Telecom Italia (TIT) riparte da Recchioni. (1 Viewer)

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A puntare sul titolo è anche Banca IMI che invita ad acquistare con un target price a 1,1 euro. Gli analisti affermano che i risultati della controllata brasiliana sono stati migliori delle attese, spiegando che i numeri conseguiti confermano lo slancio positivo delle attività brasiliane del gruppo e fanno ben sperare per i risultati di Telecom Italia in arrivo a inizio marzo.

(Trendonline)
 

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Un portavoce del fondo Elliott Management ha dichiarato che la quota di azioni ordinarie Telecom in suo possesso non supera il 5% (limite oltre il quale scatta l'obbligo di comunicazione per i fondi) e che la sostituzione di alcuni membri del cda gioverebbe alla compagnia telefonica. Secondo indiscrezioni di stampa Elliott ha posizioni in derivati che gli permetterebbero di salire al 9,9% e vorrebbe la rimozione di 5 consiglieri in quota Vivendi, inclusi presidente e a.d..

Il cda di Telecom Italia ieri ha approvato i dati 2017, il progetto di separazione della rete e il piano strategico DigiTIM 2018–2020. L'analisi del grafico di Telecom Italia evidenzia il balzo in avanti messo a segno ieri e il superamento della resistenza di area 0,77 euro. Un consolidamento oltre questo riferimento confermerebbe il completamento del doppio minimo creatosi a partire da novembre, con i prezzi proiettati verso 0,82 in prima battuta, e quindi (in ottica di medio periodo) sul massimo della scorsa primavera a 0,9160. Discese sotto 0,71/0,72 anticiperebbero invece un approfondimento verso 0,65/0,66 e quindi sul minimo dell'estate 2016 a 0,6265.
(ADVFN)
 

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A partire dal cda che si svolgerà oggi. Per qualcuno infatti il consiglio dovrà solamente prendere atto dell'integrazione da parte dei sindaci nell'assemblea del 24 aprile delle richieste di Elliott, già operativa. Il collegio ha esercitato, al posto del board che non ha provveduto, il potere di supplenza ex articolo 126 bis del Tuf, integrando così l'ordine del giorno con la richiesta di cambiare 6 consiglieri. Una mossa che ha spiazzato il board e Vivendi, primo socio di Telecom con il 23,9%. Secondo altri però il collegio sindacale non avrebbe potuto integrare l'ordine del giorno autonomamente, cosa che può fare solo nel caso di inerzia del cda che, il 24 aprile, con le dimissioni già decise dei sei consiglieri di Vivendi, decadrà, ma al momento è ancora in carica. E dunque il cda potrebbe anche impugnare davanti al giudice la decisione dei sindaci. Con il rischio però di bloccare l'attività di Telecom in un momento cruciale dato che la società è impegnata della separazione della rete. Vivendi sta valutando il da farsi e potrebbe decidere di non agire per vie legali cercando una intesa.

In questo caso l'ago della bilancia potrebbe essere Franco Bernabè, vice presidente del gruppo che non si è dimesso e che quindi con tutta probabilità presiederà l'assemblea del 24 aprile nella quale il collegio sindacale ha inserito le richieste di Elliott di revocare i consiglieri in quota Vivendi e di nominarne di nuovi. Giovedì scorso, oltre a Giuseppe Recchi le cui dimissioni sono state da subito operative, si sono dimessi sette consiglieri, a valere dal 24 aprile, facendo così decadere da tale data l'intero consiglio. Ora Elliott sostiene che «se i suoi amministratori fossero eletti dall'assemblea del 24 aprile, quella del 4 maggio, che dovrebbe rinnovare integralmente il consiglio, non dovrebbe avere luogo».

Da sottolineare che, evidentemente, l'ad Amos Genish, espressione di Vivendi, va benissimo anche a Elliott visto che tra i suoi sei consiglieri proposti, Fulvio Conti, Massimo Ferrari, Paola Giannotti De Ponti, Luigi Gubitosi, Dante Roscini e Rocco Sabelli, nessuno è stato indicato in questo ruolo.

