salari deflazionati e spesa inflazionata (1 Viewer)

tontolina

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Retribuzioni ai minimi dall'83 Prezzi salgono doppio dei salari

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13:05 28 GEN 2013

(AGI) - Roma, 28 gen. - Mai cosi' bassa la crescita degli stipendi da trent'anni a questa parte, mentre i prezzi continuano a volare.

Con il risultato che il costo della vita aumenta del doppio rispetto ai salari. A dicembre l'indice delle retribuzioni contrattuali orarie registra un aumento dello 0,1% rispetto al mese precedente e dell'1,7% rispetto a dicembre 2011. Lo comunica l'Istat. Nella media del 2012 la retribuzione oraria e' cresciuta dell'1,5% rispetto all'anno precedente: si tratta della crescita media annua piu' bassa dal 1983.
A dicembre le retribuzioni orarie contrattuali registrano un incremento tendenziale del 2,2% per i dipendenti del settore privato e una variazione nulla per quelli della pubblica amministrazione.

I settori che presentano gli incrementi tendenziali maggiori sono: alimentari bevande e tabacco (3,6%); chimiche (3,3%), legno, carta e stampa, acqua e servizi di smaltimento rifiuti (per entrambi gli aggregati 3%). Si registrano, invece, variazioni nulle per telecomunicazioni e per tutti i comparti della pubblica amministrazione.
Nella media del 2012 aumenti significativamente superiori alla media si osservano nei comparti: tessili, abbigliamento e lavorazione pelli; chimiche (per entrambi gli aggregati 2,8%); energia elettrica e gas (2,7%). Nel settore privato, le variazioni piu' contenute si rilevano nel settore agricolo (0,1%) e telecomunicazioni (1,1%). Nella p.a, a eccezione del comparto dei vigili del fuoco in cui l'incremento dell'indice orario e' dello 0,5%, non si sono riscontrati incrementi nel 2012.
L'indice per dipendente delle retribuzioni contrattuali per l'intera economia, proiettato per tutto l'anno sulla base delle disposizioni definite dai contratti in vigore alla fine di dicembre, registrerebbe nel 2013 un incremento dello 0,9%. Con riferimento al primo semestre, in assenza di rinnovi, il tasso di crescita tendenziale da gennaio 2013 sarebbe dell'1%, diminuendo di un decimo di punto da aprile.
Nel 2012 la crescita dei prezzi e' stata doppia rispetto a quella dei salari: le retribuzione contrattuali orari sono aumentate dell'1,5% e l'inflazione del 3% su base annua. Lo comunica l'Istat precisando che si tratta del divario maggiore, a sfavore delle retribuzioni, dal 1995.
 

tontolina

Forumer storico
29 Gennaio 2013
CRISI, DEBITO PUBBLICO, DEBITO PRIVATO, COMPETITIVITA’. UN PO’ DI CHIAREZZA - PRIMA PARTE -

http://www.clubcapretta.it/index.php?option=com_zoo&view=category&layout=category&Itemid=206


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Maastricht

Scopo di questo scritto, basato sugli imprescindibili saggi degli economisti di scuola keynesiana (Krugman, Bagnai, Roubini, etc.), dei quali può essere considerato un riassunto, è di far chiarezza sia sulla crisi che stiamo vivendo, sia su alcuni aspetti del Trattato di Maastricht.
DEBITO PUBBLICO?
La tesi che andiamo a dimostrare è che questa crisi NON SIA ASCRIVIBILE AL DEBITO PUBBLICO. Se infatti fosse questo il problema, perché c’è crisi in paesi come l’Irlanda e la Spagna, i cui debiti nel 2008 erano, rispetto al Pil, di circa il 40%, o come il Portogallo, il cui debito quotava intorno al 70%? Lo stesso debito greco era di circa il 110%, un valore non drammatico, oltretutto con tendenza in calo.

In senso opposto, perché non ci sono stati problemi per il debito tedesco e francese, che nel 2008 superavano il 67%? E perché niente è successo, in questi anni, al debito giapponese (1), che ha raggiunto di recente il 230% del Pil (1)?
A pensarci bene, anche la crisi del 1929 non fu certo dovuta al debito pubblico degli Stati Uniti, che era su valori ridicoli (meno del 20%).
A questo punto dovremmo tutti ammettere che il problema è da qualche altra parte. Il debito pubblico, infatti, equivale alla febbre, nel caso si sia contratta una malattia e, certamente, anche di febbre si può morire, ma la malattia è un’altra, e si chiama DEBITO PRIVATO, con quello che ne consegue, ovvero il DEBITO ESTERO.
Nei paesi di cui sopra era in effetti il debito privato ad essere salito notevolmente, con la sua componente estera a livelli drammatici.

