Quando la Germania dà lezioni di truffa. E batte di gran lunga l’Italia (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
Quando la Germania dà lezioni di truffa. E batte di gran lunga l’Italia


Che cosa sarebbe successo se si fosse scoperta in Italia una truffa da 32 miliardi ai danni dello Stato? Ve li immaginate i titoli dei giornali? Orrore, scandalo e soprattutto badilate di autorazzismo: gli italiani sanno solo rubare, l’Italia è un Paese di m…, chissà cosa diranno all’estero, che figura con l’Europa, queste cosa accadono solo qui.

Sia chiaro: che ci sia un problema etico in Italia è noto da tempo; però se si osserva quel che accade negli altri Paesi senza i paraocchi dei luoghi comuni e senza complessi di inferiorità, si scoprono realtà ben diverse e ci ci accorge che anche altrove i livelli di corruzione sono preoccupanti e possono essere persino molto più elevati, anche nel primo della classe, la Germania.

Possibile? Certo. La frode fiscale da 32 miliardi è avvenuta davvero, ma non a Roma e nemmeno ad Atene, bensì a Berlino. Sì 32 miliardi di euro sottratti da un gruppo di banchieri, di avvocati e agenti di cambio. Non ne avete sentito parlare?
Ovvio, in Italia ne ha parlato per primo e quasi in solitudine il sito Voci dall’estero. E non che in Germania la notizia sia passata sotto silenzio, anzi è stata evidenziata nella sua ampiezza e nella sua sistematicità proprio da un’inchiesta giornalistica di Die Zeit e dalla tv ARD, che ha rivelato come certe pratiche fiscali avessero una portata di gran lunga più ampia di quanto noto finora.
La cifra di 32 miliardi non era mai emersa. Ma evidentemente i corrispondenti della Rai e dei grandi quotidiani non l’hanno ritenuta meritevole di attenzione. Sono gli stessi corrispondenti che invece sono molto solerti nel dare spazio a qualunque giudizio anti italiano che provenga dalla Bundesbank o dal ministro delle Finanze Schäuble o dal governo Merkel. Provate a digitare sul motore di ricerca “Germania frode fiscale da 32 miliardi”: non troverete alcun rimando ai siti di grandi giornali.


La ragione è semplice: quell’inchiesta esce dal frame “Italia ultima in Europa, i tedeschi sono migliori” e dunque non viene recepita dai giornalisti, sebbene sarebbe nell’interesse dell’Italia. Peraltro sono queste le notizie che un governo forte dovrebbe usare come arma negoziale negli incontri con Berlino e con la Commissione europea per ottenere rispetto e, naturalmente, concessioni. Invece silenzio, capo chino e un premier, Gentiloni, accomodante e servizievole come un cameriere.

Attenzione: non è la prima volta che i tedeschi si dimostrano meno corretti e meno esemplari di quanto si creda. La Germania che pretende di dar lezioni è la stessa che ha dovuto spender il 7% del Pil per salvare dalla bancarotta le proprie banche (fonte il Sole24Ore). Altro che Montepaschi e banche venete. Per non parlare del più recente scandalo tedesco, quello dei grandi misteriosi buchi nei nei bilanci di Deutsche Bank.


E la vera storia della riunificazione tedesca e molto meno idilliaca di quanto si pensi. Leggete Anschluss di Vladimiro Giacché: non fu affatto una fusione a carico della Germania ricca, quella dell’ovest, ma una vera e propria annessione e con processi di privatizzazione che in molti, troppi casi si tradusse in autentiche ruberie, mai indagate a fondo dalla magistratura, sebbene riguardassero cifre molto ingenti, dell’ordine non di decine ma di centinaia di miliardi di euro.

E allora l’analisi sull’onestà dei tedeschi e degli italiani andrebbe esplorata da una prospettiva un po’ diversa. Il tedesco medio è senz’altro più ligio alle regole dell’italiano medio e lo Stato germanico senz’altro più efficiente. Ma solo un tedesco può concepire truffe da 32 miliardi di euro ai danni del proprio governo o da decine di miliardi di euro ai danni dei “fratelli” dell’ex Ddr. Anche quando truffa, il tedesco pensa in grande. Questa è la differenza, non so quanto onorevole.

