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CREDITO

Le banche mondiali? Quattro su cinque sono cinesi
Da Icbc a Bank of China: le prime tre banche del mondo vengono da oriente. Intesa Sanpaolo sale di 12 posti a quota 25. Meno sofferenze
di Sergio Bocconi
Le banche mondiali? Quattro su cinque sono cinesi

Fino a qualche anno fa il settore bancario mondiale era caratterizzato da una leadership anglosassone, in particolare americana. Oggi è cambiato tutto: fra i cinque più grandi gruppi del mondo quattro sono cinesi. Un primato che balza subito agli occhi nell’edizione 2018 del focus sulle «Banche internazionali» realizzato da R&S Mediobanca.

Il primato
La numero uno al mondo non rappresenta una novità. La Icb of China ha conquistato il podio nel 2016 superando per attivi la statunitense Jp Morgan Chase, oggi scivolata al quarto posto, e la distanza in termini di dimensioni è aumentata. Il totale attivo di Icb ha raggiunto nel 2017 i 3.343 miliardi di euro, 800 in più rispetto alla ex prima Jp Morgan: in sostanza significa più o meno che la differenza equivale agli attivi delle nostre due banche più grandi, Unicredit o Intesa Sanpaolo.
La crescita degli istituti cinesi, che vedono China Construction al secondo posto, Agricultural bank of China al terzo e Bank og China al quinto, è dovuta principalmente a due fattori. Da un lato le banche del gigante asiatico seguono e accompagnano lo sviluppo del Pil del loro Paese che, pur avendo rallentato la corsa rispetto a qualche anno fa, nel 2017 è cresciuto del 6,9%: quasi il doppio rispetto al Pil mondiale e il triplo nei confronti di quello americano o europeo. In secondo luogo in tutto il mondo, States compresi, dopo la grande crisi sono state molte le banche ad «alleggerirsi», cioè a cedere attivi. Contribuendo quindi a rendere ancora più significativa la scalata cinese.

La top ten
Nella graduatoria dei primi dieci big seguono poi, senza grandi variazioni di posizione, la giapponese Mitsubishi, l’inglese Hsbc, l’americana Bofa e le francesi Bnp Paribas e Crédit Agricole. Fra le due italiane presenti si rintraccia invece l’altra rilevante novità della classifica. Unicredit con 854 miliardi di attivo passa dal posto numero 24 al 22esimo, ma è Intesa Sanpaolo a fare un balzo considerevole, salendo da 37esima al mondo a 25esima: progressione dovuta principalmente ai 50 miliardi di asset provenienti dall’operazione banche venete.

Gli altri aspetti dell’analisi
L’analisi R&S Mediobanca si concentra poi su alcuni aspetti significativi. Gli istituti europei non hanno ancora lo sprint di quelli americani ma riducono il gap reddituale. Per quanto riguarda i ricavi gli istituti Usa hanno visto un incremento del 3,1% contro l’1,7% di quelli europei: mentre in termini di commissioni nette gli aumenti sono allineati, sul margine di interesse le banche americane hanno visto un aumento del 5,4% contro una stabilità europea grazie anche all’incremento dei tassi da parte della Fed: quattro nel 2017. Migliore per le banche europee è stato infine il risultato della negoziazione, cresciuto del 22% contro il 7,2% Oltreoceano. I gruppi europei poi, grazie al contenimento dei costi operativi e al calo del 34,6% della svalutazione crediti (che diventa pari al 19,7% escludendo Unicredit che ha fatto una pulizia big di bilancio) hanno visto migliorare il risultato corrente del 28% contro il 4,2% in più americano.

Nel rapporto vengono poi sottolineati fra gli altri due aspetti. In primo luogo la riduzione in Italia del peso dei crediti dubbi lordi, passati per le prime 5 banche dal 18,7% degli impieghi del 2015 al 12% considerando anche le recenti cessioni di npl. Infine un aggiornamento sulle Landesbank (pubbliche) tedesche: pur con un risultato attivo di 899 milioni nel 2017, hanno accumulato dal 2007 8,9 miliardi di perdite.
 

tontolina

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da TRUMP, LA CINA E L'EUROPA: LA QUIETE PRIMA DELLA TEMPESTA | icebergfinanza

L’euro non ha alcun motivo per rafforzarsi, solo i fessi oggi comprano euro, l’Europa rischia di essere stritolata in una guerra commerciale con gli Stati Uniti e la Cina, senza dimenticare che molto probabilmente si rischia una HARD Brexit!

