Quanto ha guadagnato la Germania dall’avvento dell’euro? (1 Viewer)

Se si guarda un grafico con un indice della competitività in Europa si ha un risultato impietoso. All’inizio dell’era dell’euro la Germania era la meno competitiva tra i paesi citati. Non lontano si trova la Francia, mentre Italia e Spagna risultavano decisamente più competitive. Tra il 2005 e il 2006 il divario competitivo tra i paesi si è annullato, per poi progressivamente allargarsi a favore della Germania. La situazione oggi è esattamente ribaltata rispetto alla partenza dell’euro: la Germania risulta il paese con i prodotti più competitivi, la Francia segue a breve distanza, mentre l’Italia soffre non poco e la situazione per la Spagna è addirittura drammatica. Non ci sono dubbi: l’euro è stato un grande affare per i cosiddetti paesi del centro a scapito dei paesi del sud Europa.


Un approfondimento nel nuovo articolo di righe dinamiche.com
Quanto ha guadagnato la Germania dall
 

f4f

翠鸟科
la concomitanza dell'euro e della produtticvità esiste, ma nasconde quelli che per me sono i veri motivi ... ad esempio capacità politica di dare risposte alla esigenze della nazione, vedi Grossekoalition , ma forse soprattutto ...



Gerhard Schröder, socialdemocratico cancelliere germanico dal 1998 al 2005. Lui stesso lo ricordava in una lunga intervista degli inizi di luglio nel Wall Street Journal. Nel 1998, quando fu eletto, trovò una Germania con un tasso di disoccupazione dell’11% (quale quello dell’UE di oggi) e con un’economia stagnante ed in preoccupante perdita di velocità, con industrie che per mancanza di competitività erano obbligate a delocalizzare. Lanciò durante il suo governo quella che fu denominata «Agenda 2010», il cui scopo era di modernizzare la Germania e rilanciare l’economia del Paese. Con molto coraggio, specie per un socialista, e nonostante l’opposizione e le feroci critiche da una parte del suo partito, ridusse l’aliquota massima di imposta sul reddito delle persone fisiche dal 48,5% al 42% e le aliquote minime per i redditi più modesti dal 19,9% al 15%. L’aliquota per le imposte sugli utili delle società fu ridotta dal 25% al 19%.
Superando molti ostacoli riuscì a rendere un po’ più fluido ed efficiente il mercato del lavoro, convinto (e ha avuto ragione) che una maggiore mobilità avrebbe favorito le assunzioni. Prese misure anche severe verso coloro che preferivano la disoccupazione di lungo termine al reinserimento, sia pur con qualche sacrificio, nel mercato del lavoro.
Riassumendo, in certi campi – meno nella spesa pubblica – attuò quelle riforme di struttura che sono la strada inevitabile per il rilancio economico e che quasi tutti i governi dell’UE per ragioni elettorali hanno paura di intraprendere.
Oggi, in piena crisi, la Germania grazie alla cura di Schröder non è più l’economia ammalata ma è quella trascinante, ha il miglior tasso di crescita rispetto alle altre nazioni ed il minor tasso di disoccupazione, 6,5% contro l’11% di media nell’UE


nei momenti buoni, insomma ci si è dati da fare
si impone con forza il confronto con le politiche itagliane di pari periodo
 

f4f

翠鸟科
Domestic policies

In its first term, Schröder's government decided to phase out nuclear power, fund renewable energies, institute civil unions which enabled same-sex partners to enter into a civil union, and liberalize naturalization law. Most voters associated Schröder with the Agenda 2010 reform program, which included cuts in the social welfare system (national health insurance, unemployment payments, pensions), lowered taxes, and reformed regulations on employment and payment.








The Agenda 2010 is a series of reforms planned and executed by the German government, an SPDB'90/Greens coalition at that time, which are aimed at reforming the German social system and labour market. The declared aim of Agenda 2010 is to improve economic growth and thus reduce unemployment.
On March 14, 2003 Chancellor Gerhard Schröder gave a speech before the German Bundestag outlining the proposed plans for reform. He pointed out three main areas which the agenda would focus on: the economy, the system of social security, and Germany's position on the world market.
The steps to be taken include tax cuts (such as a 25% reduction in the basic rate of income tax) as well as big cuts in the cost absorption for medical treatment and drastic cuts in pension benefits and in unemployment benefits alike. In that, the programme closely resembles similar measures taken earlier in the USA (Reaganomics) and the UK (Thatcherism)[citation needed]. Those measures are also being proposed in accordance with the market liberal approach of the EU's Lisbon Strategy. The name Agenda 2010 itself is a reference to the Lisbon Strategy's 2010 deadline.
A series of changes in the labour market known as Hartz I - IV started in 2003 and the last step, Hartz IV, came into effect on January 1, 2005. These changes affected unemployment benefits and job centres in Germany, and the very nature of the German system of social security.


