Radio24 c'è oscar giannino che sta incaz zato (1 Viewer)

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.

tontolina

Forumer storico
a noi sempre nuove tasse
a loro invece MANCE a GòGò
da http://www.ilsole24ore.com/art/noti...domani-aula-senato-122737.shtml?uuid=AaWwHNKE
Arrivano 150 milioni per la "legge mancia"
Con l'emendamento "omnibus" del relatore, arrivano 150 milioni per rifinanziare la "legge mancia", negli anni 2012 e 2013. Cento milioni sono stanziati per il 2012 e 50 milioni di euro per il 2013. Gli interventi andranno a finanziare interventi legati al «riequilibrio socio-economico e allo sviluppo dei territori e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali». Alla ripartizione delle quota e all'individuazione dei beneficiari provvederà un decreto del ministero dell'Economia «in coerenza con apposito atto di indirizzo delle commissione parlamentari competenti».


A Radio Radicale 3 milioni per il 2012
A favore di Radio Radicale é autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per l'anno 2012. «Radio Radicale è in sala di rianimazione - ha detto Vidmar Mercatali (Pd) - e sopravvive. Alla fine siamo riusciti a mettere nella legge di stabilità 3 milioni di euro per il 2012, quindi riuscirà ad andare avanti ancora per qualche mese. Poi? Ci sarà un altro governo...».
 

tontolina

Forumer storico
il vero motivo dei tassi stellari sul debito pubblico

il vero motivo dei tassi stellari sul debito pubblico ce lo dice Ghizzoni quando parla dei requisiti patrimoniali EBA
[tutte le banche stanno riducendo il rischio vendendo obbligazioni..... e nessuno compra perchè la popolazione è già impoverita da molto tempo]


Unicredit: Ghizzoni, basi per essere gruppo solido (Sole) Dowjones
ROMA (MF-DJ)--"Con l'aumento di capitale da 7,5 miliardi crediamo di aver eliminato ogni dubbio al mercato sulla nostra solidita' attuale e futura. Ne avevamo gia' fatti due, di importo limitato, che non avevano restituito fiducia agli investitori. E con il nuovo piano abbiamo gettato le basi per essere un grande gruppo europeo, solido, con ritorni stabili e sostenibili".
Lo afferma in un'intervista a Il Sole 24 Ore, il chief executive officer di Unicredit, Federico Ghizzoni, all'indomani del board che ha approvato la tripla manovra di rilancio: aumento di capitale, piano industriale, maxi-svalutazioni per 10 miliardi.
Alla domanda se i mercati si ristabilizzeranno entro la partenza dell'aumento di capitale di Unicredit, Ghizzoni dice che "non basteranno due mesi per risolvere la crisi dell'Europa. Credo che sulla Grecia si fara' chiarezza in tempi rapidi. Ma per il nuovo ruolo dell'Efsf non prevedo tempi brevi". Data l'emergenza in Italia e in Europa, l'aumento di capitale si basa su "4 motivi.

Il primo: aldila' della crisi finanziaria internazionale, il quadro macroeconomico e' difficile e obbliga le banche ad attrezzarsi.

Il secondo: solo da pochi giorni si e' chiarito il quadro regolamentare sulle Sifi, sulle richieste dell'Eba.

Terzo motivo: avere una buona base di capitale, ci da' maggiore flessibilita' finanziaria sulle strategie di business. Nel piano - spiega - prevediamo, per esempio, di poter dare credito aggiuntivo in Italia per 33 miliardi alle imprese e per 39 miliardi alle famiglie.