Abbiamo appena visto nei giorni scorsi come sia esploso ancor di più il debito nel primo trimestre del 2018, in tutti questi anni, solo la Cina ne ha aggiunto oltre un trilione su un totale di un trilione e mezzo, una imponente esplosione deflattiva è alle porte, perchè non dimenticatevelo, una guerra commerciale è essenzialmente deflattiva, l’inflazione è solo un’illusione di breve termine, determinata dai prezzi degli asset e non dall’aumento degli stipendi.

Ma avremo tempo e modo di parlare di tutto questo insieme al nostro Machiavelli nel fine settimana, una settimana che si preannuncia davvero interessante, soprattutto per il mondo della Cooperazione.

Concludiamo con la chiara dimostrazione di come in tutti questi anni, i media mainstream, giornali, editorialisti, economisti, analisti e amenità varie, vi hanno nascosto la vera natura di questa immensa crisi economica in Europa, una crisi non dimentichiamocelo, nata dall’esplosione del debito privato e non pubblico, diffusa grazie alla metastasi introdotta dalle banche tedesche e francesi, nel sistema euro…

Bisogna guardare in Germania e al potente sistema delle Sparkassen, le locali Casse di risparmio. Qui, la commistione fra politici e banche è portata all’estremo, con conseguenze che vanno al di là del mondo del credito e della politica locale e investono la società e la politica nazionale. Di fatto, se non si capiscono le Sparkassen, non si capisce la Germania di oggi.

La politica dilaga nelle Casse di risparmio tedesche. Ecco perché Berlino le ha protette dalla Vigilanza unica


Leggetevelo, leggetevelo tutto, molto è accaduto anche in Italia, tra Etruria e le banche del Veneto, con sempre e solo il Partito Democratico in prima fila, tra riforme farlocche e amici degli amici, noi siamo stati i primi ancora nell’agosto del 2011, gli unici in Italia, ora la storia ci rende giustizia, perchè dalle nostre parti la verità è figlia del tempo!
 

tontolina

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interessante osservazione che ogni tanto viene censurata ma c'è sempre qualcuno che la ripubblica

L'ex n1 di Banca di Spagna: via la creazione del denaro dalle banche private.
 

tontolina

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Equita Sim, ecco i livelli di spread che metteranno in difficoltà le banche
Necessità di ricapitalizzare e meno prestiti a famiglie ed imprese
Per la prima mancano solo 10 punti dai massimi di venerdì
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Banche, Moody’s declassa 8 istituti italiani
investing-new.png
Mercato azionario2 ore fa (24.10.2018 10:32)
© Reuters. Banche, Moody’s declassa 8 istituti italiani


Investing.com - Le banche italiane ancora nel mirino delle agenzie di rating mentre restano sotto pressione al salire dello spread, anche oggi sopra i 310 punti.
Dopo le decisioni di Credit Suisse, infatti, anche Moody’s ha declassato i rating di 12 istituzioni finanziarie italiane, tra cui 8 banche tra le più importanti, i rating del debito non garantito di tre istituzioni e le valutazioni del rischio di controparte a lungo termine (CRA) di sette banche.
Questi gli istituti coinvolti nel giudizio di Moody’s:

Unicredit (MI:CRDI) (Baa2 da Baa1)

Intesa Sanpaolo (MI:ISP) (Baa2 da Baa1)

Banca IMI (LON:IMI) (Baa2(cr) da Baa1)

Cassa Depositi e Prestiti (Baa3 da Baa2)

Mediobanca (MI:MDBI) (Baa1 da A3)

Cariparma (Baa1 da A3)

FCA (MI:FCHA) Bank (Baa1 da A3)

Banca Nazionale del Lavoro (Baa1 da A3)

Credito Emiliano (MI:EMBI) (Baa2 da Baa1)

Cassa Centrale Raiffeisen (Baa2 da Baa1)

Invitalia (Baa3 da Baa2)

L'azione di rating di oggi conclude la revisione di downgrade avviata il 30 maggio 2018 ed è stata motivata dal downgrade del rating obbligazionario del Governo Italiano a Baa3 con outlook stabile da Baa2, rating in revisione per downgrade.

