mandanti degli attentati di ieri (13 novembre) e del 7 gennaio 2015 in Francia”, articolo pubblicato il 14 novembre 2015 sul sito MR, di cui consiglio un’attenta lettura.
Se Franco Roberti si è espresso cosi, il Movimento Roosevelt, entità politica metapartitica da me presieduta, chiederà ufficialmente le dimissioni dell’attuale procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, per manifesta incompatibilità ideologica con i principi e i fondamenti di quelle istituzioni democratiche e liberali che egli, con le strutture da lui guidate, dovrebbe difendere dalle minacce del terrorismo e della malavita organizzata. Sarebbe il caso di ricordare a Franco Roberti e a coloro che, a questo punto, hanno il diritto-dovere di indurlo a dimettersi, che il massone progressista Benjamin Franklin, uno dei massimi padri della nascita della prima Repubblica costituzionale e democratica al Mondo, gli Stati Uniti d’America, soleva affermare: “Chi è pronto a dar via le proprie libertà fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza, non merita né la libertà né la sicurezza”.
E Franco Roberti certo non merita di continuare a presiedere l’Antimafia e l’Antiterrorismo in Italia, lo dico con forza e convinzione.


Peraltro, vogliamo anche dire una cosa che ancora non ho sentito osservare da nessuno? Ho diversi amici fraterni onesti e scrupolosi, tra i quadri e i dirigenti dei servizi d’intelligence (di diverse nazioni) operanti in Francia e in particolare a Parigi. E sa cosa mi hanno suggerito? Che senza una falla grossa come una casa nell’operato degli stessi servizi segreti occidentali e francesi (qualche agente infedele che, evidentemente, ha “collaborato” con i terroristi, tradendo con infamia i propri doveri e la propria dignità di uomo e di servitore dello Stato), quello che è accaduto venerdì 13 novembre non sarebbe mai potuto accadere.

Ma stiamo scherzando?

Terroristi che arrivano indisturbati a pochi passi da dove si muove il Presidente della Repubblica e che vanno a fare il più atroce attentato in un locale che avrebbe dovuto essere scientificamente guardato a vista da servizi d’intelligence e sicurezza, in quanto già attenzionato in precedenza per possibili atti di terrorismo e violenza?
Senza la connivenza di apparati deviati dell’intelligence militare e civile, tutto ciò non sarebbe stato assolutamente possibile.

Perciò, vorrei dire a Franco Roberti e ad altri, di non venirci a cantare la canzone stonata della rinuncia alla libertà in favore della sicurezza. Semmai, il successore di Roberti (dopo che costui si sia doverosamente dimesso) si prodighi per evitare, in Italia, le falle clamorose e inescusabili relative alla prevenzione degli attentati e al presidio capillare dei luoghi più esposti a rischi».

Riguardo a quanto appena detto, segnalo che poco fa è stato diramato il comunicato “Intervista a Gioele Magaldi sulla strage di Parigi per Affari Italiani” dove l'Ufficio di Presidenza anticipava «una ferma richiesta di dimissioni da parte del Movimento Roosevelt al Procuratore antimafia e antiterrorismo Franco Roberti, desideroso di implementare un liberticida Patriot Act italiano», richiesta esplicitamente ribadita anche nel finale del pezzo: «Chiediamo e torneremo a chiedere incessantemente, nei prossimi giorni, come Movimento politico, le immediate dimissioni di Franco Roberti, platealmente inadatto a ricoprire il ruolo di Procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo».

Sui possibili rischi che corre l’Italia ed in particolar modo Roma: «L’Italia rischia come ogni altro importante Paese europeo. Ma sarà cura mia personale, e di altri fratelli dell’area di Grande Oriente Democratico, vigilare al fine di rendere molto difficile la vita ai terroristi che volessero operare a Roma o altrove, magari con la connivenza anche qui di pseudo- servitori dello Stato infedeli e infami».

Chiudo questo intervento citando due passaggi della pubblicazione “Il massacro di Parigi e le rivelazioni-choc di Gioele Magaldi” ad opera di “Libreidee” (pubblicazione che Gioele Magaldi ha definito come «Buona nell'insieme generale del pezzo», affermando che «ci sono alcune imprecisioni nell'attribuzione di alcune tesi al sottoscritto, specie per quel che riguarda gli Usa, la Russia di Putin e la Cina»): «Poi non dite che non vi avevano avvisato. Anche la nuova strage di Parigi era annunciata, e non solo dai proclami bellicosi dell’Isis.