Quando la Germania dà lezioni di truffa. E batte di gran lunga l’Italia –
 

marofib

Forumer storico
se pensi che solo quelli delle slot hanno evaso da noi 3 volte sta cifra...e nessuno si e' mai fatto un problema

la differenza pero' e' sostanziale,va oltre i numeri
loro vivono da dio lo stesso e noi siamo con le pezze al culo
 

alingtonsky

Forumer storico
Pubblicato il 22 giugno 2017, autore: Redazione

Quello pubblicato dal Corriere del Ticino il 20 giugno, e basato su documenti della BKA (Polizia criminale federale tedesca) che proverebbero come l’autorità politica abbia manipolato l’informazione riguardo alla minaccia terroristica, non è uno scoop. È l’ennesima bufala diffusa dal quotidiano di Marcello Foa. Ed è una storia assurda, prima che un pessimo esempio di giornalismo.

I primi dubbi sono sorti nel vedere come gli articoli del presunto scoop non siano stati ripresi né da alcun sito internet né da alcun quotidiano del pianeta. La notizia non era nemmeno più presente nell’edizione di ieri del Corriere del Ticino, quindi del giorno seguente alla pubblicazione del presunto scoop: quale giornale non cavalca una propria scoperta, soprattutto se gustosa come l’ingerenza politica nei confronti dei media che avrebbe avuto luogo nella prima potenza europea?

Non l’ha fatto perché non di scoop si tratta, ma di bufala. Una cosa che, al confronto, i 150 mila riservisti, con tanto di dichiarazione del Segretario di Stato americano che stiamo ancora tutti aspettando, erano materia da educande.

Quella del Corriere è una bufala perché, nei documenti riportati e ad arte ridotti a miniatura – documenti che, al contrario di quelli portati in altri casi da giornali seri come Repubblica, Guardian o Le Monde, non sono consultabili su internet – ci sono molte cose che non tornano. A cominciare dal logo. Come potete notare, il logo originale della BKA vede un trapezio rettangolo grigio scuro appoggiato sulla A finale. Nel logo riportato sui documenti, questo dettaglio manca del tutto. Si potrebbe discutere anche della tonalità di blu, diversa dall’originale, dato che il rosso e il giallo della bandiera tedesca in alto a destra sono perfetti.


Il logo BKA sui documenti riportati dal CdT. Il trapezio non c’è.

Il logo della BKA originale, sul suo sito internet. Il trapezio c’è.

Il logo BKA fotografato con un telefono cellulare dal suo sito internet. Il trapezio c’è.

Anche il logo dello Stato e il timbro suscitano molti dubbi: in tutti i documenti non sono dritti, ma hanno la stessa identica inclinazione. Quasi fosse un copia/incolla.

Quella del Corriere è una bufala perché i documenti pubblicati portano l’indicazione AP/23/DF. Basta andare sul sito della Polizia criminale federale tedesca (www.bka.de), cercare l’organigramma completo e… non trovare da nessuna parte la sezione AP. Perché non esiste proprio, una sezione AP. La firma non è riconducibile né a un responsabile, né a una sezione in particolare. Da quale ramo della BKA sarebbero usciti questi documenti “autentici”, quindi?

Quella del Corriere è una bufala perché in tutti i documenti pubblicati ci sono diverse stranezze. Innanzitutto manca la data. In ogni documento top secret la data, come il motivo per cui quel documento è secretato, sono fondamentali: in questo caso sono assenti sia la data, sia l’autore, sia il motivo.

Quella del Corriere è una bufala ... , come quella dei riservisti, come quella ...

...

