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doncraudio

intellettuale stronzissimo
la cosa triste è che li chiamiamo eroi solo quando sono morti.
la verità è che sono persone che hanno creduto in quello che facevano fino alla fine, pur nella consapevolezza dei rischi che correvano. senza mai abbassare la testa solo per umana paura .


Se Tartaglia avesse avuto una mira migliore, Berlusconi sarebbe un eroe?...
anche lui crede in quello che fa... e non ha paura né vergogna... a mio sommesso parere proprio la fede è un peccato... come pure il culto dei morti...
 

cicomendez

Guest
Se Tartaglia avesse avuto una mira migliore, Berlusconi sarebbe un eroe?...
anche lui crede in quello che fa... e non ha paura né vergogna... a mio sommesso parere proprio la fede è un peccato... come pure il culto dei morti...

nn c'è nessun culto per i morti.
ma mantenere in vita i loro ideali, che dovrebbero essere di tutti quelli che sono ancora vivi. o meglio che sopravvivono alla vita senza averne di loro.
basta guardarsi intorno...
 

cicomendez

Guest
fa un certo effetto, a distanza di venti anni e pochi mesi prima della sua uccisione, rivedere immagini come queste.

Giovanni Falcone durante il Maurizio Costanzo Show viene aggredito e accusato verbalmente da un sconosciuto politico democristiano che diventerà Presidente della Regione Sicilia: si tratta di Totò Cuffaro, che oggi è in carcere per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra.


[ame="http://www.youtube.com/watch?v=XoHCYwKLicg"]Totò Cuffaro aggredisce Giovanni Falcone [Costanzo Show] - YouTube[/ame]​
 
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cicomendez

Guest
La storia di Giovanni Falcone e Leoluca Orlando

Leoluca Orlando nei giorni delle commemorazioni del ventennale delle stragi di Capaci forse ha dimenticato qualcosa.

- R.C. 24 maggio 2012- Leoluca Orlando e non dimentichiamo, Cascio, è diventato sindaco di Palermo per la terza volta, proprio nei giorni delle commemorazioni del ventennale della morte di Giovanni Falcone.
Erano stati amici, Orlando e Falcone, i tempi quelli della 'primavera siciliana'. Poi lo scontro tra i due, durissimo e distruttivo per l'antimafia siciliana. Siamo alla fine degli anni ottanta, Orlando viene eletto sindaco di Palermo pur avendo come avversari i potenti rappresentanti della corrente andreottiana, nemici pericolosi.
Nel dicembre del 1987 si celebrò il maxiprocesso, con il suo carico di ergastoli. Un trionfo per Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Tutti si aspettavano un'accelerata nella lotta a Cosa Nostra, e l'elezione del giudice Falcone a consigliere istruttore di Palermo. Invece il Csm preferì Antonino Meli. Giovanni Falcone cominciò a morire in quel preciso momento, in tanti gli voltarono le spalle, finì la stagione della primavera siciliane per lasciar spazio a quella dei veleni.
Fra quelli che lo abbandonarono, o meglio attaccarono Giovanni, ci fu anche l'amico Leoluca. A Samarcanda nel 1990, trasmissione condotta da Michele Santoro, una valanga di accuse, le peggiori che Orlando potesse scagliare "Falcone ha una serie di documenti sui delitti eccellenti ma li tiene chiusi nei cassetti". Si riferiva a otto scatole lasciate da Rocco Chinnici e ad un armadio zeppo di carte, "io sono convinto -gridò Orlando- che in quei cassetti del palazzo di giustizia ce n'è abbastanza per fare chiarezza su quei delitti".