Da almeno un anno, nelle librerie italiane (non sui giornali che avrebbero dovuto recensirlo) fa bella mostra di sé lo sconvolgente libro “Massoni”, di Gioele Magaldi, edito da Chiarelettere. Un saggio deliberatamente ignorato dal mainstream, che presenta contenuti scomodi e addirittura devastanti, al punto da costringere a rileggere la storia del ‘900. Alla storiografia ufficiale - l’intreccio di dinamiche socio-economiche di massa - il libro aggiunge l’influenza di una regia occulta. E’ il “convitato di pietra”, il vertice massonico mondiale, spesso evocato ma mai prima “presentato”, con nomi e cognomi. Una struttura di potere marcatamente progressista fino ai primi decenni del dopoguerra, e poi - col doppio omicidio di Bob Kennedy e Martin Luther King - rovinosamente degenerata in una parabola reazionaria, neo-feudale, neo-aristocratica.
Dallo storico patto “United Freemasons for Globalization”, la nuova élite ha avuto mano libera fino al Pnac, il piano dei neo-con per il “nuovo secolo americano” su cui costruire il “nuovo ordine mondiale”, quindi l’11 Settembre e la “guerra infinita” (Iraq, Afghanistan, Libia, Siria) che è sotto i nostri occhi, compreso l’ultimo spaventoso massacro di Parigi. E resta sempre nell’ombra uno dei soggetti-chiave degli ultimi sanguinosi sviluppi: si chiama “Hathor Pentalpha” ed è una delle 36 superlogge internazionali dell’oligarchia mondiale.

“Hathor” è l’altro nome della dea egizia Iside, e non è un caso - per Gioele Magaldi - che si chiami proprio Isis l’armata di tagliagole del “califfo” Al-Baghdadi, terroristi e miliziani sostenuti da Turchia e Arabia Saudita, appoggiati da settori dell’intelligence Usa George W. Bush impiegati in diversi teatri, sempre con la medesima missione: destabilizzare gli assetti statali, generare terrore e caos, ingaggiare l’Occidente in una sorta di Terza Guerra Mondiale che ha come obiettivo strategico il depotenziamento della Cina, vero competitor mondiale dell’egemonia del dollaro, e il suo alleato più potente, l’indocile Russia di Putin. Analisi sviluppate in questi anni da decine di osservatori internazionali, ma solo da Magaldi integrate anche con le lenti dell’élite massonica planetaria.
Già “gran maestro” della loggia Monte Sion aderente al Grande Oriente d’Italia, Magaldi rivendica orgogliosamente la sua appartenenza libero-muratoria e, nel libro, insiste sulla paternità massonica della modernità: «Lo Stato laico, la democrazia e il suffragio universale non li ha portati la cicogna». Rivoluzione Francese, Rivoluzione Americana. Persino la Rivoluzione d’Ottobre: “Prima di far nascere l’Urss, Lenin fondò a Ginevra la superloggia Joseph De Maistre”. Inutile stupirsi più di tanto: “E’ comprensibile che il soggetto storico che ha introdotto la modernità poi cerchi anche di pilotarla a suo piacimento”».

“Libreidee” termina il suo pezzo con le seguenti parole: «La “geopolitica del caos” ormai preferisce avvalersi della più grottesca creatura dell’intelligence, il fondamentalismo islamico: nel lontano 2009, i militari americani del centro iracheno di detenzione di Camp Bucca si videro recapitare l’ordine di rilascio dell’allora oscuro Abu Bakr Al-Baghdadi, l’attuale “califfo” dell’Isis. Oggi, Al-Baghdadi è l’uomo che minaccia l’Europa e rivendica la strage di innocenti a Parigi. E c’è chi se ne stupisce: politici e giornalisti esibiscono sconcerto e raccapriccio, come se brancolassero nel buio. Eppure, tra le pagine di “Massoni”, era tutto in qualche modo già scritto. Ma non c’è pericolo che le analisi di Magaldi emergano al punto da affacciarsi in prima serata sul mainstrem televisivo, e neppure sulle pagine sempre reticenti della grande stampa».

