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scaricamento di un antivirus. Gratis si fa per dire

Truffa sul web, al posto di antivirus gratis scaricavano contratti a pagamento | Antonella Beccaria | Il Fatto Quotidiano
Truffa sul web, al posto di antivirus gratis scaricavano contratti a pagamento
Due i casi a Bologna (solleciti da 100 euro, pena il recupero crediti), oltre 25mila in tutta Italia. Il sito sotto indagine degli inquirenti è Italia-Programmi.net di proprietà Estesa Limited con sede alle Seychelles. L'Antitrust l'ha già sanzionato per 1 milione e 500mila euro
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Non credevano ai propri occhi quando, aprendo una busta giunta lo scorso 13 gennaio, hanno trovato una lettera spedita da un’azienda con sede alle Seychelles, la Estesa Limited, che annunciava loro l’ “ultimo sollecito di pagamento prima della consegna al recupero crediti”. Così due famiglie bolognesi, invece di versare 96 euro più gli 8,50 di commissione di sollecito, si sono rivolte ai carabinieri scoprendo di aver schivato una presunta truffa che coinvolge tutta Italia.

Sulla Estesa Limited, proprietaria del marchio Italia-Programmi.net e del relativo sito Internet, pende infatti una sanzione datata 3 gennaio 2012 dell’Antitrust per un 1 milione e 500 mila euro. Motivo: pratiche commerciali scorrette segnalate all’autorità garante da più di 25 mila consumatori. Inoltre, se le 2 denunce presentate a Bologna sono oggetto di un’indagine della procura cittadina, anche i magistrati di Roma hanno già aperto un fascicolo e la polizia postale e la guardia di finanza della capitale si stanno occupando della questione per circoscriverne i profili penali.

Una questione che si concentra in questi termini. Il sito che fa riferimento alla società delle Seychelles propone agli utenti in rete lo scaricamento di un antivirus. Gratis, si dicono le pagine web, chiedendo ai navigatori solo di registrarsi (ma senza richiedere il numero di carta di credito).
Al termine dell’operazione, parte il download da attivare con un click, ma contestualmente – e di questo l’utente non si accorge perché l’ “evidenza grafica”, scrive l’Antitrust, “non [è] sufficiente a un’immediata comprensione” - sottoscrive con la Estesa Limited un contratto biennale in cui si impegna a pagare 96 euro all’anno.


Ovviamente chi ha scaricato il software non lo fa perché non ha capito che di download a pagamento si tratta. E allora ecco gli “ultimi solleciti” maggiorati di 8,50 euro e la minaccia di azioni di recupero crediti. In questo modo – lo stesso vissuto dagli utenti bolognesi – il volume d’“affari” dell’azienda potrebbe aggirarsi intorno ai 2 milioni e mezzo di euro, senza contare che ci possono essere utenti che, per evitare rogne, hanno pagato.

Difficile al momento interrompere la pratica ritenuta scorretta dall’Antitrust. Il dominio Italia-Programmi.net, creato il 17 aprile 2011 e attivo (salvo rinnovo) fino alla stessa data del 2013, è intestato a tale Janette Francies, che come indirizzo dà quello dell’azienda a capo del business e che risulta responsabile sia degli aspetti amministrativi che tecnici del nome a dominio. Probabile dunque che anche il server che ospita le pagine web si trovi all’estero impedendo – o rallentando in modo anche consistente – a chiusura del sito.

Della vicenda negli ultimi mesi si sono occupate anche alcune associazioni consumatori. Tra queste l’Aduc, che già l’estate scorsa aveva raccolto le prime 57 segnalazioni e che aveva presentato un esposto-denuncia all’autorità garante aggiungendo in una nota diffusa in quel periodo: “Invitiamo gli utenti e continuare a inviarci le loro segnalazioni per eventuali integrazioni istruttorie da produrre all’autorità garante per la concorrenza ed il mercato, corredate se possibile da documentazione: ciò consentirà di comprendere l’estensione del fenomeno”.

Il modello utilizzato da Italia-Programmi.net ricalca lo schema dell’“easy download”, basato sullo stesso principio: invitare a uno scaricamento gratuito salvo trovarsi poi abbonati a un servizio non richiesto che pretende un corrispettivo. È un’attivista che “si compone di due elementi”, scrive su Webnewss ancora l’Aduc, “l’artificiosità e la poca trasparenza del modo cui si arriva al sito e la ‘leggerezza‘ degli utenti che si registrano senza tenere gli occhi sgranati e senza leggere ogni singola parola contenuta nella pagina web. Ciò detto, consigliamo di fare un esposto alla Procura della Repubblica, saranno poi i magistrati a valutare se sussista o meno il reato”.