In pratica il sindaco accusava Giovanni Falcone di appartenere alla 'banda' andreottiana. Curioso che anche un magistrato a lui vicino, Roberto Scarpinato, fosse oggetto degli stessi sospetti. Quello Scarpinato che pochi anni dopo avrebbe istruito il processo Andreotti.
Orlando coniò anche uno slogan "il sospetto è l'anticamera della verità". Orlando nuovo paladino dell'antimafia. Chi conobbe Falcone sa quanto rimase profondamente da quell'attacco e replicò a mezzo stampa, "E' un modo di fare politica che rifiutiamo -dichiarò il magistrato- se Orlando sa, faccia nomi e cognomi e si assuma le sue responsabilità".
A seguito del fallito attentato dell'Addaura, Gerardo Chiaromonte, allora presidente della Commissione antimafia, ebbe modo di constatare "Furono i seguaci di Orlando a sostenere che Falcone si era messo la bomba da solo". E lo stesso Orlando non demorde, in un'intervista sull'Unità, nel 1991, insiste "I nomi ci sono e sono migliaia e migliaia. Nomi ed episodi che confermano i rapporti tra mafia e politica. Ma quei nomi non vengono neppure sfiorati nei dibattimenti".
Poco tempo dopo, nel settembre 1991, al Maurizio Costanzo Show, ad attaccare Falcone fu il sodale di Orlando, Alfredo Galasso.
Lo stesso Galasso assieme a Carmine Mancuso e a Leoluca Orlando, pochi giorni prima, aveva presentato un esposto al Csm che sarà il colpo finale: si chiedevano spiegazioni sull’insabbiamento delle indagini sui delitti Reina, Mattarella, La Torre, Insalaco e Bonsignore e anche sui rapporti tra Salvo Lima e Stefano Bontate e sulla loggia massonica Diaz e poi appunto sulle famose carte nei cassetti.
Falcone non ebbe problemi a discolparsi davanti al Csm, ma fu schiacciato dallo sconforto "Non si può andare avanti in questa maniera, è un linciaggio morale continuo… Non si può investire della cultura del sospetto tutto e tutti. La cultura del sospetto non è l’anticamera della verità, la cultura del sospetto è l’anticamera del komeinismo". Era davvero avvilito, quasi sul punto di lasciare.
Il 23 maggio 1992, con le macerie ancora fumanti, l'ex amico si riaffaccia nella storia di Giovanni Falcone come se nulla fosse accaduto. Spalleggiato da Repubblica, testata che aveva attaccato duramente il magistrato e che scrive "A mezzanotte e un quarto una sirena squarcia il silenzio irreale del Palazzo di Giustizia di Palermo. Arriva Antonio Di Pietro da Milano, il giudice delle tangenti, il Falcone del Nord… Con lui ci sono Nando Dalla Chiesa, Carmine Mancuso e Leoluca Orlando".
Fu Maria Falcone a fare chiarezza, attaccando il 'sindacollando' ad una trasmissione radiofonica "Hai infangato il nome, la dignità e l’onorabilità di un giudice che ha sempre dato prova di essere integerrimo e strenuo difensore dello Stato. Hai approfittato di determinati limiti dei procedimenti giudiziari, per fare, come diceva Giovanni, politica attraverso il sistema giudiziario".
Leoluca Orlando replicò "C’è stata una difficoltà di comprensione con Giovanni Falcone". Una difficoltà di comprensione.
E poi: "Ma ridirei esattamente le stesse cose… Ho avuto insulti ai quali non ho mai replicato, perché credo che sia anche questa una forma di rispetto per le battaglie che io ho fatto.".
Un altro attacco nei confronti di chi non poteva più difendersi.

