di Francesco Verderami
ROMA Per quanto il linguaggio dei francesi fosse stato giudicato «inaccettabile», il capo dello Stato riteneva «indispensabile» trovare un modo per ricucire lo strappo con Parigi ed evitare che saltasse l’appuntamento tra Conte e Macron. Era l’obiettivo a cui mirava anche il premier, come Mattarella ha potuto constatare ancora l’altra sera, in una triangolazione di contatti che ha coinvolto il titolare degli Esteri. Proprio a Moavero, coadiuvato dalla struttura della Farnesina, era stato affidato il compito di aprire una breccia attraverso la quale consentire al presidente del Consiglio di superare il muro issato dai due vicepremier. L’operazione è riuscita senza che lo smarcamento provocasse un problema politico tra Palazzo Chigi e gli azionisti di governo.
Perché Salvini, trascinandosi dietro Di Maio, aveva chiesto le «scuse formali» dalla Francia per ritenere sanato il vulnus diplomatico e concordare con il viaggio del premier a Parigi. Nella fase più delicata della negoziazione è stato trovato un diverso compromesso, così la telefonata di Macron (che non si è scusato) ha permesso a Conte di trovare un escamotage tipico delle aule di giustizia. Ecco com’è prevalsa la linea istituzionale, che serve a garantire la tenuta della «collaborazione» — parola scandita al Colle — per via di «interessi comuni» con il Paese transalpino, sia nei rapporti bilaterali sia nel quadro europeo. La Francia, giusto per fare un esempio sottolineato dalla nuova squadra all’Economia, condivide con l’Italia la storica battaglia per tenere la spesa per investimenti fuori dal conteggio del deficit.
Una telefonata allunga la vita, e Conte ci teneva a parlare con Macron, che peraltro era stato il primo a congratularsi con lui quando non era ancora formalmente diventato capo del governo. La colazione oggi ci sarà, e il rendez vous ha una forte valenza anche sotto l’aspetto della politica domestica. Sia chiaro, il premier non si sgancia da Salvini e Di Maio, che restano i dominus del governo, ma acquisisce una certa autonomia non prevista dagli accordi interni. Non a caso un ministro leghista, commentando la faccenda, ha detto tra il serio e il faceto che «Conte è un gran parac...». A Conte, Salvini ha lasciato prendere l’aereo per Parigi: «Scuse o non scuse, bado alla sostanza non alla forma».
È la prima volta che il premier si smarca dai due vice e con ogni probabilità non sarà l’ultima, siccome il «contratto» non può mettere nel conto gli imprevisti. Infatti, come poteva prevedere lo staff grillino — posto militarmente a controllo di Conte — quello che è accaduto al G7 in Canada? Dopo aver visionato una dozzina di dossier, dopo aver organizzato una full immersion di due ore per preparare il presidente del Consiglio all’appuntamento con i Grandi, chi poteva mai pensare che Trump con un tweet sulla Russia avrebbe mandato tutto il lavoro in fumo? Stavolta sarà (forse) meno complicato, e sul tema dei migranti il capo del governo italiano avrà buone carte per ribattere alle accuse del presidente francese di aver «violato le regole» con il respingimento della nave Aquarius.
Perché in Europa nessuno sulla materia ha la coscienza a posto. Conte potrebbe rimarcarlo a Macron, specie se lo staff di Palazzo Chigi avrà inserito nel dossier la denuncia presentata da alcune organizzazioni non governative — tra cui la Caritas — sull’operato della gendarmeria francese al confine con l’Italia. In una lettera dello scorso aprile inviata al governo italiano e alla Commissione europea, viene messa in evidenza «la violazione delle norme sulla gestione dei migranti». In particolare si fa riferimento a «numerosi respingimenti di minori stranieri non accompagnati, effettuati dalle autorità transalpine alla frontiera di Ventimiglia», con atti «contrari alla legislazione internazionale ed europea» e persino «alle regole di Dublino».
Copia della missiva Conte potrebbe chiederla a Salvini, visto che anche il Viminale l’ha protocollata. Allegata c’è pure una sentenza del tribunale di Nizza di gennaio che ha riconosciuto la violazione delle garanzie per i minori. Altri venti ricorsi sono ancora pendenti. Scagli il primo salvagente chi in Europa in questi anni non è stato «cinico» se non «irresponsabile». Ma sono questioni che vanno risolte con il confronto e non con le parolacce, perciò Mattarella è soddisfatto del compromesso e del lavoro diplomatico di Conte e Moavero: a entrambi aveva dato l’altra sera il suo sostegno.
14 giugno 2018 (modifica il 14 giugno 2018 | 23:37)
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