Segnalo anche l’ottima descrizione che “Libreidee” fa del Movimento Roosevelt: «Il Movimento Roosevelt, che punta al risveglio democratico e sovranista della politica italiana richiamandosi direttamente al lascito dei Roosevelt, entrambi massoni progressisti: il presidente Franklin Delano, fautore del New Deal, e sua moglie Eleanor, promotrice all’Onu della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Un orizzonte liberal-socialista, nutrito di idee keynesiane, quelle che ispirarono lo storico piano elaborato da George Marshall per far risorgere l’Europa dalle macerie del dopoguerra. Tradotto oggi: fine dell’austerity disposta dall’Ue ed estensione della spesa pubblica espansiva, verso la piena occupazione» (descrizione che mi sento di definire ottima, corretta e parziale - esclusivamente considerando l’immensa galassia delle idee del Progetto Roosevelt) ed il finale del pezzo “Strage a Parigi del 13 novembre 2015: il tragico avverarsi delle profezie di MASSONI e di Gioele Magaldi (risalenti al 2014) e un necessario impegno di tutti e di ciascuno per difendere democrazia e libertà”, il seguente: «Intanto, l’Ufficio di Presidenza del Movimento Roosevelt invita tutti i rooseveltiani (e anche i simpatizzanti “in benefico concorso esterno”…tra cui tanti massoni progressisti di un certo peso) a vigilare in difesa della democrazia e della libertà in Francia e in Europa, adoperandosi affinché gli odiosi mandanti di queste nuove stragi parigine non riescano a sfruttarle per imporre nel Vecchio Continente qualcosa di simile al pessimo, illiberale e anti-democratico pacchetto di norme legislative statunitensi note come “Patriot Act”…norme che insultano gli stessi fondamenti liberali della Costituzione USA del 1787, il più antico trattato costituzionale di epoca contemporanea.

Il Movimento Roosevelt c’è e vigilerà, di concerto con gli esponenti più risoluti della Libera Muratoria progressista e utilizzando tutti i suoi strumenti (palesi e discreti, diretti e indiretti), al fine di impedire ulteriori svolte autoritarie e liberticide in un’Europa già ostaggio di pulsioni anti-democratiche e tecnocratiche».

In conclusione. Se ci sono persone dotate di forti credenziali, immensi valori, ferrea onestà umana ed intellettuale ed attributi, una mano è sempre gradita:

Aderisci - Movimento Roosevelt (scheda di adesione al Movimento Roosevelt).

Vincenzo Bellisario

(Articolo del 18 novembre 2015)
massoni,
gioele magaldi
Parigi
 

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Forumer storico
quasi tutti i kamikaze terroristi erano francesi e la francia manda una portaerei nelle coste della siria !

mandare le portaerei davanti l'arabia saudita avrebbe perlomeno una logica dato che sono loro a finanziare l'isis
stiamo tornando ai subdoli motivi che hanno causato la 2' guerra mondiale
 

tontolina

Forumer storico
quasi tutti i kamikaze terroristi erano francesi e la francia manda una portaerei nelle coste della siria !

mandare le portaerei davanti l'arabia saudita avrebbe perlomeno una logica dato che sono loro a finanziare l'isis
stiamo tornando ai subdoli motivi che hanno causato la 2' guerra mondiale
anche Facebook è allineato all'ordo ab Chaos e se qualcuno critica viene immediatamente bannato!

La censura Parigi.

Criticano le guerre di Hollande: sospesi da Facebook Cecilia Strada e Giuseppe Genna E' lo stesso scrittore a dare la notizia sul suo account twitter scrivendo " #Facebook ha cancellato un mio articolo contro la guerra, sospendendomi per 7 giorni". Nello stesso giorno, una misura di sospensione (poi rientrata) era stata adottata da Facebook nei confronti della presidente di Emergency Cecilia Strada -

19 novembre 2015 Per aver espresso i loro dubbi e riserve sulla risposta 'bellica' del presidente francese Hollande agli attentati di venerdì in Francia, lo scrittore Giuseppe Genna e Cecilia Strada sono stati sospesi per una settimana da Facebook. E' lo stesso scrittore a dare la notizia sul suo account twitter scrivendo " #Facebook ha cancellato un mio articolo contro la guerra, sospendendomi per 7 giorni". Nel suo testo, Genna si rivolgeva al presidente francese prendendole distanze sin dal titolo - "Non in mio nome signor Hollande" - dal "richiamo bellico, arcaico, e privo di conturbamento" risuonato nel discorso del presidente francese alle aule riunite del parlamento. Nello stesso giorno una misura di sospensione (poi rientrata) era stata adottata da Facebook nei confronti della presidente di Emergency Cecilia Strada che veniva invitata dal social a usare "un nome vero" cosa che, ha risposto ovviamente la Strada, "già facevo".