The immediate aftermath of the Agenda 2010 reforms was rather negative[citation needed] as unemployment soared to over 5.2 million people in February 2005 [1] and Schröder called German companies "lazy" for failing to hire more workers [2]. Beginning in 2005, however, unemployment figures have been falling and, in May 2007, unemployment was at 3.8 million people, a 5½ year low [3]. The apparent success of Agenda 2010 in reducing unemployment in Germany has been cited in the debate over extending long-term unemployment insurance benefits in the United States.[4]
 

gipa69

collegio dei patafisici
la concomitanza dell'euro e della produtticvità esiste, ma nasconde quelli che per me sono i veri motivi ... ad esempio capacità politica di dare risposte alla esigenze della nazione, vedi Grossekoalition , ma forse soprattutto ...



Gerhard Schröder, socialdemocratico cancelliere germanico dal 1998 al 2005. Lui stesso lo ricordava in una lunga intervista degli inizi di luglio nel Wall Street Journal. Nel 1998, quando fu eletto, trovò una Germania con un tasso di disoccupazione dell’11% (quale quello dell’UE di oggi) e con un’economia stagnante ed in preoccupante perdita di velocità, con industrie che per mancanza di competitività erano obbligate a delocalizzare. Lanciò durante il suo governo quella che fu denominata «Agenda 2010», il cui scopo era di modernizzare la Germania e rilanciare l’economia del Paese. Con molto coraggio, specie per un socialista, e nonostante l’opposizione e le feroci critiche da una parte del suo partito, ridusse l’aliquota massima di imposta sul reddito delle persone fisiche dal 48,5% al 42% e le aliquote minime per i redditi più modesti dal 19,9% al 15%. L’aliquota per le imposte sugli utili delle società fu ridotta dal 25% al 19%.
Superando molti ostacoli riuscì a rendere un po’ più fluido ed efficiente il mercato del lavoro, convinto (e ha avuto ragione) che una maggiore mobilità avrebbe favorito le assunzioni. Prese misure anche severe verso coloro che preferivano la disoccupazione di lungo termine al reinserimento, sia pur con qualche sacrificio, nel mercato del lavoro.
Riassumendo, in certi campi – meno nella spesa pubblica – attuò quelle riforme di struttura che sono la strada inevitabile per il rilancio economico e che quasi tutti i governi dell’UE per ragioni elettorali hanno paura di intraprendere.
Oggi, in piena crisi, la Germania grazie alla cura di Schröder non è più l’economia ammalata ma è quella trascinante, ha il miglior tasso di crescita rispetto alle altre nazioni ed il minor tasso di disoccupazione, 6,5% contro l’11% di media nell’UE


nei momenti buoni, insomma ci si è dati da fare
si impone con forza il confronto con le politiche itagliane di pari periodo

Mmmhhhh il costo del lavoro in germania nelle imprese con oltre 40 dipendenti è il doppio che in italia (netto, lordo è comunque piu alto nonostante la pressione fiscale italiana) e secondo eurostat l'Italia si posiziona al penultimo posto in europa anche sotto la Grecia e solo sopra il Portogallo; come ore lavorate siamo nettamente sopra la media europea e come salario medio orario siamo sempre tra i più bassi d'Europa e questo non considerando che molte delle imprese italiane hanno dimensioni piccole dove il costo del lavoro è ulteriormente compresso.
Per cui il problema della bassa produttività non dipende certo dal costo del lavoro; la bassa produttività deve vedere la sua ragione in altri fattori tra cui lacuni di cui ne avevamo parlato anche quel famoso 20 marzo.

basso stock di capitale nelle imprese italiane; bassa ricerca e sviluppo, alto costo della burocrazia e della macchina pubblica, basso investimento in tecnologia e risorse umane ecc. ecc. ecc..
 