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La registrazione al sito diventa un contratto
Raggirati migliaia di cittadini italiani
Protagonista della vicenda la Estesa Limited, società che gestisce il sito italia-programmi.net, dal quale è possibile effettuare download di software comuni. Nonostante l'intervento dell'Antitrust e l'interessamento delle forze dell'ordine, le segnalazioni degli utenti si sono moltiplicate. 'Colpito' anche il Garante Antonio Catricalà



La registrazione al sito diventa un contratto Raggirati migliaia di cittadini italiani | Roberto Rotunno | Il Fatto Quotidiano



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La home page del sito sotto accusa

Sembra una semplice registrazione a un sito internet.
Come se ne fanno tantissime ogni giorno. E invece è un contratto a pagamento. Novantasei euro all’anno per l’esattezza, da corrispondere in anticipo.
A effettuare l’abile raggiro è la Estesa Limited, società che gestisce il sito italia-programmi.net, dal quale è possibile effettuare download di software comuni. A cadere nella trappola, migliaia di cittadini che hanno segnalato, guidati dall’associazione di consumatori Aduc, il fatto all’Antitrust. Il quale già dalla fine di agosto ha ordinato alla società di cessare l’invio di solleciti di pagamento agli utenti che avevano involontariamente sottoscritto il contratto. Ed ha anche investito della vicenda la Polizia Postale, la Procura della Repubblica e la Guardia di Finanza. A quanto pare, senza ottenere risultati, perché negli ultimi mesi le denunce dei cittadini raggirati, anziché diminuire, si sono moltiplicate esponenzialmente.

Il metodo attuato dalla Estesa Limited, società con sede alle Seychelles, è ben descritto nel provvedimento punitivo adottato dall’antitrust. Gli utenti finiscono nel sito dopo aver digitato su Google il nome del software che intendevano scaricare accanto alla parola ‘gratis’. Qui, viene loro richiesto di compilare il modulo con i dati personali. “L’indicazione dell’onerosità – si legge sulla delibera del garante – è indicata, nella pagina di registrazione, in caratteri molto piccoli sulla destra dello schermo e poco visibili essendo in colore grigio chiaro su fondo bianco”. Allo stesso tempo, al cliente si chiede di accettare le “condizioni generali di vendita”, che riportano l’indicazione della natura onerosa del contratto. Peccato che il link corrispondente riporti solo l’acronimo “CGV”, contribuendo alla confusione mentale già creata nel cliente.

Subito dopo questo passaggio, il cliente riceve una mail con i dati utili per effettuare il login. Una mail che non contiene il benché minimo riferimento alla stipula di un contratto a pagamento. Ma che, allo stesso tempo, fa partire i dieci giorni utili ad esercitare il diritto di recesso dal contratto. Del quale, ovviamente, non si avvale quasi nessuno, in quanto pochissimi se ne accorgono. Ed è in questo momento che parte la seconda fase della pratica commerciale scorretta (così l’ha definita l’Antitrust). Il cliente è sommerso di solleciti di pagamento. Minacciando da subito le vie legali. Per semplificare: o paghi subito o finisci dal giudice. Insomma, un bombardamento psicologico che, secondo il Garante, induce anche chi è convinto di non aver voluto stipulare il contratto a pagare per evitare l’esborso di inquantificabili maggiori spese. Ed infine, ciliegina sulla torta, la società minaccia persino di adire la magistratura penale. Cosa del tutto impossibile, perché il mancato pagamento di un credito non è reato, ma solo inadempimento contrattuale, impugnabile al massimo dinanzi al giudice civile.

Una procedura quindi che, secondo il Garante, viola quattro articoli del Codice del Consumo, sia per i “profili di ingannevolezza” che assume la fase di stipula che per “l’aggressività” delle condotte con la quale la Estesa sollecita il pagamento. Per questo l’autorità ha ordinato ai gestori del sito di non pubblicizzare i loro prodotti su Google Adwords, di rendere graficamente più chiaro il fatto che si tratti di servizi a pagamento e soprattutto di cessare l’attività di solleciti per gli utenti che si dichiarano ignari della natura onerosa della registrazione. Prescrizioni solo in minima parte rispettate dalla Estesa, che oltretutto non ha presentato memorie difensive nell’ambito del procedimento amministrativo e, a quanto pare, non ha nemmeno voluto impugnare al Tar Lazio il provvedimento.

Si legge sul sito ufficiale dell’Aduc, ad esempio, che le modifiche che esplicitano sul sito il costo del servizio operano solo “in orario lavorativo e non di sera, quando gli uffici dell’Antitrust sono chiusi”. E soprattutto, l’invio di fatture e solleciti è proseguito senza freni. Alcune settimane fa, è stato addirittura lo stesso presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà a riceverlo. Tanto che lo stesso ha pensato di segnalare la vicenda a Striscia la Notizia, che ha realizzato un servizio trasmesso nella puntata dello scorso 15 ottobre.

Nulla di fatto. La Estesa non demorde, i cittadini continuano a denunciare all’Autorità. Che non può far altro che trasmettere comunicati nei quali ricorda che i solleciti di pagamento sono inviati “in palese violazione della delibera adottata il 25 agosto”. Non è infatti nelle competenze del Garante dire ai raggirati se pagare o meno la fattura ricevuta. A quello però ci pensa l’Aduc, che tranquillizza tutti, consigliando di ignorare ogni richiesta di pagamento. Un po’ più complicato sarà, per quelli che in preda al panico hanno eseguito il pagamento, recuperare le somme. Non sarà facile rintracciare una società che pur operando in Italia, si rintana dietro una sede alle Seychelles.

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