- See more at: Parigi. Criticano la guerra di Hollande: sospesi da Facebook Cecilia Strada e Giuseppe Genna - Rai News
 

tontolina

Forumer storico
anche Facebook è allineato all'ordo ab Chaos e se qualcuno critica viene immediatamente bannato!

La censura Parigi.

Criticano le guerre di Hollande: sospesi da Facebook Cecilia Strada e Giuseppe Genna E' lo stesso scrittore a dare la notizia sul suo account twitter scrivendo " #Facebook ha cancellato un mio articolo contro la guerra, sospendendomi per 7 giorni". Nello stesso giorno, una misura di sospensione (poi rientrata) era stata adottata da Facebook nei confronti della presidente di Emergency Cecilia Strada -

19 novembre 2015 Per aver espresso i loro dubbi e riserve sulla risposta 'bellica' del presidente francese Hollande agli attentati di venerdì in Francia, lo scrittore Giuseppe Genna e Cecilia Strada sono stati sospesi per una settimana da Facebook. E' lo stesso scrittore a dare la notizia sul suo account twitter scrivendo " #Facebook ha cancellato un mio articolo contro la guerra, sospendendomi per 7 giorni". Nel suo testo, Genna si rivolgeva al presidente francese prendendole distanze sin dal titolo - "Non in mio nome signor Hollande" - dal "richiamo bellico, arcaico, e privo di conturbamento" risuonato nel discorso del presidente francese alle aule riunite del parlamento. Nello stesso giorno una misura di sospensione (poi rientrata) era stata adottata da Facebook nei confronti della presidente di Emergency Cecilia Strada che veniva invitata dal social a usare "un nome vero" cosa che, ha risposto ovviamente la Strada, "già facevo".


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Facebook perde appeal, almeno per chi sino a ora lo utilizzava per postare qualcosa. È vero infatti che il 65% degli utenti (rilevamento di giugno scorso) visita il social network quotidianamente, ma il dato riguardo gli utenti che lo visitano per postare è in netto calo. Un calo da far tremare i polsi a chi ha investito nelle azioni del colosso di Zuckerberg. Il quale, infatti, già da qualche mese sta correndo ai ripari. Un calo di questo calibro è ovviamente un segnale molto preoccupante (per chi detiene azioni di Facebook) nel medio e nel lungo periodo: se gli utenti non sono (più) invogliati a pubblicare nuovi contenuti il social network è destinato fatalmente a diminuire la sua rilevanza, visto che la natura stessa dell’oggetto è quella di essere visitato per “vedere” ciò che pubblicano e condividono gli altri, oltre che per pubblicare “propri” contenuti. Ora, se le persone che pubblicano continuano a diminuire, a un certo punto non ci sarà più motivo per andare a visitare la piattaforma (a meno che non lo si voglia fare per sorbirsi annunci pubblicitari).

The Social Network perde colpi. Per fortuna - La Voce del Ribelle on-line - Il ribelle.com
 

tontolina

Forumer storico
“Per sconfiggere l’Isis dobbiamo bombardare i curdi” (Erdogan)

“Per sconfiggere l’Isis dobbiamo eliminare Assad” (Hollande).

“Per sconfiggere l’Isis dobbiamo distruggere la Siria”
(Obama).

“Per sconfiggere l’Isis dobbiamo bombardare l’Isis” (Putin)
 

tontolina

Forumer storico

Si distrae sia dal molto sospetto abbattimento del Boeing russo sul Sinai, sia dal terrorismo USraeliano sempre più evidente all’opinione pubblica (la crocchia dirigente francese è in gran parte correligionaria degli israeliani: Hollande, Fabius, Sarkozy, Royal e così l’élite intellettuale, Bernard Levy, Glucksman…).
Si giustifica il riarmo che rafforza il complesso militar-industriale a scapito di altre economie e industrie che prosperano sui rapporti pacifici.
Si fa una pera di sangue all’anemico presidente francese che può gonfiare e lepenizzare i suoi gracili muscoletti in vista della prossima tornata elettorale.
Poi, per coprire l’evidente collusione con gli attentatori, evidenziata dalle quasi 4 ore di licenza di uccidere concesse in piena Parigi prima dell‘intervento della polizia, si organizza una canizza due giorni dopo, in un quartiere di fermenti sociali e culturali, dove la polizia, uccidendo “terroristi” e anche passanti, può ricuperare la faccia perduta.
 

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