Moody's ha mantenuto il suo Macro Profilo Macro per l'Italia a Moderate+, mentre il contesto operativo per le banche è influenzato negativamente dalla maggiore sensibilità al rischio di eventi politici nel Paese, le condizioni di credito sono moderatamente migliorate a seguito di una sostanziale riduzione del livello di crediti problematici nel sistema bancario italiano negli ultimi due anni.

Moody's prevede ora che i crediti incagliati scendano al di sotto dell'11% degli impieghi lordi entro la fine del 2018, per poi ridursi ulteriormente nel 2019, a fronte di un picco di oltre il 18% nel 2015. Di conseguenza, l'agenzia ha ridotto il suo adeguamento negativo al profilo macro in materia di condizioni di credito ad una tacca da due.

Allo stesso tempo, Moody's ha mantenuto il suo aggiustamento negativo di un solo nodo al profilo macro per quanto riguarda le condizioni di finanziamento, riflettendo la difficile situazione di finanziamento all'ingrosso e l'elevata dipendenza delle banche dai finanziamenti della Banca Centrale Europea.
 

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Banche, Moody’s declassa 8 istituti italiani
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Mercato azionario2 ore fa (24.10.2018 10:32)
© Reuters. Banche, Moody’s declassa 8 istituti italiani


Investing.com - Le banche italiane ancora nel mirino delle agenzie di rating mentre restano sotto pressione al salire dello spread, anche oggi sopra i 310 punti.
Dopo le decisioni di Credit Suisse, infatti, anche Moody’s ha declassato i rating di 12 istituzioni finanziarie italiane, tra cui 8 banche tra le più importanti, i rating del debito non garantito di tre istituzioni e le valutazioni del rischio di controparte a lungo termine (CRA) di sette banche.
Questi gli istituti coinvolti nel giudizio di Moody’s:

Unicredit (MI:CRDI) (Baa2 da Baa1)

Intesa Sanpaolo (MI:ISP) (Baa2 da Baa1)

Banca IMI (LON:IMI) (Baa2(cr) da Baa1)

Cassa Depositi e Prestiti (Baa3 da Baa2)

Mediobanca (MI:MDBI) (Baa1 da A3)

Cariparma (Baa1 da A3)

FCA (MI:FCHA) Bank (Baa1 da A3)

Banca Nazionale del Lavoro (Baa1 da A3)

Credito Emiliano (MI:EMBI) (Baa2 da Baa1)

Cassa Centrale Raiffeisen (Baa2 da Baa1)

Invitalia (Baa3 da Baa2)

L'azione di rating di oggi conclude la revisione di downgrade avviata il 30 maggio 2018 ed è stata motivata dal downgrade del rating obbligazionario del Governo Italiano a Baa3 con outlook stabile da Baa2, rating in revisione per downgrade.

Moody's ha mantenuto il suo Macro Profilo Macro per l'Italia a Moderate+, mentre il contesto operativo per le banche è influenzato negativamente dalla maggiore sensibilità al rischio di eventi politici nel Paese, le condizioni di credito sono moderatamente migliorate a seguito di una sostanziale riduzione del livello di crediti problematici nel sistema bancario italiano negli ultimi due anni.

Moody's prevede ora che i crediti incagliati scendano al di sotto dell'11% degli impieghi lordi entro la fine del 2018, per poi ridursi ulteriormente nel 2019, a fronte di un picco di oltre il 18% nel 2015. Di conseguenza, l'agenzia ha ridotto il suo adeguamento negativo al profilo macro in materia di condizioni di credito ad una tacca da due.