Ultimo motivo: altre banche in Europa nel 2012 dovranno ricapitalizzare, anticipare i tempi serve a evitare un possibile ingorgo sul mercato".
Ghizzoni non crede che qualcuno possa pensare a un takeover e procedere poi al break up perche' "siamo una Sifi, dubito che a qualcuno in questa fase venga in mente di creare una banca ancora piu' grande". pev
(END) Dow Jones Newswires
November 16, 2011 02:20 ET (07:20 GMT)

Prodotti correlati: UNICREDIT EO 0,50 (XETRA) / UNICREDIT (MTA) /
 

tontolina

Forumer storico
vendita allo scoperto dei BTP

da http://www.repubblica.it/supplementi/af/2011/11/14/copertina/001rigoletto.html

Spread, tassi, prestiti le banche sull’orlo di una crisi di liquidità


GIOVANNI PONS
14 Novembre 2011

La caccia grossa al risparmio degli italiani è partita e si intensificherà nel 2012. È una partita che vede le banche nella veste dei cacciatori e i clienti che hanno le loro attività depositate in banca nel ruolo di target da conquistare a tutti i costi. I primi segnali di questa battaglia per il funding si percepiscono già. Una serie di clienti sempre maggiore si lamenta con i propri consulenti ma anche con i giornali per le pressioni ricevute dal proprio funzionario di banca volte a fargli sottoscrivere nuovi prodotti finanziari quasi sempre con il marchio della banca di casa. Il sintomo, ovviamente, riflette un problema più grande e più difficile da spiegare.

Ma ci proviamo.
Dopo il grande stress del 2008-2009 dovuto al fallimento di Lehman Brothers e un temporaneo ritorno a una quasi normalità nella seconda parte del 2009 e inizio 2010, dal 2011 si è ritornati a una fase di crescente rarefazione della liquidità sui mercati finanziari. Le crisi dei debiti sovrani europei e il conseguente allargamento degli spread sui titoli di Stato sta comportando una vistosa difficoltà per le banche a finanziarsi sul mercato dei capitali, e un evidente aumento del costo della raccolta.
Prendiamo il caso dell’Italia per capire meglio.

L’allargamento dello spread tra Btp e Bund non è un problema soltanto per il bilancio pubblico che deve sopportare una maggiore spesa per interessi ma anche per il sistema bancario. Ogni banca ha un proprio rischio che è parametrato a quello del paese in cui opera.
Per cui se l’Italia viene declassata anche i rating delle banche subiscono lo stesso trattamento.

Banche più rischiose (il rischio è misurato dal Credit Default Swap, o Cds) significa automaticamente costi più alti per raccogliere denaro sul mercato. E’ così successo che da agosto in poi, con lo spread italiano passato da 170 a oltre 300 punti (oggi siamo intorno a 500), è diventato praticamente impossibile, se non a costi elevatissimi, collocare presso gli investitori istituzionali proprie obbligazioni a medio lungo termine.
Questo canale di finanziamento, finché lo spread non calerà sotto i 350 punti, rimarrà al momento chiuso.

Così come si è rarefatto al massimo l’altro canale di raccolta a brevissimo termine di cui le banche erano abituate a disporre: quello interbancario. Solo istituti con elevato standing e con un attivo poco pericoloso sono in grado di fare i cosiddetti repos, o pronti contro termine, con altre banche. I Fondi monetari americani da qualche mese non investono più in titoli di banche europee, e così si spiegano le difficoltà incontrate da un colosso come Bnp Paribas per le attività in dollari.
Dunque, riepiloghiamo.

La raccolta delle banche si regge normalmente su tre pilastri:
interbancario,

bond ai grandi investitori,

bond e depositi sui piccoli risparmiatori.
Ecco, in questo momento si può dire che i primi due canali sono praticamente chiusi, se si fa eccezione per lo sportello aperto presso la Bce. Non è un caso che da qualche mese la banca centrale abbia registrato un’impennata dei depositi a breve, le banche portano titoli "eligible", cioè carta buona, a Francoforte e in cambio ricevono liquidità a breve a un tasso non superiore all’1,5%. Con la conseguenza che il sistema bancario si sta finanziando a breve termine per prestare a lungo termine, cioè esattamente quella pratica che i manuali di banca consigliano di evitare per non esporre le banche a una crisi di liquidità.
Ed eccoci al punto.