[j.sc]

In Germania le bufale del Corriere si fanno mandria


La BKA con una mail ha smentito ufficialmente che i documenti riportati siano loro (leggi

La BKA conferma che quella del Corriere è una bufala
 
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tontolina

Forumer storico
la Germania vota le sanzioni contro la Russia ma poi
costruisce lo Stream 1 per portare il gas dalla russia in germania
adesso vuole pure lo gasdotto stream2
delocalizza in russia la produzione della volkswagen facendo arrabbiare gli USA che per ritorsione hanno analizzato il solftware della casa automobilistica
 

tontolina

Forumer storico
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Mercedes localizza produzione in Russia
 

tontolina

Forumer storico
Spioni tedeschi
NON SI SPIANO GLI AMICI…

“Spiare gli amici è una cosa inaccettabile, non può essere tollerata”
. Era furente Angela Merkel nel 2013, quando Der Spiegel pubblicò i documenti Wikileaks che svelavano come la NSA avesse spiato la Cancelliera tedesca persino nel suo telefono cellulare e per anni; e come l’ambasciata Usa a Berlino fosse un vero e proprio “nido di spie” nel quale era operativa un’unità speciale, la Service Special Collection (SCS) dedita a spiare tutto lo spiabile.
“Non siamo più nella Guerra Fredda e la fiducia reciproca dev’essere la base della nostra cooperazione”, tuonò la signora, prima di chiamare Barack Obama per “esigere spiegazioni” e poi cacciare da Berlino il capo della Cia per ritorsione.

Un anno dopo Edward Snowden ci mise il carico sopra e Wikileaks pubblicò le utenze private della Merkel intercettate e quelle dei suoi più alti funzionari: il suo ex Capo di Gabinetto, Ronald Pofalla, il Vice Segretario per l’Intelligence von Andreas Geyr, il Vice Capo della Cancelleria, Bernard Kotsch.
Lo scandalo fu enorme tanto che la Merkel arrivò a mettere in discussione la cooperazione d’intelligence tra Germania e Stati Uniti, perché troppo “distanti sulla questione etica del rapporto tra libertà e sicurezza nella sorveglianza da parte degli apparati dello Stato”; perché un conto è lo spionaggio “per scongiurare minacce terroristiche”, un conto è farlo “per guadagnare un vantaggio rispetto alleati nei negoziati, in occasione dei vertici del G20 o nelle sessioni delle Nazioni Unite”.

…TRANNE SE A SPIARLI SONO IO…
Ma la signora Merkel cosa dirà ora che Der Spiegel ha rivelato che anche la Germania ha spiato in maniera intensiva gli americani?
Qualche giorno fa proprio il giornale tedesco ha annunciato di essere in possesso di documenti su almeno 4000 “target” Usa, che dal 1998 al 2006, furono attentamente sorvegliati dal BND (il servizio d’intelligence tedesco). L’elenco comprende nomi, numeri di telefono o fax e indirizzi e-mail di persone appartenenti ad alcuni dei centri di potere e controllo più importanti in America: funzionari della Casa Bianca, del Dipartimento di Stato, del Tesoro, persino alti ufficiali della Difesa, dell’Air Force, del Pentagono e della Dia (Defense Intelligence Agency).
Non solo ma i tedeschi avrebbero spiato anche aziende americane del comparto della Difesa (a partire dalla più importante del mondo la Lockheed Martin), Istituzioni universitarie e persino Ong con connessioni con il governo Usa come Human Rights Watch.
L’attività di sorveglianza germanica si sarebbe allargata persino alle rappresentanze diplomatiche a Washington con decine di ambasciate e consolati (non chiaro se anche di paesi alleati della Germania) e di Organizzazioni Internazionali con uffici di rappresentanza in Usa come il FMI e la Lega Araba.