f4f

翠鸟科
Mmmhhhh il costo del lavoro in germania nelle imprese con oltre 40 dipendenti è il doppio che in italia (netto, lordo è comunque piu alto nonostante la pressione fiscale italiana) e secondo eurostat l'Italia si posiziona al penultimo posto in europa anche sotto la Grecia e solo sopra il Portogallo; come ore lavorate siamo nettamente sopra la media europea e come salario medio orario siamo sempre tra i più bassi d'Europa e questo non considerando che molte delle imprese italiane hanno dimensioni piccole dove il costo del lavoro è ulteriormente compresso.
Per cui il problema della bassa produttività non dipende certo dal costo del lavoro; la bassa produttività deve vedere la sua ragione in altri fattori tra cui lacuni di cui ne avevamo parlato anche quel famoso 20 marzo.

basso stock di capitale nelle imprese italiane; bassa ricerca e sviluppo, alto costo della burocrazia e della macchina pubblica, basso investimento in tecnologia e risorse umane ecc. ecc. ecc..


assolutamente d'accordo
e proprio qui la politica ha mancato di dare il contributo, con incentivi seri alla ricapitalizzazione ( che adesso sarebbero stati assolutamente perfetti dato il crediti crunch) con incentivi alla ricerca ( che sta nelle corde di un diverso rapporto università/impresa e specia impresa giovanile, start-up ecc ... solo adesso con le nuone SRL si è fatto un qualcosina) e soprattutto con le regole della PA, che con la sua bassa produttività abbassa la media della nazione ( direttamente, con il suo pachidermismo, e indirettamente, con tutte il lavoro che scarica sulle imprese e sui privati)
 

f4f

翠鸟科
in sintesi: con l'euro è nata una opportunità per tutti , chairamente per tutti diversa
per l'italia, che era indebitata, un bel venti anni con tassi più bassi di un 2 o 3 punti percentuali se non di più ... e per chi è indebitato, non è male...
i conti, a spanna , partendo da un debito 1992 di diciamo 1.000 miliardo di euro, e mettendo prudenzialmente un differenziale del 2% per venti anni , abbiamo un bel 400 miliardi di risparmio ( l'effetto cumulato non è calcolato)
abbiamo sciupato tempo e soldi e altri invece no?
è colpa loro, indubbiamente :rolleyes:


ps
la manovra terribile di Monti è sull'ordine dei 25/30 miliardi , a memoria ... tanto per fare i paragoni
 
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risparmier

Forumer storico
in sintesi: con l'euro è nata una opportunità per tutti , chairamente per tutti diversa
per l'italia, che era indebitata, un bel venti anni con tassi più bassi di un 2 o 3 punti percentuali se non di più ... e per chi è indebitato, non è male...
i conti, a spanna , partendo da un debito 1992 di diciamo 1.000 miliardo di euro, e mettendo prudenzialmente un differenziale del 2% per venti anni , abbiamo un bel 400 miliardi di risparmio ( l'effetto cumulato non è calcolato)
abbiamo sciupato tempo e soldi e altri invece no?
è colpa loro, indubbiamente :rolleyes:


ps
la manovra terribile di Monti è sull'ordine dei 25/30 miliardi , a memoria ... tanto per fare i paragoni
Quello sui tassi più bassi sul debito con l' Euro è un discorso illusorio e fuorviante.

Innanzitutto bisogna vedere se in un certo periodo i tassi sono stati più bassi solo in alcuni stati dell' area Euro o anche in altri stati di altre aree monetarie.

E inoltre se in anni precedenti l' Italia pagava interessi più alti , li pagava su un debito denominato in una valuta più debole dell' Euro, la Lira che periodicamente si svalutava nei confronti del marco.
Non a caso una crisi c' era stata nel 1992 quando l' Italia assurdamente cercava di restare nella banda stretta dello SME, da cui a un certo punto erano uscite Regno Unito e Italia che avevano bisogno di una moneta libera di oscillare nel cambio col marco.

Quindi è molto dubbio che in termini reali l' Euro abbia permesso all' Italia di pagare interessi più bassi. La svalutazione della Lira avrebbe permesso una riduzione del debito in termini reali in momenti di difficoltà.
Tassi più alti ci sarebbero stati in concomitanza di una moneta più debole.

Per pagare tassi più bassi non c' era bisogno dell' Euro, bastava emettere Titoli di Stato italiani in Franchi Francesi o in Marchi tedeschi e FRanchi svizzeri.