Oltre alla Bce rimane in vita soltanto il canale "retail", quello dei milioni di clienti degli sportelli sparsi sul territorio, comuni cittadini, piccoli risparmiatori e piccoli imprenditori. La spina dorsale dell’economia non solo italiana che ancora una volta si ritrova a dover sostenere i guai causati da altri.

I riflettori sono puntati su di loro per catturare i normali depositi, per la sottoscrizione di bond bancari, e per la vendita di Bot, Btp e Cct. Un fardello sulle spalle non indifferente in un momento in cui le statistiche e l’andamento stagnante dell’economia dicono che il tasso di risparmio degli italiani è in forte declino.
Ecco alcune cifre messe in fila in uno studio di Barclays: nel 2012

Intesa Sanpaolo dovrà far fronte a scadenze per 22 miliardi,

Unicredit per 19 solo in Italia,

Mps per 13

e Ubi per 10.

Ipotizzando un collocamento di bond nel 2012 identico a quello del 2011, sia tramite sportelli, sia con i cosiddetti covered bond (obbligazioni aventi come sottostante attivi della banca) solo Intesa avrebbe un gap positivo di 2 miliardi mentre Unicredit deve trovare 3 miliardi in più, Mps altri 3 e Ubi 2.



In pratica le reti al dettaglio saranno messe sotto stress per drenare la liquidità necessaria a prestare gli stessi soldi alle imprese e alle famiglie. Con una difficoltà in più: l’aumento degli spread sta provocando una sorta di "crowding out" (vantaggio competitivo) a favore dei titoli di Stato. Vale a dire che, dal punto di vista del risparmiatore, i rendimenti molto allettanti dei titoli di Stato tendono a mettere fuori gioco i bond bancari che devono adeguare al rialzo i rendimenti dei propri prodotti con un conseguente aumento del costo della raccolta.

Se a ciò si aggiunge che il Tesoro italiano ha annunciato la volontà di vendere i titoli di Stato direttamente attraverso il canale Internet ecco un’altra notizia negativa per le banche che rischiano di perdere clienti e commissioni.
«Attenzione a non esagerare nel mettere le banche sul banco degli imputati avverte però Alessandro Profumo, il banchiere che ha fatto grande Unicredit i regolatori e i governanti dovrebbero rendersi conto che l’economia europea gira intorno alle banche e se queste si inceppano, perché non riescono a raccogliere liquidità sufficiente, a soffrire è tutta l’economia poiché le imprese non ricevono sufficienti prestiti».

Insomma per Profumo negli ultimi tempi si è puntato troppo il dito sui guai causati dai banchieri mentre l’origine dei problemi è una perdita di credibilità della politica.
E si è pensato poco a come ricostruire un sistema virtuoso in grado di fornire liquidità al sistema. «Perché non pensare ad un allargamento dello strumento dei covered bond, per esempio, oggi consentiti solo con asset sicuri come i mutui e i crediti alle amministrazioni pubbliche aggiunge Profumo o a qualche sistema per riaprire il mercato delle cartolarizzazioni, vitale per le banche?».

Vedremo se il nuovo governo sarà più sensibile al tema rispetto a quanto fatto in passato da Tremonti.
Esiste però un altro rischio da non sottovalutare in questo contesto così complicato.

Visto che il focus dei banchieri si concentra sempre più sui clienti, e in presenza di una concorrenza sempre più agguerrita, il rischio che le banche comincino a confezionare prodotti strani e troppo sofisticati di cui la clientela dello sportello non riesce a capire i contorni è piuttosto alto.

Un esempio può far capire meglio il fenomeno.

Nelle scorse settimane sono arrivate diverse segnalazioni da correntisti del Monte dei Paschi di Siena per proposte di prestito di titoli di Stato giacenti nei conti amministrati dei clienti a fronte di una commissione minimale. Il sospetto degli investitori era che una volta ottenuti i titoli in prestito la banca li portasse allo sconto presso lo sportello Bce, trasformando di fatto una raccolta indiretta in diretta, garantita non con il portafoglio proprio ma con quello dei correntisti. La banca in questione ha confermato l’esistenza di contratti di prestito titoli per Bot e Btp ma solo per fronteggiare una domanda crescente di titoli in prestito da parte di operatori intenzionati a vendere allo scoperto i bond italiani.

