L’allarme era stato lanciato da Francia e Italia, poi è arrivata l’Austria e ora anche la Gran Bretagna.
E si può star tranquilli che non finirà qui.
Nel mirino ci sono i colossi del web che riescono ad eludere le tasse e che,
sfruttando ogni cavillo possibile, riescono a risparmiare miliardi e miliardi di dollari.
Quanto? Secondo Fair Tax Mark, l’organizzazione britannica che certifica la buona condotta fiscale delle aziende,
i “Silicon Six”, come vengono chiamati dalla stampa americana Amazon, Apple, Facebook, Google, Microsoft e Netflix,
hanno eluso tasse per più di cento miliardi di dollari dal 2010 al 2019.
Come ci siano riusciti è oggetto di studio tra detrazioni, incentivi, sconti e altri meccanismi di trasferimento contabile.
Le aziende tendono a spostare i ricavi e la liquidità in paesi con aliquote fiscali più contenute.
La maggior parte delle detrazioni secondo i ricercatori «quasi sicuramente avviene fuori dagli Usa»,
soprattutto in paradisi fiscali come le isole Bermuda ma anche come l’Olanda, l’Irlanda e il Lussemburgo.
Nella top-six di chi riesce a pagare molto meno del dovuto, stando a questo rapporto, al primo posto c’è Amazon,
che ha pagato il 24% di quello che aveva accantonato, solo $ 3,4 miliardi di imposte sul reddito in questo decennio (circa il 12,7%).
Il secondo peggior pagatore di tasse è Facebook, il social network gestito da Mark Zuckenberg .
Terzo, sempre secondo il rapporto, è il motore di ricerca Google, seguito da Netflix, poi da Apple,
che resta «il più grande contribuente del mondo», avendo pagato $ 93,8 miliardi di imposte sul reddito in questo decennio
(anche se con profitti di $ 548,7 miliardi e entrate di $ 1'888 miliardi) .
Infine c’è Microsoft, che tra i sei è quella che ha pagato più tasse in proporzione agli accantonamenti, ovvero un tasso di cash tax pari al 16,8%.
Google e Amazon hanno subito replicato asserendo che non viene considerato il complicato sistema fiscale internazionale attualmente in vigore.
L’aliquota fiscale effettiva globale dal 2010 al 2018 – secondo Amazon – è stata mediamente del 24%,
quindi Amazon non è stata né «dominante» né «non tassata».
Il colosso, inoltre, insiste anche sulle migliaia di posti di lavoro che crea in tutto il mondo.
Web Tax: soluzione reale o miccia per una guerra commerciale?
Come risolvere questa situazione? La via d'uscita condivisa da diversi paesi dell'Unione Europea è solo una, e si chiama Web tax.
Dopo l'ipotesi ventilata dalla Francia anche Italia e Austria stanno ventilando la possibilità di applicare un balzello ad hoc per i colossi hi-tech.
È un'idea che però preoccupa le autorità Usa.
In primis Donald Trump che ora minaccia una nuova guerra commerciale con Bruxelles basandosi sul fatto che questa imposta
«discrimina le società statunitensi, è incoerente con i principi prevalenti della politica fiscale internazionale e rappresenta un onere insolitamente gravoso per le società colpite».
Sulla questione, anche Bruxelles ha preso posizione: l'Unione europea
«agirà e reagirà con una sola voce e rimarrà unità, ci stiamo coordinando con le autorità francesi sui prossimi passi»,
ha riferito Daniel Rosario uno dei portavoce della Commissione Ue.
La guerra del web, forse, è appena iniziata.