Banche, rapporto shock: margini a picco e 70mila posti a rischio in 5 anni
Per il settore del credito terapia shock della società di consulenza internazionale. Le banche italiane dovranno ridurre le base dei costi di circa 5 miliardi di euro. Claudio Torcellan, partner OW: «Bisogna che tutti siano consapevoli che la tempesta industriale c’è e va affrontata»
di Alessandro Graziani
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Cinque miliardi di costi da tagliare a livello di sistema per restare nei prossimi anni almeno con la (scarsa) redditività attuale. Il doppio (10 miliardi) per mettersi in pari con la media del sistema in Europa. Ma soprattutto un ripensamento totale del
business model: rivoluzionando gli attivi di bilancio, utilizzando gli
advanced analytics nella gestione del credito e prendendo atto che l’industria non è più
labour intensive e richiede meno personale almeno per metà da riqualificare in chiave
digital. È questa la ricetta che la società di consulenza internazionale
Oliver Wyman evidenzia nel
rapporto dal titolo «Banche italiane su un piano inclinato» che Il Sole24Ore anticipa in esclusiva.
La discontinuità industriale che, secondo Oliver Wyman, è necessaria e addirittura urgente parte da uno scenario macroeconomico prudente e “benevolo”, che ipotizza il perdurare dell’attuale bassa crescita e bassi tassi.
In caso di nuove crisi finanziarie o di recessione, la ricetta potrebbe essere ben peggiore. «Senza nuove crisi, senza recessione, senza aumenti di capitale significativi dovuti alla nuova regolamentazione - spiega
Claudio Torcellan, partner di Oliver Wyman - la nostra ipotesi è che
nei prossimi cinque anni la media delle banche italiane vedrà una riduzione dei ricavi, in termini di margine di intermediazione, del 10% con punte del 15% per quelle più esposte sul credito e sui titoli di stato».
EVOLUZIONE ATTESA DEL MARGINE DI INTERMEDIAZIONE
Principali banche italiane. Var.% sul bilancio 2018. (Fonte: Resoconti annuali di esercizio, analisi Oliver Wyman)
A pesare saranno i
tassi d’interessi zero della Bce con la compressione della redditività degli impieghi, già scesi quest’anno di 30 punti base per i mutui e di 80 punti per i prestiti alle imprese. Con la conseguenza di una riduzione media dello spread tassi attivi-passivi di 20 punti base. Sempre l’effetto tassi comprimerà i ritorni sui titoli di debito, con una riduzione del margine di interesse del 5% rispetto ai livelli attuali.
I rimedi possibili arriveranno dalla crescita delle commissioni?
«Tranne alcuni casi di successo - spiega Torcellan - in media i ricavi commissionali non saranno di aiuto a compensare il calo del margine d’interesse:
sono già su livelli più elevati rispetto alle banche europee e la regolamentazione tenderà sempre più a favorire la concorrenza mettendo sotto pressione la marginalità». E allora come farà l’industria bancaria a sopravvivere al crollo dei ricavi? Servono una serie di interventi radicali di cambiamento del modello di business, osservano da Oliver Wyman, da realizzarsi «nell’arco di due piani industriali» con l’impegno di «manager coraggiosi» e «lungimiranza dei board che devono guardare a un’ottica di medio termine e non alle convenienze immediate». Non sarà un’impresa facile.
I RICAVI DA COMMISSIONI
Rapporto tra le commissioni nette e il margine di intermediazione a fine 2018. Dati in %. (Fonte: Ecb Statistical Data Warehouse)
Vediamo allora i suggerimenti.
La prima presa d’atto riguarda la revisione degli attuali modelli di servizio delle banche, ancora troppo imperniati sulle filiali. «Bisogna colmare il gap di produttività verso le altre banche europee che già operano con un rapporto tra costi e totale della raccolta e impieghi dell’1% rispetto all’1,4% delle nostre banche». Secondo le stime di Oliver Wyman, ipotizzando che lo scenario macro non peggiori, per neutralizzare la compressione dei ricavi e mantenere la redditività del capitale sui livelli attuali,
«le banche italiane dovranno ridurre le base dei costi di circa 5 miliardi di euro che corrispondono a circa 70.000 risorse e a 7.000 filiali nel corso dei prossimi 5 anni».
Se poi il sistema volesse posizionarsi sui livelli medi di redditività allineati al costo del capitale (8-9%), il taglio costi necessario raddoppierebbe a 10 miliardi. Non solo. Dei dipendenti che resteranno in banca, «oltre il 45% della forza lavoro dovrà acquisire nuove competenze». Con quattro aree di intervento “digitali”: revisione dei processi di interazione con la clientela sfruttando gli
advanced analytics per segmentare i clienti e prevedere una customer experience in linea con quella offerta dalle Big Tech; l’adozione dell’intelligenza artificiale nel sistema dei controlli; l’evoluzione delle piattaforme proprietarie It di core banking; le competenze digitali necessarie a ridurre i ruoli di filiale e back office a favore di nuove professionalità come
data scientist,
change manager e gestione nuove tecnologie.
MARGINI SEMPRE PIÙ RIDOTTI
Margini commerciali del sistema bancario italiano. Tassi medi applicati dai principali istituti. Dati in punti base. (Fonte: Oliver Wyman)
Il ripensamento del business dovrà essere più profondo ed estendersi a tutte le voci dell’attivo e del passivo dei bilanci bancari. Con tre focus principali: esistono investitori terzi, a partire dalle assicurazioni come accade in Francia, che possono detenere i mutui erogati dalle banche riducendo l’impegno di capitale su un attivo che non produce valore? Quante relazioni con grandi imprese clienti remunerano il capitale di rischio impegnato? Quale è l’elasticità al prezzo dei depositi? «Il capitale andrà allocato sugli attivi che generano valore, aumentando la velocità di rotazione degli attivi stessi anche con modelli di partnership con investitori istituzionali come le assicurazioni, minimizzando il costo della raccolta e del capitale».
Più che una trasformazione, quella delineata da Oliver Wyman,
sembra una rivoluzione. Che non sarà indolore. «Bisogna che tutti siano consapevoli che la tempesta industriale c’è e va affrontata - spiega Torcellan - la trasformazione richiederà il pieno supporto di tutti gli stakeholder, in primis Governo e dipendenti. Le banche dovranno ingaggiare entrambe le parti su un dialogo orientato al futuro. Ed è evidente, come più volte evidenziato, che l’aggregazione tra banche di piccola e media dimensione è una condizione indispensabile ma non sufficiente per il rilancio di un settore che può e deve restare decisivo per l’economia italiana».
PER APPROFONDIRE:
●Sotto le banche europee una mina da 400 miliardi