Intermediazione assolutamente lecita, come ha confermato la Banca d’Italia, a patto che il risparmiatore venga adeguatamente informato delle caratteristiche dell’operazione.
Ma non si può non osservare come già in passato prodotti assolutamente leciti si siano trasformate in vere e proprie trappole per i risparmiatori. Dunque, allerta.
 

tontolina

Forumer storico
I.C.I ? Reintrodurla per aumentare Irpef e togliere esenzioni | Verdemoneta
I.C.I – Reintrodurla per aumentare Irpef e togliere esenzioni

Reintorduzione dell' ICI sulla prima casa, ma anche aggiornamento delle rendite catastali, conseguenza diretta, aumento della base imponibile su cui si calcola l' Irpef, in poche parole parlando di ICI si sta nascondendo il vero obiettivo, aumentare la base imponibile e far pagare più tasse.

22 novembre 2011 , ore 22:56 - 1 Commento


Mr Monti la sa lunga e di certo quello che dà in pasto all’ informazione, è solo la punta dell’ iceberg di ciò che realmente ha in testa.
Sinceramente i primi annunci sulle operazioni da implementare per ridurre il debito pubblico, reintroduzione dell’ ICI sulla prima abitazione, riforma delle pensioni, riforma del lavoro ( licenziamenti facili ),forse patrimoniale mi avevano lasciato perplesso.
Sembrava la riproposizione di un film già visto, possibile che Mr Monti acclamato come il salvatore della patria fosse tutto li ?
Man mano che passano le ore, comincia invece a trapelare come il primo ministro, dietro i tiepidi annunci stia pensando ad azioni che portino nelle casse dello stato quantità di denaro molto più consistenti delle prime stime fatte.
A noi cittadini invece, converrà capire alla svelta, cosa intendeva il Premier per misure dolorose.
Negli ultimi giorni, uno dei discorsi su cui si è accentrata l’ attenzione dei media è la probabile reintroduzione dell’ ICI sulla prima casa.
Già prima che Monti si insediasse al governo, tale misura rientrava nei programmi della vecchia legislatura, sotto forma della rimodulazione delle tasse comunali, in prospettiva dell’ entrata a regime del federalismo fiscale.
Tanto che L’ ex Ministro dell’ Economia Tremonti, l’ aveva inserito nelle 39 risposte date all’ Unione Europea, per dimostrare come il governo Berlusconi avesse la seria intenzione di riportare l’ Italia fuori dalla crisi economica.
Or bene, Mr Tremonti, alla UE dichiarava che tale tassa avrebbe garantito un maggior gettito pari a 3,5 miliardi di euro l’ anno.
Cambiato esecutivo cambiate le cifre e anche le prospettive, questo in quanto il nuovo governo, oltre alla reintroduzione della vecchia tassa, anche se con un altro nome, sta seriamente pensando di arricchire il bottino aumentando le rendite catastali e tramite la riforma degli estimi.
In soldoni, visto che più dell’ ottanta per cento degli italiani possiede un’ abitazione, si sta ben pensando di andare a spremere il bene “rifugio” per eccellenza degli italiani.
Unica speranza che rimane è che effettivamente il concetto di progressività ed equità nel mettere in vigore queste misure venga realmente tenuto in considerazione.
La beffa sta nel fatto che l’ inasprimento delle tasse sulla casa viene fatta passare come la panacea perla riduzione del carico fiscale che grava su lavoratori e imprese .
Perché diciamo questo?
Semplice, se effettivamente si andranno a rivedere le tariffe d’ estimo, ferme dal 1999, ma per legge da rivedere ogni dieci anni, portandole ai prezzi e redditività di mercato attuali, queste andrebbero ad impattare anche su altre tasse.
Come, Irpef, imposte indirette sui trasferimenti e Ici, che prendono come base di calcolo, direttamente o indirettamente o indirettamente proprio le rendite catastali.
La differenza?

