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Sbadiglio.
Un lungo e profondo sbadiglio per proclamare alla città che ci sono, che vivo, che sono sveglio. Il sudicio angolo maleodorante non mi ripara dal rumore di quei grossi treni e dallo schiamazzo della gente, così decido di lasciare questo mostro di marmo che mi ha ospitato nel suo caldo ventre per una lunga notte.
Fuori l'aria è frizzante, e la brezza m'inebria tanto da obliare per un attimo i miseri dolori che mi sbriciolano schiena e collo. Decido di fare due passi. La strada in discesa mi porta dopo un lunghissimo cammino in un'ampia piazza.
Mi sfrego gli occhi, e il naso è rigato da madreperlacee tracce di sudore. Sono già stanco, così decido di entrare nella gigantesca costruzione al centro della piazza: di fronte è bianca, l'adornano uomini di pietra, sembra una chiesa. Entro. E' una chiesa, non sono mai entrato in una chiesa. La smetto di ansimare. Altri uomini immani di pietra bianca mi salutano da destra e sinistra, reggono in mano strani strumenti. Anch'io porgo loro il mio saluto. Poche persone affollano questa sala dal silenzio liberatorio, solo qualche bisbiglio lo adorna.
Il soffitto mi sembra che possa cadere, è ricco, pesante. I pochi presenti mi guardano di sbieco: so di essere sgradito, c'è chi si volta indifferente, chi invece mi inquisisce con lo sguardo, pronto ad intervenire. Di colpo mi sento sollevato e portato verso un lato, il mio sguardo è perso, mi dimeno: loro mi guardano tranquilli e mi porgono una tazza colma d'acqua, devono aver visto le mie condizioni. Ora sono contento, forse ho trovato un padrone.
Un raggio polveroso, magnificamente opaco e lucente squarcia l'aria da una finestra, e un piccione vola allegro attorno ad esso. Muovo contento la grossa coda, e il muso ansimante affonda di nuovo nel piacere dell'acqua.
[email protected]
Un lungo e profondo sbadiglio per proclamare alla città che ci sono, che vivo, che sono sveglio. Il sudicio angolo maleodorante non mi ripara dal rumore di quei grossi treni e dallo schiamazzo della gente, così decido di lasciare questo mostro di marmo che mi ha ospitato nel suo caldo ventre per una lunga notte.
Fuori l'aria è frizzante, e la brezza m'inebria tanto da obliare per un attimo i miseri dolori che mi sbriciolano schiena e collo. Decido di fare due passi. La strada in discesa mi porta dopo un lunghissimo cammino in un'ampia piazza.
Mi sfrego gli occhi, e il naso è rigato da madreperlacee tracce di sudore. Sono già stanco, così decido di entrare nella gigantesca costruzione al centro della piazza: di fronte è bianca, l'adornano uomini di pietra, sembra una chiesa. Entro. E' una chiesa, non sono mai entrato in una chiesa. La smetto di ansimare. Altri uomini immani di pietra bianca mi salutano da destra e sinistra, reggono in mano strani strumenti. Anch'io porgo loro il mio saluto. Poche persone affollano questa sala dal silenzio liberatorio, solo qualche bisbiglio lo adorna.
Il soffitto mi sembra che possa cadere, è ricco, pesante. I pochi presenti mi guardano di sbieco: so di essere sgradito, c'è chi si volta indifferente, chi invece mi inquisisce con lo sguardo, pronto ad intervenire. Di colpo mi sento sollevato e portato verso un lato, il mio sguardo è perso, mi dimeno: loro mi guardano tranquilli e mi porgono una tazza colma d'acqua, devono aver visto le mie condizioni. Ora sono contento, forse ho trovato un padrone.
Un raggio polveroso, magnificamente opaco e lucente squarcia l'aria da una finestra, e un piccione vola allegro attorno ad esso. Muovo contento la grossa coda, e il muso ansimante affonda di nuovo nel piacere dell'acqua.
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