E l’Italia? Perché la speculazione, nell’attaccare l’Euro, sta mordendo l’Italia? Perché da noi il deficit dei pagamenti con l’estero era, nel 2010, di circa 3.5 punti di Pil (gli economisti dicono che a 3 punti c’è una grave crisi, a 4 punti il fallimento).
Il problema è quindi consequenziale. Come potrà mai l’Italia superare l’ostacolo dei 50 miliardi di deficit annuale con l’estero, che si accumula sempre di più, anno dopo anno, senza poter svalutare, recuperando quindi competitività?
Ed allora, se si nutrono dubbi su come l’Italia possa ragionevolmente farcela, che credibilità ha il suo debito? Molto bassa, ovviamente, a prescindere dal suo ammontare (il debito pubblico spagnolo è tutt’ora inferiore a quello tedesco!).
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Stock Debito Pubblico Europeo

COME RISOLVERE IL PROBLEMA DELLA COMPETITIVITA’
Come possiamo allora risolvere il problema della competitività (che permetterebbe, aumentando le esportazioni, di contribuire ad eliminare il debito con l’estero) senza uscire dall’Euro, e quindi senza una svalutazione (che non sarebbe di tipo competitivo, ma di adeguamento al differenziale inflazionistico cumulato negli ultimi anni con l’ex area del Marco)?
La soluzione non è la tassa in più, fosse anche di tipo patrimoniale, ma purtroppo la sola deflazione, visto che altro non è permesso. Ed in effetti, cos’altro si può fare, se non deflazionare l’economia italiana (riduzione degli stipendi e delle pensioni), visto che politiche di tipo Keynesiano sono largamente proibite dal Trattato di Maastricht, e che anche i paesi nord-europei praticano politiche restrittive?
Non sapevamo che se un paese di quest’Unione avesse praticato una sleale deflazione competitiva (la Germania), questo fatto avrebbe obbligato tutti gli altri paesi ad adeguarsi?

CONVERGENZA DELL’INFLAZIONE
La scienza economica, ma anche il buon senso, vuole che l’abbandono della flessibilità del cambio debba essere compensato da: 1) una maggiore mobilità dei fattori di produzione (ovvero l’emigrazione), 2) una maggiore flessibilità dei salari (ovvero la loro riduzione in termini reali), 3) una maggiore diversificazione produttiva (per superare le difficoltà di un paese in uno specifico settore industriale).
Se queste tre condizioni dovessero mancare, è necessario che almeno i tassi d’inflazione convergano, altrimenti i paesi con minore inflazione come la Germania, andrebbero in surplus diventando così esportatori di merci, e quindi di capitali, verso i paesi a maggiore inflazione, che a loro volta sarebbero condannati al deficit ed alla fragilità finanziaria.
In assenza di una simile convergenza, è necessario che le istituzioni possano ovviare agli squilibri regionali attraverso un sistema politicamente condiviso che permetta dei trasferimenti dalle zone in fase di crescita a quelle in fase di recessione.
Questo sistema si chiama “integrazione fiscale”, ed è quello che ha contribuito a tenere in piedi tutti gli stati nazionali (si può citare il meridione nel caso dell’Italia, il Galles o la Scozia nel caso della Gran Bretagna, i lands orientali nel caso della Germania, e così via).
Nell’ eurozona un sistema d’integrazione fiscale non c’è. I mercati del lavoro ed i sistemi previdenziali, inoltre, sono notoriamente dissimili, e tutto ciò spiega le ragioni per cui l’integrazione monetaria non abbia portato alla convergenza dei fondamentali, ma abbia solo facilitato il finanziamento dei disavanzi, rendendo così possibile che i paesi più ricchi alimentassero la loro crescita prestando soldi a quelli più poveri.
Questi hanno così visto aumentare il loro debito estero, mentre quello pubblico invece diminuiva, a riprova del fatto che la crisi trae le proprie origini dall’indebitamento dei settori privati.
Al primo importante shock il sistema è andato in frantumi: l’intervento pubblico, sopraggiunto a sostegno del sistema finanziario, ha trasformato il debito privato in debito pubblico. Ma all’origine del tutto c’è l’irresponsabilità della finanza privata dei paesi in surplus, che ha concesso prestiti in modo scriteriato.

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Serie storica dell’Inflazione (2)

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Note:
1) Il debito giapponese comincia, ma solo ora, a creare preoccupazione nelle istituzioni e nella stampa mainstream, per ragioni legate alla crisi (valuta, innovazione del settore industriale, esportazioni, etc.), ma anche all’andamento demografico, che rendono possibile (non so quanto probabile) un ricorso a finanziamenti dall’estero, con un inevitabile aumento degli interessi (nell’eventualità), ed il conseguente incremento della componente estera del debito (è sempre quest’ultimo, il debito estero, a creare problemi!). Nessun quotidiano, però, mette in evidenza l’indebitamento privato, che è a livelli drammatici!
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tratto da http://www.clubcapretta.it/index.php?option=com_zoo&task=item&item_id=92&Itemid=206http://www.clubcapretta.it/index.php?option=com_zoo&task=tag&tag=debito pubblico&app_id=1&Itemid=204
 

big_boom

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tontolina

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Sta arrivando l’inferno, ma i candidati non lo vedono

http://www.libreidee.org/2013/01/sta-arrivando-linferno-ma-i-candidati-non-lo-vedono/
 

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