La Sterlina si era svalutata notevolmente nei confronti dell' Euro tra il 2007 e il 2008 quando il Regno Unito in Europa era l' epicentro della crisi connessa ai mutui subprime e UK aveva nazionalizzato Royal Bank of Scotland. Se il Regno Unito avesse avuto la moneta agganciata a quella della Germania, avrebbe avuto enormi difficoltà nel gestire la situazione.

Con la B. of England che aveva potuto attuare un quantitative easinga a misura di Gran Bretagna, il Regno Unito non aveva attraversato una crisi del debito pubblico.
 
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risparmier

Forumer storico
25 giugno 2012

Se l’euro crolla, la Germania verrà travolta dalle macerie: crollo dell’export, boom di disoccupati e -10% del Pil entro l’anno successivo. L’ovvia considerazione stupisce, perché arriva dal Governo tedesco, che da mesi bombarda Atene e noialtri Piigs con ultimatum e aut-aut. Allora la minaccia continua della Merkel – “se i Paesi Canaglia vanno contro la linea dura, l’euro crolla” – era falsa?

Se dovesse disintegrarsi la moneta unica, la Locomotiva d’Europa rischierebbe di deragliare. E di brutto. Lo rivela uno studio del ministero delle Finanze tedesco, di cui il settimanale Der Spiegel dà un’anticipazione ufficiosa. Secondo gli esperti del Ministero, la fine dell’euro farebbe uscire dai binari l’economia di Berlino: il marco si rivaluterebbe eccessivamente, e le esportazioni tedesche crollerebbero. E la Germania vive per il 65% del Pil di export, a sua volta concentrato nell’area Euro.

Il numero dei disoccupati raddoppierebbe, toccando i 5 milioni di tedeschi. E nel complesso, il prodotto interno lordo cadrebbe del 10%. Significa che in un anno andrebbero persi i progressi economici fatti dal 1995 in poi. Secondo il “soffione” anonimo del Ministero delle Finanze, questi dati dimostrano che il salvataggio della moneta unica è il male minore rispetto a quanto costerebbe il ritorno alle valute nazionali, soprattutto per la Germania. La parola d’ordine per Berlino, è salvare l’euro a tutti i costi.
...

“L’Euro va salvato, o la Germania crolla”: parola di Berlino | Diritto di critica

Per l' Italia la situazione è completamente diversa. La Lira sarebbe più debole di quanto non sia l' Euro, e con il ritorno alla Lira per l' italia crescerebbero esportazioni, PIL e posti di lavoro.
Per l' Italia la parola d' ordine dovrebbe essere "Uscita ordinata dall' Euro e ritorno alle monete nazionali"
 

risparmier

Forumer storico
Abbiamo visto come fior di economisti avevano espresso in epoca non sospetta, e ben prima dell’istituzione dell’euro, la loro contrarietà a istituire la moneta unica (L’euro? Non tutti erano d’accordo. Anzi… | LinkSicilia). Questi economisti erano contrari soprattutto per un motivo: i Paesi che avrebbero dovuto aderire all’euro erano dei Paesi tra loro molto diversi con i “fondamentali” economici differenti. In questi casi, cioè quando le aree da unificare non sono omogenee, l’adozione della moneta unica, lungi dall’agevolare un’armonizzazione tra i Paesi, in realtà finisce con l’accrescere le differenze.

Detto altrimenti, se l’Italia è meno competitiva della Germania, la moneta unica aumenterà il divario, contribuendo a rendere la differenza più marcata. Se la Grecia ha una produttività più bassa della Francia l’euro aiuterà a renderla ancora più bassa. Soprattutto, l’argomento principale, se l’indebitamento verso l’estero per alcuni Paesi è molto alto e per altri è più basso o addirittura inesistente, la moneta contribuirà, e qui in modo quasi decisivo, ad aumentare questa differenza. Gli economisti in questione si esprimevano basandosi su una domanda molto semplice: cosa succede quando Paesi differenti provano a darsi una moneta unica?

Già nel 1953 il famoso (famigerato?) Friedman sosteneva che nei sistemi in cui vigeva una rigidità del salario (cioè dove non potevi licenziare con facilità o precarizzare il lavoro) sarebbe stato meglio adottare una moneta diversa in modo che le oscillazioni del cambio potessero permettere sia un miglior equilibrio interno (disoccupazione molto bassa e prezzi stabili), sia un miglior equilibrio esterno. Se hai una moneta debole le tue importazioni tenderanno a diminuire e le tue esportazioni ad aumentare e quindi il tuo debito con l’estero diminuirà. Se ne deduce che se la moneta resta fissa, unica, se vuoi mantenere l’equilibrio devi agire sugli altri due termini del problema, licenziamenti e tassi di occupazione.