Per carità, il periodo interessato allo spionaggio dell’amico americano riguarda prevalentemente gli anni del governo Schroeder e, almeno per ora, non sembra toccare il cancellierato della signora Merkel. Ma il problema rimane: ora come la mettiamo con la storia che: “non si spiano gli amici?”.
CHI NON SPIA IN COMPAGNIA…
Non è la prima volta che Angela Merkel deve rispondere al mondo dell’uso spregiudicato dello spionaggio da parte di Berlino.
Sempre nel 2013, Wikileaks svelò un’inchiesta segreta della BfDI (l’Autorità Federale di Protezione Dati) che portava alla luce un sistema di sorveglianza globale messo in piedi dal BND e da NSA. Il sistema (che raccolse senza alcuna base legale milioni e milioni di metadati in tutta Europa), utilizzava Xkeyscore lo strumento informatico della Nsa per spiare mail, analizzare traffico e cronologia, organizzare relazioni e associazioni di contatti tra soggetti diversi, mappare spostamenti, spiare colloqui privati (per esempio quelli in chat e forum o comunque non visibili per l’utente normale), trattare dati nella loro complessità ed impossessarsi dell’intera identità digitale di chiunque; e nello stesso tempo controllare tutti i soggetti che comparivano in questo flusso (mittenti, destinatari, account di forum o di social network). Le attività di spionaggio riguardavano anche le Istituzioni Europee e i paesi alleati. L’inchiesta riguardava l’attività svolta nella sola base di militare di Bad Aibling dove dagli anni ’80 gli americani operavano in assoluta segretezza grazie ad un accordo firmato con il governo socialdemocratico di Schroeder; ma sicuramente era svolta anche in altre “basi di ascolto”.

ALLEATI SPIANO ALLEATI CHE SPIANO ALLEATI
Per semplificare, il quadro che esce da questi episodi è questo: gli americani spiano gli alleati tedeschi; i tedeschi spiano gli alleati americani; tedeschi e americani, alleati insieme, spiano il resto del mondo (compresi gli alleati).

Rimane un’unica perplessità. La notizia che i tedeschi hanno spiato sistematicamente apparati del governo Usa e settori privati, è stata praticamente ignorata in America. Perché?
Forse per non aggravare ulteriormente le relazioni tra i due paesi peggiorate con l’elezione di Trump e la sua diffidenza nei confronti della Merkel? Forse perché questa storia potrebbe oscurare la narrazione che il mainstream americano sta facendo da mesi sugli hacker russi?

O forse, più semplicemente, perché tirare fuori dall’armadio gli scheletri su come l’Occidente spia, potrebbe ricordare le violazioni impressionanti commesse dagli Usa con i suoi sistemi di sorveglianza di massa globale; non bello per un democrazia che si vanta di essere modello di libertà per il mondo.

Su Twitter: @GiampaoloRossi

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tontolina

Forumer storico
Pubblicato il 22 giugno 2017, autore: Redazione

Quello pubblicato dal Corriere del Ticino il 20 giugno, e basato su documenti della BKA (Polizia criminale federale tedesca) che proverebbero come l’autorità politica abbia manipolato l’informazione riguardo alla minaccia terroristica, non è uno scoop. È l’ennesima bufala diffusa dal quotidiano di Marcello Foa. Ed è una storia assurda, prima che un pessimo esempio di giornalismo.

I primi dubbi sono sorti nel vedere come gli articoli del presunto scoop non siano stati ripresi né da alcun sito internet né da alcun quotidiano del pianeta. La notizia non era nemmeno più presente nell’edizione di ieri del Corriere del Ticino, quindi del giorno seguente alla pubblicazione del presunto scoop: quale giornale non cavalca una propria scoperta, soprattutto se gustosa come l’ingerenza politica nei confronti dei media che avrebbe avuto luogo nella prima potenza europea?

Non l’ha fatto perché non di scoop si tratta, ma di bufala. Una cosa che, al confronto, i 150 mila riservisti, con tanto di dichiarazione del Segretario di Stato americano che stiamo ancora tutti aspettando, erano materia da educande.

Quella del Corriere è una bufala perché, nei documenti riportati e ad arte ridotti a miniatura – documenti che, al contrario di quelli portati in altri casi da giornali seri come Repubblica, Guardian o Le Monde, non sono consultabili su internet – ci sono molte cose che non tornano. A cominciare dal logo. Come potete notare, il logo originale della BKA vede un trapezio rettangolo grigio scuro appoggiato sulla A finale. Nel logo riportato sui documenti, questo dettaglio manca del tutto. Si potrebbe discutere anche della tonalità di blu, diversa dall’originale, dato che il rosso e il giallo della bandiera tedesca in alto a destra sono perfetti.


Il logo BKA sui documenti riportati dal CdT. Il trapezio non c’è.

Il logo della BKA originale, sul suo sito internet. Il trapezio c’è.