Adesso Elliott attende «con impazienza» che Telecom pubblichi l'integrazione all'ordine del giorno dell'assemblea del 24 aprile, «senza ulteriori ritardi nella prospettiva di realizzare un Consiglio veramente indipendente».

Elliott spera che la decisione del Collegio Sindacale possa finalmente porre fine al regno di Vivendi caratterizzato da «disprezzo e abuso deliberato dei diritti degli azionisti». Ma cosi si nasconde dietro questa guerra tra Elliott e Vivendi? La posta in gioco sarebbe lo scorporo della rete che permetterebbe al governo, qualunque esso sia, di sistemare il «pasticcio» fatto con Open Fiber, la società realizzata da Enel e Cdp per creare una infrastuttura in fibra ottica alternativa a quella di Telecom. Ieri Claudio Costamagna ha detto di aver avuto contatti con Elliott «ma di essere convinto dell'operazione Open Fiber». Il problema è che Open Fiber ha strapagato Metroweb che, al momento, è praticamente il suo unico asset. E dunque l'integrazione con la rete Telecom sarebbe provvidenziale, per ristabilire l'equilibrio dei conti.

(IlGiornale.it 29/3/2018)
 

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(...) pare che Vivendi intenda fare ricorso d'urgenza contro la decisione del Collegio Sindacale ....staremo a vedere .
 

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Durissimo affondo di Amos Genish, amministratore delegato di Tim (ex Telecom Italia), contro la notizia dell’accordo tra Mediaset e Sky (Mediaset vola in apertura di seduta: accordo con SKY lancia acquisti).

Il manager, in una intervista a La Stampa, ha affermato che “serve una indagine su Mediaset-Sky. Rischiamo un cartello delle tv” Rispondendo ad una domanda in merito a quali sono le prospettive future alla luce del “patto Mediaset-Sky”, Genish ha affermato: “Nulla. La convergenza dei contenuti, unita alla connettività, costituisce un modello di business sostenibile che può aumentare i ricavi e la soddisfazione dei clienti. Detto ciò, non abbiamo molti dettagli sulla cooperazione Sky-Mediaset e aspettiamo di vedere come funzionerà. Credo che le autorità dovranno esaminare l’intesa attentamente per evitare che dia luogo a una concentrazione ancora maggiore rispetto all’esistente. Si deve anche accertare che tutti i protagonisti del mercato abbiano accesso agli stessi contenuti con le stesse condizioni”.
(InvestireOggi )
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Direi del tutto condivisibile , ma bisogna vedere se li lasciano lavorare in pace , mi riferisco ai governativi ed a elliott e le storie tese :eek:
 

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Cosa succederebbe se il fondo Elliott dovesse vincere la partita in assemblea?

Amos Genish, numero uno di Tim scelto dai francesi di Vivendi (azionisti di maggioranza dell’ex Telecom Italia), non considera una tale ipotesi realistica. Genish parla nel corso di un’intervista rilasciata a La Stampa:





“Non è un’ipotesi realistica. Abbiamo un buon piano strategico e gli investitori lo sanno: ne ho visti 120 nelle scorse settimane, chiedono continuità del management e prospettive di reddito. Per questo ritengo che Vivendi sia in grado di conservare un ruolo influente nel board. Il migliore risultato sarebbe quello di avere 10 consiglieri, con Elliott e le minoranze con cinque. Sarebbe un board ricco, di larghe vedute. Quello che serve a Tim”.

La battaglia tra il fondo attivista Elliott di Paul Singer e i francesi di Vivendi si è fatta più infuocata con la mossa a sorpresa di otto consiglieri di Tim, lo scorso 22 marzo, di dimettersi in blocco, facendo così decadere il cda. Una decisione che nell’immediato aveva rimandato la partita con il fondo Elliott, fissando in data 4 maggio (rispetto all’assemblea del 24 aprile) l’assemblea per il rinnovo integrale.

La decisione poi del collegio sindacale di TIM di integrare l’ordine del giorno dell’assemblea convocata già per il 24 aprile con le richieste del fondo attivista Elliott (ovvero la messa ai voti della revoca di sei consiglieri e la loro sostituzione) ha portato il cda della compagnia di tlc a convocare per il prossimo 9 aprile un nuovo board per “discutere di eventuali azioni”.