Allo stesso tempo, Moody's ha mantenuto il suo aggiustamento negativo di un solo nodo al profilo macro per quanto riguarda le condizioni di finanziamento, riflettendo la difficile situazione di finanziamento all'ingrosso e l'elevata dipendenza delle banche dai finanziamenti della Banca Centrale Europea.

https://www.investireoggi.it/forums...re-abbassare-loutlook-e-vi-dico-perqua.92442/


non farei affidamento al'outlook stabile di moodys, leggi cosa ho scritto
https://www.investireoggi.it/forums...re-abbassare-loutlook-e-vi-dico-perqua.92442/
 

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S&P, gli stress test stavolta sono più duri
Rispetto a due anni fa viene aggiunto il calcolo Ifrs 9, che prevede l'accantonamento totale delle perdite presunte fin dal primo anno. E potrebbe portare in Europa a casi di ricapitalizzazione precauzionale sull'esempio di Mps. Il nodo del pil Italiano. Venerdì pomeriggio l'esito. Ecco la lista delle banche
di Elena Dal Maso


Venerdì pomeriggio, dopo la chiusura delle borse, l'Eba pubblicherà l'esito degli stress test su 49 gruppi finanziari provenienti da 14 Paesi dell'Ue più la Norvegia con asset per almeno 30 miliardi di euro, ovvero circa il 70% dei capitali bancari europei. La verifica precedente risale al 2016. Nel contempo, come spiega una nota approfondita di S&P Global Ratings, la Bce effettuerà test simili sulle altre banche sotto la sua diretta supervisione, ma questi risultati saranno resi noti solo ai singoli istituti e non resi pubblici.

Lo scopo di questa manovra congiunta è di verificare il grado di resistenza dei ratio di capitale degli istituti alla fine del 2020 partendo da due scenari, uno di base e positivo, il secondo avverso o di crisi. Per gli analisti di S&P questa volta la prova, in linea generale, sarà più severa. Gli esperti non si attendono però come effetto aumenti di capitale, piuttosto potrebbe emergere qualche ricapitalizzazione precauzionale come avvenne nel 2016 con Mps , ad esito degli allora stress test.

Anche venerdì non ci sarà una pagella finale con i promossi e i bocciati, ma i risultati che emergeranno dallo scenario avverso (e quelli in contemporanea della Bce sulle altre banche) permetteranno poi a Francoforte di calibrare le richieste di Srep (requisiti minimi patrimoniali) da presentare alle singole istituzioni agli inizi di dicembre. Se la banca a quel punto risulterà avere un Cet 1 sottodimensionato, dovrà prendere provvedimenti. Da tener conto, poi, che questa volta gli stress test inglobano il calcolo sulla metodologia contabile internazionale Ifrs 9, che prevede l'accantonamento totale delle perdite presunte fin dal primo anno. Una bella zavorra caricata sui bilanci dei gruppi finanziari.

Uno dei parametri con i quali saranno verificati i bilanci è la variazione del Pil. Nello scenario positivo, di base, la crescita dell'economia nell'Eurozona è attesa ad un +2,2% nel 2018, +1,9% nel 2019 e +1,8% nel 2020. Nello scenario avverso, invece, il calo previsto è di circa un punto percentuale: +1,2% nel 2018, +2,2% nel 2019, +0,7% nel 2020.

S&P cita anche il caso dell'Italia. Il governo ha previsto un pil al +1,5% nel 2018, +1,6% nel 2019, +1,4% nel 2020. Lo scenario base degli stress test è invece già più restrittivo: +1,4% nel 2018, +1,3% nel 2019, +1,3% nel 2020. L'agenzia di rating mette in evidenza che le sue attese sull'Italia sono più basse: pil al +1,1% nel 2018, +1,1% nel 2019 e +1% nel 2020. In ogni caso se lo scenario avverso sull'Italia ricalca quello europeo, con un punto percentuale in meno, le banche saranno testate nei confronti di un'economia praticamente piatta, anemica.

S&P ricorda che la metodologia della Banca centrale inglese, che pubblicherà gli esiti dei suoi stress test a dicembre, è ancora più severa nel calo del Pil di almeno l'1,4% in più rispetto a quella dell'Ue. Anche quest'anno, poi, i test saranno sul bilancio statico, non terranno conto delle azioni positive intraprese nel frattempo dai manager delle banche ma solo dei dati letti a fine 2017.

