Sarebbe giusto valutare il Debito Pubblico con i princìpi contabili delle aziende (1 Viewer)

Ignatius

sfumature di grigio
Premessa:
Se un risparmiatore fa una polizza previdenziale con le Generali, la compagnia registra, tra le sue passività (Riserve Matematiche) un importo che statisticamente basterà a coprirà i suoi futuri esborsi (al netto dei premi che il risparmiatore deve ancòra versare negli anni successivi).
L'importo che Generali rileva tra le sue passività tiene conto delle garanzie che fornirà, e di variabili finanziarie e demografiche (indicizzazione, rivalutazione, tassi di interesse, speranze di vita ecc.).


Osservazione:
Quello dell'INPS è invece un sistema contributivo per quanto riguarda la quantificazione delle prestazioni che spettano ai pensionati, ma sostanzialmente distributivo (ovvero: le pensioni future verranno pagate con entrate future, anziché con i proventi derivanti dall'investimento dei contributi versati dai lavoratori).
Quindi, INPS e Generali (e qualunque altra compagnia o fondo pensione sulla terra) hanno due sistemi contabili significativamente diversi.
INPS ragiona "per cassa", registrando le uscite quando effettua i pagamenti, mentre Generali ragiona "per competenza", registrando i debiti quando sorgono.

Proposta:
Secondo me sarebbe sensato che anche l'INPS, anziché darne qualche vago elemento nelle sue relazioni annuali, registrasse tra le sue passività gli impegni che, ad una certa data, ha assunto nei confronti dei lavoratori per effetto dei contributi che ha ricevuto dai lavoratori fino a quella data.
Anzi, considerarei nel passivo INPS sii debiti sia per prestazioni previdenziali (pensioni ai lavoratori), sia quelli per prestazioni assistenziali (minimi e simili), e leggendo si capirà perché.



Risultati:
Il debito pubblico, tenuto conto delle prestazioni previdenziali già acquisite (ma non ancòra erogate), come minimo raddoppierebbe, in Italia e in tutto il mondo. Forse triplicherebbe.
Ma ovviamente, visto che comprenderebbe anche uscite previste nei successivi 20-30-50 anni, che quindi non minerebbero la capacità di rimborsare i debiti a breve, tutti considererebbero sostenibile un rapporto Debito/PIL non del 120 o del 60%, bensì, ad esempio, del 250% - 300%.
Ovviamente, dal debito INPS andrebbero detratti gli investimenti fatti dall'istituto (azioni, immobili, obbligazioni, liquidità disponibile ecc.), perché quella parte di debito risulterebbe già coperta.

Un effetto collaterale sarebbe la maggiore trasparenza delle uscite pubbliche.
Mi spiego: se un parlamento facesse una riforma (aumenti o tagli) delle pensioni, lo stock del debito pubblico (così ricalcolato) ne terrebbe conto immediatamente, anziché mostrare i benefìci solo nei successivi 50 anni.

Se invece un parlamento stabilisse che, ad esempio, i parenti di lavoratori extracomunitari hanno diritto a trattamenti assistenziali come quelli che spettano ai cittadini italiani (e quindi un certo numero di lavoratori stranieri facesse arrivare i propri genitori anziani ufficialmente nullatenenti, e quindi destinatari di pensioni minime), un simile provvedimento causerebbe sùbito una crescita del debito pubblico, anziché creare un fardello i cui effetti verrebbero a galla solo nel giro di alcuni decenni. Le decisioni dei parlamentari sarebbero immediatamente riflesse dai conti pubblici, a differenza di quanto accade oggi (un parlamento può fare un provvedimento che crea un "buco" clamoroso ma lontano nel tempo, e molti elettori, giustamente miopi, non se ne accorgono).



Allora, siamo tutti d'accordo?

Chi è con me, tiri una riga per approvazione.
Se non avete capìto qualcosa, perché ho parlato in contabilese, faccio ammenda e rispiego.




Ecco la mia riga:
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[Ci sono altri punti in cui la "prassi contabile" del bilancio dello Stato potrebbe essere migliorata, ma quello previdenziale è, quantitativamente, senz'altro il più gigantesco]



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