Si passerebbe dai 3, 5 miliardi di euro l’ anno di Mr Tremonti ad una stima che parla di qualcosa come 60 miliardi di euro, secondo il calcolo effettuato dal pool di Vieri Ceriani, funzionario generale di Bankitalia, e composto da 31 sigle del mondo produttivo e sindacale, in vista della riforma fiscale.
Se questo non è sinonimo di aver ben in mente cosa si vuol ottenere !!
Unico problema, almeno parziale, è la tempificazione dell’ intervento, una riesamina degli estimi non si fà in mesi ma in anni.
Per ovviare a questa impasse, si comincia a parlare della reintroduzione dell’Ici sulla prima casa, sotto forma della nuova imposta comunale Imu (Imposta municipale unica, anticipata al 2012, aliquota del 6,6 per mille, abbinata alla Res, l’imposta su Rifiuti e servizi al 2 per mille), per giungere ad una immediata rivalutazione delle rendite catastali.

Come accennavamo sopra l’ Ici vale 3,5 miliardi l’anno, un aumento delle rendite del 50% farebbe salire il valore a 11,2 miliardi.
Nel caso di un incremento del 100% il maggior gettito raggiungerebbe i 20 miliardi di euro.
Ma quale sarà realmente la percentuale di rivalutazione ? Per ora non è dato di sapere, ci si sta ancora lavorando, certo si dovrebbe giungere ad un aumento sostenibile, per cui adeguato in funzione al reddito complessivo del contribuente.
Qui comincia a prender forma il concetto che si voleva esprimere nel titolo, in quanto l’ aggiornamento delle rendite catastali, significa accrescere anche le altre tasse in cui questi entrano come base di calcolo.
La rendita dell’immobile, deve essere obbligatoriamente dichiarata, questo va ad “alzare” il reddito complessivo del contribuente.
Per cui una rendita più elevata si traduce in un imponibile maggiore, questo potrebbe comportare in alcuni casi la perdita di benefici, quali l’esenzione dal ticket o i requisiti per la pensione di reversibilità, visto che sono calcolati proprio sul reddito complessivo, per non parlare dell’ Irpef.
Non male il passaggio dal mondo dei giocolieri a quello dei tecnici, avevano detto non lacrime e sangue ma dolore, a quanto pare non stavano scherzando……..
Per ulteriori approfondimenri si consigliano :
Reintroduzione Ici e patrimoniale: Governo Monti alla prova
Ici 2011 Guida al Pagamento: introduzione all�imposta comunale sugli immobili
Patrimoniale e ICI â�� Punti fermi del nuovo governo, gli evasori già all’ opera.
 

tontolina

Forumer storico
Unicredit Unicredit frode fiscale: Procura Roma chiede atti

Eccepita la competenza territoriale da difesa e Procura capitolina

Oggi, ore 11:47 - Commenta la notizia
nuvoletta.png


ILLEGITTIMO IL SEQUESTRO DI 245 MILIONI DA PARTE DEL TRIBUNALE DI MILANO, SECONDO PROCURA ROMA E DIFESA UNICREDIT - Il Professore Alberto Alessandri, difensore di Unicredit nell’inchiesta che vede il colosso bancario indagato per frode fiscale, ha eccepito davanti al Tribunale del Riesame

sia la competenza territoriale della Procura di Milano,

sia il sequestro dei 245 milioni di euro, avvenuto su richiesta della suddetta Procura,

in quanto gli atti andrebbero trasferiti a Roma, dove la banca ha sede legale, o a Verona o Bologna, dove sarebbero avvenute le presunte operazioni illecite.
Inoltre, chiarisce la difesa, il sequestro non andrebbe attuato, perchè il reato contestato non prevederebbe la responsabilità amministrativa degli enti, sulla base della legge 231 del 2001.
Adesso, il Riesame dovrà decidere se accogliere l’istanza presentata dalla difesa o meno e la decisione è attesa tra il venerdì e il prossimo lunedì.
Nel frattempo, anche la Procura di Roma chiede che gli atti le siano trasferiti, in quanto competente territorialmente.
Il pm milanese Alfredo Robledo aveva chiuso lo scorso 27 ottobre le indagini preliminari, iscrivendo nel registro degli indagati l’ex amministratore delegato Alessandro Profumo e altri 19 dirigenti, tra cui il responsabile dell’area finanziaria e quello per gli affari fiscali.