Ecco la lista delle banche sotto stress test dell'Eba:

Italia: Intesa Sanpaolo, Unicredit , Ubi Banca , Banco Bpm

Germania: Deutsche Bank , Commerzbank , DZ Bank AG, Landesbanken Hesse-Thueringen Girozentrale, NRW.Bank, Bayerische Landesbank, Landesbank Baden-Wuerttenberg, Norddeutsche Landesbank Girozentrale

Spagna: Banco Bilbao, Banco de Sabadell, Banco Santander , BFA Tenedora der Acciones Bankia S.A., CaixaBank

Francia:Bnp Paribas , Credit Mutuel Group, Bpce, Credit Agricole , La Banque Postale, Société Générale

Regno Unito: Barclays Plc, Hsbc Holding, Looyds Banking, Royal Bank of Scotland

Austria: Erste Group, Raiffeisen Group Bank

Belgio: Belfius Bank, KBC GRoup

Danimarca: Danske Bank, Jyske Bank, Nykredit Realkredit A/S

Finlandia: OP Corporate Bank Plc

Ungheria: OTP Bank Plc

Irlanda: AIB Group, Bank of Irealnd

Olanda: Abn Amro, Cooperative Rabobank, Ing Groep , Bng Bank,

Norvegia: Dnb Bank

Polonia: Bank Polska Kasa Opieki, Powszechna Kasa Bank Polski S.A.

Svezia: Nordea Bank, Skandinaviska Enskilda Banken AB, Svenska Hadelsbanken AB, Svedbank AB
 

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Banche: sofferenze, si recupera il 30% (MF)
MILANO (MF-DJ)--Le banche stanno aumentando le percentuali di recupero dei crediti in sofferenza. Secondo i dati appena pubblicati dalla Banca d'Italia in una nota di stabilità finanziaria, nel 2017 sono cresciuti sia i tassi di recupero delle sofferenze cedute (dal 23% al 26%) sia quelli delle sofferenze chiuse mediante procedure ordinarie (dal 43% al 44%). Tuttavia il significativo aumento della quota di cessioni sul mercato (76% del totale, contro 45% nel 2016) ha determinato un tasso di recupero medio pari al 30%, contro il 34% nel 2016. Se l'incidenza delle posizioni cedute sul mercato fosse rimasta analoga a quella del 2016, il tasso medio di recupero sarebbe stato del 36%.

Nonostante i dati mostrino che le sofferenze abbiano un ritorno medio del 30% - scrive MF - le regole approvate dall'Ue e dalla Bce prevedono una svalutazione del 100% dopo un certo numero di anni. Lo stesso principio è stato deciso anche per gli altri crediti deteriorati, come le inadempienze probabili e gli scaduti, che possono tornare in bonis. Soprattutto queste categorie rischiano di essere penalizzate, così come i crediti deteriorati non garantiti, per i quali la Bce chiede una svalutazione in due anni e l'Ue in tre anni.

Nello stesso tempo, tuttavia, soprattutto grazie agli sviluppi legislativi nel Parlamento europeo, sono state ammorbidite le percentuali di svalutazione inizialmente proposte in ambito Ue, in particolare nei primi cinque/sei anni per i crediti garantiti. Perciò diventerà sempre più importante per gli istituti di credito recuperare i prestiti prima di questo limite temporale. In tal senso i dati della Banca d'Italia hanno evidenziato che "si stanno rafforzando i segnali di miglioramento nella capacità delle banche di smaltire le posizioni in sofferenza". In particolare, per le posizioni aperte nel 2015 (ultimo anno per il quale si può valutare il tasso di smaltimento a due anni), il numero di posizioni chiuse entro un biennio dall'ingresso a sofferenza, pari al 58% del totale, "è notevolmente aumentato rispetto a quanto registrato negli anni precedenti", ha osservato la nota di stabilità. "Tali miglioramenti riflettono l'adozione di politiche di gestione attiva delle sofferenze da parte dagli intermediari".

red/cce

(END) Dow Jones Newswires

January 02, 2019 04:16 ET (09:16 GMT)

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