[ame=http://www.youtube.com/watch?v=hbAk7oirxfk]ORLANDO vs FALCONE - YouTube[/ame]
 

lorenzo63

Age quod Agis
La storia di Giovanni Falcone e Leoluca Orlando

Leoluca Orlando nei giorni delle commemorazioni del ventennale delle stragi di Capaci forse ha dimenticato qualcosa.

- R.C. 24 maggio 2012- Leoluca Orlando e non dimentichiamo, Cascio, è diventato sindaco di Palermo per la terza volta, proprio nei giorni delle commemorazioni del ventennale della morte di Giovanni Falcone.
Erano stati amici, Orlando e Falcone, i tempi quelli della 'primavera siciliana'. Poi lo scontro tra i due, durissimo e distruttivo per l'antimafia siciliana. Siamo alla fine degli anni ottanta, Orlando viene eletto sindaco di Palermo pur avendo come avversari i potenti rappresentanti della corrente andreottiana, nemici pericolosi.
Nel dicembre del 1987 si celebrò il maxiprocesso, con il suo carico di ergastoli. Un trionfo per Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Tutti si aspettavano un'accelerata nella lotta a Cosa Nostra, e l'elezione del giudice Falcone a consigliere istruttore di Palermo. Invece il Csm preferì Antonino Meli. Giovanni Falcone cominciò a morire in quel preciso momento, in tanti gli voltarono le spalle, finì la stagione della primavera siciliane per lasciar spazio a quella dei veleni.
Fra quelli che lo abbandonarono, o meglio attaccarono Giovanni, ci fu anche l'amico Leoluca. A Samarcanda nel 1990, trasmissione condotta da Michele Santoro, una valanga di accuse, le peggiori che Orlando potesse scagliare "Falcone ha una serie di documenti sui delitti eccellenti ma li tiene chiusi nei cassetti". Si riferiva a otto scatole lasciate da Rocco Chinnici e ad un armadio zeppo di carte, "io sono convinto -gridò Orlando- che in quei cassetti del palazzo di giustizia ce n'è abbastanza per fare chiarezza su quei delitti".
In pratica il sindaco accusava Giovanni Falcone di appartenere alla 'banda' andreottiana. Curioso che anche un magistrato a lui vicino, Roberto Scarpinato, fosse oggetto degli stessi sospetti. Quello Scarpinato che pochi anni dopo avrebbe istruito il processo Andreotti.
Orlando coniò anche uno slogan "il sospetto è l'anticamera della verità". Orlando nuovo paladino dell'antimafia. Chi conobbe Falcone sa quanto rimase profondamente da quell'attacco e replicò a mezzo stampa, "E' un modo di fare politica che rifiutiamo -dichiarò il magistrato- se Orlando sa, faccia nomi e cognomi e si assuma le sue responsabilità".
A seguito del fallito attentato dell'Addaura, Gerardo Chiaromonte, allora presidente della Commissione antimafia, ebbe modo di constatare "Furono i seguaci di Orlando a sostenere che Falcone si era messo la bomba da solo". E lo stesso Orlando non demorde, in un'intervista sull'Unità, nel 1991, insiste "I nomi ci sono e sono migliaia e migliaia. Nomi ed episodi che confermano i rapporti tra mafia e politica. Ma quei nomi non vengono neppure sfiorati nei dibattimenti".
Poco tempo dopo, nel settembre 1991, al Maurizio Costanzo Show, ad attaccare Falcone fu il sodale di Orlando, Alfredo Galasso.
Lo stesso Galasso assieme a Carmine Mancuso e a Leoluca Orlando, pochi giorni prima, aveva presentato un esposto al Csm che sarà il colpo finale: si chiedevano spiegazioni sull’insabbiamento delle indagini sui delitti Reina, Mattarella, La Torre, Insalaco e Bonsignore e anche sui rapporti tra Salvo Lima e Stefano Bontate e sulla loggia massonica Diaz e poi appunto sulle famose carte nei cassetti.
Falcone non ebbe problemi a discolparsi davanti al Csm, ma fu schiacciato dallo sconforto "Non si può andare avanti in questa maniera, è un linciaggio morale continuo… Non si può investire della cultura del sospetto tutto e tutti. La cultura del sospetto non è l’anticamera della verità, la cultura del sospetto è l’anticamera del komeinismo". Era davvero avvilito, quasi sul punto di lasciare.
Il 23 maggio 1992, con le macerie ancora fumanti, l'ex amico si riaffaccia nella storia di Giovanni Falcone come se nulla fosse accaduto. Spalleggiato da Repubblica, testata che aveva attaccato duramente il magistrato e che scrive "A mezzanotte e un quarto una sirena squarcia il silenzio irreale del Palazzo di Giustizia di Palermo. Arriva Antonio Di Pietro da Milano, il giudice delle tangenti, il Falcone del Nord… Con lui ci sono Nando Dalla Chiesa, Carmine Mancuso e Leoluca Orlando".
Fu Maria Falcone a fare chiarezza, attaccando il 'sindacollando' ad una trasmissione radiofonica "Hai infangato il nome, la dignità e l’onorabilità di un giudice che ha sempre dato prova di essere integerrimo e strenuo difensore dello Stato. Hai approfittato di determinati limiti dei procedimenti giudiziari, per fare, come diceva Giovanni, politica attraverso il sistema giudiziario".
Leoluca Orlando replicò "C’è stata una difficoltà di comprensione con Giovanni Falcone". Una difficoltà di comprensione.
E poi: "Ma ridirei esattamente le stesse cose… Ho avuto insulti ai quali non ho mai replicato, perché credo che sia anche questa una forma di rispetto per le battaglie che io ho fatto.".
Un altro attacco nei confronti di chi non poteva più difendersi.

ORLANDO vs FALCONE - YouTube

...e son sempre gli stessi ambienti e nomi ...
 
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f4f

翠鸟科
fa un certo effetto, a distanza di venti anni e pochi mesi prima della sua uccisione, rivedere immagini come queste.

Giovanni Falcone durante il Maurizio Costanzo Show viene aggredito e accusato verbalmente da un sconosciuto politico democristiano che diventerà Presidente della Regione Sicilia: si tratta di Totò Cuffaro, che oggi è in carcere per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra.




e siamo ancora a sentir dire, oggi, 2012, da alte cariche pubbliche,
che all'appoggio esterno alla mafia non ci crede più nessuno
 

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