L’accusa è di dichiarazione fraudolenta ai fini fiscali, mediante altri artifici. Il reato prevede una condanna dai 18 mesi ai 6 anni di reclusione.



GLI ATTI DELL’INCHIESTA E L’OPERAZIONE BRONTOS – Secondo il pm Robledo, che ha chiuso le indagini il mese scorso, iscrivendo 20 manager della banca nel registro degli indagati, tra il 2007 e il 2008, Unicredit avrebbe sottratto al fisco elementi attivi per oltre 745 milioni di euro, determinando un minore gettito ai danni dello stato per 245 milioni. Tale frode sarebbe avvenuta attraverso un complesso marchingegno finanziario, messo in atto insieme al colosso bancario inglese Barclays e alla società da questa controllata con sede in Lussemburgo. (Unicredit e Barclays indagate, operazione Brontos: i retroscena)
In poche parole, Unicredit avrebbe fatto risultare ufficialmente di avere ottenuto dividendi da operazioni su derivati, in questo caso tassati solo per il 5%, anzichè veri e propri interessi attivi, il cui imponibile sarebbe stato del 95%.
In sostanza, Barclays ha creato una società con sede in Lussemburgo, la Luxsub. Questa avrebbe emesso alcuni strumenti finanziari, i Ppi, profit partecipation instruments, emessi in lire turche, grazie al fatto che i tassi in Turchia garantiscono ieri come oggi rendimenti molto più elevati della media europea. Questi strumenti sarebbero stati acquistati dalla filiale italiana di Barclays e a questo punto avviene l’entrata in scena di Unicredit, che si impegna a comprare questi titoli e a restituirli a un certo prezzo prefissato e a un determinato momento. Di fatto, questa operazione si inquadrerebbe come un pronti contro termine. Gli stessi interessati avevano definito tali compravendite di titoli “operazione Brontos”
Alla fine della complessa operazione, non ci sono nè profitti, nè rischi, ma secondo i giudici tali atti avrebbero avuto come unico obiettivo una frode fiscale a danno dello stato italiano.
Unicredit ammette che queste operazioni siano frutto della volontà della banca di raggiungere un’ottimizzazione fiscale, ma contesta che esse siano illecite, rientrando nella legalità.

La responsabilità di Profumo, per i giudici, sarebbe dovuta all’apposizione della sua firma sulle richieste di investimento da parte dei manager nel 2007 e nel 2008, proprio in relazione ai titoli di cui sopra.
Ma la banca nei giorni scorsi ha reso noto che non sarà esperita alcuna azione di responsabilità nei confronti del suo ex ad Profumo, dichiarandosi certa che questi abbia agito nel rispetto delle leggi e senza provocare un danno a Unicredit.
 

tontolina

Forumer storico
Le maxi svalutazioni sugli avviamenti per 10,2 miliardi di euro effettuate la scorsa settimana da Unicredit sollevano i dubbi sulla redditività della rete domestica delle banche italiane.

E’ quanto scrive Moody’s nella sua analisi settimanale, ricordando la perdita monstre di Unicredit nel terzo trimestre (10,6 miliardi di euro), dovuta soprattutto alle svalutazioni sugli avviamenti delle passate acquisizioni.

Inoltre, piazza Cordusio ha riportato nel periodo luglio-settembre un utile operativo di 1,85 miliardi di euro, in calo rispetto ai 2,5 miliardi del precedente trimestre.