Il logo BKA fotografato con un telefono cellulare dal suo sito internet. Il trapezio c’è.

Anche il logo dello Stato e il timbro suscitano molti dubbi: in tutti i documenti non sono dritti, ma hanno la stessa identica inclinazione. Quasi fosse un copia/incolla.

Quella del Corriere è una bufala perché i documenti pubblicati portano l’indicazione AP/23/DF. Basta andare sul sito della Polizia criminale federale tedesca (www.bka.de), cercare l’organigramma completo e… non trovare da nessuna parte la sezione AP. Perché non esiste proprio, una sezione AP. La firma non è riconducibile né a un responsabile, né a una sezione in particolare. Da quale ramo della BKA sarebbero usciti questi documenti “autentici”, quindi?

Quella del Corriere è una bufala perché in tutti i documenti pubblicati ci sono diverse stranezze. Innanzitutto manca la data. In ogni documento top secret la data, come il motivo per cui quel documento è secretato, sono fondamentali: in questo caso sono assenti sia la data, sia l’autore, sia il motivo.

Quella del Corriere è una bufala ... , come quella dei riservisti, come quella ...

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[j.sc]

In Germania le bufale del Corriere si fanno mandria
La BKA con una mail ha smentito ufficialmente che i documenti riportati siano loro (leggi
La BKA conferma che quella del Corriere è una bufala

L’onestà, per un giornalista, di ammettere i propri errori


Due pagine del documento della BKA risultato artefatto

Questa mattina il Corriere del Ticino pubblica in prima pagina un articolo in cui il direttore Fabio Pontiggia si scusa con i lettori per lo scoop pubblicato la settimana scorsa sul dossier della Polizia criminale tedesca, che conteneva le linee guide sull’informazione in caso di attentati; scoop che ho segnalato anche su questo blog. Quel dossier, che il Corriere del Ticino aveva ricevuto da fonti ritenute sicure, è risultato in seguito artefatto, un misto di notizie vere e false, e dunque complessivamente non veritiero.
Io non posso che elogiare la scelta della direzione del giornale del gruppo di cui sono Amministratore delegato. Da sempre sostengo che uno dei principali problemi della stampa, nonché causa della progressiva caduta della sua credibilità, risiede nella tendenza, piuttosto diffusa, a non ammettere i propri errori quando si ha evidenza di averli commessi.
Se si sbaglia si tende a nascondere.
La grande notizia si spara in prima pagina, la rettifica si relega in poche righe a pagina 32 o non si pubblica affatto.

Io sono convinto che i giornalisti debbano essere intellettualmente onesti: capita, per quanti controlli si possano fare, di scivolare, tanto più in un’epoca come questa, dove le insidie per la buona informazione sono decisamente moltiplicate tra tecniche spin sempre più sofisticate, diffamatori professionali, dossieraggi.

Mi sarebbe piaciuto che dopo la scoperta di uno dei più grandi falsi storici, le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, in nome del quale è stata lanciata una guerra e i cui effetti destabilizzanti sono drammaticamente evidenti oggi in tutto il Medio Oriente, i giornalisti che diffusero quelle notizie, usando sovente toni da crociata e intimidendo chi osava obiettare, si fossero scusati. E invece hanno fatto finta di nulla e molti di loro ricoprono ancora oggi posizioni importanti.

Gli esempi recenti non mancano: la notizia dei forni crematori di Assad, che qualche settimana fa ha conquistato le prime pagine delle testate di mezzo mondo, è stata smentita dal Dipartimento di Stato statunitense, ma i lettori non sono stati avvertiti con la stessa enfasi. E’ passata via, come una breve, come al solito.

Il Corriere del Ticino non è ovviamente contento di aver sbagliato – e non lo sono neanch’io per aver rilanciato quel documento sul blog – ma ha optato coraggiosamente per la trasparenza. E in prima pagina. Meglio la dignità delle scuse in buona fede, a cui ovviamente mi associo, che confidare in un comodo ma menzognero oblio mediatico.