Azioni che includono una valutazione dell’operato dei sindaci, che potrebbe anche diventare oggetto di un ricorso.

Dell’assemblea del 9 aprile, Genish ha fatto riferimento, parlando del momento in cui Vivendi presenterà la lista per il consiglio di amministrazione.

“Credo che sarà una squadra forte in cui il ‘presidente esecutivo’ sarà solo ‘presidente’ (Arnaud de Puyfontaine, ndr). Con lui, oltretutto, sono in perfetta sintonia”
(Finanzaonline)
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condivido il pensiero di Genish , ipotesi irrealistica , un pò come quella di chi sognava vittoria Juventus sul Real Madrid (!!)
 

tontolina

Forumer storico
Il finanziere Bollorè fermato per corruzione in Francia. “Comprò leader africani in cambio di concessioni portuali”
Il Fatto Quotidiano 2 h fa

Francia, fermato Bolloré per corruzione: “Tangenti per concessioni in Africa”

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REUTERS
L’imprenditore francese Vincent Bolloré è stato posto in custodia cautelare e interrogato a Nanterre nell’ambito di un’inchiesta su tangenti pagate dal suo gruppo in Africa nel 2010. È quanto scrive online il quotidiano Le Monde.



Bolloré è attualmente interrogato negli uffici della polizia giudiziaria a Nanterre, nel dipartimento degli Hauts-de-Seine, alle porte di Parigi. La vicenda riguarda le concessioni di ottenimento della gestione dei terminal di navi container. I giudici si chiedono se il gruppo Bolloré non abbia usato Havas, la sua filiale pubblicitaria, per ottenere nel 2010 la gestione dei porti di Conakry, in Guinea e Lomé, in Togo.


L’ipotesi è che Havas abbia fornito consulenze e consigli per sostenere l’arrivo al potere di alcuni dirigenti africani in cambio delle concessioni sui porti. Già nel 2016, la sede del gruppo Bolloré Africa Logistics era stata oggetto di una perquisizione nell’ambito dell’inchiesta aperta nel luglio 2012.

«Il gruppo Bolloré smentisce formalmente che la sua controllata Sdv Africa abbia commesso irregolarità». È quanto si legge in un comunicato pubblicato sul sito del gruppo. «I servizi relativi a tali fatture - si precisa - sono stati effettuati in piena trasparenza. L’audizione dei suoi leader fornirà utili informazioni sulla giustizia su questi temi, che sono stati oggetto di una valutazione indipendente che ha concluso che le transazioni sono perfettamente regolari».

L’inchiesta

Secondo quanto riporta Le Monde, Vincent Bolloré è in stato di fermo a Nanterre nel quadro dell’inchiesta su «corruzione di agenti pubblici esteri » che riguarda le condizioni che hanno permesso al gruppo Bolloré di ottenere nel 2010 due dei sedici terminal container che gestisce in Africa, uno a Lomé, in Togo e l’altro a Conakry, in Guinea. I magistrati sospettano i dirigenti del gruppo di avere utilizzato la filiale di comunicazione Havas per facilitare l’arrivo al potere dei dirigenti africani assicurando loro consulenze e consigli di comunicazione sotto-fatturati con l’obiettivo di ottenere poi le redditizie concessioni portuali. Altri manager del gruppo Bolloré sono in stato di fermo - scrive inoltre Le Monde - tra di loro il direttore generale Gilles Alix e il responsabile del polo internazionale di Havas, Jean Philippe Dorent.

In particolare, Dorent si è occupato di una parte della campagna presidenziale della Guinea nel 2010 per conto del candidato Alpha Condé, che era rientrato da un lungo esilio parigino durante il quale aveva stretto un legame di amicizia con l’ex-ministro del Affari esteri Bernard Kouchner e con Vincent Bolloré. In quello stesso anno, Dorent si è anche occupato di una parte della campagna di comunicazione del giovane presidente del Togo, Faure Gnassingbé. Allora candidato alla sua rielezione, il figlio di Gnassingbé Eyadema, che era rimasto alla guida del Paese per 37 anni, è tuttora al potere.

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