In scia a questi risultati, Moody’s ha posto sotto osservazione per un eventuale downgrade il rating di Unicredit e delle sue principali controllate. (…) Inoltre, Moody’s ricorda le altre banche italiane che hanno attuato una politica di espansione prima dello scoppio della crisi finanziaria:
Monte dei Paschi e Banco Popolare.

“Con uno scenario macro italiano destinato a rimanere difficile per molto tempo – ricorda Moody’s – ottenere sinergie significative dalle acquisizioni domestiche potrebbe rappresentare una sfida impegnativa, soprattutto nel caso in cui le banche acquistate erano deboli come Capitalia, Antonveneta (Mps) e Banca Popolare Italiana (Banco Popolare)”.
Di conseguenza, concludono gli esperti di Moody’s, le passate acquisizioni potrebbero aumentare la pressione sulla redditività degli istituti acquirenti.
 

tontolina

Forumer storico
Le maxi svalutazioni sugli avviamenti per 10,2 miliardi di euro effettuate la scorsa settimana da Unicredit sollevano i dubbi sulla redditività della rete domestica delle banche italiane.

E’ quanto scrive Moody’s nella sua analisi settimanale, ricordando la perdita monstre di Unicredit nel terzo trimestre (10,6 miliardi di euro), dovuta soprattutto alle svalutazioni sugli avviamenti delle passate acquisizioni.

Inoltre, piazza Cordusio ha riportato nel periodo luglio-settembre un utile operativo di 1,85 miliardi di euro, in calo rispetto ai 2,5 miliardi del precedente trimestre.

In scia a questi risultati, Moody’s ha posto sotto osservazione per un eventuale downgrade il rating di Unicredit e delle sue principali controllate. (…) Inoltre, Moody’s ricorda le altre banche italiane che hanno attuato una politica di espansione prima dello scoppio della crisi finanziaria:
Monte dei Paschi e Banco Popolare.

“Con uno scenario macro italiano destinato a rimanere difficile per molto tempo – ricorda Moody’s – ottenere sinergie significative dalle acquisizioni domestiche potrebbe rappresentare una sfida impegnativa, soprattutto nel caso in cui le banche acquistate erano deboli come Capitalia, Antonveneta (Mps) e Banca Popolare Italiana (Banco Popolare)”.
Di conseguenza, concludono gli esperti di Moody’s, le passate acquisizioni potrebbero aumentare la pressione sulla redditività degli istituti acquirenti.
tratto da Banche: aumentano i rischi ma il sistema se ne infischia | IntermarketAndMore
Ricapitalizzazioni, l’ Eba prende tempo
Era solo una voce, ma almeno 30 grandi banche europee erano in grande (e inquieta) attesa: ieri, si diceva, l’ Eba (European Banking Authority, organismo guidato da Andrea Enria) avrebbe comunicato i dati sul loro fabbisogno definitivo di capitale aggiuntivo, cioè i parametri per calcolare le esigenze di ricapitalizzazione anticrisi. Non è stato così: ora si è saputo che i dati verranno comunicati a fine mese, e più precisamente il 30 novembre, in occasione della riunione Ecofin dei ministri finanziari della Ue. (…) Si era stabilito allora che tutte le banche dovessero portare al 9% del proprio capitale il «core tier 1», cioè la parte dello stesso capitale formato da risorse proprie, non «inquinate» da titoli svalutati. E sulla base dei dati di giugno, si era stimato che per far questo fossero necessari almeno 106 miliardi di ricapitalizzazioni, per una settantina di istituti: soldi da cercare prima fra le mura della stessa banca o sul mercato, e solo alla fine nei forzieri pubblici del governo o del fondo salva Stati europeo. Ma come valutare per esempio i titoli «deboli» avuti in dote dalla Grecia? Oggi vengono decapitati, svalutati, e la banca che ne è proprietaria in grandi quantità viene penalizzata molto più della consorella che ha invece titoli tedeschi o francesi. Le banche italiane appartengono presumibilmente più alla prima fascia, che alla seconda: e da qui il timore, giustificato o no che sia, di un trattamento «punitivo». (Source)
 
Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.

Users who are viewing this thread

Alto