Nel 1961 Robert Mundell pubblica un articolo in cui descrive i vantaggi e gli svantaggi del “regime dei cambi”. Senza farla complicata (Mundell si riferisce ai cambi “fissi” e ai “cambi flessibili”) si tratta di capire cosa succedeva se, per esempio, Italia e Germania decidevano di abbandonare la loro moneta per farne una insieme. Italia e Germania producono macchine. Ne vendono 50 e 50. Ad un certo punto la Germania migliora il modo di produrre le macchine e comincia a venderne 60 facendo peggiorare le vendite dell’Italia, che scende a 40. E’ chiaro che se il trend continua, alla fine la Germania venderà 100 macchine e l’Italia nessuna. L’Italia riusciva ad evitare tutto questo perché, ad un certo punto, le macchine italiane diventavano più convenienti dal punto di vista economico. Svalutava. Tutto questo succede(va) perché le aree sono differenti e la moneta serviva anche ad evitare che queste differenze finissero con lo stroncare interi Paesi.

La Germania e l’Italia rimangono due entità separate. Hanno diverse capacità produttive, hanno diverse mobilità del lavoro, hanno diverse mobilità di capitali: in una parola, toh guarda, sono diverse. Queste differenze possono anche essere giudicate male. I tedeschi sono virtuosi, gli italiani no. Perfetto. Il problema è che i tedeschi e gli italiani, ad un certo punto, hanno deciso di collaborare, anzi addirittura di unirsi.

I tedeschi sapevano com’erano gli italiani. Gli italiani sapevano com’erano i tedeschi. Se ci si unisce, si fa un patto. Tu non svaluti più, in compenso noi condividiamo i nostri profitti. Il modo con cui si sarebbero dovuti condividere i profitti è astruso, riguardava lo stimolo della domanda interna, per intanto fidatevi, il vantaggio dato ai tedeschi in termini di blocco della svalutazione sarebbe stata ricompensata dall’aumento delle paghe degli operai tedeschi e quindi il prezzo delle macchine sarebbe stato ancora più alto di quelle italiane e ad un certo punto ci sarebbe stato un riequilibrio.

Per fare questo serviva collaborazione. Non competizione, collaborazione. Chiunque di voi capisce che se dobbiamo competere allora mi tengo le mie armi. Qui si è detto: togliti le tue armi, fattene di nuove che siano buone e giuste e competiamo. Come finisce una partita tra una squadra in cui sono tutti mediamente forti ed una a cui togli il fuoriclasse “svalutazione”? Finisce esattamente come è finita: che la Germania stravince. E l’Italia perde. Peccato che il patto non era quello. Il patto era che si cresceva insieme.

Torniamo al nostro Mundell. Che ci diceva: prendiamo gli USA. Lì ci sono 51 Stati. Sono ovviamente differenti tra loro, quasi quanto la Germania e l’Italia, alcuni di più. Ma prendete anche il Canada. Anche lì, zone ricche e zone povere. Hanno tutti quanti la stessa moneta, il dollaro. Come mai funziona? Che c’entri qualcosa il fatto che le politiche fiscali si decidono a Washington e valgono per tutti? Che si può quindi decidere di trasferire ricchezza dalle zone ricche alle zone meno ricche dell’Unione? Risposta esatta!

Si è fatta l’Unione monetaria tralasciando il fatto che si trattava di zone differenti. Che l’Europa non è, repetita juvant: NON E’ un’area valutaria ottimale. E che quindi avrebbe prodotto ulteriori diseguaglianze. Una dimenticanza? Come abbiamo già visto, non è possibile, lo sapevano, tutti li avevano avvertiti. Anche un irlandese, Wynne Godley: “E’ incredibile che non ci sia un progetto di governo centrale… Se un Paese, una regione non ha alcun potere di svalutare, e se non può beneficiare di un sistema di trasferimenti fiscali che tendano ad eguagliare le condizioni, allora non c’è nulla che possa impedirgli di soffrire di un processo di declino cumulativo e definitivo che alla fine farà sì che l’emigrazione sia l’unica alternativa alla povertà e all’inedia.”

di R. Salerno (29/9/2012)

Europa, perché l
 

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