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tontolina

Forumer storico
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Bloomberg: Il problema più grosso è l’esportazione tedesca di capitali, non di automobili

Un articolo di Bloomberg denuncia il lato più “oscuro” del surplus tedesco: quello dell’accumulo ed esportazione esorbitante di risparmi. Come accadeva già prima della grande crisi finanziaria dei mutui subprime, il grande capitale tedesco si sta muovendo, nell’ansiosa ricerca di rendimenti, gonfiando bolle finanziarie. Questo dovrebbe essere preso di mira da Trump, nella sua contrapposizione alla Germania, ancor prima di preoccuparsi del surplus commerciale.

di Chris Bryant, 09 giugno 2017



Donald Trump si cruccia per il massiccio surplus commerciale della Germania e in particolare per le automobili che Volkswagen, BMW e Daimler esportano negli Stati Uniti.

Trump ha ragione su una cosa: lo squilibrio delle partite correnti tedesche è un problema. Ma c’è un tipo di esportazione tedesca che è meno scontata e potenzialmente più problematica di quella delle automobili: l’esportazione del denaro.

È un po’ sciocco accusare la Germania di vendere cose che il resto del mondo vuole comprare. Ma il fatto che la Germania poi non acquisti a sua volta una quantità equivalente di cose la costringe a esportare i propri risparmi, diventando così un enorme creditore netto verso il resto del mondo.

Dunque, poiché i suoi risparmi nazionali superano di gran lunga gli investimenti, la Germania non è solo il più grande esportatore al mondo di automobili, ma anche il più grande esportatore netto al mondo di capitali.

Dato che la sua popolazione sta invecchiando (e ha scarse prospettive di crescita demografica) non c’è da sorprendersi che la Germania generi un surplus di risparmi che poi investe in asset redditizi al fine di assicurarsi entrate con cui pagare le pensioni [1].

Questo approccio, tuttavia, secondo HSBC [2], comporta dei rischi. L’eccesso di risparmi della Germania potrebbe contribuire all’aumento dell’indebitamento e dell’instabilità finanziaria nei paesi che hanno grossi deficit di partite correnti (come gli USA e il Regno Unito). L’ossessione della Germania per il risparmio (che il resto dell’eurozona sta cercando sempre più di imitare, si veda il grafico sotto) potrebbe ostacolare l’uscita dell’intero continente da una ormai prolungata crisi economica. E d’altra parte l’accumulo di attività estere da parte della Germania potrebbe non renderle alla fine i redditi sperati (ma di questo Trump non sembra preoccuparsi molto).

L’anno scorso il surplus di partite correnti della Germania ha raggiunto i 261 miliardi di euro [3], che corrispondono a circa 230 miliardi di euro di esportazione netta di capitali. Questi deflussi sono stati esacerbati dal programma di acquisto titoli condotto dalla Banca Centrale Europea (BCE), che ha schiacciato i rendimenti dei bund tedeschi e ha costretto i gestori degli asset a cercare altrove titoli che garantissero rendimenti migliori. (Deutsche Bank ha definito questa tendenza come “euroglut” [“eurosaturazione”] [4].)

Gli Stati Uniti sono stati il paese di destinazione di oltre 60 miliardi di dollari di capitali tedeschi, di cui circa la metà sono stati investiti in azioni. Il denaro tedesco ha contribuito ad aumentare i prezzi delle azioni statunitensi (rendendo così gli americani più ricchi), a finanziare nuovi impianti manufatturieri (creando posti di lavoro) e ha contribuito a finanziare il deficit del bilancio pubblico [5].

Cosa ci sarebbe di male in tutto questo, da una prospettiva americana? Be’, l’abbondanza di risparmi tedeschi ha anche abbassato i tassi di interesse di equilibrio, rendendo più difficile per i fondi pensione americani mantenere i rendimenti promessi (e, per la Federal Reserve, normalizzare la politica sui tassi) [6].

Nel frattempo perfino il governo tedesco ammette che “i capitali in cerca di investimenti possono contribuire a creare boom del credito e/o bolle finanziarie in altri paesi“.

Bisogna sapere che prima del 2008 il surplus di acquisti di titoli ipotecari da parte tedesca ha contribuito a gonfiare la bolla statunitense dei mutui subprime, determinando, alla fine, perdite per le banche tedesche. I risparmi interni hanno contribuito anche a investimenti poco efficienti verso le economie periferiche dell’eurozona, come la Grecia e la Spagna [7].

La Storia non si ripete, ma spesso fa la rima. Negli Stati Uniti il crollo dei mutui subprime sembra sul punto di essere sostituito da nuove bolle del credito al consumo in prestiti agli studenti e per acquisti di automobili. È possibile che il surplus dei risparmi tedeschi stia contribuendo a gonfiare alcuni di questi eccessi [8].

E se le banche tedesche hanno drasticamente ridimensionato la propria esposizione verso la periferia dell’eurozona ora in crisi, la banca centrale non ha fatto altrettanto. A causa del programma di acquisto titoli da parte della BCE, la Bundesbank ha accumulato quasi 860 miliardi di euro di esposizione verso la BCE tramite il cosiddetto sistema Target2. Si tratta di quasi la metà del proprio patrimonio netto verso l’estero. Per ora questo sembra solo un tecnicismo contabile. Ma se una banca nazionale dell’Europa del sud dovesse decidere di non onorare le proprie passività su Target2 verso la BCE, i contribuenti tedeschi potrebbero soffrire delle perdite molto concrete [9].

Quindi dimenticate le automobili, Trump dovrebbe concentrare i propri sforzi al fine di deviare gli investimenti tedeschi pubblici e privati quanto più possibile verso la Germania, in modo da incrementare la sua crescita potenziale e rendere più semplice per la BCE mettere fine ai propri esperimenti monetari di indebolimento dell’euro, che consolidano sempre di più il surplus tedesco delle partite correnti. Il governo tedesco ha promesso di incrementare la spesa in infrastrutture, ma chiunque conosca la precaria condizione delle strade e dei ponti in Germania sa che potrebbe fare ben di più (a dire il vero gli Stati Uniti non sono messi molto meglio, da questo punto di vista).

Ma nel timore che Trump possa leggere questo pezzo ed essere tentato di fare subito il bullo su Twitter, non voglio dimenticare di sottolineare un’altra debolezza nella retorica anti-tedesca del Presidente.

Trump ha definito “un errore catastrofico” la decisione della Germania di accogliere centinaia di migliaia di rifugiati in fuga dalla Siria e da altrove. Eppure un afflusso di giovani immigrati è il tonico perfetto per rimediare all’invecchiamento della popolazione tedesca e alla scarsità di domanda interna (gli immigrati tendono a comprare cose e ad avere bisogno di un posto dove vivere). Se Trump fosse coerente dovrebbe contestare l’esportazione tedesca di capitali ma al tempo stesso approvare la politica delle porte aperte. Ma a Trump piacciono i soldi. Anche i rifugiati? Non altrettanto.

Questo articolo non rispecchia necessariamente le opinioni di Bloomberg LP e dei suoi proprietari.



[1] Questo equivale a un deficit nel conto finanziario di un paese.



[2] Janet Henry, capo economista di HSBC, ha esaminato il rischio di “saturazione” degli investimenti tedeschi, cinesi e giapponesi, in una notalo scorso anno.



[3] Secondo la Bundesbank.



[4] A dire il vero la Germania non è una gran sostenitrice dell’acquisto di titoli da parte della BCE e la accusa di aver causato la debolezza dell’euro e il proprio surplus di conto corrente.



[5] La Cina, comunque, è il maggiore acquirente di titoli pubblici americani.



[6] Si vedano questi commenti del presidente della BCE, Mario Draghi, sui surplus di partite correnti della Germania e dell’eurozona.



[7] C’è un dibattito su quanta ricchezza tedesca sia andata distrutta.



[8] Per esempio il braccio finanziario delle case automobilistiche tedesche hanno prestato una grande quantità di soldi agli americani affinché acquistassero automobili di lusso che i consumatori avrebbero altrimenti fatto fatica a comprare. Con la rapida discesa dei prezzi delle automobili di seconda mano, aumenta il rischio di perdite creditizie.



[9] Per ulteriori informazioni si veda qui e qui.
 

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